Fiction su Morti Bianche

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Etrusco
00mercoledì 12 novembre 2008 10:55
"Ciò che non è nominato non esiste"
Gli operatori dell'informazione davanti alle morti bianche. "Ciò che non è nominato non esiste"

Al convegno di apertura del Festival "Cinema &/è lavoro" di Terni anche i giornalisti Santo Della Volpe (Rai) e Paolo Berizzi (La Repubblica).
La proposta di un fiction sul tema degli infortuni sul lavoro
e di riservare uno spazio fisso, sui quotidiani, al tema della sicurezza



TERNI - "Potrebbe partire da qui la proposta di una fiction sul tema degli infortuni del lavoro". L'idea, lanciata dal presidente del Consiglio comunale di Terni Stefano Bufi al convegno di apertura del Festival "Cinema&/è lavoro", è stata ripresa dal giornalista Rai Santo Della Volpe: "Credo che non si voglia fare una fiction non perché non si potrebbe ma per non toccare certi interessi.
Da qui, da Terni, si potrebbe chiedere a Rai e Mediaset di metterla in cantiere".
Della Volpe è intervenuto all'iniziativa "Chi muore al lavoro e chi lo racconta. Comunicazione e prevenzione degli infortuni del lavoro" dicendo del "valore simbolico" che la tragedia della notte tra 5 e 6 dicembre alla Thyssen Krupp di Torino porta con sé: "una capacità simbolica che stampa e cinema hanno colto subito". Quell'incidente - ha proseguito il giornalista - parla di una fabbrica in chiusura e della fine di un'epoca, quella dell'acciaio; altro elemento simbolico è il passaggio di testimone, in fabbrica, tra padri e figli, cosa che il cinema ha colto e invece la stampa non è stata capace di cogliere: i padri lasciano il posto ai figli, che vi entrano con l'orecchino e con le scarpe da 200 euro, e anche per pagarsi quelle scarpe si lavora tanto. Poi, si credeva gli operai estinti.

Ancora, la precarietà: ci siamo resi conto di colpo che la precarietà era dentro le fabbriche che erano alla base dell'attività industriale, come quelle dell'acciaio".
"Ciò che non è nominato è come se non esistesse" gli ha fatto eco Paola Agnello Modica della Cgil. "Dalla tv era sparito il lavoro, pareva che non ci fossero più gli operai, i contadini".
Per la sindacalista "uno dei grandi problemi della precarietà e delle imprese che aprono in 24 ore e chiudono in 3 mesi è che non ci sono più i saperi dei lavoratori e delle lavoratrici.

Così come dimentichiamo che l'agricoltura è la base per poter vivere. Perché - si è chiesta Agnello Modica - ogni sera in tv devo sapere quel che fanno le borse di tutto il mondo e non posso sapere il bollettino dei morti sul lavoro nel mondo, sapere come è andato il lavoro in quella giornata?".
La sindacalista ha posto l'accento sulla catena "spaventosa" dei subappalti in edilizia, uno dei luoghi in cui si consumano più tragedie.
"Possibile che in Italia, in Umbria, non vi si possa porre rimedio? Possibile - ha aggiunto - che in Umbria non si possa espellere dalle associazioni degli industriali un'azienda come la ‘Umbria Olii' di Campello che ha chiesto soldi alle vittime, cosa che è un'indecenza?".

Parlando di comunicazione e mass media, dalla sindacalista è venuto l'invito a raccontare le storie, senza pietismo e con rispetto, delle persone che soffrono, anche di chi ha malattie professionali, "invisibili tra gli invisibili".

Paolo Berizzi di Repubblica ha portato cifre: tra il 2003 e il 2006 sono morte 5'252 persone di lavoro, più della guerra in Iraq, dove nello stesso periodo sono morte più di 3mila persone tra gli occidentali.
Berizzi ha raccontato del mese in cui, fingendosi manovale, si è fatto arruolare dai ‘caporali' che gestiscono il racket del lavoro nero nell'hinterland lombardo.
Ogni due giorni cambiava cantiere. Lavorava nel settore dei ponteggi in totale insicurezza, arrivando anche al settimo piano, senza aver mai indossato un casco, scarponi antinfortunio, cinture di protezione.
Vivendo così ha potuto raccogliere le storie dei colleghi di lavoro, è venuto a sapere che chi si fa male ed è in nero non può andare in ospedale, ma deve curarsi a casa o "in cascina":
è questo il caso di un giovane operaio tunisino non in regola con la legge italiana sull'immigrazione, che si è infortunato abbastanza gravemente e per sei mesi è stato nascosto in una cascina, con il caporale che andava a fargli la puntura ogni sera. Alla fine è stato scoperto dai carabinieri ed espulso dal nostro Paese.
Anche da Berizzi è arrivata una proposta rivolta al sistema dell'informazione:
"Dare nei giornali, anche nel mio, uno spazio fisso alla sicurezza sul lavoro".


(Elisabetta Proietti)

(16 ottobre 2008)
www.superabile.it/REGIONI/Umbria/Interviste_e_personaggi/info-82539...
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