L'SOS del turismo nordafricano
I RISCHI ECONOMICI DELLE RIVOLTE
Sia in Egitto sia in Tunisia fornisce il 12% del Pil e dà lavoro all'11% dei cittadini: il turismo è una voce fondamentale nell'economia dei due Paesi nordafricani che in queste settimane
lottano per la democrazia.
Il perdurare di un'instabilità tale da indurre gli stranieri a disertare i due Paesi rischia di sconvolgere un apparato produttivo che ha uno dei suoi cardini proprio nelle entrate turistiche.
Le rivolte fanno perdere milioni di dollari ogni giorno. La situazione più grave è in Egitto, dove il turismo non conosce una vera e propria bassa stagione anche in virtù del clima.
EGITTO, UN BUSINESS DA 7 MILIARDI
L'Egitto riceve ogni anno 13 milioni di visitatori (tra cui 1,8 milioni di russi). Con 7 miliardi di dollari annui, il turismo rappresenta la prima fonte di entrate in valuta estera.
Le tradizionali mete culturali (Il Cairo, Luxor, Assuan, Abu Simbel con relative crociere sul Nilo) sono state superate da ormai un decennio da quelle balneari.
Da quando, a metà degli anni '80, il regime puntò sulle spiagge e le barriere coralline che lo circondano, l'ex porto militare di Sharm el Sheikh è diventato la perla del turismo mediorientale, con 4 milioni di presenze annue.
LA TUNISIA PUNTA ANCHE SUL SAHARA
Oltre 7 milioni di persone (di cui 1,8 milioni di libici) hanno visitato nel 2008 la Tunisia,con in testa le spiagge di Djerba, Sousse e Nabeul-Hammamet.
Il regime di Ben Ali ha cercato di differenziare l'offerta, puntando anche su talassoterapia e deserto,ma potenziando comunque il turismo balneare. Entro il 2015 apriranno diverse stazioni di soggiorno lungo la costa, per 200.000 nuovi posti letto.
L'innalzamento del target si è tradotto poi in una riqualificazione alberghiera che ha portato oggi i 4 e 5 stelle ad essere ormai un terzo delle strutture complessive del Paese.