Subsonica, Panama e core

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killing zoe
00mercoledì 30 novembre 2011 08:16
C’è una nuova, straordinaria band in circolazione. Non perdetevela. La «big new thing» si chiama Subsonica. Il nome vi dice qualcosa? Beh, scordatela. Ciò che sta andando in giro per i teatri d’Italia è qualcosa di completamente differente. Dimenticate tutto ciò che avete accumulato nel vostro immaginario, negli ultimi quindici anni, a proposito di quel gruppo elettropop di Torino che riempie i palazzetti con show molto techno che mandano fuori di melone i ragazzi e un po’ spaventano gli adulti perché, detto alla Conte, «non si capisce il motivo».
Dopo quindici anni elettrici ed elettrizzanti, i Subsonica per la prima volta si mostrano senza pudore nella loro natura più intima e vera di musicisti capaci di spezzarti l’anima con due accordi di pianoforte e chitarra. Perché i Subsonica, semmai non ve ne foste accorti, sono musicisti straordinari. Ma se avete passato l’età dell’innocenza, e nella vostra ormai lunga vita siete cresciuti a pane e cantautori, o vi portate dentro una canzone, o un blues da piangere, la cosa potrebbe esservi sfuggita. Perché nei palazzetti la musica Subsonica è possente e ti travolge, però è musica a due dimensioni: non c’è il singolo, bensì il collettivo, filtrato dalle macchine. E quello è il suono della contemporaneità: però non è tutto, però non basta. Per capire quanto vale un musicista bisogna ascoltarlo in acustico, a teatro, dove non c’è trucco e non c’è inganno, e chi vale vale, e chi non vale va a fondo.
I Subsonica valgono: e se non ci credete, acchiappate al volo uno dei concerti del loro primo tour teatrale, e acustico (beh, quasi acustico, qualche chitarra amplificata ci sta, come ci sta l’I-pad che Boosta trasforma in uno strumento musicale...). Un tour partito venerdì dal teatro Alfieri di Asti, e che tocca dieci città.
L’altra sera, prima di salire sul palco, Max Casacci, leader subsonico, ricordava il passato remoto, uno dei primi concerti della neonata band, «nel 1997, qui ad Asti, in una specie di giardinetto, davanti a quattro gatti». Molto tempo, e molta gloria, sono passati da quel dì. E fa una strana impressione vederli oggi, i cinque campioni da palasport, suonare seduti, davanti a un pubblico seduto, poltrone di velluto e stucchi dorati; ma ancora più strana è l’impressione che fanno le canzoni che i cinque reinventano, mostrandone la scarna bellezza, rivelandone l’armonia profonda che le governa, esaltandone i testi che per la prima volta diventano cruciali, e gli accordi d’alta scuola che i giovani in platea riconoscono e amano pur spogliati degli orpelli elettrici, mentre i diversamente giovani scoprono forse per la prima volta comuni radici con una band d’altra generazione.
In teatro la musica dei Subsonica ritrova la terza dimensione: ogni virtuosismo ne esce esaltato, apprezzi il pianismo alla Billy Preston di Boosta, le eleganze alla Robert Fripp di Max, la precisa eleganza di Vicio e Ninja. E Samuel, clamoroso in barba quasi brizzolata e Panama bianco (sul furgone, a notte fonda, si svilupperà poi un acceso dibattito se possa esistere un Panama non bianco), si conferma tra le voci più potenti e complete dalla musica italiana: ascoltatelo su Quando , e dite se non è all’altezza dei classici crooner degli Anni Cinquanta e Sessanta.
E’ uno show delle meraviglie. La cover di Mellow Mood , omaggio a Bob Marley e alle radici reggae di Max, vale da sola il prezzo del biglietto: il resto, gli altri diciannove brani in scaletta, è omaggio, da un’ Aurora sogna (aka «Microchip emozionale») con un esordio quasi psychobilly, a una Istrice degna di figurare tra le migliori canzoni italiane degli ultimi vent’anni; per non dire dello spettacolo nello spettacolo offerto dal cazzeggio sornione con cui Boosta infioretta la serata.
Domani sera sono a Napoli, il 29 ad Ascoli, il 30 a Cremona, il 2 dicembre a Grosseto, il 3 a Montecatini, il 4 a Latina, il 6 ad Ancona, il 7 a Pescara, il 9 a Matera e il 10 a Brindisi. Se siete in zona, andate ad ascoltarli. Satisfaction guaranteed.



di Gabriele Ferraris
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