Le stragi furono organizzate da servizi segreti stranieri

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Etrusco
00venerdì 8 febbraio 2008 19:59
Parola di Colonnello Amos Spiazzi
COMPLOTTANDO CON AMOS SPIAZZI
– “LE STRAGI FURONO VOLUTE E ORGANIZZATE DA SERVIZI SEGRETI STRANIERI
- ERAVAMO VITTIME DI UN GIOCO PIÙ SPORCO E PIÙ GRANDE, VOLUTO DA INTERESSI INTERNAZIONALI E DA DIRETTIVE NAZIONALI"…




Gianluca Di Feo per “L’espresso”


Quanti Amos Spiazzi operano ancora?

"Quanti non posso saperlo, ormai io sono fuori. Ma da cittadino e da militare spero che siano tanti. E anche bene organizzati. Lo dico nell'interesse del Paese. Non è finito tutto con la caduto del Muro". Anche quando cerca di chiarire la legittimità delle sue azioni, Amos Spiazzi riesce a seminare inquietudine.

A 75 anni, il colonnello della Rosa dei venti non sembra essersi arreso:
sconfitto il comunismo, oggi vede un nuovo nemico nell'Islam integralista.

E l'ufficiale, passato indenne attraverso mezzo secolo di trame e di processi, adesso dichiara: "Gladio non viene sciolta perché praticamente siamo ancora nella Nato. Anzi, direi che sotto certi punti di vista potrebbe essere pienamente attiva anche oggi. In funzione anti islamica, per esempio".

Spiazzi è in pensione da anni, ma non ha rinunciato all'uniforme, né alla fede "in uno Stato che fa capo alla tradizione romana cattolica contrapposta al mondialismo, alle suggestioni del socialcomunismo e del capitalismo".
In un libro intervista fa sfilare la sua vita in una parata di complotti e movimenti lunga 313 pagine:
Sandro Neri, autore di questo 'Segreti di Stato' che uscirà nelle librerie per Aliberti, lo incalza con gli atti giudiziari e le inchieste giornalistiche, tra cui i celebri articoli de 'L'Espresso' sull'Italia golpista.
Il risultato è un documento massiccio, denso di nomi, operazioni e sigle.


La tesi di fondo è che la strategia della tensione sia servita "a creare un'offensiva contro la destra e la sinistra per attuare un regime forte, tutelato da leggi eccezionali, garanzia di una particolare politica".
Prendete il tentato putsch del dicembre 1970, quello guidato dal principe nero Junio Valerio Borghese.
Spiazzi dichiara - smentendo Licio Gelli - di essere stato lui a fare la telefonata che fermò i congiurati e li spinse alla ritirata.
Quella notte all'ufficiale dell'esercito era stato ordinato di eseguire 'l'esigenza Triangolo':
un piano che prevedeva di usare reparti scelti per aiutare polizia e carabinieri a reprimere disordini. "Capii che a Borghese era stata tesa una trappola e che, anche in nome dell'amicizia e dell'ammirazione che mi legavano a lui, dovevo avvertirlo".



Perché?
"Una verità va ribadita a grandi lettere: le stragi furono volute e organizzate da servizi segreti stranieri.
Eravamo vittime di un gioco più sporco e più grande, voluto da interessi internazionali e da direttive nazionali". Una sintesi? Tutta colpa della Democrazia cristiana e di Washington: "Gli interessi erano quelli americani, le direttive rispecchiavano in pieno la sudditanza italiana all'Alleanza atlantica. Le forze più legate e devote agli Stati Uniti volevano e dovevano continuare a governare il paese a qualunque costo. Le minacce di colpi di Stato erano un pericolo inventato".


Impressionante la descrizione dei gruppi addestrati per fronteggiare il pericolo di un assalto sovietico o di una rivoluzione comunista.
C'era Gladio, creata dalla Nato in funzione filo-americana e poco incline verso la destra italiana.
C'era la sua Rosa dei venti che in realtà si chiamava Os, Organizzazione di sicurezza, "formata da persone non iscritte a partiti politici, altamente patriottiche e disposte a impegnarsi, in caso di invasione del territorio nazionale, a difendere la patria, le proprie case la propria gente".

Il fulcro erano 'i legionari':
militari della riserva, selezionati e pronti a tutto. Ma in tutti i reparti delle forze armate - sostiene Spiazzi - esistevano liste segrete di coscritti e ufficiali su cui contare in caso di disordini.
Uomini di fiducia che poi gravitano su Ordine nuovo, Avanguardia nazionale, Fronte nazionale e altre sigle di quella stagione.
Mentre dalla sua galassia cattolico tradizionalista fanno capolino gli alfieri della Lega Nord, i veneti di Fabrizio Comencini e persino Mario Borghezio.

Sarebbe bello leggere il libro di Sandro Neri come una spy story sulla guerra fredda, densa di personaggi e dall'atmosfera rétro.
Il guaio è che si tratta della nostra storia. E che forse non è nemmeno finita. Almeno così crede Amos Spiazzi: "Il fascismo è sparito, il compromesso storico ha annacquato e poi dissolto il Pci, i nuovi equilibri hanno imposto strategie e obiettivi diversi... Ma oggi è di nuovo tempo di alzare la guardia".


Dagospia 08 Febbraio 2008
Avadoro
00lunedì 11 febbraio 2008 13:01
L'ennesima conferma che siamo stati per cinquant'anni una democrazia a sovranità limitata.

Forse lo siamo ancora, visto che i caccia dello zio Sam possono abbattere funivie sul Cernis senza che i responsabili finiscano all'ergastolo nei sotterranei del carcere militare di Peschiera e degli stolidi soldati americabi in Iraq possono ammazzare nostri funzionari dei Servizi senza nemmeno essere estradati.

Spiazzi parla di reparti pronti a intervenire in caso di "pericolo di un assalto sovietico o di una rivoluzione comunista".
Si dimentica volontariamente di dire che sarebbero intervenuti anche in caso di vittoria comunista in regolari elezioni.
Etrusco
00lunedì 11 febbraio 2008 16:35
Re:
Avadoro, 11/02/2008 13.01:



Spiazzi ...
Si dimentica volontariamente di dire che sarebbero intervenuti anche in caso di vittoria comunista in regolari elezioni.




Se poi ci colleghi alcune dichiarazioni di Corrado Guerzoni, portavoce del fu Aldo Moro rilasciate ieri a "In Mezz'Ora"... il puzzle si inizia a comporre [SM=x44465]


Una spiegazione diversa sulla caduta del governo.
... stranamente Prodi, se non ci fosse stata la crisi di governo, quel giorno doveva partecipare ad una riunione in cui si stabiliva se togliere o no il segreto di stato su alcuni documenti riguardante il caso del rapimento Moro.

Prodi si era impegnato a renderli pubblici
, ma tanti, tra cui il centro destra e certamente Andreotti e Cossiga (al governo in quegli anni), erano contrari.

Di certo i tanti segreti d’Italia restano tali e chiunque si avvicina un minimo si scotta.
E questo dimostra soltanto una cosa, esistono reti sociali nascoste che riescono a condizionare da decenni la vita pubblica Italiana. Poi quanto questo centri davvero nello specifico caso difficile dirlo, ma il semplice fatto che sia possibile pensare a ciò la dice lunga sul clima che si respira da queste parti.

by sparkaos su Febbraio 11th, 2008
frammentinomadi.wordpress.com/2008/02/11/una-spiegazione-diversa-sulla-caduta-del-...


Nikki72
00lunedì 11 febbraio 2008 16:57

Una spiegazione diversa sulla caduta del governo.
... stranamente Prodi, se non ci fosse stata la crisi di governo, quel giorno doveva partecipare ad una riunione in cui si stabiliva se togliere o no il segreto di stato su alcuni documenti riguardante il caso del rapimento Moro.

Prodi si era impegnato a renderli pubblici, ma tanti, tra cui il centro destra e certamente Andreotti e Cossiga (al governo in quegli anni), erano contrari.

Di certo i tanti segreti d’Italia restano tali e chiunque si avvicina un minimo si scotta. E questo dimostra soltanto una cosa, esistono reti sociali nascoste che riescono a condizionare da decenni la vita pubblica Italiana. Poi quanto questo centri davvero nello specifico caso difficile dirlo, ma il semplice fatto che sia possibile pensare a ciò la dice lunga sul clima che si respira da queste parti
.



[SM=x44466] mamma mia [SM=x44466] non la sapevo questa [SM=x44497]
Etrusco
00mercoledì 13 febbraio 2008 21:41
MORO PER SEMPRE/1
– UN FANTASMA SI PRESENTA IN VATICANO
- A 30 ANNI DALLA MORTE DEL LEADER DC, UNA RILETTURA IN CHIAVE DEMONIACA
– GLI INCUBI DI PAPA MONTINI, CERTO DELL’ESISTENZA DI SATANA…



Paolo Mauri per “la Repubblica”

Tra poco cadranno i trent´anni dalla morte di Aldo Moro,
l´evento che segnò la sconfitta delle Br,
il punto di massima confusione nella Dc e l´avvio, anche a sinistra, di una nuova difficile fase.

Al diffondersi della notizia, a Roma, molta gente si precipitò per strada e si ritrovò a via delle Botteghe Oscure e in via Caetani. L´emozione di tutti era fortissima. L´uccisione di Moro era stata, minuto per minuto, un atto pubblico: il rapimento, la detenzione dalla quale filtravano le lettere del prigioniero, in apparenza riservate, ma subito divulgate e commentate sui giornali, il processo che si era concluso con la sentenza di morte poi atrocemente eseguita: tutto era accaduto in modo che fosse insieme nascosto e visibile.
Le Br, protette dalla clandestinità e dal segreto che le circondavano, pensavano di minare in questo modo il sistema, ma stavano invece creando un martire che nel tempo avrebbe sempre testimoniato contro di loro. E come sappiamo non solo contro di loro.


Aldo Moro con Francesco Cossiga

Sul caso Moro si è accumulata nel tempo una enorme mole di libri, dall´instant-book di Arbasino (“In questo stato”, 1978) ai recentissimi lavori di Giovanni Bianconi (Einaudi) e di Stefano Grassi (autore, quest´ultimo di un ponderoso dizionario dedicato al caso Moro in uscita da Mondadori).
Di Moro si sono occupati giornalisti e storici e, naturalmente, anche i brigatisti più o meno direttamente coinvolti nella vicenda.
Memorie, analisi, riletture: presto da Einaudi uscirà un volume con le lettere di Moro, ricollazionate sugli originali per emendare alcuni fraintendimenti dovuti alla fretta con cui si stampavano.

Anche i letterati, gli uomini di teatro e di cinema si sono interrogati su Moro:
Dario Fo gli ha dedicato, già nel ´79, un lavoro teatrale ispirato al Filottete di Sofocle.
Moro è Filottete, l´eroe greco abbandonato da Ulisse nell´isola di Lemno così come Moro viene abbandonato dai suoi compagni della Dc: Zaccagnini, Andreotti, Cossiga... Leonardo Sciascia, nel suo “Affaire Moro”, gioca invece con Borges e Pierre Menard autore del Chisciotte per condannare il partito della fermezza che, a suo giudizio, sta avallando una sentenza già scritta da altri, così come Pierre Menard riscrive il capolavoro di Cervantes.

Il cinema non ha certo dimenticato Moro: Gian Maria Volontè è stato Aldo Moro nel film di Giuseppe Ferrara (1986) mentre Roberto Herlitzka lo ha interpretato per Bellocchio (“Buongiorno, notte”, 2003). C´è poi, dello stesso anno, il film di Renzo Martinelli, “Piazza delle Cinque Lune”. Corrado Augias con Vladimiro Polchi ha messo in scena la tragedia di Moro affidata soprattutto ad una lettura in palcoscenico delle lettere. Il fantasma di Moro è qui: memento di un assassinio sul quale ci si continua ad interrogare. Si poteva evitare? Era possibile una trattativa senza togliere ogni credibilità allo Stato?

Con “Adesso viene la notte” (Mondadori, pagg. 125, euro 13) lo scrittore Ferruccio Parazzoli affronta l´argomento da uno specialissimo punto di vista: il Vaticano, anzi l´appartamento privato di Paolo VI. “Adesso viene la notte” è dichiaratamente nato come azione teatrale su suggerimento di Gianfranco Calligarich, ma non è mai stato rappresentato: l´affaire Moro, si direbbe, esige la messa in scena. Si sa che Giovanni Battista Montini era amico di Aldo Moro dai tempi della Fuci e non risparmiò gli appelli agli "uomini delle Brigate Rosse" perché il leader politico fosse restituito alla sua famiglia. Parazzoli ci conduce dietro le quinte e tutto assume una dimensione altra: quella assai particolare e segreta dello Stato pontificio e quella spettrale di un incubo.



Agendo da scrittore, Parazzoli non si cura della veridicità dei fatti e neppure dell´esatta scansione cronologica dell´accaduto: d´altra parte, nella sua pièce intorno a Moro combattono e si misurano il diavolo e il buon Dio.
Usare il diavolo è innanzitutto un omaggio alla grande letteratura del passato: un gesto squisitamente favolistico. Quanto a crederci, sottolinea l´autore, che di suo, essendo un cattolico, ha tutta l´aria di crederci, ognuno si regoli come preferisce.

Di certo Paolo VI è fermamente convinto della presenza di Satana:
nella sua stanza mentre lui nottetempo lavora o prega succedono cose strane. Resteranno
(ma qui siamo già nella letteratura) segni evidenti sui muri: un color nero che gli operai incaricati di ripulire le stanze prima che vi acceda Giovanni Paolo II, stentano a fare andar via. Satana è dispettoso: fa piovere sul corteo papale ogni venerdì santo ed è lui che manovra la Rappresentazione del caso Moro: come al solito, avviene da quando fu creato, ha sfidato Dio. Di fronte all´amico incarcerato e martoriato la fede del pontefice verrà meno, assicura il demonio. È una scommessa blasfema.

Nel 1972, mercoledì 15 novembre, durante un´affollata udienza Paolo VI dichiarerà ad un certo punto pubblicamente la presenza del demonio: «Quel male che chiamiamo Demonio». Giovanni Battista Montini è un uomo molto sensibile e tormentato. In una scena lo vediamo a Castel Gandolfo con il filosofo francese Jean Guitton (che poi diverrà un suo biografo) mentre ammira il tramonto e viene come attraversato da un´ombra.
È il pensiero del male, il tremore che contrasta con l´amore di Dio. In base a queste coordinate l´autore costruisce un sogno del papa. È la notte tra il 15 e il 16 marzo 1978. Il segretario don Macchi bussa, gli viene aperto.

«Santità, l´onorevole Moro chiede di essere ricevuto». Stupore per l´ora e per il luogo: nessuno viene ammesso negli appartamenti privati. Tuttavia acconsente e Moro, che è piuttosto male in arnese, con i pantaloni infangati (il tempo fuori è orribile) dopo i convenevoli e le scuse presto accolte dichiara il motivo della sua visita: «Sono certo dell´esistenza del Diavolo». Il papa gli sorride: Tutto qui? obietta. «Lo sa bene: l´infaticabile azione del Demonio è una delle poche certezze che ho sempre avuto, fin dai tempi del seminario».

Seguono altre poche considerazioni e la richiesta, da parte di Moro, della benedizione. E di una assicurazione, quella di «non dimenticare la mia famiglia, qualunque cosa accada».

I due restano l´uno di fronte all´altro, in silenzio. È la notte prima del rapimento. A questo punto il papa si sveglia. Si trova nel suo letto, sulla piccola scrivania è ancora aperto il secondo volume dei Karamazov al capitolo IX: «Il diavolo. Incubo di Ivan Fëdorovic».

Ma il diavolo ha altre sorprese per Paolo VI.
Presto comparirà davanti a lui il segretario della Dc Benigno Zaccagnini e uscito questo, senza nulla concludere, si affaccerà Andreotti. Non voglio entrare nei particolari. Gli incubi si alternano alle scene diciamo così dal vero e tutto ruota intorno ad una dimensione alla quale si stenta a credere.
Poi restano nella memoria due fatti:
la celebrazione delle esequie senza il cadavere che la famiglia ha voluto tumulare in forma privata a Torrita Tiberina, a pochi chilometri da Roma,
e l´audizione di Romano Prodi che spiega come si stesse giocando al piattino quando venne fuori il nome Gradoli.
Perché nel caso Moro c´è di tutto: i demoni del Male e i maghi da quattro soldi, lo spiritismo e le lotte interne dei partiti.
Parazzoli non ha scoperto nulla, ma ha colto bene un´atmosfera, giostrandola con maestria. Un incubo. Quella storia è veramente un incubo dal quale non è facile risvegliarsi.


Dagospia 13 Febbraio 2008
dagospia.excite.it/articolo_index_38002.html
Etrusco
00giovedì 14 febbraio 2008 23:34
“MORO DOVEVA MORIRE.
LA TRATTATIVA CON LE BRIGATE ROSSE NON C’ENTRA NIENTE”
“IL GOVERNO PRODI CADUTO ANCHE PER SEPPELLIRE LE CARTE SEGRETE SEQUESTRO”
CORRADO GUERZONI, IL PORTAVOCE DI MORO, SGANCIA UN’INTERVISTA BOMBASTICA






1 - LETTERA
Caro Dago,
Domenica 10 Febbraio Lucia Annunziata intervista Guerzoni, il portavoce di Aldo Moro. Si ipotizza che il Governo Prodi sia stato battuto al Senato anche perche' stava per rendere pubblici i documenti segreti sul sequestro Moro (di 30 anni fa). Secondo alcuni, invece, i documenti devono rimanere segreti per altri 30 anni. Vengono fatti nomi ed anche cognomi. Sul sito della RAI il filmato di Inmezzora:


www.rai.tv/mpplaymedia/0,,RaiTre-In1-2h^17^57517,00.html

Meticcio


Il corpo esanime di Aldo Moro nell'auto
Foto da Corriere Magazine


2 - “MORO DOVEVA MORIRE. LA TRATTATIVA CON LE BR NON C’ENTRA NIENTE”
(Testo tratto dal programma Rai3 “In mezz’ora”)

LUCIA ANNUNZIATA - Corrado Guerzoni è stato portavoce di Aldo Moro, uno dei grandi amici della famiglia Moro, nonché uno degli uomini che da anni sostiene una posizione non ufficiale sul rapimento Moro
. È una puntata che noi dedichiamo per l’appunto al trentennale di quel rapimento nella convinzione che questa volta la celebrazione si intreccera’ in parte con questa crisi.

LA –Lei hasempre sostenuto che in realtà le Br non agirono da sole. Alcune delle forze in campo, secondo lei, furono gli americani, poi alcuni intereressi nazionali, c’era la P2 in campo, ad esempio - nel comitato di crisi, ed e’ stato confermato, c’erano dieci persone della P2. Poi c’era un mondo ecclesiastico, e parte della Dc.
È giusta questa mia interpretazione della sua tesi?

CG – Certamente le Br non hanno operato da sole perché sarebbe incredibile che l’avessero potuto fare. Non erano eterodirette nel senso tecnico della parola, però beneficiavano intanto di un clima. C’era un clima contro Moro che era cominciato da quando Moro era apparso sulla scena politica. C’era un forte spinta verso destra, non dimentichiamoci che c’era stato un governo addirittura ancora nel ’72 con i liberali, con Malagodi, e che c’era un clima teso a impedire che si facesse questo ulteriore passo decisivo. Perché quando si fosse stabilito che i comunisti erano come gli altri, che non avevano più il pugnale in bocca, che non mangiavano i bambini…

LA -L’inchiesta Pellegrino sul caso Moro si chiude nel 2001, con tante relazioni quanti sono i membri della commissione, cioe’ 18. Uno spezzarsi della verità persino sul tavolo della commissione. Nella sua versione Pellegrinodice che la verità è che le br agirono da sole, che i servizi segreti non furono capaci. E poi diceanche, che la versione di Guerzoni è credibile a sufficienza da poter essere citata, ma manca di prove. Come mai lei non ha ancora oggi prove?

CG – Io sono un testimone e come tutti i testimoni ho visto le cose come si sono svolte. Quindi, per carità, nessuna prova naturalmente . Ma io ancora penso che ci sia stato una specie di subappalto. Io non parlo di appalto in termini tecnici, ma di subappalto. Ci sono degli interessi che tutti confluivano intorno a un punto: quest’uomo deve morire. La trattativa... non c’entra niente. Quell’uomo era morto dal momento in cui era stato preso. Non c’è stato nessun momento [in cui le cose potevano andare diversamente]. Queste cose ridicole, se non fossero tragiche, del riscatto coi soldi, del papa che si occupa di queste cose, del governo che gentilmente gli consente di fare questa gran cosa… come se questi brigatisti si potessero comprare con dei soldi. Da quel che io so, la banca popolare di Novara aveva a disposizione 10 miliardi.. sono cifre colossali. Non potevano fare gola a queste persone le quali evidentemente erano invasate da altre cose....)


Il corpo di Aldo Moro

LA – Però la ragione per cui lei è qui è che secondo noi ci sono dei nuovi elementi in movimento sul caso Moro. Il primo, non so se lei è informato, e’ la questione della apertura degli archivi sul caso Moro – 1978-2008, trent’anni – che ha finito con l’intrecciarsi con questa crisi. In che senso? C’è stata la riforma dei servizi che ha deciso che dopo 30 anni si possono aprire gli archivi, e c’e’ oggi un’incredibile coincidenza: a ottobre [scorso] Prodi va al comitato per i servizi segreti, fa una audizione su togliere il segreto di stato e Prodi si impegna a mostrare le carte top secret. C’è un’opinione opposta di una parte della commissione che dice che invece i 30 anni devono partire dal momento in cui la legge è stata approvata, quindi la differenza è tra aprire quest’anno gli archivi Moro, o oggi o tra 30 anni, nel 2038. Già questo è molto interessante. la successiva riunione sul tema è fissata per il 17 gennaio alle 14 e 30. il 17 gennaio alle 14 e 30 Prodi però è in parlamento a riferire della relazione del guardasigilli Mastella di cui ha preso il posto durante la crisi di governo. Strano no? È una delle tante coincidenze legate al caso Moro?

CG – No, fa parte di quella stessa storia che a via Montenevoso prima si scopre un pezzo, poi dopo molti anni un altro pezzo… e forse ancora non ci sono tutti i pezzi. Manca sempre la pagina 227 tra la 226 e la 228. E anche qui evidentemente ci sono delle cose che non si possono dire. Fin che certa gente campa non saranno scoperte.
LA – non vogliamo fare letture dietologiche ma secondo lei è casuale questo tempismo tra crisi del governo Prodi e caso Moro? Non possiamo che vedere che il caso Moro continua sempre a intrecciarsi con tutto, insomma?
CG- Ah questo sì.
LA – In che senso?
CG- perché è un problema irrisolto. Nel senso più profondo del termine. Quando una persona ha un tumore, questo tumore si può curare con dei palliativi, ma il tumore resta.

LA – Quindi secondo lei si arriverà a decidere se aprire quest’anno o meno gli archivi Moro?
CG – No, secondo me no.
LA – Ma secondo lei sarebbe importante aprirli o no?
CG- Ah non so cosa se ne vuole ricavare. A me interessa un'altra cosa. Mi piacerebbe sapere qual è stato il comportamento del governo Andreotti-Cossiga operativamente parlando. Vorrei sapere se quella era inettitudine comprovata. Inettitudine tollerata. Inettitudine auspicata. Risultato di spinte e controspinte perché questo ancora non è chiaro. Come non è chiaro l’atteggiamento vero di tutte le forze in campo della dc. Noi sappiamo che c’è stato un gruppo di comando, io lo chiamo sinedrio formato da varie persone. Di queste alcune sono sparite, altre sono ancora pienamente al potere oggi, legittimate.

LA – Stiamo sempre parlando di Cossiga e Andreotti?
CG – No no, sono persone che attualmente sono al potere e che si guardano bene dal dire queste cose. Voglio dire il ministro Pisanu era una di queste. Era lì faceva parte del gruppo più ristretto.
LA – Sì certo era il segretario di Zaccagnini
CG - Io non ho mai sentito che abbia detto finalmente vi dico come sono andate veramente le cose. Perché è giusto che ognuno sappia. Qui ancora stiamo discutendo se la direzione della dc si doveva riunire o meno. Se Fanfani ha detto delle cose o meno… se si è saputo della morte di Moro… No, si è saputo alle due quando la riunione stava per finire.. voglio dire tutte queste posizioni non sono indifferenti…




LA – E se aprissero gli archivi noi troveremmo risposte a tutte queste domande?
CG - Beh qualche cosa sì. Se si volesse… (e il volere) non è un fatto di una inchiesta giudiziaria, le inchieste giudiziarie sono quelle che sono, ma un fatto politico, ma perché è morta la dc? È cominciata a morire quel giorno o no?
LA - Certo, ma secondo lei Cossiga e Andreotti e un pezzo dei servizi sono ancora così potenti da non voler far riaprire gli archivi di Moro anche adesso?
CG – Ma vede c’è una potenza che sta al di là dei nomi, che è la potenza delle strutture. Esistono i segretari generali, i capi di gabinetto, tutta una rete che dà la continuità dello Stato. Anche in Rai se lei guarda passano i dirigenti, ci sono delle crisi terribili. La Rai dovrebbe essere distrutta, dopo tutte questi scossoni, ma no. Sotto c’è una struttura che continua negli anni nonostante tutto e nonostante tutti.



LA – Quella di cui parla e’ la struttura della dc o la struttura del consociativismo italiano?
CG - Nono è la struttura del potere italiano. Ci sono dei fatti che avvengono ai livelli operativi, quelli che una volta, all’epoca di Giolitti, sarebbero stati chiamati i rappresentanti massoni. Lei sa che ogni prefetto diventava commendatore…
LA - Per chiarezza, ci dice i nomi dei poteri che dominano le strutture. Chi sono? Non c’è più la P2 forse? C’è la massoneria. C’è la dc, c’è l ‘ex pci?
CG - Per me c’è n’e’ una fondamentale che è la burocrazia dello stato. Dentro lì ci si mette tutto. C’è la Banca d’Italia… ci sono le strutture operative al di sotto della consulta. Esiste questa burocrazia. Io non do un giudizio buono o cattivo. Ma dico che esiste questo traliccio che è la struttura portante sul quale si muovono queste figure che passano che sono i politici. Altrimenti lo stato non starebbe in piedi. La figura del segretario generale del presidente della repubblica, o del segretario generale del presidente del consiglio, sono fondamentali durante i governi.

LA – E d’altra parte questo spiega anche perché in Italia sulle stragi nulla è mai stato risolto? Né dai governi di centro destra né dai governi di centrosinistra? In quest’ultimo anno non solo sono usciti libri, quello di Giovanni Moro “Anni Settanta”, quello di Giovanni Bianconi “Eseguendo la sentenza”, bei libri, sta per uscire il libro di Galloni. Ci sono anche delle interviste. Sul Corriere Aldo Cazzullo ha fatto un’intervista a Cossiga che in qualche modo ha riaperto un po’ le cose. Ha sostenuto che mille persone di sinistra, sia pur non il vertice del Pci, conoscevano dov’era tenuto Moro. Tutte questi nuovi elementi non danno forse ragione a lei? Non aiutano la sua versione?
CG - A parte che non esiste in Italia una notizia che non venga resa nota, tre o quattro giornalisti la sanno e la settimana dopo è di dominio pubblico. L’idea che esistessero in Italia mille persone che sapevano dimostra pero’ un’altra cosa. Che effettivamente c’era un tale sfascio, voluto o non voluto, che mille persone potevano sapere tutto e guarda caso il segretario del Pci non lo sapeva.

LA – Ma neanche il ministro degli interni e dei servizi.
CG – Vede il ministro dell’interno dell’epoca… Pecchioli che era il ministro del governo ombra del Pci gli si presentò davanti e gli disse, “Ma come sono dieci giorni che avete gli scatoloni di via Gradoli e ancora non li avete aperti”. C’è scritto sui libri non me lo sto inventando io. L’ha scritto Bettiza.
LA – Non vede in queste dichiarazioni di Cossiga, con cui Lei ha sempre discusso, una sorta di ripensamento, un modo per dar ragione a lei?
CG – No guardi Cossiga non pensa di darmi ragione in nessun modo, ma se può tirarmi in mezzo lo fa in qualsiasi modo. Mi ha tirato persino in mezzo come quello che aveva a che fare con la Mitrokin..


Il chiesa del funerale di Aldo Moro


LA – Ma e’ vero che mille persone sapevano?
CG – Si sa che Radio Città Futura sapeva, si sa che Op di Pecorelli aveva dato una settimana prima delle informazioni precise. Si sa che l’intelligence americana era al corrente. Voglio dire giusto non lo sapeva Moro, poveretto.
LA – Ecco, un altro elemento che lei sostiene è che gli americani erano particolarmente contrari a Moro. Invece la versione ufficiale, anche quella di Cossiga è che gli americani hanno mandato un aiuto eccetera. Oggi abbiamo nuovi dati. Recentemente Filippo Ceccarelli su Repubblica ha riportato dagli archivi di stato britannici che nel ’76 – quando con Ford era ancora Kissinger il segretario di stato americano – gli inglesi avevano anche preso in considerazione l’ipotesi di un colpo di stato in Italia se i comunisti fossero stati vicini al governo.

CG - Ecco, ci sono due livelli. C’è un livello molto più preciso. Nel ’76 l’onorevole Moro si trova a Portorico. Il governo è in chiusura ma continua l’attività corrente, come Prodi in questi giorni. A Portorico Schimdt il cancelliere tedesco, e Giscard d’Estaing, gli dicono chiaramente “noi non solo non vi diamo più nessun aiuto ma vi cacciamo dalla Nato, perché voi state portando i comunisti al governo”. Non è che Schmidt ne abbia fatto un mistero. È una cosa arcinota.
LA – Ma il mio punto è che lei oggi comincia ad avere ragione. Non si rende conto che oggi ci sono nuovi dati che confermano la sua versione?
CG – Sì ma io sono molto diffidente. Conosco le regole. Le cose sembra che partano, sembra che vadano. Poi improvvisamente si bloccano. Perché la verità vera non deve essere rivelata. Quali sono gli atti operativi?
LA – Quindi lei è negativo. È possibile che lei pensi che Andreotti e Cossiga e anche un pezzetto dello Stato è ancora oggi così potente?

CG – No io farei una distinzione tra Andreotti e Cossiga. Andreotti è stato un uomo che nella sua rigidità non ha fatto otto giochi ma ne ha fatto uno solo. Quest’uomo (Moro nda) non si può salvare, quest’uomo deve morire punto e basta. Si è comportato di conseguenza. Io ho litigato con lui in un Mixer (di Minoli nda) a fondo. Però devo dire che lui ha se non altro rispetto di me. Mi ha scritto un biglietto dicendo che Aldo sarebbe stato molto contento di me come collaboratore di Moro, per dire la persona. Certo poi se può impedire qualcosa lo fa. Ha ancora un potere reale. Alza il telefono. Nel nostro mestiere chi è potente? Chi ha un’agendina con tutti i nomi ... Andreotti ha tutti i numeri, ma ce l’ha nella testa.
LA – E Cossiga?
Cg – Cossiga è una figura drammatica. Io ho raccolto tutte le sue dichiarazioni. Dice questo e il contrario di questo. Poi ci sono anche delle autentiche carognate.
LA – Cossiga ha fatto un’intervista con Claudio Sabelli Fioretti in cui a proposito delle lettere dalla prigionia di Moro ha dichiarato: “Ho detto sbagliando che non era lui. Era lui. Era lui e aveva capito come strava andando a finire.” Questo era un punto centrale della Dc. Quando arrivavano le lettere si diceva “non è lui, non sono “moralmente ascrivibili a lui”. Cossiga a dicembre 2007 dice invece “ho sbagliato me ne pento, era lui…”

CG – L’aveva detto anche prima
LA – Ho capito, però l’ha ripetuto nel 2007 alla vigilia della riapertura dei dossier. Che significa questo?
CG – Io non sono andato con la Faranda in tv a raccontare le vicende di quei giorni, lui l’ha fatto. Quindi lui li conosce bene quelli dell’altra parte. Sa benissimo qual è la loro consistenza, la loro struttura, la loro realtà. Sa che Moro non è stato drogato, sa che Moro è stato tenuto con rispetto. Sa che Moro non venne coartato. La personalità di Moro è così complessa, così vigorosa, così forte, così tenace, se vuole così altera che non potevano essere quindici giorni di quella condizione a deteriorare la sua capacità psichica.
LA – Ho l’impressione che anche gli anni che passano su Cossiga possano aprire una porta a nuove rivelazioni.
CG – Può anche darsi, io non lo escludo. Cossiga è così imprevedibile. Può anche darsi che un giorno si decida di fare un discorso…


Il corteo funebre

LA - … E di dire la verità. Tra le altre cose, Cossiga è d’accordo sul fatto che probabilmente don Antonello Mennini (sacerdote della famiglia Moro nda) sia stato portato nel covo dei brigatisti a consolare e a confessare Moro. Don Mennini era un prete vicino alla famiglia… anche lei è convinto di questa visita? La famiglia insomma, aveva un proprio canale di ritorno direttamente con le Br ?
CG – Su questo non posso rispondere.
LA – Perché non può rispondere?
CG – Perché non posso rispondere.
LA – Ma perché non lo sa, o perché ancora non vuole…
CG – No no. Sui canali non rispondo.
LA – Sui canali non risponde. Allora anche li c’ha qualcosa che ancora non ha detto?
CG – Certo.
LA – Quante cose non ha detto?
CG – Qualcuna.

LA – Qualcuna. E potrebbe dirle. Sarebbe importante se lei le dicesse?
CG –Nno. No, Sono cose che hanno a che fare largamente con aspetti personali, aspetti privati. Io ho molto riguardo per la signora Moro e quindi non mi permetterei mai di fare nulla che potesse in qualche modo dispiacerle.
LA – Va bene. Ultima cosa. Tra le revisioni di Moro ne ritroviamo una anche questa recentissima di un noto studio cattolico, Pietro Scoppola, che ha messo insieme il suoi articoli apparsi su repubblica dall’89 in un libro che si chiama “La coscienza e il potere”. Nell’introduzione lancia un’idea interessante, cioe’ che l’antipolitica ha gettato il suo seme proprio lì, nel modo con cui è stato trattato Moro e nel modo come si è conclusa la vicenda.

Scrive Scoppola: “i cittadini furono molto emozionati. Volevano sia la libertà di Moro sia la lotta al terrorismo. Nel momento in cui hanno visto come è stato gestito [il tutto] c’è stato il collasso, il primo collasso nella fiducia dello Stato”. Lei è d’accordo con questo giudizio, che ci porterebbe dritto alla politica di oggi?
CG - Beh che i cittadini che per la prima volta hanno visto quest’uomo che si presentava in camiciotto dopo che era stato visto in giacca e cravatta persino in riva al mare; che ne avevano vista distrutta l’immagine, il viso travagliatissimo, i capelli lunghi, mentre spesso il suo era un viso riposato; quei cittadini sono passati dalla parte di uno che era un perdente. Avevano capito che era una vittima designata, avevano capito che nessuno gli dava più mezza lira. Perché Moro creava solo un disturbo… se fosse stato zitto.. sarebbe stato un grande martire rispettato. Ma ha parlato, ha preteso, ha voluto dire la sua, ha voluto continuare a gestire.

LA – Ha voluto fare politica.
CG – Ha voluto fare politica, certo. Era il suo mestiere, l’aveva fatto per tutta la vita. Quando ha capito che la politica era finita, si è raccolto in se stesso con il dio in cui credeva, con la famiglia che aveva amato e ha chiuso con quella frase “ah se si potesse vedere un po’ di luce all’orizzonte”.
LA – Rimanendo sull’odierno. Il centro di quest’ultimo periodo politico è la creazione del pd in cui confluiscono cattolici ed ex comunisti. Questo è un po’ in fondo quello che si era temuto e che è successo. È una nemesi storica? O è un processo che da’ oggi ragione a chi temeva allora la legittimazione dei comunisti?
CG - Su questo sono tranchant perché bisogna esser brevi. L’onorevole Moro non avrebbe mai distrutto la Dc. Non avrebbe mai cambiato il nome della Dc in movimento popolare. Era già stato una volta alla Camera e aveva detto che difendeva la Dc ma non tutta la Dc. Moro in quel momento si sarebbe aspettato che un certo numero di democristiani avesse ritenuto opportuno ritirarsi prima ancora dei giudizi e non giudizi, e la Dc avrebbe dovuto fare una grande confessione pubblica, ma la Dc si sarebbe continuata a chiamare Dc, allora avrebbe potuto continuare a essere la Dc.

LA - L’ultima domanda. Lei è entrato nel comitato dei 45 del Pd. Moro avrebbe approvato l’esperimento del Pd o no?
CG - Oh io sono entrato unicamente perché ho rispetto per Veltroni. A parte il fatto che qualche amico mi ha, come dire, sospinto. Però non credo. Cosa sarebbe stato oggi Moro, a 92 anni...senatore a vita? Dopo esser stato presidente della repubblica.. come si sarebbe comportato? Sarebbe stato tutti i giorni come Andreotti presente poi all’ultimo momento però fregando il voto che aveva promesso? Io non lo vedo così. Avrebbe accettato la carica di senatore a vita e avrebbe giocato a pieno titolo, se vuole con grande violenza.


Dagospia 14 Febbraio 2008
dagospia.excite.it/articolo_index_38039.html
c'eraunavodka
00martedì 25 marzo 2014 21:49
Eravamo il Cile, ma non lo sapevamo...
Una delle teorie che all'epoca andava per la maggiore (ne furono fatte a migliaia) raccontava gli amerikani (quelli con la cappa come si usava all'epoca) avevano paura che l'Italia cedesse al ricatto aprendo di fatto al riconoscimento politico delle BR e al successivo passaggio al komunismo (sempre con la cappa) dell'Italia e quindi bloccarono ogni trattativa. Ma sono solo teorie e ipotesi degne di un bel romanzo di fanta politica che potrebbe iniziare così: "C'erano una volta i servizi deviati, un ramo parallelo di intelligence 'coperta' i cui fascicoli trovavano posto solo nella scrivania di Giulio, per rimanervi chiusi a chiave. La logica era quella che i servizi Russi in pieno accordo con quelli USA non volevano la caduta del muro e ai DC fu già difficile salvare il Papa che ci puntava forte, ma quando Berlinguer ebbe la grave colpa di aver preso troppi voti con la sua politica riformista, allora la misura fu colma e Moro fu fermato. Ma i nostri servizi erano dei guardoni, dovevano solo riferire. Per Andreotti significò guardare un amico morire: Giulio lo aveva avvertito ma quello, Aldo, non ci sentiva..."
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