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Calcola la tua pensione

Ultimo Aggiornamento: 28/04/2018 23:28
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dopo le manovra di Monti

La tua pensione: clicca e scoprila

 

La tua pensione: clicca e scoprila

 

Vuoi sapere quando andrai in pensione?

Inserisci il tuo sesso, la tua qualifica, l'anno di nascita e l'anno di inizio contribuzione.

Il calcolatore messo a punto da Progetica per Corriere.it ti dice a che età potrai smettere di lavorare

e la differenza rispetto alla situazione pre-riforma.





 


Fonte: Corriere della Sera 7 dicembre 2011 | 14:55

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09/12/2011 13:45

se quell'aggeggio dice il vero dovrei andare in pensione 7 mesi dopo da quanto previsto prima della riforma....meno male, pensavo peggio [SM=x44499]

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Ho capito che se una persona si ritiene superiore, bisogna lasciarla vivere nella sua inferiorità
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09/12/2011 14:10

Mi mandano in pensione a 67 anni e 7 mesi, cioè fra 29 anni [SM=x44472]

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Messaggio all'umanità: TORNA!



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17/12/2011 13:32

2018

10 domande sulle pensioni

Età, Requisiti, Contributivo: cosa fare dopo gli emendamenti per chi ha iniziato entro il '77 sarà possibile lasciare a 64 anni

Ma quanto si perderà con il sistema contributivo pro rata?
Un interrogativo cui non si può dare una risposta precisa, in quanto tutto dipende dall'anzianità accumulata alla fine del 2011 e dalla retribuzione dell'ultimo periodo di lavoro. È bene intanto ribadire che il passaggio al contributivo per tutti riguarderà la sola contribuzione versata a partire dall'anno prossimo. Secondo le stime, la riduzione dell'assegno finale dovrebbe aggirarsi intorno ad un punto percentuale per ogni anno di contributivo. In linea di massima si può dire che tanto più è vicina la pensione e tanto più alto è lo stipendio, meno si perderà. Il vantaggio del conteggio retributivo, infatti, si attenua man mano che sale lo stipendio, visto che al di sopra del cosiddetto «tetto» (pari a circa 44 mila euro) l'aliquota di rendimento del 2%, per ogni anno di contributi, si assottiglia sino a raggiungere l'1%, per la parte di retribuzione pensionabile eccedente gli 82 mila euro.

Le donne possono ancora andare in pensione a 57 anni?
Sì, è così. Le donne (non è così invece per gli uomini) che vorranno andare in pensione con le vecchie regole - ossia a 57 anni di età con 35 di contributi (58 anni se lavoratrici autonome) - potranno continuare a farlo, sino al 2015, scegliendo il trattamento calcolato interamente con il sistema contributivo. Questo criterio, riferito alla contribuzione accumulata nell'arco della intera vita lavorativa, è sicuramente meno vantaggioso del «retributivo», e comporta una perdita in termini di pensione stimabile in misura pari a circa il 20-25%. Se prima, con l'età della vecchiaia a 60 anni, non valeva la pena accettare la riduzione dell'assegno per anticipare un paio d'anni il ritiro dall'attività. Ora, con l'età salita a 62 anni, la possibilità di lasciare a 57 anni (58 le autonome) va valutata con maggiore attenzione.

Raggiunti i 42 anni di contributi si dovrà aspettare un anno per la finestra dei 43?
No, non dovrà più aspettare: la pensione decorrerà dal mese successivo alla cessazione dell'attività. L'inasprimento dei requisiti per ottenere la pensione anticipata (42 anni e un mese gli uomini e 41 e un mese le donne) è stato in parte mitigato dalla soppressione della famosa «finestra mobile» introdotta dalla manovra economica dell'estate 2010. Meccanismo che richiedeva un periodo di attesa, tra la data di perfezionamento del requisito e la decorrenza effettiva della pensione, pari a 12 mesi (18 mesi per i lavoratori autonomi). L'abolizione della finestra, consente quindi di percepire l'assegno a partire dal mese successivo alla domanda.

Che fine hanno fatto le agevolazioni per i lavoratori precoci?
Chi ha cominciato a lavorare giovanissimo può essere annoverato tra i più penalizzati dalla riforma Monti. Un dipendente che si è messo a lavorare a 15 anni e che l'anno prossimo avrebbe raggiunto 40 anni di contributi, compresa la finestra mobile di un anno, sarebbe uscito all'età di circa 56 anni. Adesso dovrà lavorare un anno in più, per raggiungere 42 anni e tre mesi di contributi, ma se uscirà a 57 anni, cioè 5 anni prima dei 62, età richiesta dalle nuove regole, subirà una penalizzazione, sulla quota calcolata con il criterio retributivo dell'1% per ognuno dei primi due anni e 2% per ogni anno in più oltre i 2.

Raggiunta la quota «96» nel 2012 quando si potrà andare in pensione?
Nel 2012, se non fossero intervenute novità, si poteva ancora andare in pensione con la quota «96». Ora le cose sono completamente cambiate. Secondo il decreto legge della scorsa settimana, per lasciare il lavoro il nostro lettore avrebbe dovuto aspettare circa 5 anni e mezzo, per arrivare a 66 anni e mezzo e uscire con l'età di vecchiaia (66 anni dal 2012, soglia che poi salirà di 3 mesi ogni due anni a partire dal 2013). A temperare questo rigore, è però giunto il maxiemendamento, che nel testo definitivo, approvato ieri dalla Camera, ha aperto una chance alternativa proprio per chi ha iniziato a lavorare regolarmente entro il 1977, raggiungendo quindi nel prossimo anno i 35 anni di contributi. In questi casi, infatti, sarà possibile lasciare il lavoro a 64 anni, senza attendere i 66: un sconto di due anni.

Perché il lavoro si allunga e la pensione no?
«Credevo di essere uno degli ultimi fortunati che poteva ancora contare sul sistema di calcolo della pensione interamente retributivo. Ho cumulato 34 anni di contributi e pensavo di lasciare a 40 anni, ma ora dovrò andare avanti per ulteriori due anni. In compenso con il passaggio al contributivo dovrei alla fine avere un assegno più consistente, raggiungendo alla fine oltre 40 anni di versamenti». Le cose, purtroppo per il nostro lettore, non stanno così. Il testo del provvedimento che introduce le nuove regole sulla previdenza, dice esplicitamente che in ogni caso l'importo complessivo della pensione alla data di liquidazione, non può comunque risultare superiore a quello derivante dall'applicazione delle regole di calcolo vigenti prima dell'entrata in vigore della modifica. Nessun corrispettivo dunque per la contribuzione versata dopo i 40 anni.

Ho una pensione di 1.400 euro netti, ci sarà l'indicizzazione?
Sì. Tra le correzioni apportate al testo originario del provvedimento ve n'è una che ha innalzato l'asticella da 936 a 1.402 euro (da due a tre volte il trattamento minimo). La lettrice quindi è salva: la sua pensione l'anno prossimo beneficerà di un aumento di 29 euro. Oltre la soglia di 1.402 scatta invece il congelamento. In proposito, occorre aggiungere che l'innalzamento della soglia da 936 a 1.402 euro, opererà solo per il 2012 e il 2013.

Una donna nata nel 1961 quando potrà andare in pensione?
È difficile dirlo. Tutto dipende ormai dalle cosiddette speranze di vita. La lenta equiparazione dell'età pensionabile delle donne con i 65 anni degli uomini e poi con i 67 anni per tutti è stata, infatti, accelerata, e in maniera piuttosto brusca. Dal 1° gennaio 2012, infatti, l'età delle donne sale a 62 anni, e sarà ulteriormente elevata a partire dal 2013, sulla base dei dati sull'andamento della longevità (62 e 3 mesi, dato già accertato). Per le lavoratrici autonome (commercianti, artigiane e coltivatrici dirette), invece, lo scalone del 2012 è di 2 anni e 6 mesi (l'età sale a da 60 a 62 anni e mezzo). Pertanto, la signora, classe 1961, che sino all'anno scorso cullava l'idea di lasciare il posto di lavoro nel 2021 (a 60 anni) per riscuotere la pensione dopo 3 mesi (la vecchia finestra), ora, sommando l'incremento del requisito anagrafico e l'adeguamento alle aspettative di vita, dovrà aspettare come minimo di spegnere 67 candeline.

Per gli artigiani aumentano pure i contributi da versare all'Inps?
È proprio così. Per compensare i minori risparmi dovuti alla rivista deindicizzazione delle pensioni più modeste, il governo ha scelto di rendere più drastico l'aumento dei contributi previdenziali per artigiani e commercianti. L'aliquota, infatti, passerà gradualmente dal 20 al 24% (invece che al 22%), con uno scatto dell'1,3% nel 2012 e successivi scalini di 0,45% l'anno. In sostanza, i nostri artigiani che nel 2011 avevano versato un contributo minimo di 2.930 euro, l'anno prossimo, a parità di incassi, dovranno sborsare come minimo 3.195 euro.

Una donna del 1952 quanto deve aspettare per prendere la pensione?
Dopo le correzioni apportate in Parlamento, le donne potranno andare in pensione a 64 anni, se entro il 2012 raggiungono i 60 anni di età e un'anzianità contributiva di almeno 20 anni. Le ultime correzioni, definite «eccezionali» dal testo di legge, nascono per attenuare gli effetti del cambio di regole su coloro che nel vecchio sistema sarebbero stati alla vigilia del pensionamento, come gli appartenenti alla classe 1952. Nel caso delle lavoratrici, che nel 2012 avrebbero raggiunto i 60 anni previsti fino a ieri per la vecchiaia e nel 2013 sarebbero andate in pensione all'apertura della finestra «mobile», l'impatto è però modesto. Il nuovo canale permette il pensionamento a 64 anni, nel 2016, ma per le nate nella prima metà dell'anno non cambia nulla: l'innalzamento dell'età di vecchiaia previsto dal decreto porta il parametro a 63 anni e 6 mesi nel 2015, e dunque le donne nate fino a giugno del 1952 possono sfruttare questo canale, con un «ritardo» di due anni rispetto alla vecchia uscita messa in calendario per il 2013.

Fonte: Corriere della Sera - Domenico Comegna 17 dicembre 2011 | 11:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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27/04/2018 10:42

Anche se bisognerebbe fare delle precisazioni, ad es. con 43 anni di contributi pensionistici versati si va in pensione a qualunque età (anche 60 anni). Questa contribuzione riportata in foto corrisponde ad uno stipendio di almeno 3'000 euro al mese a cui corrisponde una pensione di oltre 2'500 euro. Poi quanti li hanno versati 40 anni fa 1'000 euro (o 2.000.000 di lire) al mese di contributi? [SM=x44473]

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è una fakenews
[Modificato da riccardo60 27/04/2018 10:46]
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27/04/2018 22:07

Re:
riccardo60, 27/04/2018 10.45:

è una fakenews




Certamente, come avevo premesso, i numeri sono esagerati, ma rimane il nocciolo della questione: con tutti i contributi pagati durante il periodo lavorativo, quanti anni di pensionamento ci vorranno per riprenderli tutti? [SM=x44473]

E poi, rispetto alla pensione sociale minima, qual è la differenza tra chi ha lavorato un'intera vita con regolari contratti dove son stati versati regolarmenti tutti i contributi? [SM=x44473]

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Re: Re:
Etrusco, 27/04/2018 22.07:




Certamente, come avevo premesso, i numeri sono esagerati, ma rimane il nocciolo della questione: con tutti i contributi pagati durante il periodo lavorativo, quanti anni di pensionamento ci vorranno per riprenderli tutti? [SM=x44473]

E poi, rispetto alla pensione sociale minima, qual è la differenza tra chi ha lavorato un'intera vita con regolari contratti dove son stati versati regolarmenti tutti i contributi? [SM=x44473]



E non è tutto [SM=x44458]

Tu calcola che quando vai in pensione magari con una miseria i soldi che ti passa l'INPS a fine mese sono sempre quelli

Tanti dicono" beh li hai sicuri!" a parte che di sicuro c'è solo la morte, ma c'è da tenere presente

prendo esempio 1.200 euro

e ogni 2 mesi mi aumentano il prodottino della spesa 10centesimi, un prodotto quello e quell'altro si fa in fretta ad arrivare a 10 euro

il prodotto è aumentato ma il cedolino pensione da sempre 1.200 euro

Riguardo i contributi versati?

Etrù quelli sono stati una donazione allo stato e non li rivedrai mai più

Contributiva, Retributiva,Mista

Questa è stata la grande inculata, ai tempi gente è andata in pensione con quello che guadagnava mensilmente sibben che il passaggio lira euro ha steso pure chi prendeva 2 milioni di pensione



Criterio di calcolo della pensione varia a seconda dell'anzianità contributiva maturata dal lavoratore al 31 dicembre 1995.

La pensione è calcolata con il sistema di calcolo contributivo per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e per coloro la cui pensione è calcolata col suddetto sistema in base agli istituti vigenti.

La pensione è calcolata con il sistema retributivo e misto (una quota con il sistema retributivo e una quota con il sistema contributivo) per i lavoratori con anzianità contributiva al 31 dicembre 1995.

Dal 1° gennaio 2012, a tutti i lavoratori viene applicato il sistema di calcolo contributivo sulla quota di pensione corrispondente alle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2012.

IL SISTEMA RETRIBUTIVO

Il sistema retributivo si applica alle anzianità contributive maturate fino al 31 dicembre 2011 dai lavoratori con almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995.
Secondo tale sistema, la pensione è rapportata alla media delle retribuzioni (o redditi per i lavoratori autonomi) degli ultimi anni lavorativi.

Si basa su tre elementi:

l'anzianità contributiva, data dal totale dei contributi fino a un massimo di 40 anni, che il lavoratore può far valere al momento del pensionamento e che risultano accreditati sul suo conto assicurativo, siano essi obbligatori, volontari, figurativi, riscattati o ricongiunti;
la retribuzione/reddito pensionabile, data dalla media delle retribuzioni o redditi percepiti negli ultimi anni di attività lavorativa, opportunamente rivalutate sulla base degli indici ISTAT fissati ogni anno;
l'aliquota di rendimento, pari al 2% annuo della retribuzione/reddito percepiti entro determinati limiti stabiliti con legge per poi decrescere per fasce di importo superiore. Ciò vuol dire che, se la retribuzione pensionabile non supera tale limite, con 35 anni di anzianità contributiva la pensione è pari al 70% della retribuzione, con 40 anni è pari all'80%.
L'importo della pensione con il sistema retributivo si compone di due quote.

La quota A è determinata sulla base dell'anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1992 e sulla media delle retribuzioni degli ultimi 5 anni, o meglio, delle 260 settimane di contribuzione immediatamente precedenti la data di pensionamento per i lavoratori dipendenti, e dei 10 anni (520 settimane di contribuzione) immediatamente precedenti la data di pensionamento per i lavoratori autonomi.

La quota B è determinata sulla base dell'anzianità contributiva maturata dal 1° gennaio 1993 alla data di decorrenza della pensione e sulla media delle retribuzioni/redditi degli ultimi dieci anni per i lavoratori dipendenti e degli ultimi 15 anni per gli autonomi.

IL SISTEMA MISTO

Il sistema misto si applica ai lavoratori con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 e a decorrere dal 1° gennaio 2012 anche ai lavoratori con un'anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni al 31 dicembre 1995.

Per i lavoratori con un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31 dicembre 1995 la pensione viene calcolata in parte secondo il sistema retributivo, per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata dal 1° gennaio 1996.

Per i lavoratori con un'anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni al 31 dicembre 1995 la pensione viene calcolata in parte secondo il sistema retributivo, per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 2011 secondo le modalità descritte nel paragrafo relativo al sistema retributivo, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità contributiva maturata dal 1° gennaio 2012.

IL SISTEMA CONTRIBUTIVO

La pensione è calcolata esclusivamente con il sistema di calcolo contributivo per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 1° gennaio 1996 e per i lavoratori che, in base a istituti attualmente vigenti, conseguono la liquidazione della pensione con il calcolo contributivo.

Per esercitare la facoltà di opzione è necessario che i lavoratori abbiano un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31 dicembre 1995 e possano far valere, al momento dell'opzione, una anzianità contributiva di almeno 15 anni, di cui cinque successivi al 1995.

Tale facoltà non può essere esercitata da chi ha maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni al 31 dicembre 1995.

Ai fini del calcolo occorre:

individuare la retribuzione annua dei lavoratori dipendenti o i redditi conseguiti dai lavoratori autonomi o parasubordinati;
calcolare i contributi di ogni anno sulla base dell'aliquota di computo (33% per i dipendenti. Quella vigente anno per anno per gli autonomi come da circolare 29 gennaio 2016, n. 15 e per gli iscritti alla Gestione Separata che varia anche a seconda della situazione del contribuente come da circolare 29 gennaio 2016, n. 13);
determinare il montante individuale che si ottiene sommando i contributi di ciascun anno opportunamente rivalutati sulla base del tasso annuo di capitalizzazione derivante dalla variazione media quinquennale del PIL (Prodotto Interno Lordo) determinata dall'ISTAT;
applicare al montante contributivo il coefficiente di trasformazione, che varia in funzione dell'età del lavoratore, al momento della pensione.
Montante contributivo++

Il montante individuale rappresenta il capitale che il lavoratore ha accumulato nel corso degli anni lavorativi.

Per determinare il montante individuale dei contributi occorre:

individuare la base imponibile annua, cioè la retribuzione annua per gli iscritti alle gestioni pensionistiche dei lavoratori dipendenti ovvero il reddito annuo per gli iscritti alle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi, corrispondente ai periodi di contribuzione (obbligatoria, volontaria, figurativa, da riscatto, da ricongiunzione) fatti valere dall'assicurato in ciascun anno;
calcolare l'ammontare dei contributi di ciascun anno moltiplicando la base imponibile annua per l'aliquota di computo del 33% per i periodi di contribuzione da lavoratore dipendente, ovvero per l'aliquota di computo di anno in anno vigente per i lavoratori autonomi e per i parasubordinati;
sommare l'ammontare dei contributi di ciascun anno, rivalutato annualmente sulla base del tasso annuo di capitalizzazione risultante dalla variazione media quinquennale del PIL nominale, appositamente calcolata dall'ISTAT con riferimento al quinquennio precedente l'anno da rivalutare. Il tasso di capitalizzazione è stato modificato da ultimo dal decreto legge 21 maggio 2015, n. 65.

"""""L'importo così ottenuto costituisce la quota di montante individuale dei contributi per i periodi maturati successivamente al 31 dicembre 1995.""""""" ( E QUI NASCE LA MISTA) dopo il 96 te ciàpet un casso perchè scatta la retributiva

La rivalutazione del montante contributivo su base composta deve essere operata il 31 dicembre di ciascun anno con esclusione della contribuzione dello stesso anno e ha effetto per le pensioni aventi decorrenza dal 1° gennaio dell'anno immediatamente successivo.


La pensione è bella, ma se non ci vai con qualche soldo da parte incominci a pensare gli stipendi di quando lavoravi

Giusto cmq che uno/a a un certo punto stoppa, non puoi andare avanti a lavorare fino a 70 anni, rischi che dopo un mese che sei in pensione crepi subito perchè cambi di colpo la routine fisica al tuo corpo

Un morto cosi per l'INPS è un affare [SM=x44458]

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28/04/2018 00:34

Il fatto più evidente è che le condizioni della pensione sono peggiorate notevolmente rispetto a quelle dei nostri genitori: dobbiamo lavorare di più per prendere meno...
e chi non può integrare la pensione con qualcosaltro, con una pensione privata o con altri risparmi, rischia di trovarsi molto male...

Ma come siamo arrivati a questo punto? Per via del periodo di vacche grasse, durante i primi decenni della repubblica, quando il sistema pensionistico ancora non era andato a regime? Quando cioè erano più i contributi che entravano rispetto ai pagamenti per le pensioni che uscivano?
Oppure tutto è collassato con l'ingresso nell'UE e con l'introduzione dell'Euro?

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Re:
Etrusco, 28/04/2018 00.34:



Ma come siamo arrivati a questo punto? Per via del periodo di vacche grasse, durante i primi decenni della repubblica, quando il sistema pensionistico ancora non era andato a regime? Quando cioè erano più i contributi che entravano rispetto ai pagamenti per le pensioni che uscivano?
Oppure tutto è collassato con l'ingresso nell'UE e con l'introduzione dell'Euro?



Il sistema contribuitivo è sempre stato iniquo, al collasso ci saremmo arrivati anche senza il periodo di vacche grasse, basta osservare la curva dei "lavoratori contribuenti".

E in futuro sarà ancora peggio, i lavoratori diminuiranno e i pensionati sono destinati ad aumentare, ma il punto è che...anche se i lavoratori diminuiscono, con i progressi fatti dalla tecnologia la ricchezza prodotta rimane uguale e forse aumenta pure, e questa ricchezza dovrebbe poter essere distribuita equamente, e invece finisce sempre nelle solite tasche. [SM=x44464]
[Modificato da riccardo60 28/04/2018 08:18]
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Re:
Etrusco, 28/04/2018 00.34:

Il fatto più evidente è che le condizioni della pensione sono peggiorate notevolmente rispetto a quelle dei nostri genitori: dobbiamo lavorare di più per prendere meno...
e chi non può integrare la pensione con qualcosaltro, con una pensione privata o con altri risparmi, rischia di trovarsi molto male...

Ma come siamo arrivati a questo punto? Per via del periodo di vacche grasse, durante i primi decenni della repubblica, quando il sistema pensionistico ancora non era andato a regime? Quando cioè erano più i contributi che entravano rispetto ai pagamenti per le pensioni che uscivano?
Oppure tutto è collassato con l'ingresso nell'UE e con l'introduzione dell'Euro?



"""e chi non può integrare la pensione con qualcosaltro"

Avevo la pensione integrativa Byblos, in 10 anni che ho versato un sacco di soldi detratti dalla busta alla fine ho tirato su un 10.000 euro scarsi, hai voglia a crearti un vitalizio futuro con sti fondi [SM=x44458]


"Oppure tutto è collassato con l'ingresso nell'UE e con l'introduzione dell'Euro?"

senza ombra di dubbio

Ho trovato gente che è andata in pensione con la lira e diciamo che cmq prendevano bene e si sentivano in una botte di ferro
dopo due anni di euro sono dovuti andare a lavorare in nero se no non sbarcavano il lunario mensile

Chi non è stato toccato logicamente dice di no [SM=x44458]
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Re: Re:
riccardo60, 28/04/2018 08.18:



Il sistema contribuitivo è sempre stato iniquo, al collasso ci saremmo arrivati anche senza il periodo di vacche grasse, basta osservare la curva dei "lavoratori contribuenti".

E in futuro sarà ancora peggio, i lavoratori diminuiranno e i pensionati sono destinati ad aumentare, ma il punto è che...anche se i lavoratori diminuiscono, con i progressi fatti dalla tecnologia la ricchezza prodotta rimane uguale e forse aumenta pure, e questa ricchezza dovrebbe poter essere distribuita equamente, e invece finisce sempre nelle solite tasche. [SM=x44464]



"""" basta osservare la curva dei "lavoratori contribuenti"""""


Ho notato una cosa rispetto agli anni 80, qui non lavora più nessuno, negli anni 80 al pomeriggio non vedevi in giro nessuno perchè erano tutti a lavorare, ora al pomeriggio vedi in giro il mondo a fare un cazzo
contributi all'INPS che girano con il conta gocce [SM=x44463]



Il primo cedolino della pensione prendilo e attaccalo a un crocefisso che hai in casa, e ogni mattina guardalo e fai una preghiera [SM=x44458]

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Re: Re: Re:
pliskiss, 28/04/2018 14.59:




Ho notato una cosa rispetto agli anni 80, qui non lavora più nessuno, negli anni 80 al pomeriggio non vedevi in giro nessuno perchè erano tutti a lavorare, ora al pomeriggio vedi in giro il mondo a fare un cazzo









A dire la verità nei nostri paesini è ancora più o meno uguale, e non solo nel bergamasco, ultimamente vengo spesso dalle tue parti e non mi pare che ci sia in giro molta gente di giorno,
ovviamente sto parlando di paesi piccoli e non di grandi città, in quelle c'è sempre stato movimento.
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28/04/2018 18:26

Re: Re: Re: Re:
riccardo60, 28/04/2018 15.09:



A dire la verità nei nostri paesini è ancora più o meno uguale, e non solo nel bergamasco, ultimamente vengo spesso dalle tue parti e non mi pare che ci sia in giro molta gente di giorno,
ovviamente sto parlando di paesi piccoli e non di grandi città, in quelle c'è sempre stato movimento.




Insomma c'è da pensar male? spacciano? delinquono? fanno qualcosa di losco? o vivono sulle spalle dei pochi contribuenti rimasti? [SM=x44465]
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Re: Re: Re: Re: Re:
cannonball, 28/04/2018 18.26:




Insomma c'è da pensar male? spacciano? delinquono? fanno qualcosa di losco? o vivono sulle spalle dei pochi contribuenti rimasti? [SM=x44465]




No, quello che intendevo dire è che nei piccoli paesi ci si arrangia, e per chi ha voglia di lavorare qualcosa si trova sempre.
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Re: Re: Re: Re: Re:
cannonball, 28/04/2018 18.26:




Insomma c'è da pensar male? spacciano? delinquono? fanno qualcosa di losco? o vivono sulle spalle dei pochi contribuenti rimasti? [SM=x44465]



""Insomma c'è da pensar male? spacciano? delinquono?""

Infatti, cerchiamo di non pensare sempre male

Non si può pretendere che uno senza il lavoro sta in casa a deprimersi

Tanti lo trovano, ma magari x due o tre mesi poi sono punto e a capo

fanno cassa e finche non arriva un altra opportunità cazzeggiano, tutto ciò è dettato che il lavoro fisso non esiste più

Conosco tanti senza lavoro, vengono al bar e fanno 4 chiacchiere e mi raccontano delle loro domande rifiutate, uno pur di lavorare è andato ad asfaltare le strade ed è contento, ma mi ha detto che la garanzia di un lavoro continuo non c'è neppure li, arrivano extra comunitari che si offrono a meno e ti dicono di stare a casa

La Bamba gira come il pane, ma ci sono i controlli in borghese e se ti beccano 2 annetti te li fai sicuri se sei Italiano, qualcuno ha studiato e a conti in mano preferisce fare un cazzo che finire in carcere

Se magari un qualche stronzo a Roma si decide a tassare di meno chi ha opportunità di offrire lavoro, magari qualche cosa cambia [SM=x44450]


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