Allargo un poco il discorso, sul diritto d'autore in genere.
Il copyleft è un sacrosanto diritto, imho. Ma che ve lo dico a fare...sono veterocomunista.
In fondo, quanto il copyright aiuta, di fatto, i "giovani" autori? E, soprattutto, quanti degli autori "emergenti" possono realisticamente campare del loro lavoro di musicisti/scrittori/artisti in genere (e non, viceversa, finanziarsi questa attività facendo ricorso ad altri lavori o ad un patrimonio preesistente)? Non è un caso che la disponibilità delle nuove tecnologie fa sì che molti ricorrano a sistemi alternativi di pubblicazione (diffusione) delle proprie creazioni sonore, letterarie o grafiche. Rinunciano a ciò che già
non hanno (ossia la possibilità di ricavare un profitto da questa loro attività) per raggiungere lo scopo per loro primario: divulgare le loro opere.
Innegabilmente il copyleft è un lusso che pochi si possono permettere, almeno finché esisterà il copyright. Ma va da sé che un radicale cambiamento non può avvenire semplicemente facendo affidamento sulle iniziative velleitarie e soggettive dei singoli.
Sulla questione del successo dell'artista mi pare chiaro che sia legato alla qualità del lavoro.
La questione, provocatoriamente, che sollevo sul copyleft è una non-questione. Voglio dire, non è che sto dicendo: quanto sarebbe bello il mondo col copyleft, lo so che nessuno ci crede ma vogliamo provare per mostrarvi che è possibile, buono, giusto e compatibile col desiderio di arricchirsi. Dico che se si analizza il trend sociale degli ultimi anni si vede che di fatto si è affermato un uso comune che erode il concetto di copyright alla sua base. Che questo avvenga perché Tizio non ha i soldi per comprarsi il libro, o perché Caio non sa che fare del masterizzatore che ha sul PC, o perché Mevio pensa sia altrimenti impossibilitato a sviluppare buon software, è ininfluente. Pertanto, basandosi su quello che già vediamo possibile nei mezzi e nei fatti, rinunciano alla forma obsoleta del copyright perché oramai serve solo a far mangiare qualcuno sul suo non-lavoro (o meglio sul lavoro altrui) ed impedisce artificialmente la diffusione delle opere.
Insomma, non bisogna dare un modello da seguire nella speranza di un cambiamento basato su una caduta a catena sulla via di Damasco, non va spogliato il sovrano, va solo sottolineando che, come nella famosa fiaba, egli è (già) nudo.
Sulla questione copyright/copyleft, ipse dixit Wu Ming 1 (parlando di libri, che sono il suo campo, ma applicabile anche alla musica):
Anche senza scomodare il Massachussetts Institute of Technology, basta spiegare in soldoni cosa succede coi nostri libri: un utente X si collega al nostro sito e scarica, mettiamo, 54; lo fa dall'ufficio o dall'università, e quivi lo stampa, non spendendoci una lira; lo legge e gli piace; gli piace talmente tanto che decide di regalarlo, e non può certo fare la figura di regalare una risma di fogli A4! Indi ragion per cui, va in libreria e lo compra. Una copia "piratata" = una copia venduta. C'è chi ha scaricato un nostro libro e, dopo averlo letto, lo ha regalato almeno sei o sette volte. Una copia "piratata" = più copie vendute. Anche chi non regala il libro, perché è in bolletta, comunque se gli piace ne parla in giro e prima o poi qualcuno lo comprerà o farà come descritto sopra (download-lettura-acquisto-regalo). Se a qualcuno il libro non piace, almeno non ha speso un centesimo.
In questo modo, come succede per il software libero e per l'Open Source, si concilia l'esigenza di un giusto compenso per il lavoro svolto da un autore (o più genericamente di un lavoratore della conoscenza) con la tutela della riproducibilità dell'opera (vale a dire del suo uso sociale). Si esalta il diritto d'autore deprimendo il copyright, alla faccia di chi crede che siano la stessa cosa.
EDIT: Minchia, a volte devo essere pesante forte.
[Modificato da -Asmodeus- 17/09/2007 19:51]
Io seguo sempre il gregge.
Sono il lupo.