La stampa cattolica critica Berlusconi e Casini

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Nikki72
00mercoledì 5 marzo 2008 10:59
"La candidatura di Cuffaro non è un bel segnale per l'UDC"

ROMA - "Il primato del fare e l'anarchia dei valori" alla base della politica di Berlusconi non piacciono a Famiglia cristiana che questa settimana mette il Cavaliere sul banco degli accusati dopo aver "espresso preoccupazioni" per i "pasticci in salsa pannelliana" nel Pd di Veltroni. La "trappola" in cui il settimanale dei Paolini non vuole cadere è "una geopolitica dei valori", quindi stavolta tocca a Berlusconi e l'attacco è particolarmente duro.

Dei valori, scrive Famiglia cristiana, "ci piacerebbe che se ne discutesse anche nel Popolo della Libertà, dove si ritiene che i valori eticamente sensibili siano una dote acquisita, una sorta di lascito ottenuto per sorteggio da parte degli italiani". Per di più, osserva criticamente il settimanale cattolico, "Berlusconi ha definito il suo partito "monarchico" (crediamo per via della potenza del leader) e insieme "anarchico", nel senso che non ha una posizione ufficiale su molti temi di rilevanza etica e lascia tutto alla libertà di coscienza dei singoli".

Per Famiglia cristiana, quindi, "il "primato del fare" è
riuscito a prevalere su quello del "pensare", soprattutto in riferimento ai valori e ai temi etici sensibili. E non se ne discute affatto (o poco) - accusa il settimanale - perché l'unico vero vento da assecondare per tenere la rotta è la potente parola del capo". Il giornale cattolico boccia l'intero impianto teorico dell'"anarchia positiva" che "è un esorcismo che non fa bene al Paese, un pasticcio che non serve né a prendere le distanze dal fondamentalismo delle magliette anti-islamiche di Calderoli, né a compensare il laicismo dei radicali che pure albergano nella ex Casa delle libertà".

La libertà di coscienza, per il settimanale dei Paolini, "deve essere considerata extrema ratio, non una limitazione della responsabilità e un depotenziamento della politica". Invocare la libertà di coscienza mettendo a tacere il dibattito "mortifica" i candidati cattolici del Pdl. Si corre il rischio che "per una sorta di panteismo onnipotente del leader" nel Pdl si evitino i temi che hanno a che fare "con il bene comune e la dottrina sociale della Chiesa". Per esempio, chiede Famiglia cristiana, cosa dicono i cattolici del Pdl "sulla presenza nelle liste elettorali di inquisiti e condannati?

Al di là della "buone" ragioni addotte - sposta il tiro il settimanale - non sono neppure bei segnali quelli che vengono dall'Udc con la candidatura dell'ex Governatore della Sicilia Cuffaro o anche gli abbracci di Casini con il re di Calciopoli Luciano Moggi". In conclusione "gli elettori del Pdl, soprattutto quelli cattolici, hanno tutto il diritto di sapere cosa pensano i propri candidati, e non solo il Capo, su aborto, testamento biologico, coppie di fatto, sulla flessibilità del lavoro e sulla sussidiarietà".

Qualcosa, almeno sugli ultimi due punti, Berlusconi ieri lo ha detto in tv a Sky tg24: l'articolo 18? "Credo che bisognerebbe cambiare tutto lo Statuto con regole nuove e più moderne". E "fra i dieci punti presentati da Confindustria non ce n'è uno che non sia ricompreso nel nostro programma". Quanto alla candidatura di Calearo nel Pd "è solo una trovata elettorale che scontenterà gli operai", mentre al Pdl piacerebbe mettere in lista D'Amato, l'ex presidente di Confindustria ai tempi del governo Berlusconi. E a proposito di governo, se il Cavaliere tornerà a Palazzo Chigi, "Tremonti sarà il nostro ministro dell'Economia e delle Finanze".

(5 marzo 2008)

www.repubblica.it

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vassant69
00mercoledì 5 marzo 2008 11:13


Ci risiamo... [SM=x44474]


paperino73
00mercoledì 5 marzo 2008 11:16
Non mi trovo d'accordo con Famiglia Cristiana su nessuno dei due punti da lei sollevati.

Sulla candidatura di inquisiti o condannati ho già più volte espresso il mio parere. E' una questione di buon gusto, non morale. Io trovo molto più immorale l'uguaglianza inquisito=colpevole che il giornale sostiene.
Poi se uno non vuole votare per un inquisito o condannato, liberissimo di farlo. Ma altra cosa è la scelta individuale.

Sui temi c.d. etici ho già espresso l'idea che non si può pretendere che due grossi partiti abbiano una linea univoca: in generale vanno lasciati al parlamento (con la speranza che, riformando la legge, si possa decidere le persone da mandare in parlamento).
Tra l'altro segnalo che il giornale non può mettere la flessibilità del lavoro e la sussidiarietà tra i temi etici, essendo queste tematiche proprie economiche. Su cui infatti i partiti prendono posizione definita.
Nikki72
00mercoledì 5 marzo 2008 11:21
Re:
vassant69, 05/03/2008 11.13:



Ci risiamo... [SM=x44474]






Ma stavolta siamo in perfetta par condicio, una botta al PD e una al PDL, senza risparmiare neanche Casini. anzi, a proposito dell'alleanza di PierFerdy con la Rosa Bianca:



PADRE SORGE: ACCORDO CON CASINI HA ROVINATO ROSA BIANCA
"Casini per 14 anni ha votato tutte le leggi 'ad personam' di Silvio Berlusconi. Non può pretendere oggi di rappresentare il nuovo". Lo rileva padre Bartolomeo Sorge su Famiglia cristiana, in una intervista sulla presenza politica dei cattolici in vista delle prossime elezioni. L'autorevole gesuita afferma inoltre che "l'accordo con l'Udc di Casini ha rovinato la Rosa Bianca e Pezzotta non ha avuto la forza di resistere. L'Udc - ritiene padre Sorge - toglie credibilità alla Rosa Bianca, come la mette con la candidatura di Cuffaro in Sicilia, condannato da cinque anni?". Alla osservazione che Casini "ostenta la sua coerenza etica di ispirazione cristiana e dice di non voler rifare la vecchia Dc", padre Sorge replica: "E allora perché è così attaccato al simbolo dello scudo crociato? Perché accoglie a braccia aperte De Mita? Rappresenta, invece, la vecchia Dc e scivola sulla dottrina sociale della Chiesa con candidature impresentabili. Ma è abile, - commenta - e finirà per mangiarsi in un sol boccone la Rosa Bianca di Savino Pezzotta". Dopo aver rilevato che i cattolici stanno "con tutti, da Bertinotti alla Mussolini", padre Sorge li invita "a riflettere bene al momento del voto su quale scelta sia più coerente con la dottrina sociale della Chiesa".

[SM=x44458] sono pienamente d'accordo, mi piaceva molto l'idea della Rosa Bianca, ma l'ingresso di Casini & Cuffaro ha compromesso tutto [SM=x44472]

Etrusco
00martedì 11 marzo 2008 18:25
F.Cristiana: Udc-Rosa bianca cattolici col bollino ma senza coraggio

Roma, 11 mar (Velino) - “Cattolici col bollino ma senza coraggio”
è il provocatorio titolo di un articolo di Famiglia cristiana dedicato all’accordo tra l’Udc di Pierferdinando Casini e la Rosa bianca di Savino Pezzotta, in uscita nel numero in edicola questa settimana.


“La formazione di ispirazione cristiana costituisce un unicum perché essa è la sola ad avere una forte identità, a differenza delle altre che si caratterizzano per aver fuso, stemperandosi, grandi identità del passato come quella comunista e democristiana”, scrive il settimanale dei paolini. Una formazione a cui ora il vituperato “Porcellum” “da una possibilità”. “Tuttavia - continua l’editoriale d’apertura del settimanale - di fronte all’unica forza che afferma espressamente la sua ispirazione cristiana, ci saremmo aspettati qualcosa di diverso e più innovativo, per allontanare il dubbio di una buona occasione (forse l’ultima?) sciupata malamente”.
Continua Famiglia cristiana: “Ci saremmo aspettati, da Casini soprattutto, un gesto di coraggio in più, che avrebbe dato a questo tentativo un profilo più alto e più credibile. Avremmo preferito un soggetto totalmente nuovo e non l’assemblaggio di due simboli, in modo da collocarsi definitivamente al di fuori delle ambiguità di un passato non sempre lineare (perché i voti e le presenze di certi candidati, tipo Cuffaro?)”.

Fonte: Il Velino
Nikki72
00martedì 11 marzo 2008 18:58
Re:
Alcune note su Famiglia Cristiana:


Famiglia Cristiana si è imposta nell'informazione nazionale, al punto da raggiungere e in più occasioni superare il milione e mezzo di copie. In politica, Famiglia Cristiana attualmente tenta di mantenersi indipendente ed equidistante dai due schieramenti, alle volte sostenendo il punto di vista dei cattolici su certi argomenti (ad esempio sulla fecondazione ha invitato a non votare). Tuttavia negli anni non sono mancate le accuse di non neutralità, soprattutto da parte del centrodestra che ha definito, più volte, "comunista" la rivista cattolica. Durante la campagna elettorale per le politiche del 2006 il candidato della Casa delle Libertà Silvio Berlusconi si è rifiutato di farsi intervistare dal settimanale, perché a suo giudizio "Famiglia Cristiana sta dichiaratamente ed inspiegabilmente appoggiando Prodi e i comunisti".

Un'inchiesta sul ponte sullo Stretto di Messina nel 2004 è stata contestata dall'allora ministro delle infrastrutture Pietro Lunardi.


Alcuni lettori ritengono che la linea editoriale di Famiglia Cristiana sia poco cristiana, o comunque non autenticamente cristiana.



Su internet i lettori che ritengono che la linea editoriale di Famiglia Cristiana sia non autenticamente cristiana, sono soliti chiamarla con il nome di Fanghiglia Cristiana.

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bremaz
00martedì 11 marzo 2008 19:36
Re:
paperino73, 05/03/2008 11.16:

Non mi trovo d'accordo con Famiglia Cristiana su nessuno dei due punti da lei sollevati.

Sulla candidatura di inquisiti o condannati ho già più volte espresso il mio parere. E' una questione di buon gusto, non morale. Io trovo molto più immorale l'uguaglianza inquisito=colpevole che il giornale sostiene.
Poi se uno non vuole votare per un inquisito o condannato, liberissimo di farlo. Ma altra cosa è la scelta individuale.

Sui temi c.d. etici ho già espresso l'idea che non si può pretendere che due grossi partiti abbiano una linea univoca: in generale vanno lasciati al parlamento (con la speranza che, riformando la legge, si possa decidere le persone da mandare in parlamento).
Tra l'altro segnalo che il giornale non può mettere la flessibilità del lavoro e la sussidiarietà tra i temi etici, essendo queste tematiche proprie economiche. Su cui infatti i partiti prendono posizione definita.






LA battuta del secolo MUAHAHAHAHAHAHAHAHAH [SM=x44457] [SM=x44457] [SM=x44457] [SM=x44457] [SM=x44457] [SM=x44457] [SM=x44457] [SM=x44457] [SM=x44457] [SM=x44457] [SM=x44457] [SM=x44457] [SM=x44457]


Etrusco
00martedì 11 marzo 2008 22:05
C'è nessuno che ha ascoltato l'intervista della Dandini a Pierluigi Celli?

it.wikipedia.org/wiki/Pier_Luigi_Celli

Alcune politiche economiche sono indirettamente collegate a tante tematiche etiche,
proprio per le ripercussioni a catena che innescano nella società.
Etrusco
00giovedì 31 luglio 2008 14:49
CUFFARO HA PERDUTO LA PRESIDENZA DELLA “SUA” REGIONE?
TRANQUILLI, ADESSO NE È DIVENTATO SOCIO
- E' SOLO UN AFFARUCCIO. MA UN AFFARUCCIO CHE AIUTA A CAPIRE COME FUNZIONI QUESTO NOSTRO PAESE…

Gian Antonio Stella per il “Corriere della Sera”




Don Cuffaro (UDC)

«E' indispensabile accelerare»:
così è scritto nel contratto. Il padrone del Grand Hotel palermitano Federico II non vedeva l'ora d'avere in società la Regione Sicilia.
E questa, a sua volta, non vedeva l'ora di diventare socia dell'albergo. Il tutto sulla spinta di due protagonisti assai affiatati: Totò Cuffaro & Cuffaro Totò.

Sia chiaro: i rapporti ambigui con personaggi legati alla mafia, che costarono una condanna a cinque anni di carcere e le dimissioni da governatore all'attuale vice-segretario dell' Udc, stavolta non c'entrano.
E' solo un affaruccio. Ma un affaruccio che aiuta a capire come funzioni questo nostro Paese.

Per raccontare la storia occorre partire dal '91 quando la Regione Sicilia stanzia 50 miliardi di lire per «interventi di riconversione e ristrutturazione dell'apparato produttivo». Traduzione dei maligni: dare un po' di soldi alle aziende degli amici. I denari vengono affidati alla Gepi, con cui viene costituita un'apposita società. Un po' vengono distribuiti, un po' restano lì, in parcheggio, fino a essere smistati nel 2000 nella società che ha inglobato la Gepi (nel frattempo ribattezzata Itainvest) e cioè Sviluppo Italia.

Passano altri due anni e nel settembre del 2002 Totò Cuffaro, nella veste di presidente della Regione sottoscrive con Sviluppo Italia un protocollo d'intesa dove si prevede anche una valorizzazione delle attività turistiche usando i soldi parcheggiati a Roma.
L'intesa fra le parti è quasi affettuosa. Tanto più che lo stesso Totò Cuffaro, nella veste di imprenditore, della stessa Sviluppo Italia è un socio:
possiedono insieme uno dei tre alberghi a cinque stelle di Palermo, il Grand Hotel Federico II.


Totò porta i cannoli

«Vasa vasa» detiene infatti coi fratelli Giuseppe e Silvio Cuffaro il 26,6% delle azioni,
cioè una quota quasi pari a quella posseduta dai fratelli Fabio e Giacomo Hopps, gli eredi di quel Joseph Hopps che «inventò» il commercio internazionale di Marsala e coi quali sono già soci in un altro hotel a Realmonte. Quanto alla società del Tesoro, attraverso Itainvest Sicilia è entrata nell'affare nel 2000 (quando Totò era all'agricoltura ma già lanciato come uomo forte della politica siciliana) mettendo un pacco di soldi (824 milioni di lire che s'aggiungevano ad altri 2 miliardi e 50 milioni di denaro pubblico a fondo perduto concesso in base a un legge del '92) tenendosi il 46% delle quote.

La ditta Hopps & Cuffaro va d'amore e d'accordo e gli affari vanno bene, tanto più che Sviluppo Italia (decisa a liberarsi della cosa) non esercita entro il 30 settembre 2007 il «put» che avrebbe costretto i soci privati a rilevare la quota pubblica. Ma ecco che il giorno dopo la scadenza, il 1˚ottobre, i due fratelli italo-inglesi che già avevano avuto guai giudiziari per i contributi ottenuti, vendono le loro quote ai fratelli di Raffadali.

Che a questo punto salgono insieme al 54,3% della proprietà del lussuoso albergo. Due mesi dopo, il 29 novembre, la Regione in pugno a Totò Cuffaro e Sviluppo Italia si accordano per far tornare a Palermo quei famosi soldi stanziati nel 1991. Quando? Il più presto possibile. Lo dice il contratto tra le parti firmato il 9 aprile 2008 e cioè tre giorni prima delle elezioni: è «indispensabile accelerare». Ed ecco che il 46% circa della «Raphael srl» proprietaria del «Federico II» passa alla Regione.
Risultato:
persa la presidenza, «Vasa Vasa » della «sua» Regione adesso è socio.
[SM=x44499]


Gian Antonio Stella per il “Corriere della Sera”, 30 Luglio 2008
Etrusco
00giovedì 7 agosto 2008 13:08
HOTEL VASA VASA
– SECONDA PUNTATA DELL’INCREDIBILE STORIA DELL’ALBERGO DI PALERMO DI PROPRIETÀ DI TOTÒ CUFFARO (E SOCI), MENTRE ERA GOVERNATORE
– LO STRANO CONTENZIOSO CON SVILUPPO ITALIA…

Gian Antonio Stella per il “Corriere della Sera”


Sostiene Pier Ferdinando Casini che «Vasa Vasa» è «perseguitato dalla giustizia»
e Gianfranco Rotondi che si tratta di «un giovane cattolico che ha rappresentato il rinnovamento della Sicilia ed è stato portato alla gogna».

Sarà. Ma la storia che abbiamo raccontato la settimana scorsa sui rapporti societari tra l'allora governatore isolano e il proprietario del Grand Hotel Federico II, rispettivamente Totò Cuffaro e Cuffaro Totò, è ancora più sconcertante di come pareva.

Riassunto della prima puntata.

Coi finanziamenti a fondo perduto della legge 488 del 1992 Totò Cuffaro (non ancora governatore ma lanciatissimo) insieme coi fratelli Giuseppe e Silvio e i fratelli Fabio e Giacomo Hopps (eredi del «re del Marsala» Joseph Hopps) comprano e ristrutturano un lussuoso albergo palermitano, il Federico II. Fa loro da «spalla» nel 2000, mettendo 824 milioni di lire per tenersi il 46% delle quote, un socio pubblico, Itainvest Sicilia, «erede » della vecchia Gepi e destinato ad essere assorbito da Sviluppo Italia.

Trascorrono due anni e nel settembre 2002 Cuffaro, alla guida della Regione, firma con Sviluppo Italia una intesa per riportare a Palermo un pacco di milioni di euro di «proprietà» siciliana parcheggiati da una decina di anni a Roma nelle casse della ex-Gepi. Ma si sa come vanno queste faccende: sono lente lente. Ed è così che si arriva al 2007 quando, contrattualmente, la società del Tesoro potrebbe esercitare il «Put». Che costringerebbe i soci privati, già abbastanza aiutati, a comperare la quota del socio pubblico e andare avanti da soli.

Bene: al contrario di quanto ci risultava, Sviluppo Italia lo esercitò davvero, il «Put». Esattamente l'11 maggio 2007, con cinque mesi di anticipo sulla scadenza del 30 settembre. Solo che ai Cuffaro e agli Hopps faceva evidentemente comodo tenersi quel socio pubblico di minoranza. Nessuna risposta. La società del Tesoro, forse imbarazzata ad avere come socio il Presidente della Regione, non molla. E il 18 luglio torna alla carica con una diffida nella quale lamenta l'assenza di ogni cenno di risposta, intima i Cuffaro & Hopps a procedere come previsto dai contratti precedenti e chiede la «tempestiva indicazione del notaio davanti al quale stipulare l'atto».

Ma i cinque fratelli non rispondono ancora. E mentre l'incartamento girato da Sviluppo Italia al Ministero per le Attività Produttive passa di tavolo in tavolo, il tempo trascorre e la scadenza del 30 settembre decade. Il giorno dopo (il giorno dopo!) Totò il governatore e i fratelli Giuseppe e Silvio ci vanno sul serio, dal notaio. Ma per rilevare le quote dei fratelli Hopps e diventare così i soci di maggioranza dell'hotel, col 54% contro il 46% di Sviluppo Italia.

Ancora poche settimane e il 29 novembre la Regione saldamente nelle mani di «Vasa Vasa», che si dimetterà per la nota condanna a cinque anni solo il 26 gennaio 2008, si mette d'accordo con Sviluppo Italia per far rientrare quei famosi soldi da Roma il prima possibile. Finché il 9 aprile 2008 arriva l'atto finale dove, con l'annotazione che è «indispensabile accelerare», Sviluppo Italia passa la sua quota nell'albergo alla Regione Sicilia. Che da quel momento diventa socia del suo ex-presidente.
Domanda:
una storia simile potrebbe accadere in un altro paese?


Gian Antonio Stella per il “Corriere della Sera”, 06 Agosto 2008
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