Per non dimenticare: 29 maggio 1985: la strage dell'Heysel

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Etrusco
00domenica 29 maggio 2005 20:53
Una testimonianza a 20 anni dalla strage nella finale di Coppa Campioni Heysel,
il ricordo di una follia 29 maggio 1985:
Juve-Liverpool si trasforma in una tragedia.
Gli hooligans caricano,
i tifosi italiani fuggono verso la recinzione e un muretto laterale che poi crollano:
muoiono schiacciate 39 persone



di GIORGIO DE RIENZO


Il 29 maggio di venti anni fa morirono allo stadio Heysel, in un’orgia di violenza imbestialita, trentanove persone.



Allora ero un tifoso accanito della Juventus ed ero andato a Bruxelles per assistere – così speravo – alla prima vittoria della mia squadra in una Coppa dei Campioni. Sono stato dunque tra gli spettatori di quella partita, ma soprattutto un testimone di ciò che si è vissuto direttamente fuori e dentro lo stadio dalla prospettiva di una tribuna, senza vedere naturalmente le immagini che invece passavano alla tivù. Ho assistito, ben prima dell’esplosione tragica della violenza nella “curva Z”, a episodi minori, dentro e fuori l’Heysel.



Ho passeggiato nel pomeriggio per le strade di Bruxelles: intieri marciapiedi erano coperti da cocci di bottiglie di birra, gruppi di inglesi già ubriachi intonavano i loro canti di allegria fiduciosa nelle piazze. Parevano “normali” episodi di cattiva educazione: non davano un triste presagio.

A sera, entrando ai cancelli dello stadio, ho assistito a perquisizioni di poliziotti che lasciavano passare inglesi con bottiglie di liquori. Entrato ho incominciato a capire che qualcosa non funzionava. A sbarrare l’ingresso a chi non avesse il biglietto per la partita, oltre a un sistema di transenne, non c’era che un muretto di cinta fatiscente. Per entrare era sufficiente dare un calcio a questo muro sottile e aprire un varco: i pochi poliziotti, armati con bastoni di legno, lunghi e sottili, potevano fare ben poco per contrastare l’invasione di questi “portoghesi”. Credo che il disastro abbia la sua origine nella scelta, da parte dell’Uefa, di uno stadio non protetto da strutture di minima sicurezza. Non mi pare che questa responsabilità sia stata ben individuata.

Dal mio punto di osservazione si è avuta l’impressione che la «curva Z», divisa – ad alto rischio – a metà tra i tifosi dell’una e l’altra squadra, sia «esplosa» perché non sopportava tutta la gente che – con biglietto o no – ha cercato di prendere posto. I pochi poliziotti belgi che erano sulla curva, per tenere separate le tifoserie, al primo scontro si sono dileguati: anche questa è una colpa a cui i processi non credo abbiano dato il necessario peso. Quando nella «curva Z» è esplosa la violenza si è avuta la sensazione di una lotta furibonda per mantenere il posto conquistato. Non si è avuta la percezione della tragedia. Si sono viste rotolare persone ai lati, si sono viste queste persone scendere sul terreno di gioco, sollecitate con la forza dai poliziotti a riprendere il loro posto sugli spalti o a lasciare lo stadio. Questo, credo, è ciò che ha visto la maggioranza dei presenti all’Heysel. Ciò che stupiva era che la partita non iniziasse, anche quando il campo di gioco era stato sgombrato e tutto sembrava pronto.

Che la partita sia stata giocata, che chi ha vinto abbia «recitato» la gioia del trionfo, è stata una necessità per tenere dentro lo stadio il pubblico, in modo da dare il tempo alle forze dell’ordine, finalmente allertate in massa, di far defluire i tifosi delle opposte parti in corsie ben separate. Personalmente ho saputo che c'erano stati dei morti, tanti morti, solo quando ho raggiunto il pulmann che doveva portarmi all’aereoporto. L’unico ricordo positivo che ho di quella tragica esperienza è stato lo spettacolo che riuscirono a dare, con una professionalità troppo poco onorata dai commentatori, i ventidue giocatori della Juve e del Liverpool: disputando con la morte nel cuore una partita di calcio “vera” e responsabilmente corretta, come ben di rado si vede negli stadi.

Giorgio De Rienzo
29 maggio 2005 Corriere.it
Nikki72
00lunedì 30 maggio 2005 14:14
Re:


Scritto da: Etrusco 29/05/2005 20.53
Una testimonianza a 20 anni dalla strage nella finale di Coppa Campioni Heysel,
il ricordo di una follia 29 maggio 1985:
Juve-Liverpool si trasforma in una tragedia.
Gli hooligans caricano,
i tifosi italiani fuggono verso la recinzione e un muretto laterale che poi crollano:
muoiono schiacciate 39 persone



di GIORGIO DE RIENZO


Il 29 maggio di venti anni fa morirono allo stadio Heysel, in un’orgia di violenza imbestialita, trentanove persone.



Allora ero un tifoso accanito della Juventus ed ero andato a Bruxelles per assistere – così speravo – alla prima vittoria della mia squadra in una Coppa dei Campioni. Sono stato dunque tra gli spettatori di quella partita, ma soprattutto un testimone di ciò che si è vissuto direttamente fuori e dentro lo stadio dalla prospettiva di una tribuna, senza vedere naturalmente le immagini che invece passavano alla tivù. Ho assistito, ben prima dell’esplosione tragica della violenza nella “curva Z”, a episodi minori, dentro e fuori l’Heysel.



Ho passeggiato nel pomeriggio per le strade di Bruxelles: intieri marciapiedi erano coperti da cocci di bottiglie di birra, gruppi di inglesi già ubriachi intonavano i loro canti di allegria fiduciosa nelle piazze. Parevano “normali” episodi di cattiva educazione: non davano un triste presagio.

A sera, entrando ai cancelli dello stadio, ho assistito a perquisizioni di poliziotti che lasciavano passare inglesi con bottiglie di liquori. Entrato ho incominciato a capire che qualcosa non funzionava. A sbarrare l’ingresso a chi non avesse il biglietto per la partita, oltre a un sistema di transenne, non c’era che un muretto di cinta fatiscente. Per entrare era sufficiente dare un calcio a questo muro sottile e aprire un varco: i pochi poliziotti, armati con bastoni di legno, lunghi e sottili, potevano fare ben poco per contrastare l’invasione di questi “portoghesi”. Credo che il disastro abbia la sua origine nella scelta, da parte dell’Uefa, di uno stadio non protetto da strutture di minima sicurezza. Non mi pare che questa responsabilità sia stata ben individuata.

Dal mio punto di osservazione si è avuta l’impressione che la «curva Z», divisa – ad alto rischio – a metà tra i tifosi dell’una e l’altra squadra, sia «esplosa» perché non sopportava tutta la gente che – con biglietto o no – ha cercato di prendere posto. I pochi poliziotti belgi che erano sulla curva, per tenere separate le tifoserie, al primo scontro si sono dileguati: anche questa è una colpa a cui i processi non credo abbiano dato il necessario peso. Quando nella «curva Z» è esplosa la violenza si è avuta la sensazione di una lotta furibonda per mantenere il posto conquistato. Non si è avuta la percezione della tragedia. Si sono viste rotolare persone ai lati, si sono viste queste persone scendere sul terreno di gioco, sollecitate con la forza dai poliziotti a riprendere il loro posto sugli spalti o a lasciare lo stadio. Questo, credo, è ciò che ha visto la maggioranza dei presenti all’Heysel. Ciò che stupiva era che la partita non iniziasse, anche quando il campo di gioco era stato sgombrato e tutto sembrava pronto.

Che la partita sia stata giocata, che chi ha vinto abbia «recitato» la gioia del trionfo, è stata una necessità per tenere dentro lo stadio il pubblico, in modo da dare il tempo alle forze dell’ordine, finalmente allertate in massa, di far defluire i tifosi delle opposte parti in corsie ben separate. Personalmente ho saputo che c'erano stati dei morti, tanti morti, solo quando ho raggiunto il pulmann che doveva portarmi all’aereoporto. L’unico ricordo positivo che ho di quella tragica esperienza è stato lo spettacolo che riuscirono a dare, con una professionalità troppo poco onorata dai commentatori, i ventidue giocatori della Juve e del Liverpool: disputando con la morte nel cuore una partita di calcio “vera” e responsabilmente corretta, come ben di rado si vede negli stadi.

Giorgio De Rienzo
29 maggio 2005 Corriere.it





Me lo ricordo! Erano scene indescrivibili... [SM=x44471]




[Modificato da Nikki72 30/05/2005 14.15]

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