Il contestatissimo dg mauro Masi lascia la RAI per una poltrona alla Consap: il 4 maggio l' ufficializzazione delle dimissioni

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binariomorto
00venerdì 29 aprile 2011 00:54
Mauro Masi nuovo ad di Consap
Salta la presidenza alla Siliquini

Il direttore generale della Rai dovrebbe formalizzare le dimissioni nel Cda del 4 maggio. Andrea Monorchio resta presidente della concessionaria, carica per la quale era indicata la parlamentare di Iniziativa responsabile. Forse Tremonti dietro la marcia indietro. E nella maggioranza tornano in ballo i sottosegretari

ROMA - L'assemblea della Consap ha nominato amministratore delegato Mauro Masi, che lascia così l'incarico di direttore generale della Rai, da lui ricoperto dal 2 aprile 2009, quando subentrò a Claudio Cappon. E' possibile che Masi formalizzi le sue dimissioni nel cda della prossima settimana, già convocato per il 4 maggio. Andrea Monorchio, che già ricopriva l'incarico, resta alla presidenza di Consap, carica per la quale si era fatto il nome di Maria Grazia Siliquini, parlamentare di Iniziativa responsabile.

Proprio la mancata nomina di Anna Maria Siliquini alla presidenza della Consap rischia di scombinare i piani di Silvio Berlusconi, che già aveva pronta la squadra di sottosegretari da presentare in Consiglio dei ministri. La deputata ex Fli, che lo scorso mese aveva declinato la vicepresidenza di Poste Italiane, secondo quanto si apprende da fonti di maggioranza, aspirerebbe ora a un sottosegretariato. Ma c'è di più. La Siliquini sospetterebbe che dietro il 'no' alla sua nomina alla Consap ci sia il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Il nome della deputata di Ir, infatti, era dato per certo a poche ore dalla sua ufficializzazione: all'ultimo momento, viene spiegato da fonti di maggioranza, il Tesoro avrebbe ritirato il proprio appoggio, preferendo alla Siliquini l'attuale presidente e 'tremontiano' Andrea Monorchio e avvallando l'ingresso di Mauro Masi.

Sul fronte Rai, in pole position per la guida della direzione generale sarebbe Lorenza Lei. In ogni caso, Carlo Verna, segretario del sindacato dei giornalisti della tv di Stato, avverte il successore di Masi: servono risposte su governance Rai ed evasione del canone. E al direttore ormai uscente l'invito a non firmare alcun atto, se non ordinario, "fino alle dimissioni o all'eventuale rinuncia al nuovo incarico". "Non abbiamo bisogno di commentare ulteriormente" afferma ancora Verna, ricordando "l'inedito referendum" con cui, nello scorso mese di novembre, 1314 giornalisti manifestarono a Masi la loro sfiducia, contro 77 "sì", 18 schede nulle, 29 bianche.

Ed è solo il preludio al coro di giudizi negativi che accompagna il passo d'addio di Mauro Masi. Mentre in commissione di vigilanza Rai Giancarlo Mazzuca (Pdl) e il vicepresidente Giorgio Merlo (Pd) sottolineano l'importanza di una nuova nomina largamente condivisa per la direzione generale, i membri del Cda Giorgio Van Straten e Nino Rizzo Nervo riservano a Masi parole dure. "Oggi è una bella giornata per la
Rai. La nomina di Mauro Masi ad altro incarico mette fine a una gestione negativa dal punto di vista manageriale e subalterna ai voleri della politica". afferma Van Straten. "Il metodo Masi è servito soltanto a paralizzare per mesi l'azienda - rincara Rizzo Nervo -. Adesso è necessario voltare pagina con una guida competente ed esperta, che abbia a cuore le sorti dell'azienda e sappia dire no all'invadenza della politica".

Roberto Rao, capogruppo Udc in commissione di vigilanza, preferisce ricordare "le questioni che Masi lascia aperte, molte e delicate, dalla nomina del direttore del Tg2 alla svendita degli impianti di Raiway, dall'incertezza sul risanamento del bilancio alla drammatica situazione della lotta all'evasione del canone e della raccolta pubblicitaria. Tocca ora all'intero cda affrontare tali questioni in tempi rapidissimi, arrivando prima di tutto ad una nomina largamente condivisa del nuovo direttore generale".

Il responsabile del Forum Ict del Partito Democratico, Paolo Gentiloni: "Si chiude una delle peggiori pagine della storia Rai: la gestione Masi ha pregiudicato l'autonomia dell'azienda sul piano industriale, editoriale e del pluralismo. Non mi illudo che ora questo governo intenda rilanciare il servizio pubblico, cominciando con la modifica delle regole di governance della legge Gasparri - sottolinea Gentiloni -. Spero, però, che almeno la prossima direzione generale si proponga un modesto obiettivo: ricominciare dalla Rai".

In commissione di vigilanza, parla apertamente di "fine di un incubo" Vincenzo Vita. "Ancora dobbiamo capire perchè è arrivato lì a suo tempo - spiega il senatore -. I danni prodotti sono molto pesanti, in particolare sulle politiche industriali. La Rai è stata messa in un angolo a causa di scelte davvero gravi. Per non dire dei tentativi reiterati e per fortuna non pienamente portati a termine di mettere il bavaglio a questa o quella trasmissione.
Ora però non si commetta l'errore di limitarsi a pensare a una successione. E' Il momento di riaprire seriamente la discussione sul modello di governance e sul futuro del servizio pubblico".

Non la manda a dire nemmeno l'Italia dei Valori. "Mai, nella storia dell'azienda, un direttore generale aveva tentato, come ha fatto Masi, di mortificare il servizio pubblico tentando di distruggere la professionalità dei giornalisti e le esigenze di economicità della gestione - afferma in una nota il portavoce Leoluca Orlando -.
Rimangono comunque inalterate le condizioni di crisi strutturale della Rai fortemente condizionata dal conflitto d'interessi del presidente del Consiglio. L'Italia dei Valori continuerà a vigilare per evitare che il successore del fido scudiero del presidente del Consiglio, Mauro Masi, possa tentare di ripeterne il triste primato".

"Discontinuità rispetto alla sbagliata gestione attuale, per dare futuro al servizio pubblico" chiede il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni. "La Rai è un'azienda in deperimento - sentenzia il sindacalista -, in cui aumenta il deficit e calano gli abbonati. Serve un piano industriale di sviluppo, la non cessione di asset strategici, la valorizzazione del lavoro e non il ricorso a un abnorme precariato. Così come serve rilanciare il ruolo, la qualità e le caratteristiche di pluralismo e di autonomia del servizio pubblico, insieme al suo ruolo di inchiesta e di attenzione ai temi sociali e del lavoro. Non servono invece le censure, gli atteggiamenti negativi verso i programmi di maggior successo e la mancanza di autonomia nei confronti del governo. E' quello che hanno chiesto i lavoratori della Rai il 10 dicembre con il grande successo dello sciopero". "Col nuovo direttore siamo pronti a un confronto di merito o a una nuova mobilitazione, a seconda delle scelte che ci saranno proposte" conclude Fammoni.

Fonte: Repubblica
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