The Economist

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Etrusco
00venerdì 10 giugno 2011 00:11
l’Italia e ciò che ci ha fottuto.

L’Economist, l’Italia di Berlusconi e ciò che ci ha fottuto.

InEconomia su giugno 9, 2011 a 10:00 pm


Nel lungo rapporto dell’Economist sull’Italia di Silvio Berlusconi intitolato «L’uomo che ha fottuto un intero Paese», non mi aspettavo di trovare, tra le conclusioni, questo argomento:

«Attribuire [a Berlusconi] troppe lodi o colpe per lo Stato in cui versa oggi l’Italia significa esagerare il potere di un uomo, perfino quello di un miliardario che ha usato i suoi soldi per creare il suo partito politico, raggiungere la carica elettiva più alta del Paese e poi usarla per preservare i propri interessi. Se l’Italia è un paziente con alcune precise lamentele, Berlusconi è più il sintomo che la causa».

Se davvero questa è la valutazione complessiva del settimanale, più corretto (o meglio, ugualmente scorretto) sarebbe stato titolare «Un intero Paese che ha fottuto se stesso». A meno che non si pensi che a uccidere siano i sintomi. E che per salvarsi, basti rimuovere questi ultimi, e non ciò che li scatena.

Invece si legge che «soltanto Zimbabwe e Haiti hanno avuto un Pil più basso dell’Italia nella decade fino al 2010». Che il debito pubblico è al 120% del Pil. Che le tasse sono al 45,6% – ma per chi le paga, sono anche più alte. E ancora: che la giustizia non funziona, la scuola non è meritocratica, i giovani non hanno lavoro, le Caste restano tali e delle liberalizzazioni promesse non si è vista l’ombra.

Insomma, una lunga sequela di sintomi (e nemmeno particolarmente sconosciuti, anzi). E la malattia? Perché non cresciamo? Perché non si riesce ad ammodernare il Paese? L’Economist cerca di tenere insieme i due piani: da un lato l’incapacità di Berlusconi, troppo impegnato a fare i propri interessi per curarsi davvero del Paese e dunque sempre più unfit to lead Italy; dall’altro i nostri difetti endemici. Lo scarso rispetto della legge, l’egoismo, la furbizia. Che perpetuano evasione fiscale e corruzione, ammazzano la meritocrazia e i tentativi di riforma.

Perché Berlusconi ha indubbiamente fallito, a partire dal fisco e dalla giustizia. Ma, parafrasando l’Economist, non è stato soltanto lui a fotterci:

«l’Italia è una foresta selvaggia di piccoli privilegi, rendite e chiusure. Ciascuna ha il suo gruppo di pressione; insieme cospirano per rendere le riforme pressocché impossibili».

Quanto alla giustizia, «riformare le corti è impossibile», scrive il settimanale, «perché le ragioni di tutti sono discutibili». Anche quelle degli ex magistrati che fanno politica, come Antonio Di Pietro. «I giudici», infatti, «perfino quando hanno combattuto la corruzione politica, non dovrebbero diventare politici».

Lungi da me dunque mettere in discussione la bontà dei tre motivi principali che spingono l’Economist a bocciare sonoramente la vicenda politica del Cavaliere. Ossia il giudizio dal punto di vista istituzionale (prima che giudiziario) sul Rubygate; l’essere Silvio sfuggito alla legge cambiandola a suo uso e consumo; e soprattutto la sua radicale incapacità (che diventa «disinteresse») a comprendere e migliorare la situazione economica del Paese. Tuttavia forse, questa volta, i titolisti hanno voluto calcare un po’ la mano, anche a costo della fedeltà al messaggio, ben consci dell’effetto che avrebbe avuto. E questo, caro Economist, ti rende tanto, troppo simile a ciò che ci ha fottuto.

Lo speciale dell’Economist:

Etrusco
00venerdì 10 giugno 2011 13:33

IL NUOVO RAPPORTO SULL'ITALIA

The Economist: «Berlusconi, l'uomo
che ha fregato un intero Paese
»

Per il settimanale britannico «serve un cambio di governo per tornare a crescere». 8 anni fa definì il Cavaliere «inadatto a governare»

 

The Economist:«The man who screwed an entire country» l' uomo che ha fottuto un intero Paese». L'Economist torna a criticare Silvio Berlusconi bocciandone senza appello la politica di governo. Il Presidente del Consiglio italiano è tornato in copertina del settimanale britannico in uscita venerdì, a otto anni dal celeberrimo «unfit to lead Italy», inadatto a governare l'Italia, e a cinque dall'altrettanto polemico «E' tempo di licenziarlo». L'occasione di quest'ultima «cover story» è la pubblicazione di uno speciale di 16 pagine sull'Italia realizzato per l'anniversario dei 150 anni. L'analisi di John Prideaux, autore del rapporto, lascia emergere un Paese fermo che paga con la «crescita zero» le mancate riforme. «L'Italia ha tutte le cose che le servono per ripartire, quello che serve è un cambio di governo».

L'EDITORIALE - «Nonostante i suoi successi personali Berlusconi si è rivelato 3 volte un disastro come leader nazionale», si legge nell'editoriale.

Il primo disastro è la «saga» del bunga bunga

e il secondo sono le vicende che hanno premier in Tribunale rispondere di frode, truffa contabile e corruzione. «I suoi difensori - spiega l'Economist - dicono che non è mai stato condannato ma questo non è vero. In molti casi si è arrivati a delle condanne ma queste sono state spazzate via» o per via della decorrenza dei termini o «in almeno 2 casi perchè Berlusconi stesso ha cambiato la legge a suo favore».

«Ma il terzo difetto è di gran lunga il peggiore - continua l'Economist - e questo è il totale disinteresse per la condizione economica del paese. Forse perchè distratto dai suoi problemi legali, in 9 anni come primo ministro non è stato in grado di trovare un rimedio o quanto meno di ammettere lo stato di grave debolezza economica dell'Italia. Il risultato è che si lascerà alle spalle un paese in grave difficoltà. La malattia dell'Italia non è quelle di tipo acuto; si tratta piuttosto di una malattia cronica, che pian piano mangia via la vitalità». Se fino ad ora, «grazie alla linea del rigore fiscale imposta dal ministro delle finanze Giulio Tremonti» l'Italia è riuscita e evitare di diventare la nuova vittima della speculazione dei mercati, questo non significa che la linea di credito sia infinita. Un'Italia stagnante e non riformata, con un debito pubblico ancorato attorno al 120% del pil, si ritroverebbe così esposta come il vero problema dell'eurozona. Il colpevole? «Berlusconi, che non ci sono dubbi, continuerebbe a sorridere» conclude l'Economist.

 

                       

IL RAPPORTO - «Non farò l'errore di predire la fine di Berlusconi - ha detto l'analista incontrando la stampa a Milano - ma arrivando qui, parlando con le persone si inizia a sentire un'aria nuova, la fine di un'era».«L'Italia ha un problema di produttività, ha bisogno di alcune riforme. Se guardiamo agli ultimi dieci anni e più, dimenticando tutti gli scandali, lo scontro con i magistrati, il problema è c'è stato un disastro da un punto di vista economico. Berlusconi è arrivato al potere con l'idea di essere un imprenditore di successo in grado di fare le riforme economiche, ma poi non le ha fatte» e il Paese «ha sprecato» tempo prezioso. 

BASSA CRESCITA - Il nostro Paese ha avuto il «più basso tasso di crescita di tutti gli altri Paesi del mondo occidentale. Tra il 2000 e il 2010, il Pil italiano è cresciuto in media dello 0,25% all'anno, una dato allarmante - scrive l'Economist - migliore solo rispetto a quello di Haiti o dello Zimbawe». E nonostate l'Italia «abbia saputo evitare il peggio durante la recente crisi finanziaria globale, non ci sono segnali di una possibile inversione di tendenza».

GERONTOCRAZIA - Nonostante i problemi che appaiono per lo più legati alla fase politica, l'Italia resta un «Paese civilizzato, ricco, senza conflitti». Il «successore di Berlusconi potrebbe introdure alcuni immediati miglioramenti con poco sforzo» e dovrà sicuramente metter mano alla legislazione sul lavoro «che favorisce gli anziani». L'Italia è afflitta tra le altre cose da una «gerontocrazia istituzionalizzata» che rende difficile ai giovani costruirsi una carriera. Tanto che dobbiamo porci il problema di come «richiamare migliaia di giovani di talento che sono emigrati e potrebbero avere un impatto positivo per il Paese».

Paola Pica per il Corriere della Sera
09 giugno 2011
(ultima modifica: 10 giugno 2011)© RIPRODUZIONE RISERVATA


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