Verso la resa dei conti in AN
dopo il terremoto del referendum
Alle 15 ufficio politico:
faccia a faccia il presidente e i "colonnelli"
Alemanno attacca Fini
"Serve una nuova Fiuggi"
Il leader di Destra sociale Alemanno dice di non volere la scissione
Publio Fiori è invece pronto a uscire dal partito
di GIOVANNA CASADIO
ROMA - Faccia a faccia con i "colonnelli".
Un'ipotesi di rinviare l'ufficio politico di oggi per fare decantare la situazione: subito però abortita. La bozza di una nota che dovrebbe sancire la tregua fino all'assemblea nazionale di luglio. Gianfranco Fini, il leader di An sotto accusa per lo strappo sul referendum, si è preparato così alla resa dei conti dentro il partito. Appuntamento alle 15 in via della Scrofa. Ma An resta nel caos: Gianni Alemanno, leader di "Destra sociale", mantiene le dimissioni dall'esecutivo di Alleanza nazionale, idem Alfredo Mantovano.
Fini convoca Alemanno nella tarda mattinata di ieri: alla Farnesina, il ministro degli Esteri incontra prima Matteoli, poi Fiori, subito dopo Storace e infine La Russa.
Due ore di colloquio con l'avversario più ostico.
Alemanno nel confronto con Fini s'impunta:
"Non torno indietro. Chiedo di rigenerare il partito, in pratica c'è bisogno di una nuova Fiuggi possibilmente con un congresso".
Decide di metterlo subito nero su bianco in un intervento sul Secolo d'Italia, il giornale del partito: "An è chiamata a una svolta profonda; non piccoli accordi nel chiuso di una stanza ma una grande rifondazione del nostro partito che ne rigeneri le motivazioni ideali e i meccanismi partecipativi". E torna a criticare la linea della libertà di coscienza sul referendum, imposta da Fini, ma assicura che non ci sono ipotesi di scissione.
"La battaglia è interna al partito".
Non solo. Nel faccia a faccia pone anche la questione del partito unico: una strada percorribile a patto che "nel 2006 An vada con il proprio simbolo". Stoppa i tentativi di rinviare la resa dei conti. Alemanno ha chiesto a Fini garanzie, a sua volta preparerà un documento.
In questi mesi di campagna referendaria su opposti fronti (Alemanno in prima linea per l'astensione come l'80 per cento del partito; Fini pro referendum contro la legge sulla procreazione assistita) lo ha accusato senza mezzi termini:
"Il partito ha un'anima che nessun leader può violentare; ci sono valori che sono nel nostro Dna".
Della possibilità di sostituire Fini alla guida di An, preferisce non parlare: "E' un tema che mi trova diffidente". Francesco Storace, il neo ministro della Salute, lui pure di "Destra sociale", si limita a sottolineare: "Considero educative le dimissioni di Alemanno; nessuno può avere interesse a un partito spaccato. In An serve uno sforzo di comprensione collettiva e il primo a doverlo fare è Fini".
A un testo stanno lavorando anche gli esponenti di
"Destra protagonista",
la corrente di La Russa e Gasparri che ha riunito ieri sera i propri parlamentari. Preparano una o due mozioni da presentare all'assemblea. Piatto forte: la leadership di Fini con contorno di partito unico. "Destra protagonista" come del resto anche
"Nuova alleanza" di Matteoli e Urso insistono sul progetto, caro al premier Berlusconi, del "partito nuovo".
Le correnti sono a confronto:
la sintesi spetta a Fini, ma l'ultimo strappo pesa e il leader è davvero in discussione. "Dimissioni di Fini? Lui ha già parlato", liquida le voci Ignazio La Russa. Non si dimetterà. L'incontro tra il vice presidente di An e Fini è stato molto teso. "La leadership di Fini non è in discussione", ripetono ufficialmente tutti da Gasparri a Urso sponsorizzando il partito unico del centrodestra "altrimenti avremmo la frantumazione dei partiti esistenti". E questo vale "soprattutto per An".
Durissimo Publio Fiori che pone l'ultimatum: dopo l'assemblea di luglio deciderà se uscire dal partito. Fini sta cercando di ricucire?
"Difficile ritessere se si mettono in discussione i valori fondanti".
Più fuori che dentro. E le quotazioni di Alemanno alla guida di An crescono: se le correnti si coalizzano, la crisi della leadership di Fini sarebbe irreversibile.
(15 giugno 2005) Repubblica