INTERVISTA A GINO STRADA

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KuntaKinte77
00domenica 9 maggio 2004 19:02
08.05.2004
«Vi racconto l’inferno che ho visto a Falluja»


ROMA Gino Strada è appena arrivato a Baghdad da Falluja. Ora è nel suo piccolo albergo sconosciuto e fuori mano. La giornata è stata faticosa e dura, nella città ferita a morte da settimane di assedio e bombardamenti, la gente è esasperata. Un gruppo di persone ha circondato il convoglio di «Emergency» urlando frasi minacciose. «Andate via, altrimenti bruceremo i vostri camion, non vogliamo il vostro aiuto, tornate a casa vostra e portate con voi i soldati italiani...». Prima di parlare di cosa ha visto a Falluja, la cronaca ci impone di chiedere notizie sugli ostaggi ormai da un mese nelle mani delle «Falangi verdi di Maometto».

Strada ha notizie sulla sorte di Agliana, Cupertino e Stefio?«Posso solo trasmettere delle impressioni, delle mie sensazioni. Di questo si tratta, visto che non si sa né chi detiene gli ostaggi, né in quale città sono prigionieri. Se devo giudicare dalla quantità di rabbia che vedo in giro tra la gente comune, uomini, donne, anziani, persone che sono ferite dalle immagini delle sofferenze delle vittime civili di questa guerra assurda, dalle foto delle torture e delle pesanti umiliazioni inflitte ai prigionieri, devo dire che questo sequestro avrà tempi molto lunghi. Non è una vicenda che possa risolversi in pochi giorni e neppure in poche settimane. Mi addolora dirlo, ma i tempi non saranno brevi».

Lei ha contatti, ha già avviato una trattativa con i sequestratori?
«Certo che abbiamo contatti, ma parlare di una trattativa è sbagliato. Noi non abbiamo da offrire contropartite economiche o politiche. Abbiamo solo fatto una richiesta precisa: liberate i prigionieri, fate questo gesto umanitario. E abbiamo la speranza che questa richiesta possa essere accolta, perché viene lanciata da “Emergency”, una organizzazione umanitaria e pacifista che in nove anni ha curato 280mila civili iracheni senza chiedere nulla in cambio. Questa è la nostra credibilità, crediamo che sia sufficiente per trovare ascolto. Il messaggio è stato lanciato, a noi tocca solo aspettare e soprattutto continuare il nostro lavoro di assistenza umanitaria alla popolazione civile».

Ieri un convoglio di Emergency è arrivato a Falluja, quali sono le condizioni della città?
«A Falluja abbiamo visto macerie, distruzioni, morte, sofferenza, rabbia. Decine di case sono letteralmente appiattite, non c’è acqua, non c’è energia elettrica, l’ospedale è allo stremo. I medici erano arrabbiati con il ministero della Sanità del governo provvisorio che ha barato sul numero dei civili morti. Ecco le cifre vere: 700 morti, di cui 80 bambini, 1700 feriti,. molti dei quali morti di setticemia. Perché nei giorni dell’assedio, ci hanno raccontato i sanitari, era difficile portare i feriti con le ambulanze. L’ospedale si trova al di là del ponte sull’Eufrate, gli americani sparavano sulle ambulanze, distruggendo le uniche tre a disposizione. Hanno ucciso medici e infermieri. Nell’ospedale non c’erano medicinali, molti feriti sono stati curati come si poteva in quelle condizioni. Molti sono morti. Molti morti sono ancora sotto le macerie».

Ci sono stati momenti di tensione?
«La gente è esasperata, la tensione c’è e come. Un piccolo gruppo ci ha circondati urlando frasi minacciose, volevano bruciare i nostri camion con gli aiuti. Fortunatamente avevamo organizzato il convoglio con l’aiuto delle autorità religiose del posto facendoci precedere dal lancio di volantini nei quali si spiegava il carattere umanitario della missione e il ruolo di «Emergency» nel mondo pacifista italiano. Abbiamo spiegato che “Emergency” è parte di quella maggioranza di italiani che è contro la guerra, contro l’aggressione all’Iraq e contro la politica del governo italiano. Devo dire che il nome del nostro presidente del Consiglio è molto pronunciato a Falluja, e sempre preceduto da aggettivi non certo gentili».

Quanto camion avete portato?
«Dieci, con acqua, teli per costruire tende, cibo per bambini, medicinali, fornelli per il cibo e per bollire l’acqua. La gente usa quella del fiume e i medici del posto temono l’esplosione di una epidemia di colera.

Avete incontrato l’imam Abdullah Al Jaanabi, la massima autorità religiosa della città?
«Non è stato possibile, abbiamo parlato col figlio, al quale abbiamo consegnato gli aiuti, e al quale abbiamo ribadito che la nostra presenza ha l'obiettivo di aiutare la popolazione civile, un gesto di solidarietà nostra e degli italiani che non hanno mai voluto questa guerra contro gli iracheni».

Porterete altri aiuti?

«Certo. Abbiamo fatto una riunione con i medici per fare un elenco delle cose che servono. Nei prossimi giorni porteremo dai nostri ospedali del nord medicine, supporti chirurgici, materiale sanitario, quello che serve.

Qual è la cosa che l’ha colpita di più?
«Le distruzioni, la morte di tanti civili innocenti, le sofferenze inflitte ai bambini, ma anche la rabbia. Ce n’è tanta in giro. Mi hanno colpito quei ragazzini di undici anni armati di tutto punto e con la faccia indurita dall’odio»

Qualcuno sta ostacolando il vostro lavoro?
«Se lo stanno facendo sono così bravi da non farsene accorgere. Noi siamo in un alberghetto, lontano dagli hotel frequentati dai giornalisti e dalle spie. Non abbiamo rapporti con le autorità italiane che comunque rappresentano un paese occupante. Noi siamo “Emergency”, una organizzazione umanitaria. Questa è la nostra forza. Questo mettiamo sul tavolo della salvezza dei tre ostaggi italiani».

http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=ARKINT&TOPIC_TIPO=I&TOPIC_ID=34337
Etrusco
00lunedì 10 maggio 2004 20:53
Re:

Scritto da: KuntaKinte77 09/05/2004 19.02
08.05.2004
«Vi racconto l’inferno che ho visto a Falluja»

Qual è la cosa che l’ha colpita di più?
«Le distruzioni, la morte di tanti civili innocenti, le sofferenze inflitte ai bambini, ma anche la rabbia. Ce n’è tanta in giro. Mi hanno colpito quei ragazzini di undici anni armati di tutto punto e con la faccia indurita dall’odio»
http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=ARKINT&TOPIC_TIPO=I&TOPIC_ID=34337



Certo che fa riflettere questa testimonianza.... [SM=x44465]
Etrusco
00lunedì 10 maggio 2004 20:54
Ecco un'altra sua testimonianza/riflessione:
"Né un soldo Né un uomo"
di GINO STRADA

Chirurgo di guerra, fondatore di Emergency

La mattina presto abbiamo l'abitudine, qui nell'ospedale di Emergency a
Kabul, di dare una occhiata ai titoli dei quotidiani su Internet. Dalla
prima riga dell'editoriale del Corriere del 2 febbraio vengo a sapere di

essere un Signor Né-Né, neologismo coniato dal Signor Francesco Merlo
nel commentare la dichiarazione di Armando Cossutta di non essere "né
con Saddam né con la guerra".
Così, additato come Signor Né-Né, ho cercato di capire meglio chi sono e

come la penso leggendo il resto dell'articolo. Dopo poche righe ho
scoperto - e mi ha sorpreso - di essere una "scoria del pacifismo", una
"serpe", anzi un "lupo", di più, una astuta "volpe". Mancavano il
dobermann, il grizzly e lo squalo bianco, ma mi sono preoccupato lo
stesso, specie dopo aver saputo, qualche riga più sotto, di essere uno
che "solletica il "me ne frego" irresponsabile, il qualunquismo".
Perbacco, mi sono detto, o qualcosa di simile. Se ha ragione il Signor
Merlo sono davvero in una brutta situazione. Così ho deciso di
verificare se la penso davvero come il Signor Né-Né.
"Né con lo Stato né con le Br": no, qui il signor Merlo si sbaglia. Da
sempre odio il terrorismo, sono stato contro le Br e per lo Stato. Lo
sarei ancora oggi, in un momento in cui mi sembra che lo Stato italiano
e le sue istituzioni siano orientati in direzioni che non apprezzo.
Rincuorato dal non essere almeno quel tipo di Signor Né-Né, ho
continuato la lettura.
"Né con la Resistenza né col fascismo": anche qui - ma come è possibile?

- il Signor Merlo si sbaglia. Io sono sempre stato antifascista e ho un
grande rispetto, e anche una grande passione, per lo spirito della
Resistenza che ha portato, tra l'altro, ad elaborare la Costituzione del

mio Paese. E sono talmente attaccato a quei valori e alla Costituzione,
che mi ha indignato il vedere che vari governi italiani - di
centrosinistra e di centrodestra - hanno in passato deciso di portare il

mio Paese in guerra votando contro la nostra Costituzione, che sento
anche mia.
"Né con Hitler né con gli ebrei": come va giù pesante, Signor Merlo. Io
sono nato dopo la Seconda guerra mondiale, non ho ricordi diretti ma ho
ascoltato storie, letto libri, visitato luoghi. Mi è capitato di
piangere sui luoghi dell'Olocausto - tra le tragedie più grandi nella
storia dell'uomo - come mi è successo anni dopo visitando Ground Zero, e

in altri luoghi a Lei sconosciuti. Non sono mai stato dalla parte di
Hitler - in questo concordo - ma sto, per motivi che le sarebbero
incomprensibili, dalla parte delle vittime. Dalla parte degli ebrei e di

tutti gli altri massacrati con loro dalla follia nazista. Per le stesse
ragioni sto dalla parte delle vittime del terrorismo. E della guerra,
Signor Merlo, che è la più diffusa forma moderna di terrorismo.
E' scandalizzato, Signor Merlo, da questa affermazione? Provi lei a
trovare parola più adatta che "terrorismo" per descrivere una "attività
umana" - quale è la guerra - che uccide e mutila e ferisce e
annichilisce esseri umani, il novanta per cento dei quali civili
innocenti.
Guerra a Saddam, l'anno scorso c'erano i Talebani e Osama, qualche altro

"mostro" è già in fabbricazione. Avanti, alle armi, bombardiamo tutti,
per i prossimi cinquant'anni. Ogni volta, alla fine di una delle guerre
contro i "mostri"... il mostro è ancora lì. Mentre almeno il novanta per

cento delle vittime delle guerre sono civili. Povera gente, che si vede
innaffiata di bombe perché il suo Presidente, di solito, è un dittatore
in disgrazia che ha litigato con gli alleati di prima.
"Effetti collaterali" vengono chiamate, non so se anche lei abbia usato
quel termine. Spero di no. Perché sono certo, Signor Merlo, che lei si
indignerebbe, e soffrirebbe anche molto, nel sentire liquidare la morte
di suoi familiari sotto un bombardamento come "effetto collaterale".
Novanta per cento di vittime civili: è un dato statistico, Signor Merlo,

come lei ben sa. Di tutte le guerre nell'ultimo mezzo secolo.
Ero quasi sicuro, a questo punto, di non avere alcuna delle
caratteristiche del Signor Né-Né, e invece mi è arrivata la mazzata: "Né

un soldo né un uomo". Ebbene, lo ammetto pubblicamente, su questo punto
sono un Signor Né-Né. Credo infatti che l'Italia non dovrebbe fornire né

un soldo né un uomo a nessuna guerra. Anzi credo che il Parlamento
italiano dovrebbe condannare la guerra - non dovrebbe essere difficile,
la Costituzione la "ripudia" - e starne rigorosamente fuori.
Mi piacerebbe, glielo confesso Signor Merlo, che qualche membro del
Parlamento presentasse una mozione proprio come l'ha suggerita lei: "né
un soldo né un uomo" per la guerra. Ci aggiungerei solo "e neppure una
base aerea né un permesso di sorvolo". Vorrei l'Italia fuori dalla
guerra, vorrei vedere etica e umanità, e senso di giustizia, nella
classe politica italiana. Vorrei l'Italia fuori dalla barbarie.
Forse vale la pena di parlare della barbarie, Signor Merlo.
Nel 1996 Madeleine Albright, allora Ambasciatore Usa all'Onu prima di
diventare Segretario di Stato, fu intervistata dalla televisione
americana Cbs sull'embargo all'Iraq. "Abbiamo sentito che mezzo milione
di bambini sono morti in conseguenza all'embargo. Ne valeva la pena, era

necessario?" chiede l'intervistatore.
Risponde la Albright: "Penso che questa sia una scelta molto dura, ma la

posta in gioco... we think the price is worth it ". Pensiamo che per
quella posta ne sia valsa la pena.
La barbarie, appunto. Vede, Signor Merlo, io credo che un cervello umano

normale, di fronte alla domanda "valeva la pena di ammazzare mezzo
milione di bambini?" non possa rispondere "Sì".
Se invece qualcuno lo fa, come ha fatto la Signora Albright, se risponde

"Sì, ne è valsa la pena", io le assicuro, Signor Merlo, di non aver più
bisogno di inventarmi mostri esotici con i quali guerreggiare: il mostro

è già lì davanti ai miei occhi.
E' stato talmente disumano quel progetto di distruzione dell'infanzia
irachena che due responsabili dell'Onu si sono dimessi "per non essere
complici di un genocidio". Cinquecentomila bambini sono stati uccisi in
Iraq tra il 1991 e il 1998 a causa dell'embargo, come confermano
rapporti dell'Onu, documenti accessibili a tutti.
A proposito, di questo ha mai scritto nei suoi editoriali, Signor Merlo?

O crede anche lei che ne sia valsa la pena? In ogni caso, avendo
confessato di essere un Né-Né, almeno su una questione, mi è venuta
anche qualche curiosità. Perché vede, Signor Merlo, i suoi Né-Né
sembrano un pugno di fanatici furbastri, che hanno optato per "il modo
peggiore, il più ipocrita di stare con Saddam".
Anzitutto mi piacerebbe sapere quanti italiani sono dei Né-Né. Quanti di

noi sono contrari alla guerra all'Iraq, a quanti di noi fa schifo la
prospettiva di un nuovo massacro per il petrolio, senza perciò essere
sostenitori di Saddam Hussein? Perché non ce lo dice, Signor Merlo? Lei
ha accesso alle fonti, lei è l'informazione. A me, che sono
semplicemente un chirurgo, risulta che ben oltre i due terzi degli
italiani sono contrari alla guerra. A lei? Questo almeno potrebbe
farcelo sapere, ci sarebbe utile, sapere quanti siamo.
Invece no. Lei preferisce il dileggio, l'insulto; e la retorica: "E'
vero infatti che noi occidentali sappiamo che il pacifismo assoluto è
un'utopia infantile, perché la storia delle relazioni internazionali è
fatta di guerre, e le paci vanno difese con le armi perché rappresentano

la guerra in riposo". Ma lei, Signor Merlo, è sicuro di poter spendere
concetti di questo calibro a nome di "noi occidentali"? "Liberiamoci,
dunque, del signor Né-Né. Per una volta, smascheriamolo "prima"". Ecco:
smascheriamolo, andiamo a vedere il pericoloso filoterrorista nemico
della sicurezza mondiale che si cela sotto le sembianze di Rosy Bindi.
Il che, nel codice di un certo giornalismo, significa di solito via
libera all'insulto, alla menzogna, alla calunnia preventiva:
smascheriamolo "prima".
Mi spiace, Signor Merlo, è troppo tardi.
Già dal 15 febbraio, lei si accorgerà - ma in fondo lei lo sa già, è che

non le va di scriverlo, o a qualcuno non va che lei lo scriva - di
quanti Né-Né ci sono in Italia e in Europa.
Sa, Signor Merlo, ho l'impressione che il partito della guerra del
petrolio - quello di Bush junior della Harken e di Bush papà del Carlyle

Group (dove stanno anche un po' di parenti stretti di Osama), quello di
Dick Cheney della Halliburton, di Condoleezza della Chevron, di Rumsfeld

della Occidental, il vertice della "grande democrazia americana" tanto
per capirci - non passi un gran momento. Forse nemmeno gli amici
"dell'amico George" sono messi molto meglio. Vorrebbero portare l'Italia

in guerra, un'altra volta, e la gente non ne vuol sapere. Imbavagliano
l'informazione in modo da renderla indistinguibile dalla propaganda - ne

sa qualcosa, Signor Merlo? - oppure la gente non li ascolta. Rendono i
telegiornali molto simili al Carosello di buona memoria, eppure le
persone continuano a pensare, a riflettere, a porsi domande.
Arrivano al punto di predire la distruzione di Firenze in diretta tv, e
un milione di persone sfila pacificamente e solidarizza coi cittadini,
tutti insieme contro la guerra.
Che cosa sta succedendo, Signor Merlo, i Né-Né sono sfuggiti di mano,
hanno opinioni diverse da quelle degli "opinionisti"? A un attento
ditorialista come Lei suggerirei di stare a vedere cosa succederà in
Italia, Signor Merlo, se il Governo proporrà di entrare in guerra
violando la Costituzione e se il Parlamento lo deciderà, votando contro
l'opinione dell'ottanta per cento dei cittadini italiani.
Ho come la sensazione che non filerà via liscia, che i cittadini si
siano stancati di fare da telespettatori, che i padroni delle testate
debbano rassegnarsi a non essere anche padroni delle teste...

Gino Strada



KuntaKinte77
00lunedì 10 maggio 2004 21:09
[SM=x44500]


Grazie Etrusco. [SM=x44500]
Etrusco
00lunedì 10 maggio 2004 23:00
Prego,
pensavo di essere il solo ad essere interessato al "fenomeno" Gino Strada [SM=x44461]
ora so che siamo almeno in 2 [SM=x44501]
Etrusco
00venerdì 11 giugno 2004 11:46
INTERVISTA DI "REPUBBLICA" A GINO STRADA:

Gino Strada racconta la *sua* verità:

la trattativa di Emergency la soluzione vicina, il finale a sorpresa
"Comprati per 9 milioni di dollari poi il finto blitz per liberarli"
"Non so chi ha tirato fuori i soldi. So i nomi dei mediatori
che, mi viene detto, li hanno maneggiati"


Gino Strada

ROMA - Gino Strada, con la sua Emergency, è stato uno dei canali di trattativa "in chiaro" per la liberazione degli ostaggi. Nelle prime tre settimane di maggio, Strada, con sua figlia Cecilia e Tommaso Notarianni, ha negoziato a Bagdad con quattro fonti irachene. Ripartendone con una certezza. Che Agliana, Cupertino e Stefio sarebbero stati liberati "senza condizioni". Oggi dice: "Ci è stato detto che quando la vicenda era ormai risolta, qualcuno ha pagato 9 milioni di dollari... Che gli ostaggi sono stati di fatto consegnati agli americani".

Chi ha pagato?

"Non so chi ha tirato fuori i soldi. So i nomi dei mediatori che, mi viene detto, li hanno maneggiati. Non ho difficoltà a farli, perché Emergency non è un servizio segreto e quel che ha fatto lo ha fatto in modo trasparente. Abbiamo lavorato per la liberazione degli ostaggi con la stessa logica con cui lavoriamo nei nostri ospedali. Siamo stati testimoni diretti di una storia che ha incrociato il nostro cammino. E ora che gli ostaggi sono sani e salvi posso raccontarla".

Chi ha maneggiato i 9 milioni?

"Un uomo di nome Salih Mutlak. Personaggio noto a Bagdad per essersi arricchito con il contrabbando nei dieci anni di embargo. Un nome che ho sentito la prima volta ad Amman, in Giordania".

Cosa seppe ad Amman?

"Incontrai Jabbar Al Kubaissi, un ex esiliato con cui Emergency aveva avuto rapporti in passato. Gli spiegai che Emergency non era disposta a trattare il rilascio degli ostaggi, ma lo riteneva un atto dovuto come gesto di riconoscenza umanitario per aver curato 300 mila iracheni negli anni dell'embargo. Kubaissi convenne sulle mie richieste. Mi fece capire che la testa "politica" del gruppo dei sequestratori sarebbe stata disposta ad un rilascio senza condizioni nelle mani di pacifisti italiani. Ma aggiunse che c'era un problema. Qualcuno tra i carcerieri era sensibile alle sirene del denaro. E che questo canale di trattativa era nelle mani di tale Salih Mutlak. Sapemmo, una volta a Bagdad, che Mutlak aveva rapporti con Abdulsalam Kubaissi, religioso del Consiglio degli Ulema, e che con lui aveva lavorato alla liberazione degli ostaggi giapponesi".
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A Bagdad avete incontrato questo Mutlak?

"Ovviamente no. La nostra linea era opposta. Nessuna trattativa economica. Cercammo interlocutori in grado di parlare alla componente politica di chi gestiva il sequestro. Per tutte e tre le settimane della nostra permanenza a Bagdad, i nostri contatti furono un imam di Bagdad, l'imam di Falluja, il fratello di Jabbar Kubaissi, Ibraim, medico di Abu Ghraib, e un terzo uomo, di cui non faccio il nome perché oggi rischia la sua vita".

Erano in contatto diretto con i sequestratori?
"Questo è quello che capimmo. E ritengo di non essermi sbagliato".

Vi diedero delle prove dell'esistenza in vita degli ostaggi?
"No. All'inizio ci proposero di utilizzare dei video da mandare ad Al Jazeera come canale di comunicazione. Ma rifiutammo".

Dunque non è vostro il biglietto che Stefio mostrava nel video del 31 maggio e mai mandato in onda da Al Jazeera.
"Non mi risulta fosse nostro".

Torniamo alle vostre fonti a Bagdad.

"L'ultima settimana di maggio, dopo aver ricevuto assicurazioni che i sequestratori avevano deciso il rilascio degli ostaggi, con tempi e modi che non ci furono indicati, decisi di rientrare in Italia. Vivevo da tre settimane in un residence e l'aria si era fatta pesante. Per dodici giorni, fino a sabato scorso, 5 giugno, non seppi più nulla. Poi, quel sabato, ricevetti una telefonata dal nostro rappresentante a Bagdad".

Cosa le disse?

"L'imam di Falluja aveva comunicato che la questione era risolta. Di attendere una liberazione imminente".

Cosa che è avvenuta.

"Certo. Ma non nei tempi ipotizzati dall'Imam. Martedì 8, nelle stesse ore in cui il nostro rappresentante a Bagdad parlava con l'imam per aver qualche notizia sugli ostaggi, Agliana, Cupertino e Stefio venivano liberati. Cademmo dal pero. Chiedemmo spiegazioni. Cosa era successo?".

Già, cosa era successo?

"Ci è stato detto che i 9 milioni incassati da Mutlak avevano convinto una parte del gruppo a trasferire gli ostaggi dalla prigione di Ramadi ad Abu Ghraib e a consegnarli agli americani con un finto blitz inscenato in una casa di Zaitun street. La strada dove ha provato ad avvicinarsi ieri il vostro cronista prima che provassero a sequestrarlo. Un testimone che abbiamo raggiunto, tale Fahad, ci ha confermato di aver visto la presa in consegna di Agliana, Cupertino, Stefio e del polacco la mattina dell'8 giugno".

Il polacco sostiene di essere stato liberato a Ramadi. E gli ostaggi italiani di non essere stati trasferiti di prigione negli ultimi giorni precedenti il blitz. Sono circostanze che non tornano.
"Io ho appena raccontato quel che so...".

[SM=x44515]
Etrusco
00venerdì 11 giugno 2004 13:09
Scusate, non avevo inserito il Link di riferimento per la notizia

Intervista di REPUBBLICA ... qui....

Qui invece l'Unità

[Modificato da Etrusco 11/06/2004 13.10]

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