Libri già in uscita sul Sistema-Moggi

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M.Daniele
00domenica 21 maggio 2006 09:09
Vediamo se vi piacciono:

TITOLO: MARCELLO PORCELLO, storia del'allenatore delinquente e zerbinato che credeva di insegnare al mondo il 4-3-3.

TITOLO: LIBERTà DI PAROLA; Giorgio Tosatti, il giornalista criminale e incompetente che conosceva solo una frase:"hanno ragione Moggi e Giraudo."

TITOLO: ARBITRO DE SANTIS, FUORI I SECONDI...NI: la guardia carceraria al servizio della Piovra, della Gea e della Juventus.

TITOLO: COSMESI; l'epopea di Antonio Giraudo, l'amministratore delegato più fallito del mondo fautore della nuova "criminalità di bilancio organizzata".

TITOLO: STORIA DEL CRIMINE, la lunga storia della Juventus, dall'arrivo degli Agnelli agli scudetti rubati negli anni '60 e 70', passando per la tragedia dell'Heysel e la criminalità organizzata della "gloriosa Triade". La vita di una società sinonimo di fallimenti, tragedie, sfighe e sconfitte.
Giubo
00domenica 21 maggio 2006 20:51
e un titolo per Biscardi c'è?
Etrusco
00lunedì 22 maggio 2006 23:22
BEHA INDAGA - DAL CAMERUN AL GHANA.
VIAGGIO NEL MONDO DEL PALLONE IN UN’ITALIA IN DECLINO CUI RESTANO SOLO CIBO E CALCIO,
TRA MASTRO DON GESUALDO, CASSANO E I DEBITI
- C’È UN GELLI DEL PALLONE, ESISTE ANCHE IN QUESTO CASO UNA SORTA DI P2?...




Tratto da “Indagine sul calcio”, di Oliviero Beha e Andrea Di Caro, Bur


Adesso si parla del Ghana, primo avversario cronologicamente inteso dell’Italia di Lippi nei Mondiali di Germania.
C’è stata una Coppa d’Africa, nell’inverno 2006, vinta dai padroni di casa dell’Egitto benedetti dagli arbitraggi casalinghi: una novità?
Epperò la stella della Costa d’Avorio, quel Drogba centravanti del Chelsea londinese di proprietà del «paperone» russo Abramovich con i miliardi di sterline che gli sgorgano dagli occhi (di Abramovich, ma anche di Drogba in proporzione ai suoi fratelli ivoriani), ha sbagliato un rigore decisivo. Un’altra novità? Coppe truccate? Coppe sfortunate? Coppe segnate, ma da chi: da un fischio o da una zolla? Mah...



Adesso si parla di calcio etnico, a Roma, dove giocano a fiumi colorati sullo spiazzo di Colle Oppio, guardando al Colosseo, e di campionato multietnico tra diverse squadre di dilettanti originari dei cinque continenti, con feste, premiazioni, libagioni, Veltroni, occasioni e molti altri «oni», pretesto beneaugurante di incontro culturale, di razzismi in polvere, di idiosincrasie rotolanti con il pallone, in una «Città eterna» sia pure slabbrata in cui il 14% delle imprese ormai prevedono un titolare o un socio immigrato (avrà qualcosa a che vedere con tutto ciò l’integrazione rotondolatrica?). Adesso si parla di Italia e Germania, l’una perché ci è cara, l’altra perché i Mondiali li ospita, entrambe quotate per la vittoria finale. Ma ci arriviamo in condizioni lievemente diverse, come Paesi. Non lo diciamo noi, basta citare un titolo del «Corriere della Sera» del 25 gennaio scorso, che recita: Vi restano solo cibo e calcio. Come è possibile?

(…)

Citiamo dal Rapporto Eurispes 2006, uscito sui giornali il 27 gennaio 2006 con un titolo suggestivo e indicativo insieme: L’Italia spreca il talento e declina tra Don Gesualdo, Cassano e debiti. Sottotitolo e sommario: «Il Rapporto denuncia l’immobilismo dell’economia e il conseguente arretramento del Paese, in attesa di “soluzioni”. Un Paese che si mostra incapace di esprimere tutte le sue risorse: e si indebita: prestiti per mantenere il livello di vita precedente».


(Rossella Sensi e Antonio Cassano-U.Pizzi)


Roma – Un Paese che non riesce a trasformare la propria potenza in energia. Che accumula «robba» che non si traduce in ricchezza collettiva. Che perde per strada, per incapacità di valorizzarli, talenti propri e importati. Per spiegare il declino dell’Italia l’Eurispes, nel Rapporto 2006, tira in ballo la filosofia aristotelica, Mastro Don Gesualdo, protagonista dell’omonimo romanzo di Giovanni Verga, e infine un personaggio dei giorni nostri, Cassano.
Aristotele. Per declinare in questo modo la metafora: di Aristotele si cita la fisica, la trasformazione dell’essere in potenza a un essere in atto. L’Italia, spiega il presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara, è «un Paese dalle grandi risorse e dalle grandi potenzialità che non riesce a esprimere e ad affermare un progetto di crescita e di sviluppo. Che non riesce a individuare un percorso originale al quale affidare il proprio futuro».
Mastro Don Gesualdo. Per cui la ricchezza accumulata, non traducendosi in benessere e progresso per il Paese, diventa inutile come la «robba» che avrebbe dovuto garantire al personaggio verghiano la sognata elevazione sociale, e invece rimane lì, pronta per essere dilapidata dal genero nobile e squattrinato. Cassano. E così anche quello che avrebbe pregio, che meriterebbe di essere valorizzato diventa inutile, improduttivo. Come il giocatore della Roma Cassano, ricorda l’Eurispes, acquistato dalla Roma nel 2001 per 30 milioni di euro, un talento poco o nulla valorizzato dalla squadra, alla quale alla fine non rimane che venderlo.



Queste le condizioni del Paese, calcio e Cassano compresi, a quanto pare. E il nome del fuoriclasse barese, appunto svenduto dalla Roma al Real Madrid, sembra eponimo del ventennio di cui raccontiamo qui volti e risvolti significativi, calcistici e non. Le coincidenze astrali, infatti, lo avevano fatto nascere, Antonio detto Totò, nella povertà malfamata ma vivace, e pallonara, guizzante tra i vicoli e le piazzette di Bari Vecchia, proprio il 12 luglio del 1982, nei dintorni di una data «storica», come ricorderemo subito. E a proposito dell’ultimo capoverso del Rapporto Eurispes, l’istituto radicatissimo della raccomandazione varrà anche per i calciatori, oppure almeno qui è il campo che decide per tutti come un infallibile giudice?

E c’è un Gelli del pallone, esiste anche in questo caso una sorta di P2? Ne parleremo, anche se possiamo anticipare che vale nel mondo del calcio il criterio che vale dappertutto, ahinoi. Adesso. Ma allora? Allora, più di vent’anni fa, non c’era il Ghana e neppure l’attuale interesse documentato per il calcio africano che muove già grandi manovre mercantili, non c’era il trambusto al Colle Oppio, non di quel tipo almeno, non c’erano tanti immigrati e quindi neppure, crediamo, il campionato multietnico. Allora c’era il Mondiale di Spagna del 1982, c’era la vittoria italiana dell’11 luglio con Cassano ai supplementari del suo percorso prenatale, c’era il terzo titolo mondiale del XX secolo, dopo i due «fascisti», conquistato a spese della solita Germania di cui sopra, quello di Paolo Rossi e Bearzot, di Pertini e Zoff, di Spadolini, il primo presidente laico dell’Italia repubblicana, di Craxi e Tardelli.

E c’era il Camerun, al posto del Ghana.
Un Camerun sconosciuto, magico e tribale nei suoi riti scaramantici, un Camerun da stregoni, come veniva definito. Un Camerun che avrebbe potuto e dovuto far soffrire i futuri campioni del mondo in una partita del primo girone, a Vigo, in cui chi perdeva era fuori.
Ne nacque un pari soporifero, un pari che parve scritto giacché dopo un gol di Graziani con scivolata del portiere N’Kono, un momento dopo la difesa italiana, che avrebbe resistito di lì a qualche giorno a Maradona e Socrates, si aprì d’incanto al gol del nerissimo M’Bida. Poi più niente fino alla fine. Si disse che il Camerun aveva difeso la sua imbattibilità, e che era stato un onore impattare con i futuri campioni del mondo. Già, ma la proprietà transitiva per di più applicata al futuro, con una parodia di macchina del tempo, non rende giustizia a una partita non giocata, con un pari che permise all’Italia di passare il turno solo grazie al quoziente reti.

Come chi scrive ha documentato successivamente e con grande fatica in un’inchiesta scritta e filmata mai degnata d’attenzione e anzi censurata in dosi industriali, quella fu e rimane una storiaccia. Allora impossibile da raccontare. La cerniera mediatica si chiuse ermeticamente e consegnò la vicenda al silenzio. Se ne parla qui solo per prendere la rincorsa nel raccontare il quadriennio seguito al triunfo madrileno, che ebbe significativi risvolti nel calcio e nel resto, specie nel rilancio di un generale «made in Italy» all’epoca annerito dal terrorismo e dai suoi postumi. Ma la storia, e la cronaca, si riservavano la sorpresa della nuova stagione, del cosiddetto «edonismo reganiano» (copyright Roberto D’Agostino padre dell’attuale sito informativo più interessante in rete, www.dagospia.com), cui il calcio fece da stupendo detonatore. Per l’amena «vera storia del caso Camerun e le sue nerissime ombre», un’altra volta….


Dagospia 22 Maggio 2006


Etrusco
00lunedì 22 maggio 2006 23:23
ska77c
00lunedì 22 maggio 2006 23:28
Re:

Scritto da: Etrusco 22/05/2006 23.22
BEHA INDAGA - DAL CAMERUN AL GHANA.
VIAGGIO NEL MONDO DEL PALLONE IN UN’ITALIA IN DECLINO CUI RESTANO SOLO CIBO E CALCIO,
TRA MASTRO DON GESUALDO, CASSANO E I DEBITI
- C’È UN GELLI DEL PALLONE, ESISTE ANCHE IN QUESTO CASO UNA SORTA DI P2?...




Tratto da “Indagine sul calcio”, di Oliviero Beha e Andrea Di Caro, Bur


Adesso si parla del Ghana, primo avversario cronologicamente inteso dell’Italia di Lippi nei Mondiali di Germania.
C’è stata una Coppa d’Africa, nell’inverno 2006, vinta dai padroni di casa dell’Egitto benedetti dagli arbitraggi casalinghi: una novità?
Epperò la stella della Costa d’Avorio, quel Drogba centravanti del Chelsea londinese di proprietà del «paperone» russo Abramovich con i miliardi di sterline che gli sgorgano dagli occhi (di Abramovich, ma anche di Drogba in proporzione ai suoi fratelli ivoriani), ha sbagliato un rigore decisivo. Un’altra novità? Coppe truccate? Coppe sfortunate? Coppe segnate, ma da chi: da un fischio o da una zolla? Mah...



Adesso si parla di calcio etnico, a Roma, dove giocano a fiumi colorati sullo spiazzo di Colle Oppio, guardando al Colosseo, e di campionato multietnico tra diverse squadre di dilettanti originari dei cinque continenti, con feste, premiazioni, libagioni, Veltroni, occasioni e molti altri «oni», pretesto beneaugurante di incontro culturale, di razzismi in polvere, di idiosincrasie rotolanti con il pallone, in una «Città eterna» sia pure slabbrata in cui il 14% delle imprese ormai prevedono un titolare o un socio immigrato (avrà qualcosa a che vedere con tutto ciò l’integrazione rotondolatrica?). Adesso si parla di Italia e Germania, l’una perché ci è cara, l’altra perché i Mondiali li ospita, entrambe quotate per la vittoria finale. Ma ci arriviamo in condizioni lievemente diverse, come Paesi. Non lo diciamo noi, basta citare un titolo del «Corriere della Sera» del 25 gennaio scorso, che recita: Vi restano solo cibo e calcio. Come è possibile?

(…)

Citiamo dal Rapporto Eurispes 2006, uscito sui giornali il 27 gennaio 2006 con un titolo suggestivo e indicativo insieme: L’Italia spreca il talento e declina tra Don Gesualdo, Cassano e debiti. Sottotitolo e sommario: «Il Rapporto denuncia l’immobilismo dell’economia e il conseguente arretramento del Paese, in attesa di “soluzioni”. Un Paese che si mostra incapace di esprimere tutte le sue risorse: e si indebita: prestiti per mantenere il livello di vita precedente».


(Rossella Sensi e Antonio Cassano-U.Pizzi)


Roma – Un Paese che non riesce a trasformare la propria potenza in energia. Che accumula «robba» che non si traduce in ricchezza collettiva. Che perde per strada, per incapacità di valorizzarli, talenti propri e importati. Per spiegare il declino dell’Italia l’Eurispes, nel Rapporto 2006, tira in ballo la filosofia aristotelica, Mastro Don Gesualdo, protagonista dell’omonimo romanzo di Giovanni Verga, e infine un personaggio dei giorni nostri, Cassano.
Aristotele. Per declinare in questo modo la metafora: di Aristotele si cita la fisica, la trasformazione dell’essere in potenza a un essere in atto. L’Italia, spiega il presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara, è «un Paese dalle grandi risorse e dalle grandi potenzialità che non riesce a esprimere e ad affermare un progetto di crescita e di sviluppo. Che non riesce a individuare un percorso originale al quale affidare il proprio futuro».
Mastro Don Gesualdo. Per cui la ricchezza accumulata, non traducendosi in benessere e progresso per il Paese, diventa inutile come la «robba» che avrebbe dovuto garantire al personaggio verghiano la sognata elevazione sociale, e invece rimane lì, pronta per essere dilapidata dal genero nobile e squattrinato. Cassano. E così anche quello che avrebbe pregio, che meriterebbe di essere valorizzato diventa inutile, improduttivo. Come il giocatore della Roma Cassano, ricorda l’Eurispes, acquistato dalla Roma nel 2001 per 30 milioni di euro, un talento poco o nulla valorizzato dalla squadra, alla quale alla fine non rimane che venderlo.



Queste le condizioni del Paese, calcio e Cassano compresi, a quanto pare. E il nome del fuoriclasse barese, appunto svenduto dalla Roma al Real Madrid, sembra eponimo del ventennio di cui raccontiamo qui volti e risvolti significativi, calcistici e non. Le coincidenze astrali, infatti, lo avevano fatto nascere, Antonio detto Totò, nella povertà malfamata ma vivace, e pallonara, guizzante tra i vicoli e le piazzette di Bari Vecchia, proprio il 12 luglio del 1982, nei dintorni di una data «storica», come ricorderemo subito. E a proposito dell’ultimo capoverso del Rapporto Eurispes, l’istituto radicatissimo della raccomandazione varrà anche per i calciatori, oppure almeno qui è il campo che decide per tutti come un infallibile giudice?

E c’è un Gelli del pallone, esiste anche in questo caso una sorta di P2? Ne parleremo, anche se possiamo anticipare che vale nel mondo del calcio il criterio che vale dappertutto, ahinoi. Adesso. Ma allora? Allora, più di vent’anni fa, non c’era il Ghana e neppure l’attuale interesse documentato per il calcio africano che muove già grandi manovre mercantili, non c’era il trambusto al Colle Oppio, non di quel tipo almeno, non c’erano tanti immigrati e quindi neppure, crediamo, il campionato multietnico. Allora c’era il Mondiale di Spagna del 1982, c’era la vittoria italiana dell’11 luglio con Cassano ai supplementari del suo percorso prenatale, c’era il terzo titolo mondiale del XX secolo, dopo i due «fascisti», conquistato a spese della solita Germania di cui sopra, quello di Paolo Rossi e Bearzot, di Pertini e Zoff, di Spadolini, il primo presidente laico dell’Italia repubblicana, di Craxi e Tardelli.

E c’era il Camerun, al posto del Ghana.
Un Camerun sconosciuto, magico e tribale nei suoi riti scaramantici, un Camerun da stregoni, come veniva definito. Un Camerun che avrebbe potuto e dovuto far soffrire i futuri campioni del mondo in una partita del primo girone, a Vigo, in cui chi perdeva era fuori.
Ne nacque un pari soporifero, un pari che parve scritto giacché dopo un gol di Graziani con scivolata del portiere N’Kono, un momento dopo la difesa italiana, che avrebbe resistito di lì a qualche giorno a Maradona e Socrates, si aprì d’incanto al gol del nerissimo M’Bida. Poi più niente fino alla fine. Si disse che il Camerun aveva difeso la sua imbattibilità, e che era stato un onore impattare con i futuri campioni del mondo. Già, ma la proprietà transitiva per di più applicata al futuro, con una parodia di macchina del tempo, non rende giustizia a una partita non giocata, con un pari che permise all’Italia di passare il turno solo grazie al quoziente reti.

Come chi scrive ha documentato successivamente e con grande fatica in un’inchiesta scritta e filmata mai degnata d’attenzione e anzi censurata in dosi industriali, quella fu e rimane una storiaccia. Allora impossibile da raccontare. La cerniera mediatica si chiuse ermeticamente e consegnò la vicenda al silenzio. Se ne parla qui solo per prendere la rincorsa nel raccontare il quadriennio seguito al triunfo madrileno, che ebbe significativi risvolti nel calcio e nel resto, specie nel rilancio di un generale «made in Italy» all’epoca annerito dal terrorismo e dai suoi postumi. Ma la storia, e la cronaca, si riservavano la sorpresa della nuova stagione, del cosiddetto «edonismo reganiano» (copyright Roberto D’Agostino padre dell’attuale sito informativo più interessante in rete, www.dagospia.com), cui il calcio fece da stupendo detonatore. Per l’amena «vera storia del caso Camerun e le sue nerissime ombre», un’altra volta….


Dagospia 22 Maggio 2006





Purtroppo ha pagato molto caro nel '82 per quella partita rubata col camerun
+erpiu+
00martedì 23 maggio 2006 00:21
troppo tardi
Di libri sul sistema juve ne uscirono in tempi non sospetti ma si disse "invidia degli sconfitti", "tutto qualunquismo", "soliti luoghi comuni all'italiana", ecc. ecc..
Ma come si sa il diavolo fa le pentole ma non i coperchi e la storia di questi giorni lo ribadisce!!!
=Atreyus=
00mercoledì 24 maggio 2006 19:14
e "Lucky Luciano" dove lo mettiamo...
BerkeleyJoe
00mercoledì 24 maggio 2006 20:58
Re:

Scritto da: =Atreyus= 24/05/2006 19.14
e "Lucky Luciano" dove lo mettiamo...


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