Repubblica si è da tempo data un obbiettivo meritevole: evidenziare tutte le idiozie su cui si basa il pensiero politico, la cultura della sinistra, permettendo così al colto e all’inclito - e ai posteri - di comprendere le ragioni di fondo del suo fallimento su base continentale. Ecco allora che il 29 settembre - sempre con questo meritevole scopo filantropico - inizia in prima pagina e occupa tutto un paginone di R2 cultura, un breve saggio di Zygmunt Baumann che fa da prefazione al testo di Leonidas Donskis sulla produzione di violenza nella società contemporanea.
Come spetta ad ogni intellettuale della gauche caviar, Bauman inizia coll’elencare una serie di affermazioni e fatti assolutamente inventati: “la Cassazione ha decretato che è legittimo discriminare i Rom con la motivazione che “gli zingari sono dei ladri” (ma chi gli ha detto questa boiata, e perché è così pigro, scorretto, disonesto da non controllare?); ''Maroni ha giustificato i pogrom contro i campi Rom'' e via inventando (e diffamando. Ma queste menzogne, queste balle sesquipedali sono solo la parte di propaganda becera che ormai è intrinseca in qualsiasi ragionamento politically correct di qua e di là dell’Oceano.
La parte più grave del testo, viene dopo, là dove Bauman si dà l’aria di “fare l’analisi” che evidentemente tanto è piaciuta ai redattori di Repubblica. Nulla di ovvio, impreciso, inventato, banale, inutile, ci viene risparmiato: dalle paure oggigiorno generate dalla globalizzazione, al fatto che la flessibilità del lavoro e l’insicurezza del posto fanno dei migranti l’obiettivo naturale delle paure, per terminare nel vero capolavoro: “a differenza delle paure del passato, le paure contemporanee sono aspecifiche, disancorate, elusive, fluttuanti, e mutevoli - difficili da identificare e localizzare esattamente”. Parole sante, perché certificano in pieno il male di vivere che appesantisce la vita e il pensiero di Baumann e di tutta la sinistra europea: non hanno più il minimo rapporto con la realtà.
Non capiscono che oggi la paura dell’immigrato in Italia è concretamente, materialmente incarnata in mille e mille fatti concreti, vissuti, subiti. Il che non vuol dire che siano fatti di cui siano responsabili gli immigrati, perché responsabili sono anche i governanti che non gestiscono questo caos, ma per quanto riguarda gli immigrati musulmani, la concretezza della presenza di un Islam aggressivo, brutale, incivile è reale e sotto gli occhi di tutti. Basterebbe il fatto che molti intellettuali arabo-italiani che si occupano di Islam devono girare con la scorta per capire quanto sia giustificata e materiale questa paura.
Chiusi nei loro loft e salotti e terrazze (e appartamenti della figlia a Manhattan) gli intellettuali e i leaders della gauche europea prendono D’Annunzio a modello, costruiscono parole sulle parole e campano di rendita sul luogo comune, come sul complesso di colpa nei confronti del “nero”. Null’altro.
A Baumann non viene lontanamente in mente di andare da una massaia - sì, sempre a quella di Voghera - e chiederle perché ha paura. Se lo facesse, avrebbe risposte chiare, secche, specifiche. Perché le città italiane sono piene di paura più che giustificata, concreta, materiale, motivata, a causa della presenza caotica, disordinata, non pianificata di centinaia di migliaia di immigrati che ne hanno distrutto millenari equilibri e tradizioni, soprattutto nelle parti loro più preziose: i centri storici, perché a Roma, Milano e Torino, quando telefoni concitato alla polizia se ti hanno rubato una macchina, dopo un po’ ti dicono che probabilmente “è finita nel campo Rom”, ma poi nessuna volante va a cercartela, perché i poliziotti stessi hanno paura; perché in Italia nessuno ha mai avuto paura degli immigrati somali, etiopi, filippini, cingalesi e polacchi, ma molti hanno giustamente paura di un Islam che dichiara di volere egemonizzare l’Europa imponendo anche qui la sua Legge che umilia le donne, odia gli ebrei, condanna a morte gli apostati ed è aduso a “convertire con la spada”.
Nulla di tutto questo in Bauman, neanche una traccia, perché ammettere che “l’altro”, il “diverso” possa effettivamente, realmente, giustamente fare paura per i valori della sua cultura e religione, non è permesso a sinistra, è peccato, tabù. Ecco allora che il Baumann-pensiero ci dà la ricetta magistrale: “odiamo perché abbiamo paura, ma abbiamo paura a causa dell’odio che avvelena la coabitazione sul pianeta che condividiamo”. Il nulla fatto Repubblica.
Avanti così, che forse un giorno aprirete la porta, uscirete finalmente per strada e farete quella cosa che tutta la sinistra di libro e di governo non fa più da decenni in Europa: parlerete con la gente, con quello che chiamate “il popolo”, e non più sulla gente, non più sulle spalle del “popolo”.
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