Intelligenza artificiale: il computer è “intelligente”?
Nell'aprile 1836 il Southern Literary Journal di Richmond, in Virginia, pubblicò un lungo articolo in cui Edgar Allan Poe sottoponeva ad esame analitico un automa straordinario che giocava a scacchi senza intervento palese dell'uomo. "Molti uomini di genio e di grande acutezza, scriveva Poe, non hanno esitato a definire questo automa una pura macchina. Se così fosse, si tratterebbe dell'invenzione più straordinaria del genere umano."
Il sogno di costruire un meccanismo capace di giocare a scacchi sembrò attuarsi nel 1769, quando il barone e ingegnere ungherese Wolfgang von Kempelen presentò alla corte di Maria Teresa d'Austria un "automa scacchista". Vestito alla turca, capace di giocare (e vincere) movendo i pezzi con il braccio sinistro, il Turco di von Kempelen si esibì in Russia, a Parigi e a Londra, suscitando stupore ed entusiasmo. Acquistato dopo la morte del barone da Johann Maelzel, continuò la sua tournée in tutta Europa e, nel 1825, sbarcò negli Stati Uniti. Il Turco stava seduto dietro una specie di canterano che lo nascondeva dalla vita in giù. Prima dell'esibizione, Maelzel apriva gli sportelli anteriori e posteriori del canterano per dissipare il dubbio che vi si celasse una persona. Ma Poe analizzò la successione delle aperture e chiusure, dimostrando che un uomo avrebbe potuto nascondersi nel mobile.
Lo scrittore americano esaminò poi come l'automa muoveva il braccio, roteava gli occhi e spostava i pezzi, e concluse che di fatto nell'armadio si celava uno scacchista provetto. In seguito, pieno di debiti, Maelzel fu costretto a vendere l'automa a un certo Mr. Ohl, che a sua volta lo cedette al museo di Filadelfia. Il Turco fu distrutto dall'incendio che devastò la città il 5 luglio 1854. Che cosa c'insegna questa storia? Diciamo che un computer è "intelligente" se sul suo schermo compaiono segni che giudicheremmo intelligenti se fossero opera di un essere umano. Ma dietro lo schermo c'è una macchina o un uomo? Da una parte ci sono gli entusiasti dell'intelligenza artificiale (Poe li definirebbe creduloni), convinti che la macchina si comporti in modo autonomo: il Turco (o il suo discendente Deep Blue, che ha sconfitto Kasparov) gioca davvero a scacchi senza intervento umano e, siccome non si tratta di un gioco deterministico come un'operazione aritmetica, manifesta iniziativa e capacità di decisione. Insomma il computer è intelligente.
Dall'altra parte ci sono gli scettici, per i quali la macchina non fa altro che eseguire un programma che le è stato assegnato dall'uomo. Per costoro è come se all'interno del calcolatore si nascondesse un essere umano, o almeno il suo fantasma sotto forma di algoritmo. La macchina sarebbe solo un prolungamento della nostra mente: il senso delle sue operazioni starebbe sempre nell'uomo.
In questa seconda prospettiva, che condivido, uomo e macchina non si possono separare. Essi costituiscono un simbionte cognitivo, dotato di proprietà inedite: senza il computer l'uomo è menomato, ma senza l'uomo il computer è inerte. Chi sostiene l'autonomia delle macchine, invece, tende ad assimilare il computer all'uomo (e l'uomo al computer).
Giuseppe O. Longo
Ordinario di Teoria dell’Informazione all’Università di Trieste
L'ho trovato interessante e ve l'ho proposto!