Graduatorie precari, la Gelmini battuta al TAR

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binariomorto
00mercoledì 13 aprile 2011 14:20
Precari, il ministero si arrende al Tar
Vittoria per tremila supplenti del sud

Reinseriti "a pettine" nelle liste delle province del nord tremila insegnanti meridionali che erano stati fatti finire in coda. E ora la Gelmini inventa gli elenchi di serie B per evitare le immissioni in ruolo

VITTORIA di 3 mila precari della scuola, patrocinati dall'Anief. Dopo quasi due anni di contenzioso, il ministero dell'Istruzione ha deciso di inserire 3 mila supplenti, quasi tutti meridionali, a "pettine" nelle graduatorie provinciali dove prima si trovavano "in coda". Per ottenere quello che Marcello Pacifico, presidente dell'Anief, ha definito "una vittoria dello stato di diritto" è stata necessaria una strigliata del commissario ad acta, nominato dal Tar Lazio nel 2009 per eseguire le sentenze sull'inserimento a pettine pronunciate dai giudici amministrativi della Capitale. E adesso, quasi mille di questi precari vittoriosi potrebbero ottenere addirittura l'immissione in ruolo, sfuggita soltanto perché inseriti nella lista di serie B, inventata dalla Gelmini.

Tutto inizia due anni fa, quando si aggiornano le graduatorie dei precari della scuola. Le liste provinciali "di merito" vengono congelate - non è possibile spostarsi di provincia - ma, oltre all'aggiornamento del punteggio nella propria provincia, viene data la possibilità a tutti di scegliere altre tre graduatorie, dove essere inseriti "in coda". Centinaia di precari meridionali, quelli con i punteggi più alti, decidono di rivolgersi al Tar, che a giugno del 2009 dà loro ragione. E a ottobre dello stesso anno arriva anche il pronunciamento del Consiglio di stato: le graduatorie suddivise in fasce sono incostituzionali. Ma il governo nicchia e pochi giorni dopo il Tar Lazio commissaria il ministero dell'Istruzione, nominando un dirigente del ministero della Funzione pubblica, Luciano Cannerozzi De Grazia, per l'esecuzione della precedente sentenza.

Sulla vicenda, che tocca da vicino gli interessi della Lega al nord, si scatena la bagarre e il governo pensa ad una soluzione legislativa. Che arriva a fine novembre col decreto salva-precari: una norma di interpretazione autentica della precedente legge del 2006, che trasforma le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento. Ma i giudici amministrativi non ci stanno e sollevano l'eccezione di incostituzionalità della legge. A questo punto, in attesa del pronunciamento dei giudici della Consulta, il commissario ad acta si ferma. E passa più di un anno.

A febbraio del 2011 arriva la sentenza della Corte costituzionale che dichiara illegittime le graduatorie di coda. Ma il 21 marzo, il direttore generale del ministero Luciano Chiappetta scrive ai provveditori agli studi (ora dirigenti degli ambiti territoriali provinciali) spiegando loro che "con riferimento ad eventuali richieste del commissario ad acta relative all'esecuzione delle ordinanze cautelari del Tar Lazio di cui al contenzioso in oggetto, si ritiene di non doversi procedere ai richiesti inserimenti in graduatoria".

E lo scorso 4 aprile Cannerozzi De Grazia invia una missiva di fuoco ai provveditori agli studi ricordando loro che, essendo "venute meno le motivazioni per cui lo scrivente aveva sospeso la propria esecuzione del giudicato", occorre procedere come indicato dalla sentenza del Tar. Anche perché l'ulteriore inerzia potrebbe configurare "responsabilità di natura penale, amministrativa e contabile per l'avvenuta omissione di atti d'ufficio e per danno erariale da parte di tutti i responsabili". Così, cinque giorni fa Chiappetta fa marcia indietro: "Facendo seguito alla nota di questa direzione del 21 marzo 2011, alla luce della nota di risposta del Commissario ad acta datata 4 aprile 2011, si ritiene doversi procedere alle modifiche delle graduatorie nei termini previsti
dalla medesima"

"In Italia vige ancora lo stato di diritto - dichiara Pacifico - E' stato dato corso finalmente alla giustizia e merito ad un sindacato che ha sempre difeso i principi della nostra Costituzione. Ora chiediamo la stabilizzazione di tutti i precari sui posti vacanti e disponibili e lo sblocco degli scatti d'anzianità per il personale di ruolo".

Ma la partita delle graduatorie non è chiusa. Il ministero non ha ancora comunicato come intenderà applicare la sentenza della Consulta al prossimo aggiornamento. Sicuramente, le graduatorie di coda verranno cancellate e, secondo i rumors ministeriali, dovrebbe restare anche l'impossibilità di trasferimento di provincia: solo aggiornamento del punteggio.

E su questo punto, la palla passa alla politica. Alcuni giorni fa, sessanta deputati di tutti gli schieramenti e quasi tutti meridionali hanno chiesto al ministro Gelmini di investire della questione il Parlamento. In gioco ci sono gli interessi di migliaia di supplenti originari del sud Italia, che con il loro punteggio possono lavorare soltanto al nord, e gli interessi elettorali dei parlamentari locali, sollecitati dal proprio elettorato. Uno di loro, durante un dibattito pubblico, si è spinto a dire che su questa questione "potrebbe cadere il governo". In affetti i 60 deputati firmatari della richiesta potrebbero fare da ago della bilancia, vista la risicata maggioranza del governo alla Camera.

Ma il ministro Gelmini deve fare anche i conti con le pressioni della Lega, che con il suo capogruppo in commissione Cultura alla camera, Mario Pittoni, sta per proporre una revisione complessiva del meccanismo di attribuzione delle supplenze basato su graduatorie regionali suddivise in due blocchi: A e B. Nel primo andranno di diritto tutti gli iscritti nelle attuali graduatorie provinciali ad esaurimento della regione interessata. Nel secondo si inseriranno coloro che usciranno con le nuove regole per la formazione iniziale dei docenti, partite qualche settimana fa, ma anche tutti coloro che, dalle altre regioni, "vorranno mettersi in gioco", spiega Pittoni. In sostanza, i precari meridionali che aspirassero ad una cattedra al Nord, dovranno sottoporsi ad un nuovo esame per essere ammessi ad insegnare in Padania.

Fonte: Repubblica
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