Dietro le sceneggiate, forse, la volontà di andare via
I capricci e i litigi di Ibra la primadonna non rovinano la festa dell'Inter
Lo svedese si è autoescluso dal party, una specie di «principesso sul pisello»
Zlatan Ibrahimovic (Afp)
MILANO - Una festa non è mai perfetta senza
l’imbucato. Il ruolo è delicato, ma Zlatan Ibrahimovic, uomo di spettacolo, lo ha interpretato alla perfezione. Così — mentre la colonna sonora dell’Inter Pride sparava «Tutta mia la città»,
mentre ad Ambrosini dovevano fischiare le orecchie per gli omaggi del popolo nerazzurro e mentre il coro ormai cult «zero tituli» risuonava nell’arena dove 73.492 tifosi in delirio avevano portato voci e trombette per accompagnare i giocatori, l’allenatore, il presidente, tutti felici — mentre insomma accadeva tutto questo, lui, l’indispensabile, si è autoescluso dal party, una specie di principesso sul pisello, chissà poi perché. Mi si nota di più se non vengo o se me ne sto in disparte in un angolo?
Il dilemma è antico e Zlatan lo ha risolto con una terza opzione, la più ovvia: vengo e do molto nell’occhio. Assente nei festeggiamenti al gol dell’1-0 di Cambiasso, addirittura
infuriato quando Balotelli ha segnato il 2-0 ignorando Sua Maestà al centro. «Cambiami!» ha chiesto Ibra a Mourinho millantando danni gravi a una caviglia. José non ci ha pensato neanche però ha provveduto a cazziare il povero Mario, il quale nei casini deve starci sempre:
aveva appena fatto un gol capolavoro e invece di sorridere teneva la faccia dell’alce illuminato dai fari, stupito da tanto accanimento o forse solo consapevole di averla fatta grossa.
Perché un motivo per arrabbiarsi Ibra un po’ lo aveva, come si scoprirà alla fine:
Mourinho aveva chiesto alla squadra di giocare per lui e la sua
classifica cannonieri, dove è sempre secondo con un gol meno di Di Vaio (22 a 23). Comunque sia, non è finita lì. Stankovic e Ibrahimovic sono andati avanti per qualche minuto a scambiarsi parole che non sembravano consigli per le vacanze; alla sostituzione di Figo con Santon, Ibra ha lanciato altre occhiate furibonde a Mourinho chiedendogli ancora di sostituirlo e già che c’era insultandolo; poi, segnato il 3-0, ha consumato un’esultanza moscissima, appena applaudito da qualche compagno. Compagni i quali, siccome non sopportano più le sue bizze, simili a quelle di una Britney Spears che chiede un tir di Perrier per le abluzioni in camerino, hanno improvvisamente sbagliato qualche passaggio di troppo verso l’attacco, e infatti Ibra non ha più segnato.
Casualità o volontà? Non lo sapremo mai. Sapremo però che per un attimo, l’unico attimo imperfetto di questa notte nerazzurra fantastica, qualcuno dentro San Siro, per la seconda volta in due partite, ha pure fischiato il suo idolo.
E Ibra? Niente.
Ha portato la bandiera dello scudetto per il campo con la faccia di uno appena retrocesso in B e ha scherzato solo con il suo amico Mancini (Amantino) prima di scappare in spogliatoio, dove pare abbia strangolato un alligatore vivo per rilassarsi.
Da oggi, va da sé, si cercherà di capire se questo è stato solo lo show da rockstar cattiva che alla fine dell’assolo deve spaccare la Fender per contratto ma poi in fondo è un bravo ragazzo o se dietro tutto questo c’è la volontà definitiva di lasciare l’Inter. Una cosa è certa: NeuroZlatan non ha scalfito di niente la festa di piazza-parte seconda del popolo nerazzurro.
Festa sobria e sentita, di sorrisi e memorie, bandiere e biscioni.
Una festa così, ancora più bella perché durata due notti, non la poteva rovinare nessuno. E speriamo che non se la sia rovinata Ibra, così forte ma sempre così incazzato. Forse troppo.
Corriere della Sera - Alessandro Pasini
18 maggio 2009
Esultanza dopo il gol di Zlatan Ibrahimovic rivolto alla curva nord
(Omega)