Mariantonietta Colimberti per
Europa - 8/1/2011_____________________________________________________________________________________________
| | IL MINISTRO IN MIMETICA CHE HA PERSO LA BUSSOLA 8/1/11 Colloquio col Generale Franco Angioni |
Emanuele Giordana
Sabato 8 Gennaio 2011
“Quel che ha fatto il ministro Ignazio La Russa non sta né in cielo né in terra. Qui abbiamo perso la bussola, il senso dello Stato”.
Il Generale Franco Angioni, ex parlamentare, già presidente del Centro alti sudi Difesa e soprattutto comandante della prima vera missione italiana all'estero nel Libano degli anni Ottanta, non usa perifrasi nel commentare la querelle al calor bianco tra l'inquilino di Via XX Settembre e i militari italiani. Accusati da La Russa di avergli detto mezze verità, di aver indorato la pillola, di avergli, in sostanza, mentito. “Prima di dire certe cose bisognerebbe pensarci tre volte anziché scatenare una bufera in un bicchier d'acqua”, sostiene il generale cui si fa risalire la nascita del cosiddetto “approccio italiano, ossia l'attenzione ai diritti delle popolazioni in mezzo alle quali si va in missione
Ma secondo lei come sono andate le cose?
Il quadro è chiaro: Miotto fu colpito da un cecchino che, con buona mira e molta fortuna, lo colpì da una distanza di mille metri e in una situazione in cui c'era uno scontro a fuoco. Ma l'esperienza mi dice che, in situazione come quella - quando viene ferito o ucciso un soldato - le notizie arrivano un po' alla volta e un po' alla volta vanno verificate, confermate, spogliate dall'emozione. La comunicazione di tutti i passaggi ci fu e fu chiara ma se il ministro ritiene che qualcuno gli abbia mentito, delle due l'una: se è vero si solleva immediatamente il Capo di stato maggiore della Difesa. Se invece non è così la sua è stata una vera e propria uscita fuori campo
Con che effetti?
Non so dirle quali possano essere le reazioni degli altri Paesi ma le posso dire cosa vuol dire per i soldati sul campo. In queste missioni ci sono tre elementi chiave per garantire un'effettiva capacità operativa: la motivazione, la preparazione e le risorse. In una parola il morale dei soldati. Ci si può immaginare l'effetto che queste uscite possono avere sul quel morale. Oggi inoltre non è più come anni fa quando, con un esercito di leva, l'indicazione che ci veniva dal Palazzo era quella di gettare acqua sul fuoco, di minimizzare. Oggi non si nasconde più nulla e tanto meno lo fanno i militari col proprio ministro: le comunicazioni sono veloci e continue e gli aggiornamenti costanti. E' una vicenda che amareggia perché con queste affermazioni, con questo scontro, si dimostra semmai che non c'è sintonia tra governo e militari, che ci si trova su altre frequenze e fors'anche che, come Paese, non siamo maturi per affrontare difficoltà in campo internazionale
Diceva che negli altri Paesi...
Dicevo che non so l'effetto che potranno avere le parole del ministro all'estero, anche se poi ha cercato di fare marcia indietro, ma dico che in questi casi si mettono a rischio la reputazione e i valori del proprio Paese. E' grave che si possa ritenere che in Italia tra la politica e le forze armate non ci sia sintonia
Eppure La Russa è un ministro che porta la mimetica...
Non son queste le cose che contano. Un ministro della Difesa non è un buon ministro perché mette la divisa. Questo semmai confonde i ruoli e i soldati lo sanno. Giudicano per quel che dice e fa, non per l'abbigliamento
Ha detto che andavano armati i caccia con le bombe
Un'altra uscita infelice. Noi abbiamo dei limiti che ci sono imposti dai nostri valori, dalla nostra cultura e dalla nostra Costituzione. E' il confine tra un'operazione militare legittima e una rappresaglia. E chiedere il supporto aereo che arriva quando ormai i guerriglieri sono in fuga e restano solo i civili inermi fa sconfinare nella rappresaglia. I nostri militari, anche nei gradi più bassi, lo sanno benissimo
Fonte: Lettera 22 8/1/2011 - ANCHE SU il manifesto
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La Russa o il capo dell’esercito: chi si dimette?
Il Generale Mini: "Inconcepibili due versioni su Miotto".
Il ministro? "Non ho mai visto in tv un uomo delle istituzioni mimare, come un attore di un film di ultima categoria, la ricostruzione di un episodio fatale"
Fabio Mini si definisce un generale in cosiddetta ‘ausiliaria’. Anche il capo di Stato maggiore della Difesa, il generale
Vincenzo Camporini, tra due mesi andrà in pensione. “Noi generali – dice Mini – in realtà non andiamo mai in pensione e continuiamo a interessarci del nostro Paese”. Per questo gli chiediamo di dirci a quale versione della morte di
Matteo Miotto crede: a quella del ministro
La Russa, secondo il quale Miotto è stato ucciso durante una battaglia, o a quella del generale capo di Stato maggiore della Difesa,
Vincenzo Camporini, che sostiene che Miotto sia stato ucciso da un cecchino.
Generale, lei che ne pensa? Camporini ha detto la verità: è stato il ministro La Russa a cambiare versione. Quando ha sostenuto che gli era stata data un’informazione edulcorata. Adesso il ministro la pillola la sta indorando, sostenendo che non voleva dire quello che ha detto, che non prova rabbia per i vertici dell’esercito, bensì stima.
Sono boutade che possono avere conseguenze pesantissime sulla sicurezza dei nostri soldati. Non si può giocare sulla pelle dei militari morti e di conseguenza su quella dei vivi. Generale, la pace è lontana anche tra le istituzioni. La situazione questa volta è “grave ma anche seria” ? Le accuse che il Ministro della Difesa ha rivolto al capo di Stato maggiore della Difesa hanno
un effetto negativo anche sulla situazione interna: squalificano le istituzioni politiche e militari. Questo significa intaccare il tessuto connettivo del Paese. Dopodiché non resta più nulla. Possibile che La Russa non si renda conto di fare un danno anche a se stesso? Questi politici sono travolti dal proprio
narcisismo. O dalla propria incompetenza? Anche. La cosa che mi ha lasciato stupefatto è la versione “romanzata”, divulgata urbi et orbi, dal ministro La Russa, con tanto di interpretazione mimica dell’accaduto. Si capiva molto bene che aveva cambiato la sua versione dei fatti perché influenzato dai colloqui avuti con i soldati dopo essere andato in Afghanistan.
E quindi? E quindi, a mio avviso, il ministro non dava una nuova versione perché era emersa un’altra verità. Semplicemente gli è piaciuta di più quella dei soldati. Che è sempre meno “banale”, proprio perché enfatizzata, vuoi per spirito di corpo, vuoi per darsi coraggio, vuoi per esorcizzare la morte.
Un ministro che non sa fare la tara tra l’enfasi con cui i soldati raccontano ciò che vivono e i rapporti ufficiali dei vertici delle Forze Armate, non è inadatto a ricoprire questa carica? Un ministro deve saper fare la tara, soprattutto se è il ministro della Difesa. E deve anche saper distinguere tra i toni dei rapporti ufficiali e i toni da usare quando si deve comunicare con l’opinione pubblica.
Un ministro della Difesa deve avere, sempre e comunque, come suoi primi interlocutori i vertici militari, che sono addestrati per interpretare ciò che è accaduto davvero ai soldati sul campo.
Lei è stato a lungo impegnato nei Balcani, ma anche in Cina, negli Stati Uniti, sia in veste di generale sul campo, sia come portavoce e responsabile della comunicazione dei vertici militari. Ha mai assistito a uno scambio di accuse così aspro e frontale tra il ministro della Difesa e il suo capo di Stato maggiore?
No. Non ho mai nemmeno visto in tv un ministro della Difesa mimare come un attore di un film di ultima categoria, la ricostruzione di un episodio fatale che ha coinvolto l’esercito del suo Paese. Perché, secondo lei? Intanto perché
uno dei due si è sempre dimesso prima di arrivare a tal punto. Secondo perché non si arriva a questo punto: l’insipienza non è prevista per certi ruoli. La malafede magari sì, ma l’incapacità no.
Senta Generale, ma c’è ancora un punto in comune tra il vertice politico e quello militare? Sì, purtroppo: nessuno dei due dice chiaramente che questa non è una missione di supporto e assistenza all’esercito e alla polizia afghana, altrimenti avremmo mandato sempre più ingegneri e infermieri, invece abbiamo aumentato le forze militari, passando da 9 mila a 140 mila soldati. Questa è una guerra e si va “alla guerra come alla guerra”.
Cioè? I nostri soldati partecipano a battaglie vere e proprie, le nostre Forze Speciali (sabotatori e incursori), che ubbidiscono direttamente agli ordini della Nato, ogni notte si lanciano dagli elicotteri o marciano per decine di chilometri al buio per infiltrarsi nei territori non ancora controllati. E lo fanno a costo di eliminare tutti gli avversari che incontrano sul loro cammino. In guerra eliminare significa ammazzare.
Stiamo trasgredendo l’articolo 11 della Costituzione?
Far rispettare l’articolo 11 alla lettera (L’Italia ripudia la guerra, ndr) sarebbe ottimo, tuttavia il diritto internazionale, autorizzando l’intervento armato in casi particolari, di fatto permette di aggirare l’articolo 11. Dobbiamo quindi badare alla sostanza, che è quella di far riconoscere a tutti che siamo in guerra, in un teatro di guerra, contro avversari che ci fanno la guerra.
di Roberta Zunini
da Il Fatto Quotidiano dell’8 gennaio 2011