Utopia - Nomadi

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dan10
00venerdì 12 settembre 2003 16:56
Utopia aveva una sorella maggiore
che si chiamava Verità senza errore,
lanciava spesso un aquilone nel Vento
su cui era scritto Libertà con l’accento.

Le due sorelle trascorrevano il tempo
senza fermarsi mai neppure un momento,
avvinte sempre a quell’aquilone,
senza sapere, sapere ragione.

Ma troppo deboli le braccia delle fate
e troppo fini quelle dita delicate,
strappò la fune forte Vento quel giorno
e l’aquilone non fece ritorno.

Quell’incidente cancellò la magia,
le due sorelle separaron la via:
Utopia andò per il mondo a cercare
e Verità già pensava a sposare.

La Verità si sposava col Tempo,
anche Utopia fu invitata all’evento.
“Non ti sposare, resta libera, che temi?”
“Guarda che le parole son semi.”

“E le parole sono semi, hai ragione,
ma per fiorire non è già la stagione.
Il tuo non è un matrimonio d’affetto,
ti peserà questa casa e quel letto.”

Mentre Utopia andava via allegramente
perché vedeva il futuro presente,
Verità le sussurrava a capo chino:
“Stai confondendo desiderio e destino.”

E l’animo corse come fa un torrente,
cambiando segno a passato e presente.
Utopia ogni notte un uomo amava
ed all’alba lo abbandonava.

Per Verità, a quanto si dice,
il matrimonio non fu mai felice,
il Tempo non è un marito ideale:
raro, vecchio, anche brutale.

Ma in fondo in fondo qualcosa ne ha avuto,
con tanti amanti lo ha reso cornuto
ed alla fine dell’infedeltà
ha avuto l’eredità.

Mentre Utopia - che non ha un padrone,
ne ha centomila senz’alcuna ragione -
resta da sempre a vagare nel prato,
ma l’aquilone non l’ha ancora trovato.
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