Denunciò pestaggio in carcere

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Etrusco
00lunedì 21 dicembre 2009 15:49
32enne ritrovato morto in circostanze misteriose
“Il Negro” è morto

- Uzoma Emeka, il nigeriano di 32 anni che, probabilmente, aveva assistito il 22 settembre al pestaggio di un detenuto italiano nel carcere di Castrogno, alle porte di Teramo,
è deceduto in circostanze misteriose nell’ospedale civile della città abruzzese


– “si è sentito male alle otto e mezza del mattino.
All’ospedale, però, ci è arrivato solo dopo l’una del pomeriggio”

- E di nuovo sul penitenziario di Castrogno si addensano nubi nerissime…

Mauro Montali per La Stampa



carcere Castrogno

«Il Negro» è morto. Uzoma Emeka, il nigeriano di 32 anni che, probabilmente, aveva assistito il 22 settembre al pestaggio di un detenuto italiano nel carcere di Castrogno, alle porte di Teramo, è deceduto in circostanze misteriose nell'ospedale civile della città abruzzese. E di nuovo sul penitenziario di Castrogno si addensano nubi nerissime.

«Non si massacrano così i detenuti in sezione, si massacrano sotto...
il negro ha visto tutto».
Questa è la frase detta dal comandante delle guardie carcerarie, Giuseppe Luzi, ad un suo sottoposto.
Il colloquio, però, venne registrato
(da chi, da un altro agente, come si suppone, e perché?) eppoi, qualche settimana dopo, inviato, in forma anonima, al quotidiano locale «La Città». Successe il putiferio. Si era in pieno «clima Cucchi», il giovane detenuto morto misteriosamente all'ospedale Pertini di Roma. Interpellanze parlamentari, inchieste interne e così via. Luzi, che riconobbe la sua voce impressa sul nastro, fu rimosso, per ordine del ministro della Giustizia Alfano, dall'incarico, nonostante una difesa accorata e tardiva.

Poi il silenzio è sceso su Castrogno e sulla vicenda del pestaggio.
La radicale Rita Bernardini aveva sì denunciato le condizioni di estremo degrado del carcere teramano: oltre 400 detenuti in una struttura concepita per accoglierne 250, tentati suicidi, aggressioni alle guardie carcerarie e scioperi della fame. Fino a venerdì mattina. Quando il giovane nigeriano, dentro per una condanna a due anni per spaccio di stupefacenti, si è sentito male in carcere. Erano le otto e mezza del mattino. «Uzoma, mentre parlava con la moglie si è accasciato. All'ospedale, però, ci è arrivato solo dopo l'una del pomeriggio» ricorda il suo avvocato Giulio Lazzaro.

A lui, il nigeriano, non aveva mai voluto parlare del pestaggio cui aveva, forse, assistito.
Paura? Ricatti? Non si sa. Sta di fatto che Emeka è morto così, dimenticato nella lugubre infermeria di Castrogno.
Soffriva di depressione, è vero. Prendeva dei farmaci. Ne ha abusato? Avrebbe dedicato quelle ore di libertà alla sua bambina di quattro mesi, la luce dei suoi occhi. I giudici hanno disposto che l'autopsia, che si svolgerà stamane, sia addirittura filmata. Il perito di parte sarà il professor Giulio Sacchetti dell'Università di Roma: è il medico che seguì la vicenda processuale di Marta Russo.


Cosa succede nel carcere di Teramo?
Quali soprusi e misteri cela?
Chissà se la morte di Uzoma Emeka non servirà a disvelarli.

La Procura ha aperto un'inchiesta e la polizia ha già ascoltato alcuni testimoni, compresa la dottoressa Rossella Damiani, medico di turno nell'ospedale Mazzini di Teramo, quando arrivò il povero Uzoma.

E in attesa di sapere che cosa è successo a Teramo,
altre proteste divampano nelle carceri di mezza Italia:

A Vicenza

da una settimana i detenuti battono ogni tre ore e hanno comunicato l'intenzione di proseguire ad oltranza.

A Treviso e a Padova
si sono registrate proteste violente, «al limite della sommossa»
denuncia il sindacato degli agenti.



La Stampa


[21-12-2009]
Arjuna
00martedì 22 dicembre 2009 12:06
Teramo, il testimone del pestaggio è morto per un tumore al cervello

Bufera sulla scomparsa del nigeriano
Le associazioni in pressing su Alfano
TERAMO

L’autopsia, con il responso di «tumore al cervello», ha tolto il mistero sulla causa della morte, il 18 scorso, di Uzoma Emeka, il detenuto nigeriano di 32 anni che il 22 settembre avrebbe assistito al pestaggio di un detenuto italiano nel carcere teramano di Castrogno. La sua morte ha generato prese di posizione e interrogazioni al Guardasigilli Alfano, sia per l’assistenza riservata al giovane sia per le condizioni in cui vivono i detenuti e operano gli agenti nel carcere abruzzese. I sospetti erano dovuti, soprattutto, al fatto che la vicenda riguarda una struttura nell’occhio del ciclone, sovraffollata (400 detenuti invece di 230), sottodimensionata (155 agenti invece di 203), con oltre il 50 per cento dei reclusi malati e con la presenza di un «corvo» che diffuse la registrazione - fatta con un telefono cellulare - sul pestaggio di settembre.

La morte di Emeka resta comunque un caso: non legato a quella aggressione - come ha sottolineato oggi ai cronisti il pm che indaga su questo episodio, Roberta D’Avolio -, ma perchè il giovane sarebbe morto nell’indifferenza. Che Emeka fosse malato e che avesse avuto altri episodi degni di approfondimento sanitario lo ricordano tutti: molti, anche tra il personale di custodia, pur smentendo i collegamenti con il pestaggio, rivelano che «già una volta Uzoma era svenuto sotto la doccia», apparentemente senza motivo. La Procura vuole vederci chiaro, così come i parenti, da tempo in Italia. Vogliono sapere cosa è accaduto nelle due ore che il loro congiunto ha trascorso tra la cella e l’infermeria del carcere prima di essere trasferito all’ospedale, dove è morto appena arrivato al pronto soccorso.

Uzoma Emeka è il secondo detenuto di colore che muore in poco più di tre mesi nel penitenziario teramano: ai primi di settembre si era suicidato Abib Khole, senegalese, accusato di pedofilia. Si dichiarava innocente, era anche evaso dal pronto soccorso dove era stato trasferito per un malore, ed era stato riacciuffato dopo tre giorni. Per lui si erano mossi parlamentari e associazioni parlando di «istigazione al suicidio» e di «morte in solitudine»; gli stessi che oggi per Emeka denunciano anche l«’abbandono terapeutico». Questo aspetto è evidenziato da Luigi Manconi (associazione «A buon diritto»), per il quale «il caso odierno è la conferma del grave stato di ’abbandono terapeuticò nel quale versava il detenuto e versa l’intero sistema penitenziario italiano». Che Emeka fosse da trasferire da tempo, anche perchè testimone a rischio di pressioni, lo afferma Patrizio Gonnella (associazione «Antigone».

Al ministro Alfano - che aveva sospeso il comandante degli agenti di Teramo - l’onorevole Rita Bernardini (Radicali-Pd), - della Commissione Giustizia - e il senatore Francesco Ferrante (Pd) chiedono di avviare un’indagine interna per accertare «le effettive cause della morte del detenuto nigeriano».

Fonte
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