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Elezioni e pensioni parlamentari
La scelta del 13 aprile per il voto è casuale o ha a che vedere con gli interessi economici della Casta?
a cura di Vanessa Cappella 19 Marzo 2008
Sta destando clamore da alcuni giorni un’e-mail riguardante il motivo della scelta della data del 13 aprile per indire le elezioni politico-amministrative: sembrerebbe infatti che, se indette una settimana prima, ovvero il 6 aprile, i parlamentari non avrebbero ottenuto la pensione “d’oro” che spetta di diritto dopo due anni, sei mesi e un giorno di governo.
Il governo Prodi è, però, durato meno di due anni, quindi questa notizia dovrebbe essere smentita se non fosse per un particolare portato in luce ai primi di febbraio dal
leghista Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato. Questi ha infatti dichiarato: “La scelta della data del 13 aprile per il voto in alternativa a quella del 6 di aprile può apparire casuale, ma non lo è affatto. Votando il 6 aprile, infatti, i parlamentari alla prima legislatura non rieletti non avrebbero maturato la pensione, votando invece come stabilito dal Consiglio dei ministri il 13 aprile, ovvero una settimana dopo, acquisiranno la pensione.
Il requisito dei due anni, sei mesi e un giorno ha un'interpretazione rigida soltanto per quanto riguarda il Senato, dove pure si adotta una norma interpretativa per cui, quando è stata superata la metà dell'anno, questo viene considerato come un anno intero. Per i senatori la dead-line sarebbe stata dunque il 15 giugno. Alla Camera, mi dicono, a causa dell'interpretazione che viene data la pensione matura invece dopo due anni e un giorno”.
Questo significherebbe che la legge che regola lo scatto pensionistico per i parlamentari potrebbe essere soggetta ad interpretazione e di conseguenza raggirata.
Il gioco di interpretazioni scatterebbe facendo capo alle date: il 28 aprile 2006 è il giorno di insediamento del governo Prodi, dunque la scadenza dei due anni e un giorno cadrebbe il 29 aprile 2008.
Per legge, la prima seduta del nuovo Parlamento deve avvenire entro venti giorni dal voto: quindi, facendo due rapidi calcoli, se le elezioni fossero state indette per il 6 aprile, la convocazione del Parlamento sarebbe dovuta avvenire entro il 26 aprile, mentre, slittando di una settimana le elezioni, la data del 29 aprile sarebbe raggiunta e superata, portando dunque allo scatto della pensione parlamentare per i deputati della legislatura Prodi. Secondo Calderoli, per non creare disuguaglianze, il Senato si uniformerebbe alla Camera nell’interpretazione dei due anni e un giorno.
Tuttavia, i questori di Camera e Senato avrebbero smentito l’interpretazione e l’accusa di Calderoli, affermando che la norma prevede lo scatto pensionistico a due anni, sei mesi e un giorno, dunque, nel caso del governo Prodi, il diritto sarebbe stato raggiunto solo se il governo fosse durato fino al 27 ottobre 2008. Se non rieletti, tali parlamentari non avrebbero dunque diritto all’assegno vitalizio.
Alle affermazioni dei questori, Calderoli avrebbe ribattuto quanto segue: “In riferimento alla smentita dei questori di Camera e Senato rispetto a quanto da me prima evidenziato preciso che le mie osservazioni erano relative alla sola Camera dei deputati e, fatto salvo quanto scritto nella normativa vigente che conosciamo bene, a questo punto sarebbe altrettanto auspicabile una smentita da parte dei questori della Camera anche sulla notizia fortemente circolata e trapelata dall'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati, notizia secondo cui, per superare la sperequazione tra il parlamentare alla prima legislatura non più eletto rispetto all'equivalente però rieletto, si fosse raggiunto un accordo trasversale tra le forze politiche per portare al prossimo Ufficio di Presidenza, magari da tenersi dopo le elezioni politiche, una norma interpretativa che equiparasse i due anni sei mesi e un giorno previsti dalla normativa vigente ai due anni e un giorno che casualmente coincidono al minuto con la data della prima convocazione della Camera.
Sarebbe interessante altresì che gli stessi Questori smentissero che, sempre in base a quella norma interpretativa che avrebbe dovuto assumere l'Ufficio di Presidenza, in caso di scioglimento anticipato, il giorno in più rispetto ai primi due anni sarebbe stato fatto valere come 181 giorni di mandato svolti, per poter dare in questo modo un assegno di fine mandato equivalente a tre anni e non a due anni. – E aggiunge - Se proprio vogliamo dircela tutta, dopo che qualcuno si è fatto grande con il fatto che alla Camera i 300 euro di aumento mensili, diversamente dal Senato, sarebbero stati bloccati, faccio notare che gli stessi sono stati congelati e, pertanto, quei 300 euro di aumento entreranno tranquillamente nella tasche di tutti i deputati con gli arretrati alla conclusione del loro mandato. Se vogliono smentire anche quest'ultima osservazione sono pronto a fare mea culpa ma resto convinto che senza questo mio sasso tirato le cose sarebbero andate ben diversamente”.
Le affermazioni di Calderoli sono sicuramente molto forti e, nonostante la smentita dei questori di Camera e Senato circa il raggiro sulla data per le elezioni, riportano prepotentemente alla questione delle sproporzionate e ingiuste pensioni dei parlamentari, i quali possono godere di un vitalizio che va dai tremila ai diecimila euro lordi mensili, con l’opportunità di riscuotere l’assegno mensile dopo solamente cinque anni di mandato e cinquanta anni di età e usufruendo per giunta della possibilità di cumularvi ulteriori redditi o pensioni.
Questo è uno dei tanti privilegi dell’appartenere alla Casta politica: sorge spontaneo domandarsi se questi signori tutti, di destra o di sinistra non importa, provino qualche senso di colpa nel vedere persone che pagano i contributi per trentacinque o quaranta anni, smettendo di lavorare non prima dei sessanta anni di età per vedersi dare dallo Stato una pensione da fame che non consente loro nemmeno di arrivare alla fine del mese.
E sorge spontaneo chiedersi se dietro a tutti i loro slogan e alle loro belle parole ci sia una minima idea sul dove iniziare per mettere ordine nell’economia e nella società italiana: se questa idea proprio non ce la dovessero avere, milioni di cittadini sarebbero pronti a suggerirla.