Uomini di scienza e Fede religiosa

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Etrusco
00venerdì 13 aprile 2007 17:23
Charles Darwin



Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


L'opera di Darwin fu molto apprezzata dalla comunità scientifica.
Egli divenne membro della Royal Society nel 1839 (per la raccolta di informazioni effettuata durante il suo viaggio) e nel 1878 fu accolto anche dall'Academie des Sciences francese. Alla sua morte, avvenuta a Downe il 19 aprile del 1882, Darwin ricevette l'onore dei funerali di Stato e venne sepolto nell'Abbazia di Westminster, accanto a Newton.

Darwin e la fede cristiana

Charles Darwin discendeva da un ambiente anticonformista.
Sebbene vari membri della sua famiglia fossero liberi pensatori, apertamente privi di credenze religiose convenzionali, egli inizialmente non dubitò della verità letterale della Bibbia.
Frequentò una scuola anglicana, poi a Cambridge studiò teologia anglicana per diventare prete, ed era pienamente convinto dall'argomento teleologico di William Paley, secondo il quale il progetto della natura dimostrasse l'esistenza di Dio.
Tuttavia, le sue credenze cominciarono a cambiare durante il suo viaggio con l'HMS Beagle.
Mise in questione quello che vedeva, rimanendo perplesso, per esempio, di fronte al fatto che le belle creature degli abissi oceanici fossero state create dove nessuno le poteva vedere, e rabbrividendo alla vista di una vespa che paralizzava bruchi e li offriva come cibo vivo alle proprie larve;
considerò che quest'ultimo caso era in contraddizione con la visione di Paley di un progetto benefico.
Mentre era sul Beagle, Darwin era però rimasto ortodosso, e citava la Bibbia come un'autorità sulla morale, ma aveva cominciato a vedere la storia del Vecchio Testamento come falsa e inaffidabile.

Dopo il suo ritorno, investigò la trasmutazione delle specie.
Sapeva che i sui amici naturalisti ecclesiastici la ritenevano un'eresia bestiale, che minava le giustificazioni miracolose per l'ordine sociale,
e sapeva che tali idee rivoluzionarie erano sgradite specialmente in un momento in cui la posizione raggiunta dalla Chiesa anglicana era attaccata dai dissidenti radicali e dagli atei eterni dubbiosi.
Mentre stava sviluppando segretamente la sua teoria della selezione naturale, Darwin scrisse persino della religione come di una strategia di sopravvivenza tribale, sebbene credesse ancora che Dio fosse il legislatore ultimo.
La sua credenza continuò ad attenuarsi nel tempo, e infine, con la morte di sua figlia Annie nel 1851, Darwin perse tutta la fede nel cristianesimo.
Continuò a dare sostegno alla Chiesa locale e ad aiutare con il lavoro parrocchiale, ma
di domenica faceva una passeggiata mentre la sua famiglia andava a messa.
In età avanzata, quando gli venne chiesto delle sue convinzioni religiose, scrisse che non era mai stato un ateo nel senso di negare l'esistenza di un Dio, ma che in generale «"agnostico" sarebbe la più corretta descrizione del mio stato mentale».

Charles Darwin riferì nella sua biografia di suo nonno Erasmus Darwin,
di come venissero fatte circolare delle storie false che sostenevano che Erasmus avesse invocato Gesù sul letto di morte.
Charles concluse scrivendo "Tale era lo stato del sentimento cristiano in questo Paese [nel 1802].... Possiamo almeno sperare che adesso non prevalga più niente del genere."
Nonostante questa speranza, storie molto simili vennero fatte circolare dopo la morte di Charles stesso, di cui la più prominente è la "Storia della Signora Speranza",
pubblicata nel 1915, che sosteneva che Darwin si fosse convertito sul suo letto di malattia.
Tali storie sono state propagate da alcuni gruppi cristiani al punto da diventare leggende urbane,
sebbene queste asserzioni siano state confutate dai figli di Darwin e siano state rigettate come false dagli storici.

Bestionn
00venerdì 13 aprile 2007 19:49


..................




Etrusco
00venerdì 13 aprile 2007 20:18
bremaz
00venerdì 13 aprile 2007 20:31
Re:

Scritto da: Etrusco 13/04/2007 20.18



[SM=x44452]
rorina!
00venerdì 13 aprile 2007 20:50
Re:

Scritto da: Etrusco 13/04/2007 20.18



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Etrusco
00venerdì 13 aprile 2007 21:29
orckrist
00sabato 14 aprile 2007 12:06
BLAISE PASCAL


Tratto da "Wikipedia"




Il Dio dei filosofi e quello dei cristiani

Dunque, la miseria dell'uomo, secondo Pascal, è di essere senza Dio; la sua natura è decaduta dalla natura immortale e divina in cui era nato, a causa del peccato originale:

«[...] Infatti chi si sente infelice di non essere un re, se non un re spodestato? [...]»
(Blaise Pascal, Pensieri, 409)

Solo l'infinita pienezza del divino può riempire l'infinito vuoto dell'umano, e, tra le tante, solo la religione cristiana, secondo Pascal, ci conduce a tale idea di duplicità e di contraddizione, che è alla base delle radici dell'uomo. L'unico modo per sciogliere tale, inestricabile "nodo" è umiliarsi, rinnegando la propria natura e ponendosi di fronte a Dio passivamente, liberi dalla propria volontà per accogliere la Sua. Dunque, le dimostrazioni razionali dell'esistenza di Dio, per Pascal, sono insensate, poiché:

«[...] Il Dio dei Cristiani non è un Dio semplicemente autore delle verità geometriche e dell'ordine degli elementi, come la pensavano i pagani e gli Epicurei. [...] il Dio dei Cristiani è un Dio di amore e di consolazione, è un Dio che riempie l'anima e il cuore di cui Egli s'è impossessato, è un Dio che fa internamente sentire a ognuno la propria miseria e la Sua misericordia infinita, che si unisce con l'intimo della loro anima, che la inonda di umiltà, di gioia, di confidenza, di amore, che li rende incapaci d'avere altro fine che Lui stesso. [...]»
(Blaise Pascal, Pensieri, 556)

Con queste parole rimarcava la differenza fra un Dio che è pensato solamente come Architetto dell'universo, come Ente meccanico e non come Essere libero, Padre degli uomini e nostro Salvatore, che opera nella storia per amore; in Pascal vi è anche un riferimento ad un'esperienza comune ad altri filosofi (come Plotino), oltre che a religiosi, di un contatto con la divinità, di cui parlerà ampiamente. Inoltre, dopo la morte fu rinvenuto un suo scritto cucito nel suo vestito che ci documenta il suo spirito. Ecco alcune frasi:

«Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe. Non dei filosofi e dei dotti. Certezza. Certezza. Sentimento. Gioia. Pace. Dio di Gesù Cristo. [...]»
(Blaise Pascal, Memoriale)


Le critiche al cartesianismo


Pascal ebbe anche modo di scontrarsi col cartesianismo, assai diffuso nella Francia della sua epoca. Col criticare il cartesianismo, Pascal metteva sotto accusa soprattutto il razionalismo di Cartesio per il quale criterio di verità e di conoscenza sono le idee chiare ed evidenti del nostro intelletto. Infatti, tali obiettivi non sarebbero perseguibili dall'uomo, che, al contrario, per sua natura è pieno di incertezza, di dubbio e di contraddizione.

Seguendo il percorso razionale di Cartesio, Pascal critica ciò a cui giunge il filosofo con la sua ragione, ovvero la dimostrazione dell'esistenza di Dio attraverso il metodo del dubbio. Quando infatti Pascal nega il mero "Dio dei filosofi", si riferisce soprattutto al Dio pensato da Cartesio come motore dell'universo.
Dice, infatti:

«Non posso perdonarla a Cartesio, il quale in tutta la sua filosofia avrebbe voluto poter fare a meno di Dio, ma non ha potuto evitare di fargli dare un colpetto al mondo per metterlo in moto; dopo di che non sa più che farne di Dio.»
(Blaise Pascal, Pensieri, 77)

Pascal si riferisce al pensiero di Cartesio secondo cui noi abbiamo certezza del mondo fisico solo perché vi è un Dio a darne garanzia; tuttavia, critica Pascal, tale divinità non sarebbe affatto utile, ma una semplice idea usata per dare ragione di altre cose. Cartesio, dunque, secondo Pascal si dimentica che Iddio non è una semplice macchina che serve a muovere ogni altra macchina, ma è il Dio d'infinito amore e misericordia di cui scrive poi nel Memoriale.

Altre due critiche precise mosse da Pascal contro il pensiero di Cartesio sono la negazione del conatus recedendi (la forza centrifuga che animerebbe tutti i corpi) e degli spiriti vitali (cause delle passioni), e la critica alla spiegazione dell'Eucaristia data dallo stesso Cartesio (unione dell'anima di Gesù Cristo alla materia dell'ostia, e dunque l'ostia sarebbe l'intero corpo di Cristo).

Riguardo la prima critica, Pascal nega, quasi ironicamente, sia il conatus recedendi che gli spiriti vitali; riguardo la seconda, invece, Pascal ribatte che l'ostia non è una semplice unione di anima e materia, ma è tutto il corpo di Cristo, inteso come carne, anima, sangue e divinità.
Ciò richiederebbe una cambiamento della sostanza dell'ostia nella sostanza del corpo di Gesù. Pascal, dunque, sostiene che l'Eucaristia sia un pieno mistero, nonostante la chiarezza che voleva dargli Cartesio.


La scommessa di Pascal

Pascal afferma che bisogna, dopotutto, "scommettere" sull'esistenza di Dio. Bisogna, cioè, decidere di vivere come se Dio ci fosse o come se Dio non ci fosse; non si può non scegliere, poiché il non scegliere è già una scelta. In realtà, come dice il commentatore pascaliano Jacques Chevalier, la scommessa è meno banale e superficiale di quanto sembri: infatti, egli dice:

«[...] Valutiamo questi due casi: se vincete, vincete tutto, se perdete non perdete nulla. Scommettete, dunque, che Dio esiste, senza esitare.[...]»
(Blaise Pascal, Pensieri, 233)

Ovvero, "scommettendo" che Dio non esiste, non si vince nulla, ma si perde tutto (cioè il bene finito); al contrario, "scommettendo" che Dio esiste si vince tutto (cioè la beatitudine eterna ed infinita) e non si perde nulla; ed il fatto che la scommessa a favore di Dio è totalmente ed infinitamente propizia e vantaggiosa a coloro che la compiono, ciò significa che è fondata, e diventa dunque la scommessa stessa una "prova" di tale esistenza divina, e dunque la "vittoria" della scommessa è nella scommessa stessa, che in tal modo non è più scommessa, ma è già vittoria certa.


Esteriorità ed interiorità

Inoltre, per coloro che mancassero totalmente di fede, dice che, essendo noi, oltre che spiriti, anche automi, possiamo trovare ogni forza che ci manca nell'abitudine, compresa la fede. Dunque, afferma che coloro che non hanno fede dovrebbero comportarsi come se l'avessero, praticando riti e frequentando i Sacramenti per un certo tempo, finché alla fine, sottomessi ai dettami della fede, la fede stessa nascerà nei cuori, non perché la fede sia frutto dell'abitudine, ma perché l'abitudine e l'umiltà preparano il cuore a ricevere la fede, che è dono di Dio. Come dice lui stesso, infatti:

«[...] Seguite il sistema con cui essi [i Santi] hanno cominciato: facendo tutto come se credessero, usando l'acqua benedetta, facendo celebrare messe, ecc.. Naturalmente anche questo vi farà credere e vi farà diventare come un bambino. [...]»
(Blaise Pascal, Pensieri, 233)

In quest'ultima frase Pascal si riallaccia al Vangelo, dove è scritto:

«Allora Gesù li fece venire avanti e disse: "Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite perché a chi è come loro appartiene il Regno dei Cieli. In verità vi dico: chi non accoglie il Regno di Dio come un bambino, non vi entrerà."»
(Lc, 18,16-17)

A tale proposito è utile ricordare anche la predicazione di San Giovanni Battista, che cita il profeta Isaia:
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«[...] Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sia riempito,
ogni monte e ogni colle sia abbassato;
i passi tortuosi siano diritti;
i luoghi impervi spianati.»
(Lc, 3,4-5)

Dunque, Pascal afferma che la sottomissione alle formalità religiose non ha valore di per sé, ma ha valore in quanto umilia i superbi, rendendoli come bambini, pronti a ricevere la Grazia divina. Come dice in un suo altro pensiero:

«Significa proprio essere superstizioso voler fondare la propria speranza nelle formalità; ma significa essere superbo non volersi sottomettere ad esse.»
(Blaise Pascal, Pensieri, 249)

Questo concetto apologetico della religione cristiana è spiegato ancor meglio in un suo altro pensiero, dove dice:

«Le altre religioni, come ad esempio le pagane, sono più popolari, perché si fondano sull'esteriore; ma non sono fatte per le persone intelligenti. Una religione puramente intellettuale sarebbe più adatta per gli intellettuali, ma non servirebbe al popolo. Soltanto la religione cristiana è proporzionata a tutti, perché fatta di esteriore e di interiore. Essa eleva il popolo all'interiorità ed abbassa i superbi all'esteriorità, e non è perfetta senza questi due aspetti, perché il popolo deve sentire lo spirito della lettera e le persone intelligenti devono sottomettere il loro intelletto alla lettera.»
(Blaise Pascal, Pensieri, 251)

Per Pascal è altresí vero che, proprio perché la vera cristianità si trova in un punto mediano tra esteriorità ed interiorità, allora:

«Esistono pochi veri cristiani, intendo dire di fede. Ce ne sono tanti che credono, ma per superstizione; ce ne sono tanti che non credono, ma per dissolutezza; pochi stanno tra gli uni e gli altri. Non includo tra costoro quelli che sono di costumi veramente e profondamente pii e tutti coloro che credono per un sentimento del cuore.»
(Blaise Pascal, Pensieri, 256)


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