Sugli abusi sessuali subiti da suore a opera di sacerdoti e missionari (lungo)

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Nikki72
00sabato 2 febbraio 2008 19:29
Il pezzo è tratto dal libro "Fumo di Satana in Vaticano" del 2001:





Datato febbraio 1995, scritto in lingua inglese e firmato da un'autorevole Suora-dottoressa delle Medico missionarie di Maria, il rapporto trattava di preti colpiti da Aids, ma soprattutto denunciava il diffondersi delle violenze sessuali subìte da suore a opera di sacerdoti e missionari. Scriveva la religiosa:

"Attualmente l’Aids sta colpendo preti e religiosi in diversi Paesi. In uno, per esempio, su un totale di meno di 320 preti diocesani, tre sono morti per malattie legate all’Aids, altri 4 sono in fase terminale, e altri 12 sono sieropositivi. Queste cifre rappresentano un tasso di contagio pari al 13 per cento fra il clero diocesano in quello specifico Paese. In un altro Paese, 16 membri di una Congregazione religiosa sono morti di Aids. E' ovvio che queste situazioni non vengono discusse apertamente, ma le cifre dimostrano una tendenza allarmante. Una iniziale proposta di molti vescovi e superiori religiosi è stata quella di introdurre il test Hiv per tutti i candidati ai seminari e alla vita religiosa. Se scelte di questo tipo pongono problemi relativi ai diritti umani, alla giustizia e alla pastorale, non sono comunque in grado di affrontare il problema dei preti e dei religiosi che sono già sieropositivi o che potrebbero diventarlo in futuro. Nelle diocesi e nelle comunità religiose si sono avute reazioni positive e negative verso quei preti e religiosi di cui è già nota la sieropositività o la conclamazione della malattia. Un superiore provinciale ha invitato un membro della sua comunità malato di Aids a vivere presso la Casa provinciale, e i confratelli si sono presi cura di lui fino alla sua morte. Un altro prete malato di Aids e ricoverato in un ospedale per diversi mesi è stato invece ignorato dal suo vescovo e dai preti suoi confratelli; quando alla fine è morto, il vescovo si è recato con un furgoncino aperto per ritirarne il corpo, ma la responsabile dell’ospedale si è rifiutata di consegnarglielo finché non fosse disponibile una bara. [...]

L’intricata combinazione di diversi fattori nel tessuto dell’odierna società, come l’inferiorità delle donne in alcune regioni del mondo, incoraggia lo sfruttamento. In alcune culture, per esempio, c’è il legittimo ricorso alla punizione fisica, e c’è la pretesa di una obbedienza assoluta da parte delle giovani verso qualsiasi "figura di potere” tradizionale. Questo implicitamente giustifica la violenza, la sottomissione agli adulti, e inoltre perpetua nelle donne un senso di impotenza e vulnerabilità. E' noto che gli autisti di camion e altri uomini, obbligati a starsene lontani da casa e dalla famiglia per periodi piuttosto lunghi, hanno relazioni con delle prostitute. Questo, in alcune società, è culturalmente accettato per gli uomini, che siano sposati o meno. Per via della maggiore conoscenza dell’Hiv-Aids, costoro hanno cominciato a considerare le prostitute come una categoria ad alto rischio di contagio. Così molti, invece di frequentare bordelli, si sono indirizzati verso ragazze delle scuole superiori, considerate “sicure”, per la loro giovane età. Tra le adolescenti l’incidenza delle gravidanze è cresciuta vertiginosamente in alcuni Paesi, cosi come l’incidenza dell’Hiv e di altre malattie trasmesse sessualmente. Le religiose sono un’altra categoria identificata come “sicura" per l’attività sessuale. Numerose religiose hanno denunciato abusi da parte dei loro professori e insegnanti, e molestie sessuali da parte di altri uomini in generale. Purtroppo, le suore denunciano che anche i preti le hanno sfruttate sessualmente perché anche loro erano arrivati a temere il contagio dell’Aids dal rapporto sessuale con prostitute e altre donne “a rischio”. In un dato Paese, per esempio, la Superiora di una comunità religiosa è stata avvicinata da preti i quali chiedevano che le suore fossero messe a loro disposizione per favori sessuali; al rifiuto della Superiora, i preti hanno spiegato che, diversamente, sarebbero stati costretti a recarsi al villaggio per trovare le donne esponendosi così al rischio del contagio.

Attraverso le confidenze che molte religiose mi hanno fatto nel corso delle mie visite, sono venuta a conoscenza di questioni più allarmanti di quelle fin qui delineate. Questioni che rivelano modelli di comportamento rispetto ai quali sono stata molto riluttante ad accettare come autentiche: la mia reazione iniziale è stata di shock e di incredulità, di fronte alla vastità del problema di cui venivo messa a parte. Le informazioni riguardano lo sfruttamento di religiose e di altre donne da parte di preti, e provengono da missionari (uomini e donne), da preti, da medici e da altri membri attendibili della famiglia ecclesiale. Mi è stato garantito che esistono prove documentali per molti dei casi più avanti descritti e che tali informazioni non si basano solo su voci. Queste prove mi hanno provocato grave preoccupazione per il loro potenziale impatto sulla comunità ecclesiale - la gerarchia, il clero, i religiosi e i laici -come anche sui singoli e sulle famiglie coinvolte. Spero che queste informazioni forniscano un quadro di quanto sta accadendo, e che di conseguenza inducano a un’azione appropriata, specialmente da parte di coloro i quali sono ai vertici della Chiesa e di coloro i quali sono responsabili della formazione. Prima di fornire i dettagli, è importante sottolineare che quanto viene qui presentato è un comportamento non generalizzato, e tuttavia così reiterato da essere diventato consueto. Non riguarda un solo Paese o continente, né un gruppo specifico o tutta la società: gli esempi che seguono derivano dall’esperienza di sei anni, e riguardano casi successi in 23 Paesi dei cinque continenti, cioè Botswana, Burundi, Brasile, Colombia, Filippine, Ghana, India, Irlanda, Italia, Kenya, Lesotho, Malawi, Nigeria, Papua Nuova Guinea, Sudafrica, Sierra Leone, Stati Uniti d’America, Tanzania, Tonga, Uganda, Zambia, Zaire, Zimbabwe.
1) Si sa che numerosi preti, e perfino membri della gerarchia, hanno abusato del loro potere e tradito la fiducia in loro riposta intrattenendo relazioni sessuali con religiose basate sullo sfruttamento. Alcuni esempi si riferivano a candidate alla vita religiosa che dovevano fornire prestazioni sessuali a preti per ottenere i certificati e/o le referenze necessari.
2) In vari Paesi le religiose sono angosciate dalla prassi in base alla quale quando una suora rimane incinta deve lasciare la Congregazione, mentre il prete coinvolto può proseguire il suo ministero. Tale questione chiama in causa la giustizia sociale. La religiosa viene lasciata sola ad allevare il bambino formando così una famiglia monoparentale, spesso vilipesa e in condizioni sociali indigenti. Mi sono stati raccontati casi nei quali queste donne, in diversi Paesi, erano obbligate a diventare seconda o terza moglie in una famiglia, per aver perso il loro status nella cultura locale. L’alternativa, ai fini della sopravvivenza, è di andare "sulla strada”, come prostitute, esponendosi, se non già infette, al rischio del contagio Hiv.
3) Le Superiore generali che ho incontrato erano gravemente preoccupate per le molestie che le religiose stavano subendo da parte dei preti in alcune aree. La Superiora di una Congregazione diocesana dove molte delle sorelle erano state messe incinte da preti, non è riuscita a individuare una soluzione appropriata. Un’altra Congregazione diocesana ha dovuto allontanare più di venti suore a causa della gravidanza provocata anche qui, in molti casi, da preti.
4) Alcuni preti spingono le suore a usare contraccettivi inducendole a ritenere che la pillola eviti il contagio dell’Aids. Altri hanno invece incoraggiato le suore con cui avevano avuto una relazione ad abortire. Alcuni medici cattolici in ospedali cattolici hanno riferito di aver subìto pressioni da parte di preti per procurare l’aborto alle religiose nei loro ospedali.
5) Gruppi di religiose di Congregazioni locali hanno rivolto accorati appelli di aiuto a membri di Congregazioni internazionali spiegando che, quando si rivolgono alle autorità della Chiesa denunciando le molestie da parte dei preti, semplicemente “non vengono ascoltate”. In un altro caso, dopo che 29 religiose di una Congregazione diocesana erano state messe incinte da preti della diocesi, la Superiora generale ha reclamato presso l’Arcivescovo; poco tempo dopo, lei e le sue consigliere sono state destituite dall’Arcivescovo, il quale ha comunicato al Nunzio la nomina di un gruppo di sostitute, senza che ciò suscitasse alcuna reazione, mentre le suore denuncianti stanno ancora aspettando una risposta da parte delle più alte autorità ecclesiastiche. Nel frattempo, la Superiora generale e il consiglio, nominati in violazione alle costituzioni della Congregazione, amministrano la Congregazione stessa.
6) In un ristretto numero di Paesi, membri di consigli parrocchiali e di piccole comunità cristiane stanno ricusando i loro Pastori per le relazioni che questi intrattengono con donne e ragazze in generale. Alcune di queste donne sono le mogli dei parrocchiani. In questi casi, i mariti, sebbene in collera per ciò che accade, sono a disagio nell’affrontare il loro parroco. E' risaputo che alcuni preti hanno relazioni con più donne e hanno figli da più di una relazione. Alcuni laici mi hanno confidato le loro preoccupazioni in merito, affermando che aspettano il giorno in cui avranno le “omelie dialogate”: nelle loro intenzioni, ciò gli darà l’occasione di mettere alla prova certi preti sulla sincerità della loro predicazione e sulla loro apparente doppia morale. In un Paese che ho visitato mi è stato riferito che il presbiterio di una determinata parrocchia è stato minacciato da parrocchiani armati di fucili, adirati con i preti per il loro abuso di potere e il tradimento della fiducia che le loro azioni e il loro stile di vita rifletteva.
7) In un altro Paese, una ragazza da poco convertita dall’Islam (divenuta cristiana insieme alla sorella) è stata accettata come candidata presso una Congregazione religiosa locale. Quando si è recata dal suo parroco per i certificati necessari, ha subìto uno stupro da parte del prete prima che le fosse consegnato quanto chiedeva. Essendo stata ripudiata dalla famiglia per la sua conversione al cristianesimo, non si è sentita libera di tornare a casa; così è tornata alla Congregazione, ma molto presto si è accorta di essere incinta. A suo dire, la sola possibilità che aveva era quella di lasciare la Congregazione senza spiegarne il motivo. Così ha trascorso dieci giorni vagabondando nella foresta, torturandosi sulla scelta da fare; alla fine ha deciso di andare a parlarne al Vescovo, il quale ha convocato il prete; questi ha ammesso la colpa, e il Vescovo gli ha ordinato un ritiro di due settimane.
8) Fin dagli anni Ottanta, in numerosi Paesi le religiose rifiutano di viaggiare da sole con un prete, in macchina, per paura di molestie o perfino di stupri. In determinate occasioni, alcuni preti hanno anche abusato della loro posizione e del loro ruolo di pastori e direttori spirituali, e hanno utilizzato la loro autorità per ottenere prestazioni sessuali da parte di religiose. In un Paese, alcune Superiore religiose hanno dovuto chiedere al Vescovo o ai Superiori religiosi di rimuovere cappellani e direttori spirituali dopo che essi avevano abusato di suore.

La prima conseguenza di questi abusi va individuata nel dolore fisico, emotivo e spirituale immediato delle vittime. Altri effetti sono la delusione e il cinismo sia nelle vittime sia negli altri membri della comunità - il fondamento della loro fede viene improvvisamente sconvolto. Molte di queste suore provengono da famiglie dove l’ingresso in una Congregazione religiosa è culturalmente inaccettabile e perciò vengono sottoposte a una grande pressione perché desistano. Esse si domandano perché il celibato debba essere proclamato in modo così perentorio dalle stesse persone che poi praticano lo sfruttamento sessuale - un atteggiamento che viene visto come ipocrita, o almeno come l’affermarsi di una doppia morale. Si sta gradualmente comprendendo come le ferite, la delusione e le ingiustizie sociali vissute debbano essere portate alla luce e condivise. Questi temi devono essere affrontati con delicatezza e con l’appoggio della comunità di appartenenza e delle consorelle; in tal modo, le singole persone sono sostenute e assistite nell’affrontare queste situazioni. Si spera che il risultato non sia l’erosione della loro fede, ma che le vittime vengano aiutate a sviluppare una fede veramente adulta che trascenda la dipendenza dai, e il tradimento dei, consiglieri e direttori spirituali e di altre figure di autorità. E' ugualmente importante sottolineare come in molti Paesi siano state date alcune risposte molto creative e positive al fine della prevenzione. In alcune diocesi visitate tutti i preti si riuniscono regolarmente per la riflessione, la preghiera e il dialogo. Il clero di alcune diocesi ha organizzato una serie di seminari sull’Hiv-Aids; questi seminari proseguono, e vengono attualmente organizzati in collaborazione con la Conferenza delle religiose. La nostra Conferenza religiosa nazionale ha in programma un seminario di dieci giorni per le Superiore e per le responsabili della formazione nelle loro rispettive Congregazioni. Il seminario è focalizzato sui temi pastorali e sociali emergenti che riguardano in particolare le religiose e includono alcune delle questioni sopra delineate. Nello stesso Paese è stata richiesta l’organizzazione di seminari su temi analoghi per l’associazione dei preti diocesani. [...]

Possibili misure per il futuro - E' necessario non soltanto analizzare queste tragiche situazioni, ma anche progettare una risposta attiva, che potrebbe includere:
- la promozione di una crescita integrale del clero, dei religiosi e dei laici;
- la priorità alla formazione dei leader;
- l’offerta di assistenza spirituale, psicologica e sociale alle vittime e ai responsabili degli abusi;
- la garanzia di efficaci procedure per accrescere la consapevolezza, e rendere conto di casi di abuso esistenti e potenziali, e affrontarli;
- l’offerta di un adeguato appoggio a coloro che hanno bisogno di aiuto per affrontare gravi problemi psico-sociali. [...]

[...]

La religiosa, Superiora generale delle Suore missionarie di Nostra Signora d’Africa, nonché Reverenda del Consiglio per i rapporti tra la Congregazione e le unioni internazionali dei Superiori e delle Superiori generali, presentò un rapporto intitolato Il problema dell’abuso sessuale delle religiose africane in Africa e a Roma. Datato novembre 1998, il rapporto era di competenza della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, dicastero governato da Sua Eminenza il Prefetto di lungo corso all’ombra dell’Opus Dei. "Questo intervento si riferisce principalmente all’Africa e a suore, preti e vescovi africani", premetteva la Reverenda, ma precisava tuttavia che le questioni trattate non erano esclusivamente africane in quanto "sappiamo che il problema esiste anche altrove". E proseguiva:

"Siamo consapevoli e grati dell’immenso bene che è stato ed è tuttora compiuto dal clero e dai religiosi della Chiesa africana, i quali conducono una vita integra e evangelicamente fruttuosa. Non c’è bisogno di ricordare quei preti, vescovi e religiosi che in anni recenti hanno versato in Africa il loro sangue per la causa di Cristo e per le persone affidate alle loro cure. E' precisamente a causa del nostro amore per la Chiesa e per l’Africa che ci sentiamo così afflitti dal problema che qui esponiamo. Si potrebbero raccontare molte storie inquietanti. Tuttavia, poiché tutti qui sanno che questo problema esiste e che, nonostante moltissimi tentativi di migliorare la situazione, sembra che essa stia invece peggiorando, esporrò il problema in forma molto breve e concisa. Poi cercherò di spiegare quali sono le cause principali.
1. Viene diffusamente affermata l’esistenza di molestie sessuali e perfino di stupri da parte di preti e vescovi nei confronti di suore. Quando una suora viene messa incinta, il prete insiste perché abortisca. Di solito la suora viene allontanata dalla sua Congregazione, mentre spesso il prete viene solamente trasferito in un’altra parrocchia, o inviato a studiare.
2. Molte suore diventano nei fatti economicamente dipendenti da preti i quali talvolta pretendono di avere in cambio prestazioni sessuali.
3. Talvolta i preti sfruttano il proprio ruolo di direttori spirituali e di ministri del sacramento della Riconciliazione per chiedere prestazioni sessuali.

In molti Paesi celibato e castità non costituiscono un valore. In alcuni Paesi per una giovane donna istruita il matrimonio può non essere una scelta possibile, perché “il prezzo della sposa” è troppo alto. La vita religiosa può offrire una scelta alternativa: ma in tal caso sarebbe realmente una scelta di vita casta e celibe? La posizione di inferiorità delle donne nella società e nella Chiesa è un altro fattore da considerare. Sembra che per una suora sia impossibile rifiutarsi a un prete che chiede prestazioni sessuali: ella infatti è stata educata a considerare se stessa inferiore, a essere servizievole e a obbedire, perfino al suo fratello minore. E' allora comprensibile che una suora trovi impossibile negarsi a un ecclesiastico che chiede prestazioni sessuali. Questi uomini sono visti come "autorità” cui bisogna ubbidire. Inoltre, di solito i preti sono più istruiti e hanno ricevuto una formazione teologica più avanzata rispetto alle suore. Potrebbero usare false argomentazioni teologiche per giustificare le loro pretese e il loro comportamento. Le suore si impressionano facilmente di fronte a questi argomenti - uno di essi suona così: “Siamo entrambi celibi consacrati. Ciò
significa che abbiamo promesso di non sposarci. Tuttavia possiamo avere fra noi rapporti sessuali senza per questo rompere i nostri voti”. La malattia pandemica dell’Aids ha comportato che le suore, oggi più di prima, sono ricercate dai preti perché si pensa che siano "sicure”. Situazione economica: molte congregazioni femminili faticano a reperire soldi sufficienti per badare alle consorelle e per istruirle. Spesso alle suore che lavorano per una diocesi non viene loro pagato un giusto salario. Da quelle che vengono inviate all’estero per studiare ci si aspetta talvolta che mandino soldi alle loro congregazioni e alle famiglie a casa. In alcuni Paesi fuori dall’Africa, come gli Stati Uniti, le sorelle africane vengono sfruttate, con magri salari e assicurazione sanitaria inadeguata, per svolgere ministeri tradizionali, come ad esempio quello di catechiste, che sono stati abbandonati dalle Congregazioni statunitensi. Scarsa comprensione della vita consacrata: vescovi, preti, laici, e le stesse suore, non comprendono in maniera adeguata la vita religiosa, né il significato dei voti, né i carismi specifici di ogni Istituto. Reclutamento di aspiranti da parte di Congregazioni prive di una sufficiente presenza in un determinato Paese, e che non hanno sufficiente conoscenza di una determinata cultura: talvolta i preti contribuiscono a questa azione di reclutamento. Le suore studentesse mandate all’estero, a Roma (e altrove in Europa e negli Stati Uniti) a studiare, spesso hanno particolari problemi, come quello di trovare un alloggio adeguato. Mentre a seminaristi e preti vengono offerti residence, molto meno viene fatto per le suore. Le suore inviate a studiare fuori dai loro Paesi sono spesso troppo giovani e/o immature: mancano di guida, di sostegno e in molti casi di una solida formazione religiosa. Molte suore mancano anche della base necessaria per intraprendere ulteriori studi o, talvolta, hanno una conoscenza insufficiente della lingua nella quale devono studiare; spesso queste suore si rivolgono a seminaristi e preti per un aiuto nello scrivere tesine, e le prestazioni sessuali talvolta sono il pagamento per un tale aiuto. Non intendo con questo sostenere che solo i preti e i vescovi siano da accusare e che le suore siano semplicemente le loro vittime - no, può essere che le suore talvolta siano fin troppo consenzienti, oppure ingenue. [...] A marzo di quest’anno ho fatto una relazione ai Vescovi della Commissione permanente del Simposio delle Conferenze Episcopali d’Africa e del Madagascar sui "Problemi che si pongono alle Congregazioni religiose”. La violenza sessuale nei confronti delle suore era uno dei principali problemi proposti. Poiché la maggior parte di quello che presentavo era basato su relazioni provenienti da congregazioni diocesane e dalle Conferenze delle Superiore Maggiori in Africa, ero convintissima dell’autenticità di quanto andavo dicendo. Ma i vescovi presenti avvertirono come sleale da parte delle suore l'aver diffuso tali relazioni fuori dalla loro diocesi, dissero che le suore in questione avrebbero dovuto rivolgersi al loro vescovo diocesano per questi problemi. Naturalmente, questo sarebbe stato e sarebbe l’ideale. Tuttavia le suore sostengono di averlo tentato ripetutamente: talvolta non sono state ben accolte, in alcuni casi sono state accusate per quanto era successo. Ma anche quando vengono ascoltate con comprensione, non sembra che venga fatto alcunché. In questi ultimi anni, durante alcune sedute ufficiali e ufficiose, i Superiori generali a Roma hanno ascoltato e si sono scambiati resoconti di violenze sessuali. Sembra che sia arrivato il momento di un’azione concertata. Pensiamo che questo possa essere fatto al meglio aiutandosi reciprocamente a sviluppare delle politiche mirate ad affrontare i problemi prima e dopo il loro insorgere".

La Reverenda, infine, parlava anche di silenzio: denunciava "la cospirazione del silenzio che avvolge questo argomento", e ammoniva: "Solo se saremo in grado di affrontarlo insieme onestamente saremo in grado di trovare delle soluzioni". Ma il silenzio vaticano continuò a cospirare, come se niente fosse stato. Il Prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica era troppo impegnato a colpire con gli strali vaticani i preti sposati che davano pubblico scandalo, per potersi occupare di semplici suore missionarie molestate e stuprate in gran segreto.

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