Nozze all'orizzonte tra Mastro Lindo ed il Tronchetto? Mediaset-Telecom

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KuntaKinte77
00mercoledì 13 aprile 2005 14:48
Televisioni, il premier vende
Sul mercato il 16,68% di Mediaset
L'annuncio in una nota Fininvest: 197 milioni di azioni saranno ceduti a investitori istituzionali. L'operazione, affidata alla Jp Morgan, durerà sei mesi. Il Cavaliere scende sotto il 50, al 34,3%.
KuntaKinte77
00mercoledì 13 aprile 2005 14:50
Il maquillage azionario deciso dal Cavaliere
di GIOVANNI VALENTINI

L'ONDA lunga del terremoto elettorale che domenica e lunedì scorsi ha colpito la Casa delle libertà e in particolare Forza Italia, feudo politico del presidente del Consiglio, arriva ora fino alla roccaforte di Mediaset, l'azienda privata che appartiene a Silvio Berlusconi. Dalla sconfitta totale del polo alle regionali, alla liquidazione parziale del polo televisivo. È la migliore conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, del conflitto di interessi che grava come un'ipoteca sul premier, sulla sua maggioranza parlamentare e sul suo governo.

Con la decisione a sorpresa di cedere il 17% di Mediaset, Berlusconi tende evidentemente a tamponare le insofferenze crescenti dei suoi alleati di fronte alla disfatta delle ultime elezioni, cercando così di difendere la propria leadership, di ridurre la sua esposizione e alleggerire il peso di una proprietà che interferisce sempre più con la sua azione politica, con la sua stessa autorità e credibilità. Ma per quanto la mossa possa soddisfare i partner del Cavaliere sul piano per così dire estetico, in realtà non cambia né la sostanza né l'apparenza della situazione. Il presidente del Consiglio conserverà infatti all'incirca un 33-34%, una quota di assoluta sicurezza, largamente sufficiente a garantirgli il mantenimento del controllo. E oltretutto, proprio mentre le classifiche ufficiali gli assegnano il primato del parlamentare più ricco con un reddito ufficiale di 12 milioni di euro, si avvia a incassare una fortuna di 2,2 miliardi di euro, qualcosa come 4mila miliardi di vecchie lire.

Non sappiamo ancora se Berlusconi venderà questa quota di minoranza sul mercato; oppure a investitori istituzionali, banche o finanziarie sicure; o ancora a soci e amici fidati. In ogni caso, l'operazione si presenta come un puro maquillage, una carta da giocare alla disperata, quando ormai il tavolo traballa e la posta è diventata altissima: la sopravvivenza stessa del governo, la fine della legislatura e quindi la possibilità di tentare in extremis un recupero elettorale. Ma se il leader di Forza Italia, e con lui tutta la sua maggioranza, si illudono in questo modo di buttare fumo negli occhi all'opposizione e soprattutto a un'opinione pubblica sempre più delusa e ostile, probabilmente hanno fatto male i loro conti.

L'incompatibilità fra la figura politica e istituzionale del presidente del Consiglio e il suo "status" di concessionario pubblico non è sanabile con un affare, peraltro cospicuo e vantaggioso, da 4mila miliardi. La verità è che Berlusconi resta comunque il dominus delle sue televisioni, con una concentrazione di potere mediatico e pubblicitario che non ha uguali al mondo. Forse riuscirà a tacitare le pretese dei suoi alleati, non certo le richieste di trasparenza e correttezza che provengono anche dall'esterno, dagli osservatori e dalla stampa straniera.

Il controllo della tv non è paragonabile alla proprietà di beni immobili o di fondi finanziari. Attraverso questo strumento la maggioranza di centrodestra è in grado di influire sulla formazione e sulla raccolta del consenso. Anche con il 33 o il 34%, gli interessi di Berlusconi politico e di Berlusconi imprenditore sono destinati perciò a rimanere in conflitto.

(13 aprile 2005)

Repubblica.it
KuntaKinte77
00mercoledì 13 aprile 2005 14:51
Incarico affidato a una banca americana. In Borsa il titolo in calo Mediaset mette in vendita il 17% Fininvest avvia il collocamento di 197 milioni di titoli Mediaset: «Liquidità per azzerare i passivi e fare nuovi investimenti»


MILANO - Fininvest, che detiene direttamente e indirettamente il 50,99% di Mediaset, ha avviato il collocamento sul mercato azionario presso investitori istituzionali italiani ed esteri di 197 milioni di titoli ordinari Mediaset, pari a circa il 16,68% del capitale sociale.

Lo si legge in una nota in cui si sottolinea che con le risorse rese disponibili dall'operazione, la finanziaria che fa capo al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi «sarà in condizione di azzerare le proprie passività finanziarie e di poter contare su una rilevante liquidità da destinarsi a possibili nuovi investimenti».

Nel contempo, con il suo 34,3% di partecipazione diretta e indiretta post collocamento, Fininvest «potrà continuare ad assicurare a Mediaset la stabilità sia di un azionariato di riferimento, sia delle competenze manageriali». Il collocamento è curato da JP Morgan, Fininvest ha concordato un lockup di 180 giorni.
Ieri le prime indiscrezioni sulla possibile discesa di Silvio Berlusconi sotto il 50% erano trapelate in ambienti politici.
IN BORSA - L'annuncio di Fininvest di scendere sotto la quota di controllo di Mediaset cedendo il 16,68% delle azioni a investitori istituzionali ha provocato in Borsa un crollo del titolo, che ha aperto in calo del 3,21%, scendendo a 10,63 euro. Nella sezione Economia di Corriere .it potete seguire l'andamento del titolo alla Borsa di Milano.

JP MORGAN: «CONDIZIONI FAVOREVOLI DI MERCATO» - La tempistica scelta per il collocamento della quota del 16,68% di Mediaset da parte di Fininvest è legata soprattutto alle condizioni favorevoli di mercato. Questo ha spiegato in mattinata Francesco Cardinali di Jp Morgan, nel corso di una conference call con gli investitori, secondo quanto riferito dai partecipanti. Cardinali ha anche fatto un riferimento al contesto politico e all'esito delle recenti elezioni regionali, ma ha sottolineato soprattutto le logiche finanziarie alla base della scelta. L'operazione risponde infatti alla necessità di aumentare la liquidità Fininvest, ha spiegato il responsabile in Jp Morgan dell' 'Italian capital markets'. E permette di aumentare il flottante di Mediaset, mantenendo comunque stabile l'azionariato e il management.
13 aprile 2005
KuntaKinte77
00mercoledì 13 aprile 2005 14:56
della serie mi tengo qto basta per gestire e mi vendo il 17% ora che le mie azioni valgono qcosa.

Prima della "discesa" di Silvio le azioni fininvest valevano molto di meno....... e se perde le elezioni ad Aprile (come data indicata da Tremonti) torneranno a scendere precipitosamente.

Quindi meglio intascare subito 2,2 miliardi di euro (4mila miliardi di vecchie lire circa) e provare a mettere il limone in bocca a qualke alleato e ai boccaloni che credono ancora alle favole. [SM=x44459]
Etrusco
00mercoledì 13 aprile 2005 16:14
Re:

Scritto da: KuntaKinte77 13/04/2005 14.56
della serie mi tengo qto basta per gestire e mi vendo il 17% ora che le mie azioni valgono qcosa.

Prima della "discesa" di Silvio le azioni fininvest valevano molto di meno....... e se perde le elezioni ad Aprile (come data indicata da Tremonti) torneranno a scendere precipitosamente.

Quindi meglio intascare subito 2,2 miliardi di euro (4mila miliardi di vecchie lire circa) e provare a mettere il limone in bocca a qualke alleato e ai boccaloni che credono ancora alle favole. [SM=x44459]



Ha fatto questo passo giocando d'anticipo gli azionisti:
ha paura che inizino a pensare alle conseguenzi possibili
dell'annullamento della Legge Gasparri
che gli hanno fatto fruttare un 30% in più [SM=x44461]

Sta monetizzando il suo Conflitto d'Interessi [SM=x44465]
sunalone
00mercoledì 13 aprile 2005 18:36
Re: Re:

Scritto da: Etrusco 13/04/2005 16.14


Ha fatto questo passo giocando d'anticipo gli azionisti:
ha paura che inizino a pensare alle conseguenzi possibili
dell'annullamento della Legge Gasparri
che gli hanno fatto fruttare un 30% in più [SM=x44461]

Sta monetizzando il suo Conflitto d'Interessi [SM=x44465]



SI SI ed aggiungo...

ha problemi di liquidità e di debito consolidato ( come l'italia peraltro) allora perchè vende il surplus speculativo e non segue la sua politica governativa...

taglio dei compensi e delle spese, vendita dei cespiti più prestigiosi a società che poi li concederanno in affitto al vecchio proprietario...

Anche qua si vede il soggetto... due metri e due misure e credo che la misura giusta sia quella che usa per le sue tasche e non quella che 'appoggia al fobdo dei calzoni degli italiani' [SM=x44454] [SM=x44454]

[SM=x44451]
Etrusco
00mercoledì 13 aprile 2005 20:20
Re: Re: Re:

Scritto da: sunalone 13/04/2005 18.36


SI SI ed aggiungo...

ha problemi di liquidità e di debito consolidato ( come l'italia peraltro) allora perchè vende il surplus speculativo e non segue la sua politica governativa...

taglio dei compensi e delle spese, vendita dei cespiti più prestigiosi a società che poi li concederanno in affitto al vecchio proprietario...

Anche qua si vede il soggetto...
due metri e due misure e credo che la misura giusta sia quella che usa per le sue tasche e non quella che 'appoggia al fobdo dei calzoni degli italiani' [SM=x44454] [SM=x44454]

[SM=x44451]



Ti piace infierire senza pieta' vedo [SM=x44461]
comunque non è proprio che applica 2 pesi e 2 misure:
tutto rientra in un progetto più ampio:
chi pensi che acquisterà poi gli immobili pubblici svenduti?
chi controllerà poi, con un giro mirabolante di holding e controllate, Wind, Enel etc etc?

E comunque questo è nulla dinanzi a gente che ancora non riesce ad aprire gli occhi [SM=x44472]
sunalone
00mercoledì 13 aprile 2005 21:40
Re: Re: Re: Re:

Scritto da: Etrusco 13/04/2005 20.20


Ti piace infierire senza pieta' vedo [SM=x44461]
comunque non è proprio che applica 2 pesi e 2 misure:
tutto rientra in un progetto più ampio:
chi pensi che acquisterà poi gli immobili pubblici svenduti?
chi controllerà poi, con un giro mirabolante di holding e controllate, Wind, Enel etc etc?

E comunque questo è nulla dinanzi a gente che ancora non riesce ad aprire gli occhi [SM=x44472]




purtroppo FORSE infierire a spada tratta è l'unico modo per far socchiudere gli occhi a chi si ostina per pigrizia o abbaglio a tenerli chiusi...

mi divertirei molto di più a duellare/duettare in punta di fioretto...

ma come diceva Brecht .. " se siamo in tempo di guerra, di guerra dobbiamo parlare "



Etrusco
00giovedì 14 aprile 2005 00:56
Re: Re: Re: Re: Re:

Scritto da: sunalone 13/04/2005 21.40



purtroppo FORSE infierire a spada tratta è l'unico modo per far socchiudere gli occhi a chi si ostina per pigrizia o abbaglio a tenerli chiusi...

mi divertirei molto di più a duellare/duettare in punta di fioretto...

ma come diceva Brecht .. " se siamo in tempo di guerra, di guerra dobbiamo parlare "





Invece io ho notato che criticare troppo chi è clamorosamente in torto è controproducente,
solo un comico potrebbe veicolare in punta di ironia il lume dalla ragione e dello spirito critico.

Se Brecht fosse un giornalista di oggi sarebbe una spina nel fianco di sua Emittenza visto che questa coerenza a volte è un lusso...
Zalmoxis
00giovedì 14 aprile 2005 15:39
Vorrei sapere come investirà i nuovi capitali così ricevuti..
Magari su SKY

[SM=x44451]
Etrusco
00giovedì 14 aprile 2005 17:15
Re:

Scritto da: Zalmoxis 14/04/2005 15.39
Vorrei sapere come investirà i nuovi capitali così ricevuti..
Magari su SKY

[SM=x44451]



si vocifera in energia e telecomunicazioni,
ma quello ne pensa una più del diavolo [SM=x44451]
sunalone
00giovedì 14 aprile 2005 23:37
Re: Re:

Scritto da: Etrusco 14/04/2005 17.15


si vocifera in energia e telecomunicazioni,
ma quello ne pensa una più del diavolo [SM=x44451]



si si la voce più accreditata sono le telecomunicazioni...
in particolare Telecom Italia (la obsoleta telefonia fissa!!!) stretta nella moprsa della concorrenza degli operatori virtuali.... ma con il portafoglio ben carico di....

indovinate cosa.... ma una bella televisione!!! (la7 ovvio)


come dice il detto.... il lupo perde il pelo ma non il vizio!!!


[SM=x44451] [SM=x44451]


Etrusco
00venerdì 15 aprile 2005 00:14
Re: Re: Re:

Scritto da: sunalone 14/04/2005 23.37


si si la voce più accreditata sono le telecomunicazioni...
in particolare Telecom Italia (la obsoleta telefonia fissa!!!) stretta nella moprsa della concorrenza degli operatori virtuali.... ma con il portafoglio ben carico di....

indovinate cosa.... ma una bella televisione!!! (la7 ovvio)


come dice il detto.... il lupo perde il pelo ma non il vizio!!!


[SM=x44451] [SM=x44451]





[SM=x44459] [SM=x44457]

Ma non è proibita una concentrazione di 4 TV nazionali nelle mani di un'unica organizzazione? [SM=x44473]
Peppinox
00venerdì 15 aprile 2005 09:58
Re: Re: Re: Re:

Scritto da: Etrusco 15/04/2005 0.14


[SM=x44459] [SM=x44457]

Ma non è proibita una concentrazione di 4 TV nazionali nelle mani di un'unica organizzazione? [SM=x44473]



Ma se hai un'esigua quota di minoranza, magari dopo che hai scambiato con il Tronchetto una piccolo quota di azioni Mediaset, non si può mica parlare di controllo per la legge...
Etrusco
00venerdì 15 aprile 2005 14:37
Re: Re: Re: Re: Re:

Scritto da: Peppinox 15/04/2005 9.58


Ma se hai un'esigua quota di minoranza, magari dopo che hai scambiato con il Tronchetto una piccolo quota di azioni Mediaset, non si può mica parlare di controllo per la legge...



All'atto pratico qua si nega anche l'evidenza:
hai visto la boriosa arroganza di Gasparri quando ieri affermava
che questa vendita avrebbe dato un duro colpo alle polemiche dell'Unione?

Chi glielo va a spiegare a quella testolina che con una seppur piccola quota azionaria si può controllare sempre e comunque tutto?

Esempi eclatanti non mancano:

1) la famiglia Agnelli sin dal 1945 con appena un 30% del pacchettto azionario
ha sempre controllato tutto
e lo sappiamo. [SM=x44458]
2) Telecom Italia/Pirelli riesce a controllare tutto addirittura con poco più dell'1% :fD:

Il tutto grazie ad un complicato gioco di scatole cinesi
per cui un'azienda controlla altre che controllano altre ancora giù giù in cascata....

Ma qualcuno pensa davvero che siano tutti lobotomizzati
oppure ...?

[Modificato da Etrusco 15/04/2005 14.37]

Etrusco
00martedì 3 maggio 2005 19:47
Fininvest:
telefoni o energia nel futuro della societa'?


13/04/2005 12.11.05

Quali sono i “possibili nuovi investimenti” di cui parla Fininvest a proposito della “rilevante liquidità” che si liberava dalla cessione del 16,63% di Mediaset?
Secondo voci di mercato la società della famiglia Berlusconi avrebbe incassato circa 2,2 miliardi di euro.
Parte di questi soldi serviranno per acquietare le banche e rientrare dei debiti, e con il resto si partirebbe alla caccia di opportunità.
Una di queste potrebbe essere la telefonia.
Non è un mistero l’interessamento del gruppo del Biscione per il settore, nel quale è presente attraverso una partecipazione indiretta in Olimpia.
Fininvest e Mediaset posseggono infatti circa il 5,3% di Hopa, la finanziaria di Emilio Gnutti seconda azionista proprio dell’holding creata da Marco Tronchetti Provera, Benetton, Unicredito e Intesa per covare il pacchetto di controllo del gruppo Telecom Italia.
Secondo i primi ragionamenti del mercato non è escluso che Fininvest possa impegnarsi direttamente in Olimpia, acquistando magari le quote delle banche che costerebbero circa 1,1miliardi di euro.
Secondo un gestore anche Fastweb potrebbe essere nel mirino della società, ma con la ricapitalizzazione già chiusa bisognerebbe andare direttamente sul mercato con tempi e i costi difficili da prevedere, a meno che il gruppo di Silvio Scaglia non voglia riaprire nuovamente il capitale con una nuova operazione.

Non escluso l’interessamento per attività estere e per attività in settori protetti come quello energetico.
Un ipotesi futuribile potrebbe essere quella di un impegno in Edison dopo che il governo francese e quello italiano, tramite Edf ed Enel, avranno sbrogliato la questione dell’entrata di Enel oltralpe.

Etrusco
00martedì 25 aprile 2006 22:24
Citazione:

E poi dicono che siamo sempre ultimi...

Quando si tratta di costo del lavoro siamo imbattibili. I manager italiani guadagnano infatti più di tutti in Europa, forse perchè sono i più bravi.
Nelle telecomunicazioni il distacco inflitto dal tronchetto dell’infelicità ai più importanti manager del settore è impressionante.
Il tronchetto ha incassato 8 milioni di euro nel 2005 da Telecom Italia,
Arun Sarin della Vodafone, secondo in classifica, ha percepito 4,7 milioni di euro.

Non si capisce perchè un manager così ben remunerato sia stato abbandonato da Banca Intesa e Unicredito che lo avevano sostenuto nell’acquisto di Telecom Italia.
Le banche sono uscite incassando 585 milioni di euro a testa, la stessa cifra che avevano impegnato nel 2001.
Non hanno guadagnato un euro, se avessero comprato Bot e Cct gli sarebbe andata senz’altro meglio.
Le banche hanno incassato al prezzo di acquisto del 2001, che è quasi il doppio del valore del titolo attuale, solo grazie ad un accordo firmato allora.

Un comune azionista che, entusiasmato dall’arrivo del tronchetto, avesse comprato le azioni Telecom nel 2001 si ritroverebbe oggi con un valore pari alla metà.

Olimpia, la società (Ndr, controllata dal Tronchetto) che controlla Telecom, ha ancora in carico le azioni a 4,2 euro, mentre in borsa il loro valore è di circa 2,4 euro.
[SM=x44473]
Non capisco come questo sia possibile. Perchè gli organismi di controllo non la costringono a svalutare il valore del titolo?

Il debito di Telecom Italia valutato da Standard & Poor’s è ormai ai confini della comprensione umana:
56,7 miliardi di euro
[SM=x44497] includendo garanzie, obblighi previdenziali, operazioni di leasing e cartolarizzazione.
E l’agenzia Fitch con un linguaggio sublime afferma che "la flessibilità finanziaria di Telecom Italia sia stata ridotta dagli incrementi di dividendo annunciati il 7 e 8 marzo".
Invece di ridurre il debito si distribuiscono i dividendi della gestione e si strapagano gli stipendi.
E’ come usare un secchio d’acqua per farsi una doccia quando la casa brucia.
[SM=x44472]

Come uscirà da questa situazione la Telecom?
Sembra che mastrolindo stia arrivando in soccorso del tronchetto, un duo da circo.
Infatti si dice in giro che Mediaset e Telecom Italia stiano per fondersi, il tronchetto sanerebbe i suoi debiti, mastrolindo avrebbe il controllo della Rete.



Lo stile mi sembra tanto quello di Beppe Grillo [SM=x44499]
jackfalcineto
00mercoledì 26 aprile 2006 08:03
Nei suoi spettacoli Beppe Grillo, ha attaccato sempre Tronchetti definendolo il classico esempio di manager rampante italiano, ossia venuto dal nulla e ora pieno di soldi (o meglio di debiti).
L'ha definito l'uomo più indebitato del mondo, cosa che è vera, ma anche l'uomo potenzialmente più influente d'Italia, perché tramite le sue società, detiene le redini(o partecipazioni importanti) di una galassia pressoché infinita di società.
Se Berlusconi riuscisse a entrare in sala controllo affiancando Provera, allora sarebbe veramente l'uomo più potente d'Italia. [SM=x44497]
Etrusco
00lunedì 10 luglio 2006 22:37
LA7 POTREBBE NON BASTARE.
TRONCHETTI COSTRETTO A VENDERE TELECOM TENENDOSI PIRELLI RE?


“Gli faremo abbassare la cresta”, diceva un anno fa Chicco Gnutti al telefono a proposito di Tronchetti Provera.
Lo diceva a Stefano Ricucci, l’odontotecnico di Zagarolo che è stato dimenticato nei sotterranei di Regina Coeli.

A distanza di dodici mesi il bresciano Gnutti è uscito dall’azionariato di TelecomItalia con 536 milioni, il prezzo per la sconfitta delle sue ambizioni.
Il marito di Afef si ritrova con la “cresta” piuttosto malconcia, anche se chi l’ha visto sabato
al matrimonio esagerato della figlia Ilaria, giura che l’imprenditore è più freddo di un pinguino.


(Chicco Gnutti - da Lapresse)


Mentre Massimo Moratti e Alain Elkann gareggiavano come “fanciullini” di pascoliana memoria nel lancio del riso sugli sposi, Tronchetti ha confabulato a lungo con Matteo Arpe e Puri Negri (il capo di Pirelli Real Estate) sui conti del suo Gruppo.
Le banche hanno deciso ancora una volta di aiutarlo, ma la mazzata del decreto Bersani sugli immobili aggiunge altri 400 milioni di debiti ai 43 miliardi che pesano sulla “sua” cresta brizzolata.

Per uno strano gioco del destino nelle stesse ore in cui il Tronchetto godeva e soffriva,
nell’Aula Magna dell’Istituto Sant’Anna di Pisa, si celebrava l’apoteosi di Roberto Colaninno, l’uomo che nel 2001 ha lasciato la patata bollente di TelecomItalia.
Tra le fresche mura dell’Istituto di Pisa, diretto da Riccardo Varaldo, è stato Giuliano Amato a tessere l’elogio dell’imprenditore mantovano.
“Lui e pochi altri - ha detto il Dottor Sottile dimenticando la vera storia di Colaninno “telefonico” -
sono come dei panda…è stato l’unico che ha percepito l’importanza di un progetto industriale a medio e lungo termine”.

Colaninno e Tronchetti, due storie parallele. Il primo veleggia in Borsa e con la Piaggio, il secondo si lecca le ferite per due mancate quotazioni (Pirelli Tyre e Brasile).
“Gli faremo abbassare la cresta”, diceva un anno fa il cardiopatico Chicco Gnutti di Tronchetti Provera.
A quest’ultimo servirebbe adesso abbassare i debiti anche a costo di vendere “La7”.
Ma probabilmente anche questo sacrificio potrebbe non bastare, e a quel punto il manager milanese sarebbe costretto a vendere l'intera Telecom tenendosi stretto il gioiello degli immobili di Pirelli Re.
Un’idea che ormai gira nell’aria come una necessità.

Dagospia.... 10 luglio 06
Etrusco
00giovedì 22 marzo 2007 16:40
Re:

Scritto da: Zalmoxis 14/04/2005 15.39
Vorrei sapere come investirà i nuovi capitali così ricevuti..
Magari su SKY

[SM=x44451]



MEDIASET, CON DIETRO MEDIOBANCA, PREPARA L’ASSALTO A ENDEMOL:
FIRMATO UN ACCORDO DI RISERVATEZZA CON TELEFONICA

– SI STA LAVORANDO A UNA CORDATA CHE COINVOLGE:
JOHN DE MOL,
TELECINCO,
LA DIVISIONE PRIVATE EQUITY DI GOLDMAN SACHS…




Simone Filippetti per “Il Sole 24 Ore”


Mediaset fa un passo in avanti verso Endemol. Il 30 marzo, secondo quanto si apprende da fonti finanziarie, è la scadenza fissata da Telefonica, la compagnia spagnola che ha messo in vendita il 75% del produttore tv, per presentare le manifestazioni di interesse. E ieri il network che fa capo alla famiglia Berlusconi ha ufficializzato la firma di un accordo di riservatezza con gli spagnoli.


Mediaset dunque, scende formalmente in campo per il produttore televisivo olandese in una gara che si preannuncia affollata (starebbero osservando il dossier anche Walt Disney, la Newscorp di Rupert Murdoch, il gruppo italiano De Agostini e una serie di fondi di private equity).

Ma Mediaset, assistita da Mediobanca, non sarà da sola nell'operazione perchè si sta lavorando a una cordata:
di sicuro vi parteciperà Telecinco, la controllata spagnola (al 50,1%) di Mediaset;
viene ritenuto inoltre probabile anche il coinvolgimento di John De Mol, l'uomo d'affari olandese che fondò Endemol,
e della divisione private equity di Goldman Sachs.
Non è escluso, però, che il numero di partecipanti possa salire.

La cordata dà a Mediaset due vantaggi:
il primo, industriale,
è quello di suddividere le varie aree geografiche (Endemol è una realtà internazionale) tra i pretendenti per potersi eventualmente focalizzare su un solo Paese.
L'altro è finanziario:
Endemol capitalizza alla Borsa di Amsterdam, dove ha un flottante del 25%, intorno ai 2,8 miliardi: considerato che le acquisizioni a leva vengono di solito fatte con un rapporto 1 a 3 tra equity e debiti, la scalata alla società olandese necessiterebbe di circa 900 milioni di capitale, mentre il resto potrebbe esser finanziato dalle banche.

Con una cordata a quattro, o forse anche cinque componenti, l'esborso e gli oneri finanziari sarebbero spalmati e per Mediaset l'impegno potrebbe essere intorno ai 200 milioni e allo stesso tempo il debito di Telecinco sarebbe consolidato solo per metà.
Il gruppo televisivo, spiega l'analista di una sim, «potrebbe pagare cara Endemol»,visto che i format che hanno reso famosa Endemol, come Grande Fratello, sono ormai sul mercato da diversi anni, ma l'operazione «avrebbe un forte senso industriale».


Il conflitto di interessi di Silvio Berlusconi, per cinque anni premier e azionista di riferimento del principale broadcaster privato italiano, sono stati un freno per Mediaset.
Oggi l'azienda, sfumato anni fa il tentativo di accaparrarsi ProsiebenSat 1, il canale tv tedesco, è tornata a giocare d'attacco.
Un dinamismo dettato non solo dal venir meno dei vincoli politici, ma anche da necessità industriali:
il 2006 (utili in calo del 16% e raccolta pubblicitaria negativa) è stato, come titolava ieri un report di Rasbank, un annus horribilis
.

Molte case d'affari hanno rivisto al ribasso le stime sulla società. Il timore degli analisti è che il business tradizionale del broadcasting in Italia sia in una fase di stagnazione, nonostante le rassicurazioni dei vertici di Mediaset su un 2007 in ripresa. Di qui un maggiore stimolo a guardarsi intorno e a scendere in campo.

Nonostante l'attenzione del mercato sia rivolta a Endemol una partita più importante potrebbe vedere impegnata l'azienda di Berlusconi nel dossier Telecom Italia. E un esborso finanziario ridotto per Endemol lascerebbe mani libere per altre partite.


(Paolo Gentiloni - Foto U.Pizzi)

Sul versante politico, intanto, ieri c'è stata l'apertura del ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, che si è detto favorevole a modifiche al disegno di legge di riforma del sistema radio televisivo.
«Governo e maggioranza — ha dichiarato Gentiloni — difendono i pilastri della riforma, ma c'è un'ampia possibilitá di procedere sia con emendamenti e sia attraverso integrazioni di argomenti che non sono compresi nella legge».


Dagospia 21 Marzo 2007
Etrusco
00martedì 19 febbraio 2008 13:50
AL CORRIERE E A REPUBBLICA CHE SPERNACCHIANO LO SCOOP-MEDIACOM di DagoSpia:
CHIEDETE A GERONZI PERCHÈ SI È RECATO DA BERLUSCONI LA SETTIMANA SCORSA
DOMANDATE A NAGEL & PAGLIARO SE MEDIOBANCA PREPARA LE CARTE DELLA FUSIONE







“Odio le citazioni, dimmi ciò che sai”. Così scriveva nell’800 il filosofo americano Ralph Emerson e questo sembra essere l’imperativo categorico per i giornalisti italiani che oggi riprendono con grande evidenza e senza il dovere della citazione, le voci raccolte da Dagospia su un possibile inciucio industriale tra Telecom e Mediaset.



Piersilvio Berlusconi, presidente Mediaset
© Foto La Presse

Secondo i rumors di Piazza Affari una delle poche strade per rilanciare l’azienda di Bebè Bernabè e risollevare l’animo dei suoi azionisti spagnoli, potrebbe essere quella di uno scambio di partecipazioni azionarie con la società di Silvio e Piersilvio Berlusconi. Un progetto ambizioso del quale si sussurra appena, che avrebbe lo scopo di portare le due aziende fuori dal ristretto mercato domestico.
A prima vista questo progetto genera chissà incredulità perché si stenta ad accettare come plausibile un’ipotesi di lavoro che porterebbe le imprese del Cavaliere a creare una corazzata sulla falsariga di ciò che ha fatto lo squalo australiano Rupert Murdoch.

Incredulo e diffidente rispetto a queste voci è il “Corriere della Sera”, che senza citare il sito disgraziato Dagospia, salta sugli specchi per spiegare la diffidenza del mercato di fronte all’inciucio industriale di Bibì Berlusconi con Bebè Bernabè. Purtroppo il giornalista Sergio Bocconi usa argomenti che fanno semplicemente ridere quando dice che “il rumor lascia freddo il Biscione e viene perfino un po’ deriso da chi fa notare che si mescolerebbero le pere (la Rete Telecom) e le mele (i contenuti Mediaset)”. Questo rumor, scrive ancora l’ineffabile giornalista (digiuno di cultura ortofrutticola e industriale, pronto però per un aprire una pizzeria), “non avrebbe nemmeno la coerenza di unire pere e basta”.

Ben più articolato sembra invece il ragionamento di Giovanni Pons su “Repubblica” che spiega le ragioni per le quali la grande alleanza multimediale potrebbe trovare il consenso degli spagnoli (ai quali Telecom potrebbe cedere Tim Brasil) e avere una valenza industriale e politica.
Anche Pons odia le citazioni e si guarda bene dal citare Dagospia che, come fece due anni fa svelando l’Operazione Octopus di Abramo-Bazoli, non cerca l’onore delle armi (perché è in pace con tutti), ma non riesce più a capire i confini della correttezza giornalistica.

Se i giornalisti dei due più grandi quotidiano italiani preferiscono il motto di Emerson (“Odio le citazioni, dimmi ciò che sai!”) alle voci sulle quali poi ricamano i loro articoli, allora vale la pena di aggiungere qualche altra notizia rispetto ai rumors raccolti ieri. Ed ecco spuntare la voce secondo la quale l’operazione MediaCom sarebbe stata al centro dell’incontro avvenuto la settimana scorsa a Palazzo Grazioli tra Cesarone Geronzi e il Cavaliere.



Il banchiere Cesarone Geronzi

© Foto U.Pizzi



Quell’incontro – svelato da un giornalista dell’agenzia ApCom – era parso sorprendente perché non rientrava nelle abitudini del banchiere di Marino.
Evidentemente c’è stata una motivazione più forte che ha spinto Geronzi a prendere il caffè con l’amico Silvio, e se è vero ciò che si dice in queste ore a Milano, sembra proprio che i due personaggi abbiano parlato soprattutto dell’operazione MediaCom. Da qui l’apertura di un dossier sul quale a Piazzetta Cuccia starebbero già lavorando il rigoroso Pagliaro e il pallido Nagel, i due braccidestri che seguono con ansia le evoluzioni di Bebè Bernabè.

A Mediobanca sanno benissimo che il Piano industriale presentato da Bernabè il 6 marzo non conterrà grandi sorprese. La vera svolta potrebbe avvenire soltanto su una prospettiva di medio e lungo termine che porti l’azienda dei telefoni a conquistare nuovi orizzonti. È la strada della convergenza tra televisione, editoria e telecomunicazioni, un percorso sul quale nel mondo camminano i grandi player della comunicazione.
Gli addetti ai lavori lo sanno, alcuni giornalisti l’hanno capito, altri lo negano con argomenti che oltre all’incredulità tradiscono una caprina ignoranza.
Invece, riceviamo da Oscar Giannino un articolo sulla possibile operazione Media.Com che LiberoMercato ha pubblicato venerdì 15 febbraio ’08.




LA BIPARTISANSHIP SI VEDRÀ IN TV?
Oscar Giannino per LiberoMercato


Non equivocate. L’abbiamo vista anche noi e già commentata su Libero, la positiva novità che speriamo duri in questa campagna elettorale: lo spirito più pacato con cui Veltroni e Berlusconi parlano l’uno dell’altro, in televisione e nei comizi. Dio solo sa quanto ci sia bisogno, di un sano spirito bipartisan per affrontare la riforma elettorale e delle istituzioni, le emergenze della produttività, della crescita, e del sollievo fiscale.

Ma non è questa, la bipartisanship che ci chiediamo se si vedrà in tv. No, è proprio quella che riguarda la televisione, le tlc e la multimedialità in quanto tali, come business. Sarebbe troppo chiedere, se si ponesse termine una volta per tutte allo scontro ideologico che inevitabilmente da anni si scatena sul terreno della tv? Qui non desidero riporre
il problema della riforma della Rai, anzi della sua privatizzazione. Sapete come la penso. Parlo di una visione sistemica e italiana della convergenza, multimedia. Telecom, di te si parla.



Lo 'squalo' Murdoch


La questione è semplice, ed è per questo che il centrosinistra con Prodi ha tentato in ogni modo di mettere le mani sulla rete fissa di Telecom, per “presidiarne” gli sviluppi e impedire quelli sgraditi. Semplificando fino agli eccessi, si potrebbe sintetizzare la questione nel seguente modo.
La cosiddetta “nuova” Telecom Italia di Franco Bernabè si trova in condizioni di non poter contare su risorse per espandersi, anzi deve recuperarne per alleggerire la propria posizione finanziaria.

Non è chiaro nemmeno se le banche azioniste in Olimpia siano favorevoli a una vera alleanza industriale con gli spagnoli di Telefonica per contare potenzialmente su più di 200 milioni di clienti, o se si preparino a far la guerra in vista della scadenza nel medio termine dei patti.
Detto questo,
Telecom Italia resta sprovvista di una partnership strategica con un grande produttore di contenuti. E, al contempo, la Mediaset può certo contare su un’ottima redditività vista la snellezza e aggressività del suo modello organizzativo, ma in Italia è ormai compressa in ogni possibile sviluppo - sul digitale, siamo reduci da anni in cui le si preferiva la Sky di Murdoch - e all’estero l’espansione non è certo facile.

Al contempo, il centrosinistra con Prodi ha fatto tutto ciò che era nelle sue possibilità, per far saltare la possibile alleanza tra Telecom Italia e Murdoch, ricorrendo anche a spericolati banchieri “amici”. Il che consegna l’interrogativo irrisolto nelle mani dei decisori aziendali, di chi scriverà le regole televisive, e delle maggiori banche italiane della partita.
Che cosa impedisce davvero di pensare, se lo spirito costruttivo tra i due poli politici dovesse radicarsi e continuare anche al di là del responso delle urne, che si possa arrivare alla cosa più naturale?
Cioè all’ingresso come partner - ripetiamo: come partner, non assumendone il controllo - di Mediaset in TI, a garanzia di una grande alleanza multimediale italo-iberica tra reti e contenuti? E’ un’eresia? Perché?



Dagospia 19 Febbraio 2008
dagospia.excite.it/esclusivo.html
Etrusco
00lunedì 3 marzo 2008 17:25
LA METAMORFOSI DEL BISCIONE
– L’OFFENSIVA A TELECOM, LE MANOVRE SUL WEB, LA SFIDA DEI CANALI TEMATICI
– LA TV GENERALISTA È IN CRISI, MEDIASET GUARDA OLTRE E SE TORNA BERLUSCONI VAI CON TELECOM…



Alessandro Longo e Luca Piana per “L’espresso”



Il RE BISCIONE
Si comprerà Telecom Italia, cambiando le leggi che oggi glielo impediscono?
Frenerà l'arrivo di nuovi concorrenti nella televisione digitale?
Ucciderà definitivamente la Rai, limitando il lancio di nuovi canali tematici?

La possibilità di un ritorno di Silvio Berlusconi al governo ha riacceso le speculazioni sulle mosse che il leader del Popolo della Libertà farà nel settore a lui più caro.

Il passato dice infatti che l'identità dell'inquilino di Palazzo Chigi non è indifferente alle sorti di Mediaset, l'azienda televisiva che ha fatto la fortuna di Berlusconi. Se si guarda l'andamento del titolo Mediaset dal 2001 a oggi, si vede che quando Berlusconi era premier si è comportato quasi sempre meglio del listino. Con la vittoria di Romano Prodi del 2006, invece, la situazione si è rovesciata e le azioni della società sono scese vicino a valori minimi.

È chiaro che sulle scelte degli investitori incidono fattori che poco c'entrano con la politica. Allo stesso tempo, nel settore televisivo, le regole influiscono in modo determinante sui potenziali profitti. E così, se la cosiddetta legge Gasparri, varata dal governo Berlusconi nel 2004, aveva gonfiato le aspettative sulla crescita del business di Mediaset, la riforma ipotizzata dal nuovo ministro Paolo Gentiloni nel 2006, e finita nel cassetto con la caduta di Prodi, pesava non poco.

Ora il gioco sta per ripartire, come si è visto nella campagna elettorale. Se vincerà Berlusconi, ha annunciato l'ex ministro Maurizio Gasparri, la sua legge subirà "piccole modifiche" per superare la bocciatura da parte della Corte europea, che ha bacchettato l'Italia per aver osteggiato l'ingresso nel settore di nuovi concorrenti, a tutto vantaggio del duopolio Mediaset-Rai, che in questi anni ha infarcito i palinsesti di repliche in prima serata, dai film di Bud Spencer su Retequattro al Commissario Montalbano su RaiUno. Se la spunterà il Partito democratico, invece, parte della riforma Gentiloni potrebbe tornare d'attualità.

Al di là delle schermaglie, tuttavia, anche da un punto di vista industriale Mediaset vive giorni cruciali. In gennaio l'azienda ha lanciato tre nuovi canali, Joi, Mya e Steel, che possono essere visti da chi possiede il decoder pagando un abbonamento mensile da 8 euro. Il piano presentato dal vicepresidente Pier Silvio Berlusconi, è la risposta a una duplice sfida che l'azienda non aveva mai dovuto fronteggiare.

La prima riguarda tutti gli editori tradizionali, carta stampata compresa, ed è rappresentata dal successo del Web come forma d'informazione e intrattenimento. La seconda è costituita dalla fuga del pubblico più pregiato verso i canali a pagamento, resa evidente negli ultimi anni dalla crescita di Sky, la tivù satellitare del gruppo Murdoch, che offre un numero di canali superiore a un prezzo che in media è superiore di quattro, cinque volte quello di Mediaset per Joi, Mya e Steel.

Alcuni numeri aiutano a comprendere la portata dei cambiamenti che Mediaset, con o senza l'aiuto di Berlusconi al governo, dovrà affrontare. Lo Studio Frasi, un centro ricerche specializzato, ha calcolato che dal 2003 al 2007 la quota di spettatori di Rai e Mediaset è scesa dal 91 all'85,3 per cento del totale. Contemporaneamente, il satellite è più che triplicato, salendo all'8,1 per cento. L'anno scorso l'erosione aveva raggiunto il picco tra gennaio e aprile, con in media mezzo milione di spettatori in meno rispetto al 2006. Ora il crollo si è fermato, ma niente recupero.



Dice Francesco Siliato dello Studio Frasi: "Forse siamo vicini a quello che per ora si può considerare lo zoccolo duro delle tivù generaliste".
Man mano che satellite e decoder si faranno strada, tuttavia, il nucleo di fedelissimi diminuirà: "E sarà sempre più rappresentato", continua Siliato, "dagli spettatori che non hanno accesso ad altre forme d'intrattenimento: vuoi per l'età, il reddito inferiore o la bassa scolarità".

Per chi vende pubblicità e punta tutto sui consumi dei propri spettatori, si tratta di uno scenario da incubo.
Qualche segnale di difficoltà si può cogliere dall'elaborazione dei dati sulla raccolta pubblicitaria del 2007 rilevati da Nielsen: se il mercato pubblicitario è cresciuto complessivamente del 3,1 per cento rispetto al 2006, il progresso di Mediaset si è arrestato all'1,1 per cento. L'unica consolazione è aver fatto meglio della Rai (ferma al più 0,2 per cento).

Nell'operazione rilancio i fronti aperti per Mediaset sono ora numerosi. Il primo è quello delle tecnologie utili per raggiungere i clienti del futuro, a cominciare da Internet. È qui che nascono le speculazioni relative all'interesse a entrare nella stanza dei bottoni di Telecom, approfittando dell'attuale debolezza della compagnia e della sua dipendenza dalle decisioni delle autorità di regolamentazione. Mediaset si è appena ritirata dalla gara per le frequenze WiMax, una tecnologia per realizzare reti di connessione senza fili.

Fonti di Mediaset spiegano che l'interesse dell'azienda era simile a quanto realizzato nei telefonini, dove ha creato una rete per la tivù mobile affittata a Tim e Vodafone.
Il ritiro è arrivato perché l'asta aveva raggiunto prezzi troppo elevati, mentre l'interesse di fondo di Mediaset resta offrire, senza spendere troppo in infrastrutture, i propri programmi via reti ad alta velocità, un mercato finora limitato e dove Sky (in collaborazione con Telecom e Fastweb) è davanti a tutti.

La cautela dell'azienda è forse dettata dall'incertezza sugli effettivi ritorni che mosse molto costose potrebbero generare. Gli esperti, tuttavia, non escludono future sorprese: "Mediaset non può sottovalutare l'importanza delle nuove piattaforme televisive, dal momento che il valore della tivù tradizionale tende a ridursi", dice Franco Morganti di ITMedia Consulting. Di qui l'ipotesi che, se cambieranno gli orientamenti di Telecom sulla separazione della rete telefonica, "Mediaset possa entrarvi in pool con altri operatori", aggiunge Morganti.

Il fronte più vicino, però, è quello della televisione a pagamento. Sulla carta gli orizzonti sono entusiasmanti: "La penetrazione della pay tv è fortemente legata alla capacità di spesa dei consumatori: se si considera questo fattore, nei prossimi quattro-cinque anni potrebbe raggiungere 9 milioni di famiglie, rispetto ai 4,5 attuali", osserva Marc Vos del Boston Consulting Group. Digitale, spiega Vos, vuol dire più canali (oggi quelli gratuiti e disponibili solo con il decoder sono 28), quindi identificare un pubblico più mirato e molto rilevante dal punto di vista della pubblicità, perché più identificabile per interessi comuni.

Anche qui, però, le difficoltà non mancano. Molti analisti hanno osservato che per avviare la concorrenza a Sky, Mediaset ha dovuto aumentare in misura considerevole gli investimenti in diritti televisivi, comprando ad esempio da Warner e Universal un pacchetto da 600 milioni di dollari in quattro anni che comprende, fra l'altro, la prima visione delle nuove puntate della fortuna serie 'Dr House'. E la banca d'affari JP Morgan, in uno studio recente, ha espresso dubbi sull'obiettivo di Mediaset di raggiungere nel 2010 il pareggio nel digitale.

Il senso della mossa di Mediaset, tuttavia, è forse un altro. Prossimamente, assieme a Rai e La7, dovrà mettere sul mercato il 40 per cento della capacità di trasmissione disponibile sul digitale. E numerosi gruppi internazionali, a cominciare dalla tedesca Rtl del gruppo Bertelsmann, starebbero studiando lo sbarco in Italia. Come in tutte le norme che riguardano la televisione italiana, anche in questo caso ci sarebbero ostacoli più o meno occulti: "Non è chiaro se questo spazio viene ceduto definitivamente o solo affittato fino a quando, dopo il 2012, tutti i canali passeranno al digitale", dice Siliato. Chi vuole comprare, insomma, rischia di non saper bene che cosa può comprare. Un tema su cui potrebbe toccare al prossimo governo fare chiarezza.


29 Febbraio 2008
dagospia.excite.it/articolo_index_38451.html
Etrusco
00mercoledì 4 marzo 2009 18:00
MURDOCH? ME TE MAGNO!
– PROVE TECNICHE DI GRANDE INCIUCIO Telecom-Mediaset: INTESA PER accedere con Alice Home TV a Mediaset Premium
– PRIMO PASSO? BERNABè NEGA: NO MEDIA COMPANY, FUSIONE IMPOSSIBILE
- L’ATTESA PER IL RAPPORTO CAIO…


Marigia Mangano per "Il Sole 24 Ore"



«Le società di tlc sono un formidabile veicolo per la distribuzione dei contenuti, ma non devono diventare degli aggregatori». Solo qualche giorno fa Franco Bernabè, amministratore delegato di Telecom Italia, in una intervista rilasciata al Sole 24Ore, ha fissato alcuni punti fermi su «come» e «fino a che punto» ha senso sposare telefonia e contenuti.

Ieri quelle dichiarazioni hanno avuto un seguito: Telecom Italia ha comunicato la prima partnership nel campo dei contenuti con Mediaset, quella stessa Mediaset più volte indicata come promossa sposa del gruppo telefonico. L'annuncio è arrivato in una giornata nera in Borsa per il titolo Telecom Italia, in calo di quasi il 4%.

Questo nonostante proprio ieri l'agenzia di rating americana Standard & Poor's ha confermato il giudizio e l'outlook sul credito del gruppo telefonico e ha promosso la scelta del gruppo di tagliare il dividendo a 0,05 euro per azione.

In base all'intesa tra Telecom e il gruppo Mediaset, sarà possibile accedere con Alice Home TV ai contenuti dell'offerta Mediaset Premium. In questo modo «la programmazione proposta attraverso la piattaforma Iptv di Telecom Italia viene arricchita da nuovi film e telefilm, serie TV, reality, cartoni animati, anteprime, calcio», spiega la nota della società,

aggiungendo che «questa iniziativa conferma l'impegno di Telecom nel voler ampliare ulteriormente la propria offerta, rendendo disponibili titoli e nuovi canali rivolti alle famiglie e ad un pubblico differenziato per età e per gradimento di generi televisivi e cinematografici».

L'accordo con Mediaset, infatti, si affianca agli oltre 25 mila contenuti e oltre 200 canali televisivi già presenti su Alice home Tv. Quest'ultima, a fine dicembre dello scorso anno, poteva contare su clienti pari a 329 mila, ma l'obiettivo del piano industriale è di arrivare a 1,5 milioni alla fine del 2011.

Ma l'intesa con il Biscione resta confinata solo alla categoria delle "partnership commerciali"? O è il primo passo verso una alleanza più ampia? Sull'opportunità di dar vita a una media company, Bernabè ha già risposto, ribadendo due concetti chiave: primo «la media- company richiede competenze ed esperienze che noi non abbiamo.

Il nostro compito è di mettere a disposizione l'infrastruttura, punto»; secondo, la fusione con Mediaset non solo «mi sembra difficilmente realizzabile sul piano pratico, ma non è nemmeno fattibile sul piano legislativo ».

S&P conferma il rating
Intanto ieri in Borsa il titolo Telecom Italia ha vissuto un'altra giornata di passione. Complice il generale andamento del mercato le quotazioni sono scese del 3,89% attestandosi a un prezzo di riferimento di 0,86 euro.

E a nulla è servito il giudizio positivo di Standard & Poor's: l'agenzia americana ha confermato il rating BBB/ A-2 sul debito per Telecom e ha indicato prospettive stabili. Il giudizio, si legge in una nota, è stato ribadito dopo la pubblicazione dei risultati 2009 e la decisione di tagliare il dividendo a 0,05 euro per azione.

«Il taglio della cedola e un andamento operativo incoraggiante visto nell'ultima parte del 2008», spiegano gli analisti di S&P's, «compensano la pressione che continua a pesare sulle attività domestiche, le tasse piuttosto consistenti che andranno pagate nel 2009 e il programma di rifinanziamento».


Gli analisti si aspettano che il gruppo prosegua nella riduzione dell'indebitamento e a stabilizzare le performance sul mercato domestico senza perdere di vista il Brasile.

Il rapporto sulla rete
Cresce, infine, l'attesa per il rapporto di Francesco Caio, consulente del governo italiano, sulle proposte per lo sviluppo della rete a banda larga.
Paolo Romani, sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni, ha sottolineato che il dossier non è stato ancora consegnato, chiarendo che la proposta di Caio sarà sul suo tavolo «nei prossimi giorni».

Solo in un secondo momento, come già affermato in passato dal sottosegretario, il dossier - che secondo indiscrezioni contempla l'ipotesi di scorporo -sarà consegnato a Palazzo Chigi.



[04-03-2009]


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