«Tanto per cominciare», elenca la professoressa Maria Canella, «18 mila paia di scarpe del fondo Andrea Pfister, che stiamo tutte fotografando. E poi bozzetti, ritagli, disegni: vedesse quelli di Brunetta, dall’archivio di Biki! Ma anche tonnellate di immagini, e le bolle di resa, e i cataloghi, e le stoffe, e le prove colore: la fabbrica della creatività». Questa grotta di Ali Babà per maniaci di fashion è solo l’inizio di un progetto ambizioso ma a questo punto necessario: l’operazione «Archivi di Moda del Novecento in Lombardia», a cura dell’Università degli Studi di Milano, che sta per mettere in Rete, a disposizione di studiosi e giovani creativi, l’immenso patrimonio di memorie del Made In Italy.
Racconta Quirino Conti, storico e critico della moda, che «nonostante quel che si pensi, e una certa corsa di qualche anno fa allo schizzo firmato, il disegno degli stilisti conta poco: spesso se lo fanno fare da altri. È l’archivio lo strumento fondamentale per capire com’è nato il loro lavoro: per analizzarne evoluzioni, pentimenti, ripensamenti; per individuarne le fonti d’ispirazione».
La professoressa Canella, che del progetto è coordinatrice ma soprattutto è esperta di storia lombarda, da Carlo Cattaneo alle opere di beneficenza ottocentesche, racconta come si stia lavorando sodo per mettere insieme questa «fonte di codici culturali», e che il primo problema è «il censimento di tutto quello che c’è in giro. Abbiamo cominciato dall’archivio dello stilista calzaturiero Andrea Pfister, dal fondo di Biki, che nei Cinquanta fu la sarta delle «sciure» milanesi e pure di Maria Callas, e dal fondo di Barbara Vitti, la pioniera e decana delle pierre, collaboratrice di GTF, Giorgio Armani, Gianni Versace, Valentino. Altri contributi arriveranno: è importante non disperderli, in un momento nodale. Perché la prima generazione di stilisti sta scomparendo o si sta ritirando, e queste ricchezze rischiano di finire chissà dove. Accanto a fondi già perfettamente divisi e catalogati, come quelli di Armani, dei Missoni e della Fondazione Ferré, molta roba si sta forse polverizzando fra armadi e cassetti».
Intanto, le carte di Biki sono custodite presso le raccolte storiche del Museo del Risorgimento; e le migliaia di scarpe di cui dicevamo, creazioni originali di Pfister ma anche pezzi storici da lui recuperati in tutto il mondo, dormono al Politecnico, in un deposito della Biblioteca Tremelloni del Tessile e della Moda.
E pensare che tutto cominciò per una trasparenza di troppo, nell’aprile 1967 a Firenze. Alle sfilate di Palazzo Pitti, dove Ottavio e Rosita Missoni presentano i loro modelli per la prima volta, ci si accorge che le modelle portano, sotto il lamé, biancheria intima troppo ingombrante.
Il tempo è poco e la soluzione una sola: oplà, Rosita manda le ragazze in passerella senza lingerie. Sotto il vestito niente, come si sarebbe scritto (e filmato) qualche anno dopo. Di qui lo scandalo e, l’anno dopo, l’interdizione dal Pitti dei
Missoni, che decidono di sfilare alla piscina Solari di Milano. È l’inizio di una meravigliosa avventura creativa e produttiva per il capoluogo lombardo e poi per il Paese.
«Cos’era Milano in quei primi Anni Settanta! », rimpiange Quirino Conti. «Un’eccitante euforia, un fiorire di professioni nuove, sullo sfondo di una svolta decisa del gusto che si verificava in tutta Europa. Giorgio Armani inventava il greige, colore non colore, e contemporaneamente Roland Barthes teneva, alla Sorbonne, i suoi seminari sul neutro e sull’indefinito».
Oggi, lo studio di questi reperti gli fa venire in mente «certi scatoloni con gli archivi trascurati delle antiche famiglie fiorentine che Alvar GonzálezPalacios cominciò a svuotare dopo l’alluvione del 1966. Saltò fuori che un parascintille era del Laurana, che quella consolle dimenticata era fatta con un pezzo del letto leggendario di Maria Mancini. Percorsi meravigliosi: il camino disegnato magari da Piranesi, o da Valadier. Da lì è cominciata una nuova vita per quelle che finora erano considerate arti minori».
Dagli scatoloni della moda, invece, possono scaturire nuove idee per gli Armani e i Versace del terzo millennio. In attesa del prossimo arrivo sul Web, chi ha bisogno di maggiori informazioni può rivolgersi al Centro Interdipartimentale MIC Moda Immagine Consumi, in via Festa del Perdono,7 a Milano.
di EGLE SANTOLINI
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