INEFFICENZE E BROGLI ELETTORALI
PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO
Il 6 aprile scade il limite, fissato dalla legge, per inviare le schede elettorali ai consolati d’appartenenza per poter eleggere
i 6 senatori e i 12 deputati che rappresenteranno in Parlamento la comunità italiana all’estero.
Ma sulle dinamiche di questo voto non mancano le perplessità, a partire proprio dal metodo.
Le preferenze sono state espresse per corrispondenza, compilando le schede elettorali arrivate per posta.
Il plico è stato inviato a tutti gli iscritti alle liste degli italiani all’estero, e conteneva le schede, il certificato elettorale e le spiegazioni in due lingue sulle modalità di voto.
Peccato che, negli Stati Uniti, il 25 per cento degli elettori non l’abbia ricevuto.
Il dato viene fornito da
Gaetano Cecchini, candidato Udc alla Camera per l’America Settentrionale e Centrale, che parla inoltre di
brogli elettorali:
“A Chicago si sono venduti i voti: sono partiti da 10 dollari l’uno per poi arrivare a 50”.
La cosa è possibile:
non c’è un sistema che garantisca
che la scheda in arrivo al consolato
sia stata compilata dal legittimo proprietario.
Così a Miami, New York e altre città con una forte presenza di cittadini italiani di seconda e terza generazione, padri e madri riempiono le schede dei figli che in pratica non hanno alcun legame con il Paese d'origine, e amici più scaltri completano e rispediscono le schede di chi ha deciso di non votare.
Suona ridicola a questo punto la clausola sulle violazioni in materia elettorale: “Il voto è personale e segreto, è vietato votare più volte e compilare le schede per conto terzi”.
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