Tour al via, Lance in resta

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Asgeir Mickelson
00sabato 5 luglio 2003 14:33
PARIGI, 4 luglio 2003 - Lassù, in alto, un puntino quasi invisibile e irraggiungibile, c'è lui, il texano, il cowboy, il Cannibale formato moderno: sua maestà Lance Armstrong, a caccia del quinto Tour consecutivo, impresa riuscita solo a Miguel Indurain dal '91 al '95 e, in anni alterni, ad Anquetil tra il '57 e il '64, Merckx ('69-74) e Hinault ('78-85). Più giù, parecchio più giù, pedalano, un po' arrancando, gli Ullrich, i Beloki, i Botero, gli Hamilton, i Simoni, i Garzelli, i Vinokourov, i giovani Mayo e Basso: tutti o quasi aspiranti al podio, e pure capaci di salirci. Il problema è vedere su quale gradino. Difficile, quasi impossibile, che sia il primo, e non solo per la forza dell'americano e della tradizione recente del Tour, ma anche per i compagni su cui Armstrong può contare, da Heras in giù, e per i limiti che i suoi avversari hanno palesato in questi anni (Ullrich, Botero, Beloki) o gli interrogativi sulle loro reali possibilità nel primo confronto con lo schiacciasassi a stelle e strisce (Simoni, Mayo).

Tremilaquattrocentoventisette e mezzo i chilometri complessivi, suddivisi in un prologo a cronometro disegnato a Parigi e con partenza dalla Torre Eiffel di 6 km e mezzo e in 20 tappe: ecco il 90° Tour, quello del Centenario (prima edizione vinta da Garin nel 1903). C'è ancora una crono a squadre di 69 km nella 4ª frazione e due altre prove contro il tempo individuali, nella 12ª e nella 19ª tappa, lunghe rispettivamente 47 e 49, per un totale di 165 km da pedalare sotto l'occhio delle lancette, più o meno gli stessi dell'anno scorso. E poi, ancora, 10 tappe di pianura e 7 di montagna, sulla falsariga dello scorso anno, ma con soli 3 arrivi in salita (Alpe d'Huez, 8ª tappa, Ax-Bonascre, 13ª Luz-Ardiden, 15ª), rispetto ai 5 del 2002. Due i giorni di riposo, il 16 e il 22 luglio, dopo la decima e prima della sedicesima e ultima tappa d'altura, da Pau a Bayonne, con il Soudet, il Larrau e il Bagargui.

Rispetto all'ultima edizione si tornano a scalare prima le Alpi e poi i Pirenei, con le asperità che iniziano il settimo giorno, con l'arrivo a Morzine dopo aver affrontato tra gli altri Portes e Col de la Ramaz. Ventiquattr'ore dopo si sale all'Alpe d'Huez, 14 km e 100 metri all'8% di pendenza media. Nella tappa successiva i corridori affronteranno l'Izoard. Il 18 luglio la prima vera crono individuale su percorso prevalentemente piatto dopo l'assaggio del prologo, e il 19 il secondo traguardo in salita di Ax Bonascre, dopo 9 km e 100 metri al 7,2%. Questa e le successive due tappe potrebbero decidere il Tour: si arriva infatti prima a Loudenvielle, ma dopo aver scalato fra l'altro Portet d'Aspet, Portillon e Peyresourde, e poi si sale a Luz-Ardiden, ultimo arrivo in alta quota. L'ultima settimana, la crono da Pornic a Nantes, ancora su tracciato appena ondulato, potrebbe mettere la parola fine alla corsa.

Ventidue le squadre iscritte, ciascuna composta da 9 corridori. Quattordici quelle invitate di diritto, sulla base della classifica Uci al termine del 2002, 4 attribuite dagli organizzatori a fine gennaio dopo la formazione delle nuove squadre e altre 4 assegnate a metà maggio ancora dall'organizzazione sulla base dei risultati ottenuti dalle società candidate fino a quel momento. Mancano Marco Pantani, dimesso dalla clinica dove era ricoverato proprio ieri, e, soprattutto, vista la sua maglia di campione del mondo, Mario Cipollini: un'assenza grave e ingiustificabile. Ma tant'è, il Tour sopravvive alle piccole prepotenze e alle polemiche: alla fine, quella maglia gialla abbaglia corridori e critici.
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