L'International Day of Italian Cuisines celebra oggi, 17 gennaio, il piatto meneghino
Arrivata ormai al quinto anno consecutivo, l'International Day of Italian Cuisines torna oggi, 17 gennaio e sarà, ancora una volta, una celebrazione della cucina italiana autentica e di qualità.
Il piatto ufficiale di questa edizione 2012 è l'
ossobuco in gremolata alla milanese, un vero e proprio caposaldo della cucina italiana originario della Lombardia.
Centinaia di cuochi, ristoratori e professionisti del settore parteciperanno all'evento, creando la loro versione, rigorosamente seguendo la ricetta tradizionale, dell'ossobuco alla milanese.
La giornata è promossa da itchefs.gvci.com, che gestisce un network di quasi duemila cuochi dislocati in 70 paesi del mondo ed è stata portata avanti con lo scopo di salvaguardare la cucina made in Italy e promuovere cuochi e ristoratori che la portano nel mondo.
"È fondamentale in tempi di crisi come questa mantenere la competitività dell'Italia sui mercati internazionali e questo si ottiene solo con eventi che irrobustiscono l'immagine e la cultura che accompagna i prodotti italiani, soprattutto quelli agroalimentari", afferma Rosario Scarpato, direttore della Giornata Mondiale delle Cucine Italiane 2012 nonché co-fondatore del GVCI.
Fonte
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Confesso che oggi me l'hanno proposto a pranzo, e non ho resistito alla tentazione (salvo qualche problemino a lavorare nel pomeriggio..)
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Però sono perplesso: certamente da queste parti è un classico invernale, ma portarlo a simbolo della cucina italiana mi sembra alquanto esagerato, mi chiedo quanti, al di fuori della Lombardia, lo conoscano e lo abbiano mai mangiato, credo che basti andare in Veneto ed in Emilia per ignorarlo del tutto.
Ed apprezzarlo non è nemmeno semplice, specie degustarne la parte più tipica, il midollo.
Non parliamo poi dell'aspetto dietetico, niente di più controcorrente, dirò di più, niente di più antitetico dalla sbandierata "Cucina mediterranea"!.
Il bello dell'Italia è avere tante diverse cucine e specialità, dalla bagna càuda alla pajata, dalla polenta e osei ai turcinieddi, ma lasciamoli tutti nel loro contesto locale, senza nemmeno cercare di esportarli ed industrializzarli.