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L'OMBRA DEI RASNA - Il mistero degli Etruschi

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    00 16/07/2006 17:12


    Una gloriosa migrazione venuta da lontano approda sui lidi italici e da sempre sfugge alle ricerche più approfondite.
    Dov’era la loro patria?
    Perché scomparvero senza lasciar traccia?
    Un’analisi degli aspetti misterici e controversi degli Etruschi.


    L’ombra dei Rasna

    Gli Etruschi sono il popolo più enigmatico ed affascinante che appartiene all’Italia, territorio principe della loro influenza.
    Secondo il ricercatore Mario Gattoni Celli, le notizie storiche su di loro non coprono più di cinque o sei pagine di libro.
    Nulla di più esatto.

    I testi scolastici sorvolano rapidamente sulla potente monarchia etrusca sviluppatasi per molte generazioni, formata da sette re che gli alunni ripetono in successione come una filastrocca, dopo i quali si giunge immediatamente alla nascita della repubblica romana.
    I saggi degli studiosi, dal canto loro, aggiungono soltanto che gli Etruschi erano autoctoni della nostra penisola che parlavano una lingua indecifrabile e raggiunsero livelli eccelsi nelle arti, nella politica e nell’architettura, evitando di sottolineare le conquiste umane e spirituali donate all’impero romano.
    Negli ultimi anni, dopo attente riflessioni, si è fatto in strada in chi scrive il sospetto, divenuto pian piano certezza,
    che un fitto velo di silenzio sia calato sulla stirpe etrusca, per nascondere segreti di vitale importanza.
    Gli Etruschi non sono mai morti e ci hanno donato un tesoro inestimabile che narra una storia, la nostra, iniziata molto tempo fa.

    Discesero dai Giganti

    I ricercatori più audaci pongono l’origine degli Etruschi in Lydia, a oriente di Smirne, citando Erodoto che scrive ne Le Storie, I, 94:
    "Raccontano i Lidi che sotto il re Atys, figlio di Manes, vi fu in Lydia una grande carestia;
    per un po’ la popolazione vi tenne fronte, ma poi, visto che non cessava, … il re divise il popolo in due parti… A capo dei designati a rimanere pose se stesso;
    degli altri designati a partire, il proprio figlio Tirreno.
    Gli esuli scesero a Smirne, costruirono delle navi…e salparono alla ricerca di una nuova terra…, finché dopo aver costeggiato molti paesi, giunsero presso gli Umbri dove fondarono città che tuttora abitano…"


    Manes, analogo al primo faraone egizio Menes,
    è il leggendario monarca Manu, nome collettivo che incarna la guida delle sette razze–madri con le corrispettive sottorazze.
    Il Manu aveva condotto moltissime migrazioni in epoche antidiluviane dalla primordiale Isola Bianca nel Mar del Gobi, la mitica Thule, territorio tropicale lussureggiante che estendeva i suoi confini al Polo Nord, sino alla formazione dei continenti di Mu e Atlantide.
    Gli Etruschi chiamavano se stessi Rasna, dalla radice ra, analoga al Ramu, re–sacerdote di Mu, Rama in India e al Ra egizio, personificazione dell'energia solare, cuore vitale del Cosmo. Simboli la svastica ed il globo alato delle tavolette di Mu, effigiate rispettivamente sui muri di Sovana, a Grosseto, e nella Tomba dei Rilievi di Caere.
    Le vie commerciali degli Etruschi erano le Tule che giungevano sino in Himalaya, e il cui eco ritroviamo nel toponimo Caput–tolium, capo delle Tule, il Campidoglio.
    Roma, infatti, sorge sul Tevere che incarna la Via Lattea e ha sette colli come gli astri dell'Orsa Maggiore, vicina alla stella polare citata nel Rg-Veda indù, asse del cielo che pulsa a Thule.

    Antenati degli Etruschi sono i Toltechi, terza sottorazza principe della stirpe atlantidea,
    come apprendiamo dall’opera di Arthur Powell, Il Sistema solare.
    Di colore rosso–bruno, avevano un’altezza prodigiosa e primeggiavano nell’arte edilizia con templi ciclopici, strade lastricate e ponti.
    Crearono un impero splendente durato diversi millenni, quando un cataclisma si abbattè su Atlantide e i Toltechi si spinsero nelle Americhe, fondando la civiltà incaica, mentre i suoi eredi edificarono nel IX sec d.C. Tula in Messico, con i loro enormi "atlanti".
    Il gene tolteco si ritrova intatto nella sesta sottorazza akkadiana, propria degli Etruschi, che presentano legami inestricabili anche con gli Egizi, i Maya e gli Indiani del Nordamerica, altri discendenti dei Toltechi.


    Continua . . .


    [Modificato da Etrusco 16/07/2006 17.18]

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    00 26/07/2006 18:51
    Tuscia, territorio di antichissime origini

    La religione degli Etruschi


    Un giorno un contadino di Tarquinia, mentre era intento al lavoro quotidiano nei campi, arando la bianca terra con solchi lunghi e dritti, vide uscire fuori dal sottosuolo un fanciullo...

    Secondo la tradizione etrusca il bimbo era Tagete, il profeta bambino saggio e venerato, le cui parole vennero ascoltate da una folla di persone che, con il tempo, sarebbe aumentata a dismisura.
    Tagete insegnò agli Etruschi la difficile disciplina dell'aruspicina, l'arte di predire il futuro mediante l'osservazione dei visceri, il fegato in particolare, degli animali sacrificati.
    L'haruspex, l'aruspice cioè, era un sacerdote molto considerato da questo popolo, tanto importante nel prevedere il futuro che, come "professione", sopravvisse per secoli alla civiltà etrusca stessa dopo essere stata assorbita in quella romana.
    I Libri Tagetici erano parte della tradizione sacra del popolo etrusco, celebre nel mondo antico per la sua profonda religiosità:
    in essi erano contenute le norme e le indicazioni per comprendere al meglio la volontà ed i segni del divino, e comportarsi di conseguenza con azioni quali sacrifici, libagioni, riti diversi.
    La letteratura religiosa etrusca, ed in particolare questi libri, ebbero un grande successo nella Roma antica, apprezzati soprattutto dal II e III secolo d.C. quando cioè si diffusero delle dottrine esoteriche analoghe e contrapposte al nascente Cristianesimo.

    Altro testo celebre erano i Libri Vegonici, dettati dalle indicazioni di Vegoia, la ninfa che dettava le norme per la perimetrazione dei campi, delle proprietà fondiarie, del territorio delle città.
    Un breve passo ci è stato tramandato da Tarquizio, scrittore del I secolo a.C. che aveva avuto la possibilità di leggerne alcuni passi nel tempio di Apollo a Roma, ove era conservata una copia assieme ad altri testi "pagani" che sarebbero poi stati bruciati da Stilicone:
    questo brano riportava la celebre profezia della durata del popolo, della nazione etrusca, di nove secoli.
    Anche a non voler credere alle profezie effettivamente la durata del periodo di indipendenza politica degli Etruschi, se consideriamo l'arco di tempo che va dalla fase villanoviana all'inizio del I secolo a.C., quando cioé agli Etruschi viene concessa la cittadinanza romana, è proprio di nove secoli.

    Il rapporto degli Etruschi con le divinità era assai diverso di quello che avevano gli altri popoli del mondo antico:
    se per i Greci le divinità vivevano in un loro mondo, spesso noncuranti del mondo degli uomini ed avvezzi alle stesse passioni e debolezze di questi,
    per i Romani il rapporto si risolveva con norme di carattere giuridico.
    I Romani avevano una rigida serie di norme che si concretizzavano spesso in una sorta di mero scambio:
    "se ricevo una grazia particolare dedico questo ex-voto alla divinità", sembravano dire alcuni di essi.
    Gli Etruschi avevano invece un rapporto di sottomissione con gli dei:
    essi vivevano nel cielo o nel sottosuolo ed era necessario capire i loro voleri
    dall'osservazione degli ostenta, dei segni che, tramite i sacerdoti aruspici ed auguri, davano indicazioni sul comportamento da tenersi.
    Questo senso di profonda religiosità, quasi di inferiorità nei confronti di tutto ciò che rientrava nella sfera del divino, ci comunica quasi una sensazione di oppressione.
    Ogni azione dell'uomo era "controllata" da divinità preposte, similmente alla religiosità popolare degli altri popoli dell'Italia antica, in particolare dei Latini.
    Dunque tutte le pratiche religiose, i riti, i sacrifici, la divisione dello spazio in "case", in ognuna delle quali vi era una particolare divinità,
    erano talmente importanti nella vita e nella cultura di questo popolo da farlo ammirare per dedizione e devozione dagli altri popoli;
    gli scrittori cristiani invece finirono col deprecare la religione etrusca, come Arnobio (IV secolo d.C.) che avrebbe accusato l'Etruria stessa di essere la "patria di tutte le superstizioni".

    Nella letteratura religiosa etrusca, di cui ci è pervenuto assai poco, oltre alle indicazioni della pratica divinatoria, erano contenute norme e pratiche relative anche alla vita civile, politica e militare di questo popolo.
    Molte erano le divinità del pantheon etrusco, alcune delle quali introdotte ex novo con la profonda ellenizzazione della cultura, altre identificate con divinità omologhe, altre precedenti l'arrivo degli dei greci.
    Per conoscerne i nomi e la dislocazione nel cosmo, ci viene in aiuto un modello in bronzo di fegato di pecora, il celebre "fegato di Piacenza" (II-I secolo a.C.), su cui sono iscritti, in apposite caselle, i nomi delle divinità
    del cielo come Tinia (Giove) ed Uni (Giunone),
    solari come Catha,
    marine come Nethuns (Nettuno),
    terrestri come Fufluns e Selvans,
    ed infernali come Cel, Culsu, Vetis, Cilens, Vanth, Charun (Caronte).
    Ricordiamo inoltre, tra le divinità mutuate dalla cultura ellenica, Menerva (Minerva), Aplu (Apollo), Artumes (Artemide), Maris (Marte), Turms (Mercurio), Hercle (Ercole).
    Divinità importante era Voltumna, onorata presso un santuario situato ad Orvieto, l'antica Volsinii distrutta dai Romani nel 264 a.C.,
    divenuto santuario federale degli Etruschi e, di conseguenza, anche il dio divenne divinità principale.
    E' stata proposta l'identificazione con Vortumnus, dio venerato a Roma sull'Aventino dopo la distruzione di Volsinii. Forse il nome non è riferito ad un dio in particolare, ma si potrebbe trattare di un appellativo di Tinia, di Giove cioè, la divinità principale.

    Tra i templi principali di cui restano i resti visibili nella provincia di Viterbo segnaliamo quello di Artemide a Tarquinia, nell'area della città antica e di cui esiste un plastico all'interno del Museo Archeologico della città stessa: vi sono conservati anche i celeberrimi cavalli alati in terracotta dipinta.
    Di fondamentale importanza per lo studio dell'architettura templare sono poi i diversi templi dell'antica Falerii, oggi visibili a Civita Castellana ed i cui reperti sono nel Museo Archeologico dell'Agro Falisco nella cittadina stessa.
    Numerose piccole aree sacre sono sparse un po' in tutta la Tuscia:
    ricordiamo il grande altare cilindrico in pietra vulcanica di Grotta Porcina a Vetralla, ed anche tutte le terrazze delle tombe a dado e semidado delle necropoli rupestri, in cui i sacerdoti etruschi svolgevano riti e cerimonie in onore delle divinità dell'oltretomba ed in memoria dei defunti.

    Per conoscere le modalità con cui si svolgevano alcuni di questi riti ci vengono in aiuto le fonti epigrafiche e, in particolare due documenti di eccezionale valore:
    la tegola di Capua, un grosso tegolone in terracotta con le norme per le offerte agli dei, e la mummia di Zagabria, un libro costituito da rotoli di lino iscritti, riutilizzati in Egitto nel I secolo a.C. per avvolgere il corpo di un defunto.
    Quest'ultima fu portata da un mercante ottocentesco in Occidente, precisamente nella cittadina croata, attorno alla metà del secolo scorso, ma solo alla fine dello stesso ne fu riconosciuta l'importanza.
    Il libro giunse in Egitto al seguito di un gruppo di etruschi, forse dell'Etruria settentrionale ormai romanizzata, recatisi in Africa, anch'essa territorio coloniale romano, in cerca di fortuna.
    Sulle bende di lino è iscritto, in inchiostro nero, una sorta di calendario di festività religiose ed offerte e preghiere da dedicare di volta in volta alla divinità del giorno. Non tutto il testo è stato compreso.

    Un popolo dunque, quello etrusco, che ha stupito i contemporanei per la meticolosità, il rispetto, la precisione della religiosità, e che continua a stupire noi per la complessità del mondo del sacro, e forse anche per la forte spiritualità che emanano gli antichi sepolcri, i luoghi della vita, i suoli sacri dei nostri progenitori.

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    00 26/07/2006 19:40
    finalmente cominciamo a conoscere le tue usanze [SM=x44499] [SM=x44497]
  • --MUTTLEY--
    00 28/07/2006 21:29
    Re:

    Scritto da: texdionis 26/07/2006 19.40
    finalmente cominciamo a conoscere le tue usanze [SM=x44499] [SM=x44497]



    [SM=x44456]
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    00 15/09/2006 18:20
    La SCRITTURA degli Etruschi:

    Intorno al 700 a.C.gli Etruschi adottarono un alfabeto, simile a quello grecoo ccidentale, trasmesso dai Calcidesi.
    L'etrusco è tramandato da circa 7500 testi, per lo più brevi o brevissimi, scritti tra la fine dell'VIII secolo a.C. e il primo secolo d.C. Il novanta per cento circa dei testi in lingua etrusca è costituito da iscrizioni funerarie che riportano per lo più, oltre al nome, informazioni relative alla sepoltura, all'età del defunto, alle cariche pubbliche ricoperte.



    Circa una trentina di testi in etrusco presentano un parallelo in altra lingua:
    si tratta delle cosiddette iscrizioni bilingui.



    Di queste, quelle più importanti sono incise su due LAMINE D'ORO rivenute nel santuario di Uni a Pyrgi.

    La scrittura etrusca va di regola, da destra verso sinistra. Ciò si evidenzia, tuttavia, solo alla metà del VI secolo a.C.
    Nel periodo precedente la scrittura etrusca è prevalentemente destrorsa.
    La divisione delle parole è indicata per mezzo di punti, o ramente,mediante spazi.
    In epoca arcaica quasi tutti i testi non hanno divisione delle parole (sono cioè in "scriptio continua").

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    00 18/09/2006 02:59


    Sui maggiori quotidiani sono comparse pagine e pagine di inesattezze dedicate alla scoperta del secolo:
    Trovato il Fanum Voltumnae a Orvieto, Scoperto il grande tempio degli Etruschi.

    Facciamo chiarezza:
    Alcune sono solo Bufale etrusche che ciclicamente ritornano.
    Ogni due anni circa, da antica data e appena dopo la piena estate, un gruppo di archeologi italiani scopre il Fanum a Orvieto e poi, puntualmente, la grande scoperta viene dimenticata, evapora.

    A Orvieto non c’è mai stato il Fanum, ovvero il grande sacrario etrusco, dove annualmente si riunivano i 12 lucumòni.
    Sicuramente c’era un’importante area consacrata al culto della maggiore divinità etrusca.
    Ma
    il Fanum,
    il vasto banco sacro che le tradizioni situano presso un sito dove abbondano le acque,
    erano il lago di Bolsena e i boscosi territori delle 4 lucumònie che sulle sue rive confluivano.


    Quattro regioni - le lucumònie - con al centro l’ombelico sacro, l’axis mundi dell’Etruria, il punto centrale della connessione sacra tra cielo e terra.
    L’ombelico era sul monte Tabor nell’isola Bisentina.
    Le quattro regioni:

    Volsinii (Bolsena),
    Tarquinia,
    Vulci
    e la regione umbra di Orvieto, Chiusi e Perugia che giungeva fino a Tyro (Grotte di Castro).

    Ognuna delle regioni aveva uno o più templi, in prossimità del lago.

    Le sue rive rocciose conservano chiare tracce di una sacralità millenaria,
    dalle preistoriche “coppelle”
    ai “solchi di carro",
    dai sepolcri etruschi fino a S. Cristina di Tyro, la martire cristiana associata alle acque e alla loro sacralità,
    ultima erede dell’etrusca Dea del lago Voltumna (Urcla), compagna del solare Veltha (Veltumnus).

    Giovanni Feo

    P.S. La “questione orvietana” è trattata nel paragrafo Documenti topografici rimossi del geo-archeologo Alessandro Fioravanti nel volume Geografia sacra (collana Eretica speciale) che verrà presentato dall’autore Giovanni Feo venerdì 8 settembre durante il quarto Festival Internazionale della Letteratura Resistente nello spazio Magazzino Giustacori di Pitigliano, alle ore 21. Nell’occasione Feo illustrerà anche una recentissima scoperta relativa al “Cerchio di pietre” nei pressi di Pitigliano.

    www.stampalternativa.it/wordpress/index.php?p=126

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    00 18/09/2006 03:10
    Giovanni Feo
    "GEOGRAFIA SACRA"
    Il culto della madre terra dalla preistoria agli etruschi




    COLLANA: Eretica speciale
    pp. 160
    PREZZO: 13,00 euro
    ISBN: 88-7226-945-8



    Il territorio tosco-laziale – come testimoniano anche recenti scoperte archeologiche:
    circoli di pietre,
    megaliti orientati e allineati,
    templi rupestri e incisioni

    ampiamente descritti e fotografati nel libro – è stato frequentato con continuità dall'età preistorica fino agli Etruschi e oltre da popoli sensibili alle connessioni tra cielo, terra e altri elementi naturali.

    I segni che hanno lasciato nel tempo sono primitivi solo in senso cronologico, perché dietro alla loro semplicità si cela un complesso progetto di interventi su laghi, fiumi, monti e pietre, teso a costruire una vera e propria “geografia sacra”.

    Identiche tracce si riscontrano in Sardegna, a Malta, in Francia e in altri siti, non solo europei.

    Riemergono così i miti della Grande Dea della terra e dei giganti,
    le leggende dei primi “popoli del mare”.
    E si riscopre l'antica e universale concezione di un'energia primordiale creatrice e divina,
    il cui potere fu per millenni osservato e indagato,
    producendo pratiche magico-rituali e conoscenze di cui solo ora si intravvede la profondità.



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    00 09/10/2006 22:18
    Re:

    Scritto da: Etrusco 18/09/2006 2.59



    A Orvieto non c’è mai stato il Fanum, ovvero il grande sacrario etrusco, dove annualmente si riunivano i 12 lucumòni.




    Mah, in effetti la certezza che sia quello ritrovato dall'equipe maceratese non c'è, visto che l'edificio sacro finora rinvenuto è molto piccolo, ma rimane assai probabile che il sito sia nelle vicinanze di Orvieto. [SM=x44461]

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    Re: Re:

    Scritto da: -Asmodeus- 09/10/2006 22.18


    Mah, in effetti la certezza che sia quello ritrovato dall'equipe maceratese non c'è,
    visto che l'edificio sacro finora rinvenuto è molto piccolo,
    ma rimane assai probabile che il sito sia nelle vicinanze di Orvieto. [SM=x44461]



    Infatti da altri riscontri sembra proprio che sia il Monte Tabor, sulla sommità dell'Isola Bisentina, nel lago di Bolsena, a circa 15-20 Km da Orvieto:


    Al centro del lago si intravede l'isola Bisentina col monte Tabor

    il Fanum è infatti descritto dalle tradizioni come un vasto banco sacro presso un sito dove abbondano le acque,
    proprio come il lago di Bolsena
    e i boscosi territori dove si ricongiungono sulle rive le 4 lucumònie.

    Quattro regioni - le lucumònie - con al centro l’ombelico sacro, l’axis mundi dell’Etruria, il punto centrale della connessione sacra tra cielo e terra.
    L’ombelico era sul monte Tabor
    nell’isola Bisentina.

    PS
    da dove è stata scattata la foto, fino all'isola,
    molti secoli fa non c'erano ancora le acque,
    ma una strada di cui gli archeologhi subacquei hanno rinvenuto le tracce lasciate dai carri.
    Questa strada sommersa dalle acque è stata appunto denominata "Gran Carro"

    [Modificato da Etrusco 10/10/2006 0.20]

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    00 10/10/2006 20:18
    Rimango convinto che sia assai più probabile il sito di Campo della Fiera rispetto al Lago di Bolsena.
    Le dimensioni del sito rendono evidente che si tratti di un luogo di estrema importanza, e non escluderei fosse il fanum.

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    Re:

    Scritto da: -Asmodeus- 10/10/2006 20.18
    Rimango convinto che sia assai più probabile il sito di Campo della Fiera rispetto al Lago di Bolsena.
    Le dimensioni del sito rendono evidente che si tratti di un luogo di estrema importanza, e non escluderei fosse il fanum.



    Cioè:
    il Campoo della Fiera ad Orvieto? [SM=x44473]
    Perchè più probabile?
    E le abbondanti acque? [SM=x44467]

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    00 11/10/2006 10:43
    Re: Re:

    Scritto da: Etrusco 11/10/2006 1.42


    Cioè:
    il Campoo della Fiera ad Orvieto? [SM=x44473]
    Perchè più probabile?
    E le abbondanti acque? [SM=x44467]



    Perchè è certamente un sito di grossa importanza. I mosaici di epoca tarda, il tufo, la sistemazione del sito, i pesi da telaio (prova certa di pratiche devozionali) fanno pendere la bilancia verso Campo della Fiera. La tradizione del luogo circondato dalle acque è del tardo VI secolo, l'epoca di Porsenna, e Bolsena per ora manca di elementi per qualificarsi come Concilium.
    Certo finchè non verranno ritrovati i seggi o l'iscrizione dedicatoria a Voltumna non avremo la certezza. [SM=x44462]

    [Modificato da -Asmodeus- 11/10/2006 10.45]

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    Re: Re: Re:

    Scritto da: -Asmodeus- 11/10/2006 10.43


    Perchè è certamente un sito di grossa importanza.
    I mosaici di epoca tarda, il tufo, la sistemazione del sito, i pesi da telaio (prova certa di pratiche devozionali) fanno pendere la bilancia verso Campo della Fiera.
    La tradizione del luogo circondato dalle acque è del tardo VI secolo, l'epoca di Porsenna, e Bolsena per ora manca di elementi per qualificarsi come Concilium.

    Certo finchè non verranno ritrovati i seggi o l'iscrizione dedicatoria a Voltumna non avremo la certezza. [SM=x44462]



    Non si parla proprio di Bolsena, ma dell'Isola Bisentina
    e della ben più vicina Vasentum (l'attuale monte Bisenzio presso Capodimonte).
    Ricordati poi che il lago d'origine vulcanica molti secoli fa non era allagato così come lo si vede ora:
    da Vasentum si poteva raggiungere l'isola Bisentina coi carri... e probabilmente era proprio nell'area tra monte Tabor (sull'isola) e Bisenzio questo Fanum.

    Tra l'altro ora c'è un leone in pietra, che a mo' di Sfinge veglia sul Gran Carro, guardando dall'isola Bisentina verso l'antica Bisenzio....

    Altro dettaglio: sia sul monte Bisenzio, sia sull'Isola Bisentina sono state ritrovate delle sale, scavate nella roccia, dove gli antichi etruschi riponevano le ceneri dei loro defunti. Queste sale hanno delle fessure nella roccia e si "guardano" tra loro (dall'isola Bisentina, sotto la cupoolina del SanGallo, verso Bisenzio)

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    00 11/10/2006 11:18
    Il ritrovamento di ceneri funerarie toglie credibilità all'isola. Difficilmente un luogo sacro come il Consilium sarebbe sorto su una necropoli, tanto che il ritrovamento di tombe a circa 400 metri da Campo della Fiera rimane uno dei problemi per l'attribuzione del sito (anche se in quel caso la distanza rimane notevole).

    L'isola manca completamente di pianta urbanistica adeguata al Fanum.

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    00 11/10/2006 11:48
    Re:

    Scritto da: -Asmodeus- 11/10/2006 11.18
    Il ritrovamento di ceneri funerarie toglie credibilità all'isola. Difficilmente un luogo sacro come il Consilium sarebbe sorto su una necropoli,
    tanto che il ritrovamento di tombe a circa 400 metri da Campo della Fiera rimane uno dei problemi per l'attribuzione del sito
    (anche se in quel caso la distanza rimane notevole).

    L'isola manca completamente di pianta urbanistica adeguata al Fanum.




    Non si può però escludere che prima là, all'origine, ci fosse il Consilium molti secoli fa, quando il livello delle acque del lago era notevolmente più basso
    e che poi, successivamente il Concilium si potrebbe essere spostato altrove...
    e solo da allora si iniziarono a sistemare là vicino le ceneri in quei fornelli murati nelle pareti delle sale scavate nella roccia della montagna.
    Comunque queste sale distano ben più di 400m dal Monte Tabor.
    In ogni caso sarebbe utile una precisa datazione tramite C14 per meglio definire una successione temporale.


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    00 11/10/2006 17:44
    Re: Re:

    Scritto da: Etrusco 11/10/2006 11.48


    Non si può però escludere che prima là, all'origine, ci fosse il Consilium molti secoli fa, quando il livello delle acque del lago era notevolmente più basso

    In ogni caso sarebbe utile una precisa datazione tramite C14 per meglio definire una successione temporale.





    Certo, non si può escludere. Ma, a oggi, nulla porta a pensare che sia quello il sito. Manca completamente di ritrovamenti che portino in quella direzione. [SM=x44458]

    Per il sito orvietano rispetto al C14 meglio sarebbe la termoluminescenza, visto che abbiamo reperti in ceramica (non escludo anzi che sia già stato fatto, vista la datazione precisa degli oggetti).

    [Modificato da -Asmodeus- 11/10/2006 17.48]

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    00 11/10/2006 22:10
    Re: Re: Re:

    Scritto da: -Asmodeus- 11/10/2006 17.44


    Certo, non si può escludere. Ma, a oggi, nulla porta a pensare che sia quello il sito. Manca completamente di ritrovamenti che portino in quella direzione. [SM=x44458]

    Per il sito orvietano rispetto al C14 meglio sarebbe la termoluminescenza, visto che abbiamo reperti in ceramica (non escludo anzi che sia già stato fatto, vista la datazione precisa degli oggetti).



    Invece per il bacino del lago di Bolsena, essendo di origine vulcanica ed avendo tracce di radioattività... forse la termoluminescenza... potrebbe non essere molto affidabile.
    Semmai si potrebbe ricorrere alla datazione archeomagnetica,
    ma il problema di fondo è che non si trovano molti reperti da analizzare e studiare
    e questo anche perchè in zona, molte famiglie, da diversi decenni, si sono arricchiti trafficando illegalmente reperti archeologici [SM=x44465]
    da Bisenzio a Vulci a Castro (dove alcuni tombaroli ci anno lasciato le gambe durante gli scavi e altri la vita...)


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    00 11/10/2006 22:15
    Re: Re: Re: Re:

    Scritto da: Etrusco 11/10/2006 22.10


    Invece per il bacino del lago di Bolsena, essendo di origine vulcanica ed avendo tracce di radioattività... forse la termoluminescenza... potrebbe non essere molto affidabile.




    Esatto, per quello parlavo solo del sito orvietano per datazioni simili.



    Semmai si potrebbe ricorrere alla datazione archeomagnetica,
    ma il problema di fondo è che non si trovano molti reperti da analizzare e studiare
    e questo anche perchè in zona, molte famiglie, da diversi decenni, si sono arricchiti trafficando illegalmente reperti archeologici [SM=x44465]
    da Bisenzio a Vulci a Castro (dove alcuni tombaroli ci anno lasciato le gambe durante gli scavi e altri la vita...)





    Ma manca anche l'assetto urbanistico del luogo! Oltre che l'assenza di reperti (stramaledetti i tombaroli), non è un sito con le caratteristiche adeguate per il fanum.

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    00 11/10/2006 22:19
    Re:

    Scritto da: Etrusco 16/07/2006 17.12

    Negli ultimi anni, dopo attente riflessioni, si è fatto in strada in chi scrive il sospetto, divenuto pian piano certezza,
    che un fitto velo di silenzio sia calato sulla stirpe etrusca, per nascondere segreti di vitale importanza.
    Gli Etruschi non sono mai morti e ci hanno donato un tesoro inestimabile che narra una storia, la nostra, iniziata molto tempo fa.

    Discesero dai Giganti

    I ricercatori più audaci pongono l’origine degli Etruschi in Lydia, a oriente di Smirne, citando Erodoto che scrive ne Le Storie, I, 94:
    "Raccontano i Lidi che sotto il re Atys, figlio di Manes, vi fu in Lydia una grande carestia;
    per un po’ la popolazione vi tenne fronte, ma poi, visto che non cessava, … il re divise il popolo in due parti… A capo dei designati a rimanere pose se stesso;
    degli altri designati a partire, il proprio figlio Tirreno.
    Gli esuli scesero a Smirne, costruirono delle navi…e salparono alla ricerca di una nuova terra…, finché dopo aver costeggiato molti paesi, giunsero presso gli Umbri dove fondarono città che tuttora abitano…"


    Manes, analogo al primo faraone egizio Menes,
    è il leggendario monarca Manu, nome collettivo che incarna la guida delle sette razze–madri con le corrispettive sottorazze.
    Il Manu aveva condotto moltissime migrazioni in epoche antidiluviane dalla primordiale Isola Bianca nel Mar del Gobi, la mitica Thule, territorio tropicale lussureggiante che estendeva i suoi confini al Polo Nord, sino alla formazione dei continenti di Mu e Atlantide.
    Gli Etruschi chiamavano se stessi Rasna, dalla radice ra, analoga al Ramu, re–sacerdote di Mu, Rama in India e al Ra egizio, personificazione dell'energia solare, cuore vitale del Cosmo. Simboli la svastica ed il globo alato delle tavolette di Mu, effigiate rispettivamente sui muri di Sovana, a Grosseto, e nella Tomba dei Rilievi di Caere.
    Le vie commerciali degli Etruschi erano le Tule che giungevano sino in Himalaya, e il cui eco ritroviamo nel toponimo Caput–tolium, capo delle Tule, il Campidoglio.
    Roma, infatti, sorge sul Tevere che incarna la Via Lattea e ha sette colli come gli astri dell'Orsa Maggiore, vicina alla stella polare citata nel Rg-Veda indù, asse del cielo che pulsa a Thule.

    Antenati degli Etruschi sono i Toltechi, terza sottorazza principe della stirpe atlantidea,
    come apprendiamo dall’opera di Arthur Powell, Il Sistema solare.
    Di colore rosso–bruno, avevano un’altezza prodigiosa e primeggiavano nell’arte edilizia con templi ciclopici, strade lastricate e ponti.
    Crearono un impero splendente durato diversi millenni, quando un cataclisma si abbattè su Atlantide e i Toltechi si spinsero nelle Americhe, fondando la civiltà incaica, mentre i suoi eredi edificarono nel IX sec d.C. Tula in Messico, con i loro enormi "atlanti".
    Il gene tolteco si ritrova intatto nella sesta sottorazza akkadiana, propria degli Etruschi, che presentano legami inestricabili anche con gli Egizi, i Maya e gli Indiani del Nordamerica, altri discendenti dei Toltechi.



    Vie commerciali verso l'Himalaya? parentela coi Toltechi? Atlantide? [SM=x44457] [SM=x44457] [SM=x44457] [SM=x44457]

    Manca giusto dire che Berengere Sauniere era etrusco pure lui, e il cerchio si chiude. [SM=x44465]

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    00 11/10/2006 23:45
    Re: Re: Re: Re: Re:

    Scritto da: -Asmodeus- 11/10/2006 22.15


    Ma manca anche l'assetto urbanistico del luogo!
    Oltre che l'assenza di reperti (stramaledetti i tombaroli), non è un sito con le caratteristiche adeguate per il fanum.



    Aggiungo altro dolore:
    il castello di Vasentum, una volta abbandonata la cittadella (che secondo un testo di Umberto Pannucci doveva contare circa 25mila anime), fu smembrato mattone su mattone dai pescatori/contadini dei paesini vicini che li caricavano sulle loro barche/carretti per andarci a costruire le loro abitazioni (a Marta, paesino sorto sul lago da un insediamento di briganti, ho visto io stesso buttato là a mo' d'architrave, in un vecchio scantinato, una pietra che riportava incisioni etrusche! [SM=x44465] ).

    Degli archeologi subacquei mi hanno poi detto di aver visto sul fondale del lago delle strane costruzioni in pietra di cui non sanno ancora di cosa si possa trattare esattamente...

    Comunque, questo Fanum dovrebbe essere in un'area del centro Italia:
    di recente son stati fatti importanti ritrovamenti anche in Umbria (tra Gubbio e Spoleto)
    e chissà se il Monte Subasio non possa aver giocato un ruolo sacrale anche per gli etruschi,
    oltre che per le popolazioni ancor più antiche di cui son state trovate alcune tracce.

    [Modificato da Etrusco 12/10/2006 0.14]

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