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Parlando di sprechi

Ultimo Aggiornamento: 19/07/2012 18:07
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19/07/2012 15:11


Attualmente mi pare che la cosidetta Spending Review tenda a tagliare drasticamente per far quadrare i conti, senza analizzare a fondo i problemi.

Tagliano i tribunali, tagliamo i posti letti, così i conti sembrano a posto, però non perdiamo tempo a cercare gli sprechi.

E qui sono molto deluso dal comportamente di questi tecnici, anzichè andare a cerecare gli sprechi ed eliminarli si è sparato nel mucchio. Per fare questo non serviva una laurea, e potevamo tenerci i vecchi politici.

Una spending review seria avrebbe dovuto mettersi a controllare tutte le voci di psesa nello specifico, verificare perchè i cerotti all'ospedale costano di più che a comprarli in farmacia, perchè l'ufficio X è in affitto quando c'è un locale di proprietà del ministero inutilizzato, ecc.

Sarebbe stata una cosa lunga, ci sarebbero voluti mesi, ma sarebbe stato un lavoro migliore.

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Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo.

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I videogiochi non influenzano i bambini. Voglio dire, se Pac Man avesse influenzato la nostra generazione ora staremmo tutti saltando in sale scure, masticando pillole magiche e ascoltando musica elettronica ripetitiva."
(Kristian Wilson, Nintendo Inc., 1989)

Pochi anni dopo nacquero le feste rave, la musica techno e l'ecstasy...

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19/07/2012 15:16

Tanto per fare un esempio di sprechi da tagliare...


L’impiegato Siae, l’anno di 445 giorni e quelle notti che valgono doppio

ROMA – L’anno lavorativo di un impiegato Siae è di ben 445 giorni. Circa 80 giorni di vita in più di un semplice lavoratore. Questo perché le notti lavorative alla Siae valgono doppio e iniziano alle 13.45. Insomma c’è chi va in pausa pranzo a quell’ora, e chi invece timbra un cartellino che vale per due notti. Il conto di Gian Antonio Stella per il Corriere della Sera si basa su un addetto ligure della Siae, che nel 2010 ha accumulato 386 giornate di lavoro, 54 giorni di assenza ferie e 5 giorni di malattia, un totale di 445 giorni con un compenso aggiuntivo di 54 mila euro.

Il lavoratore della Siae poi non deve presentare un certificato medico, anche se si assenta per 3 giorni dalle sue mansioni. Una concessione che ha permesso ai suoi dipendenti nel 2012 di accumulare 9.351 assenze di malattia, che Stella definisce “in franchigia”, con un danno da 2 milioni di euro nella cassa della Siae. Una stranezza legalizzata per contratto, come spiega Stella, che è insensato per una società privata che svolge un ruolo pubblico e che in caso di fallimento potrebbe chiedere, e ricevere, aiuti dallo Stato. Un trend di assenze “in franchigia” che nel 2011, dopo una stretta decisa dai dirigenti, ha portato ad un crollo del 31 per cento delle malattie da una giornata, del 30 per cento di quelle da due giornate e del 18,5 per cento di quelle da tre giornate rispetto al 2010.

Il monte ferie poi prevede 30 giorni lavorativi, più 6 di recupero compensativo comprendenti le 4 festività soppresse. Inoltre possono contare su 24 ore di “permesso retribuito da non recuperare”, per un totale di altri 3 giorni e 37 minuti che ben pesa su una settimana lavorativa di 36 ore. I congedi straordinari non potevano mancare: 12 mesi di aspettativa a stipendio intero più 12 mesi al 50 per cento dello stipendio, più 16 mesi non retribuiti. Il posto di lavoro è dunque garantito per ben 41 mesi.

Fonte



Quell'Affittopoli con il bollino Siae per vertici e sindacati

Mutui di 40 anni ultra agevolati anche ad amici, parenti e inquilini novantenni. Aperta un'inchiesta interna

La Siae è la società che dovrebbe tutelare le opere d’ingegno, ma come si vedrà ha mostrato un grande ingegno nell’opera di tutelare gli amici e gli amici degli amici. Il vero scandalo non è la (inesistente) svendita del patrimonio immobiliare descritto settimane fa dal Corriere della sera e stigmatizzato dai sindacati. Ma è quanto starebbe emergendo dall’indagine interna predisposta dal direttore generale Gaetano Blandini finalizzata – come si legge in un take dell’agenzia Ansa dell’11 gennaio 2012 - a «raccogliere documentazione per presentare un esposto alla magistratura al fine di accertare eventuali responsabilità di una passata gestione degli immobili del fondo pensioni, gestione che presenta gravissime ombre ed ha comportato pesanti e costanti oneri a carico del bilancio Siae».

Un’iniziativa che a detta di Blandini avrebbe scatenato «la reazione di quanti (evidentemente esperti di disinformazione) temono di perdere “orticelli”, privilegi e “rendite di posizione...”».

Per capire a cosa diavolo si riferisse il Dg abbiamo provato a chiedere lumi direttamente all’interessato, che cortesemente ha declinato l’invito precisando che parlerà, se parlerà, solo al momento opportuno, cioè quando la magistratura avrà fatto il suo corso. Il sospetto è che abbiamo calpestato lo stesso orticello intoccabile evocato da Blandini, che avrebbe visto premiati direttori e vicedirettori Siae, segretarie, fidanzate, moglie, figli, sindacalisti che vivono in fitto, spesso a quattro soldi, negli appartamenti più belli della Siae del suo Fondo pensione. Appartamenti ripetutamente negati a impiegati comuni, con più figli a carico, come riferito in lettere all’Ente visionate dal Giornale. Appartamenti che, con un colpo di mano, costoro avrebbero voluto pure comprarsi con mutui a 40 anni dando come anticipo la cifra stellare di 500 euro.

Seguiteci. Le polemiche scaturite nei confronti del nuovo direttore generale per la decisione di cedere parte degli immobili dell’Ente a fondi, denominati «Norma» e «Aida», curiosamente non affrontano il pregresso che avrebbe poi portato alla asserita vendita del patrimonio. Prima dell’arrivo del mostro Blandini, la Siae decide di avviare l’istruttoria per la cessione, a prezzi di favore, di alcune abitazioni di via Borgia, a Roma, in cui vivono i fortunati Siae (e loro discendenti). I prezzi vanno da 170 a 500mila euro. I primi 16 fortunati sono, guarda caso, l’ex direttore del fondo pensioni e sua figlia, un sindacalista della Cgil e un bel po’ di giovanotti nati tra il 1924 e il 1946 che approfittano dell’occasione perché per la caparra bastano solo 500 euro (in realtà, questi soldi nemmeno li versano, perché vengono decurtati dalla cauzione versata a suo tempo per il fitto di casa) ma soprattutto per il vantaggiosissimo piano di mutuo in 40 anni predisposto dalla Siae che prevede 480 comode rate mensili al 2 per cento d’interesse (nessuno si è posto il problema di immaginare un acquirente che termina di pagare il mutuo a 128 anni).

D’altronde, che non guardino al capello in società lo hanno capito, per tempo, quegli inquilini – tra cui chi grida allo scandalo per la mossa di Blandini di affidare a soggetti terzi e indipendenti la gestione di una porzione del patrimonio immobiliare – che si sono «dimenticati» di versare il canone mensile. La lista dei morosi è lunga, le sorprese non mancano, e non mancano nemmeno i sindacalisti che si sono dimenticati di pagare l’affitto. C’è chi è in debito per 30mila euro non avendo saldato i canoni dal 2009 al 2011; chi ha smesso di pagare nel luglio del 2010 e a tutt’oggi ha 11mila euro di quote non corrisposte; chi – il sindacalista Massimiliano Begni, per fare un nome – dovrebbe versare nelle casse della società ancora 25mila euro per poter essere in regola con i pagamenti, eccetera. Logico che, di quest’andazzo, le casse della società inizino ad andare in affanno e che i nuovi manager decidano di vederci chiaro e di intervenire: nella sola via Aristide Leonori, dove la Siae è proprietaria di svariate decine di appartamenti, il rosso segna 140mila euro per fitti non riscossi. Va meglio in via Ubaldo degli Ubaldi, dove le morosità sono all’incirca un terzo (50mila euro). Soldi che chissà se l’Ente rivedrà mai, come dimostra il fatto che un ex inquilino ha restituito le chiavi, ma non i 29mila euro di arretrati.

E pensare che i fitti sono tutt’altro che stellari. In via Ubaldo degli Ubaldi, ad esempio, il mensile scende fino 600 euro, che diventa di 300 in via Borgia. In media, in via Flaminia Vecchia e in via Pellati, così come in via Leonori, il canone si aggira sugli 800/900 euro al mese.Per i sindacati, però, lo scandalo da denunciare è solo quello della cessione al fondo «Norma» di due immobili del valore di 91 milioni di euro e a quello «Aida» di 5 edifici, di proprietà del fondo pensione Siae, del valore di 58 milioni di euro, cessione pensata per strappare il patrimonio immobiliare alle fameliche orde di affittuari e aspiranti compratori. Nemmeno una parola, da parte dei sindacati, per chiedere spiegazioni - ad esempio - sugli appalti vinti dalla ditta che ristruttura l’appartamento di un ex presidente; i 100mila euro di fatture per 4 mesi di lavoro dell’idraulico; il lavatoio che si trasforma in un giardino pensile per cene a lume di candela. E tanto altro. Prendete un sindacalista doc come il già citato ex segretario nazionale Confsal, Massimiliano Begni, già affittuario Siae. Contattato da il Giornale balbetta qualcosa e poi cade dalle nuvole: «Com’è ’sta storia della caparra da 500 euro? Beh, se è successo è grave, qualcuno deve fare un’indagine su questa cosa. Non credevo che si fosse avuta occasione per comprare casa dalla Siae con un anticipo del genere. Due anni fa, anche a me arrivò un foglietto con scritto il prezzo della casa, cioè 500mila euro, ma ho lasciato perdere... Resto sbalordito».

Ma è sul mutuo quarantennale concesso ai nonnini che Begni – che giustappunto vive in un appartamento della Siae – esplode in una sonora risata: «Quindi le case le vendono ai vecchietti di adesso? Boh. Sarà successo qualche cosa a livello di gestione, noi come sindacato non ce ne siamo mai occupati». Non ride, Begni, quando chiediamo spiegazioni sul perché, da tre anni, non paga il fitto di casa (risulterebbe una morosità di quasi 25mila euro): «Adesso mi sembra proprio eccessivo parlarne. Però voglio dire che quei 25mila euro sono a compensazione di lavori di messa in sicurezza in cantina, che doveva fare il Fondo e siccome non ho avuto risposte da loro, ho fatto io. La casa l’ho avuta dopo 16 anni».

Chi, invece, ha usufruito dell’opzione-shock per l’acquisto della casa è un sindacalista della Cgil, ragioniere del Fondo Pensione Siae, Roberto Belli. Ecco cosa ci ha detto: «Ma nessuna trattativa per la compravendita è stata conclusa, perché la cessione delle abitazioni con il sistema dell’acconto da 500 euro è stata revocata (da Blandini, ndr). Non so perché fu stabilito, da parte del Cda, questa procedura. Anche io ho dato un acconto, ma è superiore ai 500 euro cui pure avevo diritto». Vero: 60mila per una casa che ne vale mezzo milione. Da pagare con comode rate, piano piano, al due per cento, per quarant’anni. Con bonifici dall’aldilà?

Fonte



La grande famiglia dei dipendenti Siae Quattro su dieci legati da «parentela»] La grande famiglia dei dipendenti Siae
Quattro su dieci legati da «parentela»


Stipendio di 64 mila euro e benefit: bonus lavanderia e di penna. Eppure ci sono 189 cause di lavoro.

ROMA - Per far sentire i propri dipendenti come in famiglia la Siae non ha rivali: pensa anche al bucato. Chi va in missione può far lavare e stirare camicie e mutande a spese dell'azienda. Dieci euro e 91 centesimi vale la speciale «indennità lavanderia» quotidiana che scatta in busta paga dopo il quarto giorno passato fuori sede.

Quanti lo ritengono un privilegio anacronistico non sanno che la Società degli autori ed editori è anche tecnicamente un gruppo familiare. Al 42 per cento. Nel senso che ben 527 dei 1.257 assunti a tempo indeterminato (il 42 per cento del totale, appunto) vantano legami di famiglia o di conoscenza. Ci sono figli, nipoti, mariti e mogli di dipendenti ed ex dipendenti. Ma anche congiunti di mandatari (cioè gli esattori dei diritti) di sindacalisti e perfino di soci. E poi rampolli di compositori e parolieri, perfino delle guardie incaricate della vigilanza nella sede centrale.

La lista è sterminata, con intrecci che attraversano ogni categoria. Dei 559 entrati alla Siae durante gli anni per chiamata diretta, ben 268 sono parenti. Idem 57 dei 128 reclutati tramite il collocamento obbligatorio. E 55 dei 154 che hanno superato le selezioni speciali. Ma perfino 147 dei 416 assunti per concorso hanno rapporti di parentela.

I nomi dicono poco o nulla. Ciò che importa è che in questo clan familiare gigantesco finora tutto sia filato liscio, senza bisogno di mettere nulla per iscritto. Ecco spiegato perché alla Siae non esiste nemmeno un contratto di lavoro vero e proprio. I rapporti fra l'azienda e i dipendenti, come hanno toccato con mano il commissario Gian Luigi Rondi, i suoi due vice Mario Stella Richter e Domenico Luca Scordino, nonché i loro collaboratori, sono regolati da micro accordi che hanno determinato condizioni senza alcun paragone in realtà aziendali di questo Paese. Cominciando dallo stipendio: 64 mila euro in media per i dipendenti e 158 mila per i dirigenti. Con un sistema di automatismi che fa lievitare le buste paga a ritmi biennali fra il 7,5 e l'8,5 per cento. Per non parlare della giungla dei benefit che prevede, oltre alla già citata indennità per il bucato, quella che in Siae viene chiamata in modo stravagante «indennità di penna». Altro non è che una somma mensile, da un minimo di 53 a un massimo di 159 euro, riconosciuta a tutto il personale per il passaggio dalla «penna» al computer. C'è poi il «premio di operosità», la gratifica per l'Epifania, tre giorni di franchigia per malattia senza obbligo di certificato medico, 36 giorni di ferie... Le conseguenze? Sono nelle cifre delle perdite operative accusate dalla Siae negli ultimi anni: 21,4 milioni nel 2006, 34,6 nel 2007, 20,1 nel 2008, 20,9 nel 2009, 27,2 nel 2010. Cifre cui dà il suo piccolo contributo anche il costo del contenzioso. Perché si litiga anche nelle migliori famiglie. Nonostante condizioni di favore che non hanno eguali nel panorama degli enti pubblici o parapubblici, negli ultimi cinque anni i dipendenti della Siae hanno attivato 189 cause di lavoro. Con un costo medio per l'azienda di un milione 469 mila euro l'anno.

Insomma, un bagno di sangue. Del quale ancora non si vede la fine. I commissari hanno tagliato 2,8 milioni di spese generali e un milione e mezzo di costi della dirigenza, sperando poi di risparmiarne altri 3 rivedendo gli accordi con i mandatari: un groviglio di 605 agenzie disseminate irrazionalmente sul territorio con dimensioni medie ridicole, se si pensa che il ricavo medio di ciascuna è di 128 mila euro l'anno. Ma il vero problema è quello del personale, perché finora tutti tentativi di normalizzare la situazione applicando un qualsiasi contratto di lavoro sono miseramente naufragati nella melma di uno stato d'agitazione proclamato dai sindacati interni.

La questione fa il paio con la vicenda del Fondo pensioni, istituito nel 1951, che deve provvedere al pagamento degli assegni di quiescenza del personale ed è una delle cause principali del dissesto che ha portato un anno fa al commissariamento. Ha un patrimonio interamente investito in immobili, con un valore di mercato di 205 milioni. Ma che non rende praticamente nulla. Tanto che finora, per riuscire a pagare le pensioni, la Siae ha dovuto mettere costantemente mano al portafoglio, aggravando non poco il proprio conto economico. Basta dire che il Fondo ha assorbito 130 milioni di contributi aziendali, con la previsione di ingoiarne altri 60 nei prossimi dieci anni.

Nel tentativo di rimetterlo in sesto, e anche in conseguenza delle nuove regole sugli investimenti degli enti previdenziali, sono stati istituiti due fondi immobiliari. Il che ha scombinato i piani di vendita di alcuni stabili di proprietà della Siae a condizioni favorevolissime: minimo anticipo e dilazioni di pagamento quarantennali. Parliamo degli immobili a destinazione residenziale occupati fra l'altro dai dipendenti della Società degli autori ed editori. Che hanno una caratteristica comune: su 37 affittuari, 34 sono sindacalisti. Fra di loro figura anche il contabile dello stesso Fondo pensioni. Si tratta di Roberto Belli, responsabile della Slc-Cgil nonché fratello di una dipendente attualmente in servizio e di una ex dipendente Siae (rispettivamente Antonella e Patrizia Belli), destinatario di una recentissima e sorprendente contestazione disciplinare. Il 13 giugno la direzione generale gli ha spedito una lettera dove si dice che una verifica condotta dalla Ria&partners, la società di revisione del bilancio del Fondo, ha fatto saltare fuori alcuni bonifici per un totale di 30 mila euro che insieme ad alcuni assegni e versamenti, c'è scritto, «non risultano autorizzati e non trovano riscontro nelle registrazioni contabili». Denaro, dicono i documenti bancari, trasferito dal conto Bancoposta del Fondo stesso ai conti correnti bancari personali di Belli e della sua compagna. Inevitabile, adesso, la richiesta di spiegazioni convincenti.

Sergio Rizzo

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19/07/2012 15:19

Sicilia, un esercito di dipendenti e cinque miliardi di buco
L'isola sull'orlo del default.
L'allarme della Corte dei Conti: ecco tutte le spese folli
laura anello
palermo

Che finisse così, con la Regione siciliana a un passo dal fallimento, lo si poteva profetizzare quasi trent’anni fa, nel 1984, quando i papaveri di Palazzo decisero di acquistare due orche marine in Islanda. Costo: duecento milioni di lire e spiccioli. Destinazione: un parco acquatico da realizzare sulla costa di Sciacca, speculazione edilizia maldestramente spacciata come valorizzazione ambientale. E pazienza se il progetto non partì mai e le orche sono rimaste per decenni a fare i salti in una piscina islandese, come pensionanti di lusso, alla modica cifra di sei milioni di lire al mese. A carico dei contribuenti siciliani, s’intende.

Adesso, adesso che Monti tuona, adesso che si agita il fantasma del commissariamento e anche il più cinico dei funzionari ha perso la certezza che tanto la barca non affonderà mai, l’elenco degli sprechi della Regione è un viaggio dentro un’idea di autonomia brandita come scudo corporativo. Qui, solo qui, tra le auguste sale di Palazzo dei Normanni dove un tempo Federico II – lo Stupor Mundi - aveva portato la sua reggia e la sua corte di poeti, i 90 consiglieri regionali dell’assemblea si chiamano onorevoli e hanno le stesse prerogative dei senatori, a partire dai 19.685 euro lordi al mese. Tra i benefit, sono riusciti a dotarsi anche di un contributo per il passaggio a miglior vita: cinquemila euro per le spese funerarie, alla faccia della scaramanzia.

Qui e solo qui, fino a pochi mesi fa, qualsiasi dipendente dell’amministrazione che avesse un parente da assistere poteva andare in pensione dopo soli 25 anni di servizio, una via di fuga che nel 2011 hanno imboccato in 500. E ancora: qui e solo qui, è successo che mentre l’isola era sepolta dal pattume, due anni fa, l’ex dirigente dell’Agenzia dei rifiuti e delle acque Felice Crosta si sia avviato alla quiescenza con un assegno di 41.600 euro al mese, cioè 1.369 euro al giorno.

Difficile, in questa situazione, gridare al tradimento dello Statuto autonomo mai del tutto applicato, disseppellire l’ascia di battaglia sul prezzo della benzina (alle stelle come in tutta Italia nonostante l’Isola ne produca la maggior parte). Ma difficile pure difendere il lavoro dei 20 mila regionali, che ormai – nell’opinione collettiva – sono le icone del privilegio e dell’improduttività. E ha un bel dire il presidente della Regione Raffaele Lombardo, anche lui azzoppato da un’inchiesta per mafia, che difenderà la dignità dei siciliani fino alla morte. Hanno un bell’agitarsi i paladini dell’antimafia che hanno accettato di diventare suoi assessori, a cominciare dal responsabile della Salute Massimo Russo, il quale sostiene di avere ridotto i costi della sanità, nonostante l’ultima severissima relazione della Corte dei Conti, pochi giorni fa, abbia registrato una spesa in costante ascesa: più 519 milioni nel 2011. Un comparto dove il solo servizio del 118 costa 110 milioni l’anno e conta 3.200 addetti, il doppio della Regione Piemonte.

Ha un bel difendere l’azione di governo il Pd, alleato del presidente tra le lacerazioni della base e della dirigenza, che si è accontentato delle briciole senza riuscire a interferire sul controllo militare del governo di ogni posto di potere, poltrona, sedia, strapuntino. Mettendo anche la sua faccia su un bilancio che vede un indebitamento di 5 miliardi di euro e 15 miliardi di entrate probabilmente mai esigibili.

Non è tutta colpa dell’attuale classe politica, il default della Regione. La formazione professionale è una voragine da 240 milioni l’anno che da sempre serve soltanto a foraggiare le migliaia di formatori. Ventuno delle 34 società partecipate sono in rosso. L’esercito di 20 mila dipendenti (17.218 a tempo indeterminato e 3.070 a tempo determinato, con un dirigente ogni 8,4 soldati semplici) si è costituito nel tempo. Anche se l’anno scorso è stato irrobustito di quasi un terzo, con la stabilizzazione di 4.857 precari. È fallito invece il colpo di mano con cui il Parlamento siciliano ha tentato di dare uno stipendio stabile ai 19 mila precari dei Comuni, in scadenza tra pochi mesi. Avevano approvato una leggina ad hoc, che autorizzava la grande infornata senza lo straccio di un concorso. Gliel’ha bloccata il commissario dello Stato. Quell’impiccione.

Fonte

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Pochi anni dopo nacquero le feste rave, la musica techno e l'ecstasy...

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19/07/2012 18:07

Ti posso fare esempi dal mio punto di vista.


Un poliziotto penitenziario è efficiente anche quando è in ferie. [SM=x44467]

Infatti per poter raggiungere il limite mensile di presenze per aver diritto al Fondo Efficienza si conteggiano: ferie [SM=x44466] , malattie per causa di servizio [SM=x44467] , assenze per tutela della maternità e paternità.

Di recente un giudice ha stabilito questo: se un poliziotto è chiamato ad effettuare un turno che lo porta a superare le 36 ore settimanali di lavoro, lo stesso ha diritto al recupero di quelle ore (giustissimo) ed anche alla retribuzione dello straordinario (praticamente viene pagato 2 volte).

Senza dimenticare che un poliziotto penitenziario (ma anche un qualsiasi altro dipendente pubblico) cui hanno una causa di servizio, per le assenze dovute a questa causa non sono soggetti a visita fiscale. [SM=x44465]
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