Nella foresta del Guatemala il più antico calendario Maya

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killing zoe
00sabato 19 maggio 2012 08:20
Abilissimi scrutatori del cielo, esperti di astronomia e signori del tempo, alla ricerca di un'armonia tra la vita dell'uomo e l'universo, distillata nel loro calendario sacro. Dei Maya e della loro sorprendente competenza nell'osservazione dei fenomeni astrali rimangono pochissime testimonianze scritte. Ora dal sito di Xultùn nella regione del Petén, in Guatemala, affiora un nuovo calendario astronomico precedente di diversi secoli rispetto ai codici a noi noti, del periodo tardo post-classico.
Sui muri di una stanza, parte di un più ampio complesso residenziale, nel mezzo della foresta, sono stati trovati geroglifici maya del nono secolo che riportano calcoli numerici, cicli lunari e di altri pianeti, anticipando di molto quelle conoscenze tramandate nei codici posteriori. E rare pitture colorate che ritraggono figure umane, con copricapi e costumi ornamentali.
William Saturno, archeologo della Boston University, insieme a diversi colleghi - fra i massimi esperti di civiltà mesoamericane - descrivono su Science e su National Geographic il tesoro emerso dagli scavi nella struttura, scoperta nel 2010 nel fitto della vegetazione da uno studente di Saturno, Max Chamberlain, che si muoveva sulle tracce dei tombaroli che hanno battuto l'intera regione.

Gran parte dell'edificio era in cattive condizioni ma su alcune pareti sono rimasti visibili centinaia di geroglifici, neri e rossi, e alcune pitture murarie. Questa l'ipotesi degli studiosi: la stanza poteva essere una sorta di ufficio o forse l'abitazione dello scriba cittadino, uno spazio di lavoro dove con regolarità venivano annotati calcoli che sembrano descrivere i vari cicli calendariali codificati dai maya: quello cerimoniale di 260 giorni, quello solare da 365 giorni, quello del pianeta Venere di 584 giorni e quello di Marte, di 780 giorni.
"Per la prima volta vediamo quelli che potrebbero essere i documenti dello scriba, il cui lavoro era ufficialmente documentare eventi e ricorrenze della comunità", ha spiegato Saturno.
Cifre scritte sui muri, usati come una grande lavagna, annotate su strati di stucco poi sovrapposti uno sull'altro. Lineette e puntini che rappresentano numeri in colonna. "Non abbiamo mai visto nulla di simile se non nel codice di Dresda, molti secoli dopo", ha aggiunto David Stuart, della University of Texas- Austin, coautore dello studio - insieme a Anthony Aveni e all'italiano Franco Rossi - che ha decifrato i glifi, simboli caratteristici della scrittura maya.
Appunti per i complessi calendari che hanno visto la luce successivamente? "Non proprio, questi calcoli mostrano già un alto grado di elaborazione, una compiutezza analoga ai codici di epoca più tarda", sottolinea Alessandro Lupo, docente di etnologia presso l'Università La Sapienza di Roma, esperto di etnoastronomia e direttore della missione etnologica italiana in Messico.
Sembra che sulle mura della casa di Xultùn si ritrovino insieme tutti i cicli astronomici che i maya consideravano importanti. A dispetto di credenze popolari e tormentoni "virali", non c'è alcun segno nel calendario maya che nel 2012 il mondo sarebbe finito: è solo la conclusione di un ciclo. Anzi, ci si attendeva che tutto continuasse uguale, in accordo con una visione del mondo, secondo Saturno, "che cercava garanzie di continuità, al contrario di noi che cerchiamo sempre la fine di qualcosa".
I reperti documentano la continuità di un metodo di calcolo e di osservazione naturale, più antico di quanto non si pensasse, con qualche variazione rispetto ai calendari dei codici che sono giunti fino a noi. "Ad esempio, ci sono delle cifre che corrispondono, sia pure con qualche differenza, con le combinazioni calendariali e i cicli di Marte riportati nel Codice di Dresda", il più importante e meglio conservato dei libri maya giunti fino a noi, sottolinea il professor Lupo.
La stanza dello scriba di Xultùn era quella di un professionista, con un ruolo chiave nella società. Era parte di un'élite, spesso legata alla famiglia reale. E l'astronomia presso i maya era allo stretto servizio dei rituali. "La stessa 'ipertrofia' nell'elaborazione dei calendari rappresenta l'esigenza di conferire un significato allo scorrere degli eventi, uno sforzo per connotare il tempo attribuendogli un senso", dice ancora Lupo. "E c'è anche un aspetto ideologico del controllo del tempo come intermediazione con le entità extraumane, collegato molto strettamente alla legittimazione del potere", conclude.



di ALESSIA MANFREDI
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