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Chi c'è dietro Renzi?

Ultimo Aggiornamento: 16/04/2015 18:23
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Matteo Renzi tra imprenditori e banchieri:
nome per nome tutta la rete del nuovo segretario

MATTEO RENZI
Rottamare i poteri forti? Matteo Renzi non fa che ripeterlo. «C'è un intero establishment che ha fallito e nessuno ha il coraggio di dirlo», ha attaccato da Bari dando il via alla corsa per la segreteria democratica. «Il sistema capitalistico italiano ha responsabilità atroci. Inutile lamentarsi solo della politica; anche le banche hanno le loro colpe da emendare», ha ribadito al Corriere della Sera. Toni duri. Eppure buona parte dell’ “atroce sistema capitalistico italiano” non sembra avere troppo timore di Renzi. Anzi.</header>

«Sono per quelli che fanno», ha risposto Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, quando a fine ottobre i cronisti gli hanno chiesto se fosse un supporter del sindaco. Carlo De Benedetti, meno sibillino, ha annunciato che l’8 dicembre voterà per lui. E l’elenco dei pesi massimi che secondo le indiscrezioni guarderebbero con favore all’arrivo di Renzi a Palazzo Chigi continua ad allungarsi. Il patron di Tod’s e Fiorentina Diego Della Valle. Vittorio Colao di Vodafone. Patrizio Bertelli di Prada. Fabrizio Palenzona di Unicredit. Pietro Boroli di De Agostini. Mario Greco di Generali. Per Massimo D’Alema, che non ama il sindaco, lo schieramento del potere economico e dei mass media a favore di Renzi è addirittura «impressionante».

Solo voci? «Gli unici nomi che mi sento di fare sono quelli dei partecipanti alla Leopolda: l’amministratore delegato di Luxottica Andrea Guerra, Oscar Farinetti di Eataly, Giorgio Gori di Magnolia, lo stilista Brunello Cucinelli», taglia corto l’onorevole Yoram Gutgeld, consigliere economico di Renzi con un passato da top manager in McKinsey. «Certo, io incontro moltissimi personaggi del mondo economico e finanziario ed è vero che Renzi riscuote attenzione e simpatia. E’ giovane, pragmatico, promette una rottura e porta una cultura politica nuova: tutte caratteristiche che i manager guardano con favore».

Una simpatia evidente fin dall’ormai famoso debutto milanese di Renzi con l’establishment economico e finanziario. Era il 17 ottobre 2012, poco più di un anno fa; Matteo correva contro Bersani alle primarie democratiche. Al Four Seasons il sindaco incontrò l’ex presidente di Rcs Piergaetano Marchetti, il Cavaliere del Lavoro Benito Benedini, Andrea Guerra di Luxottica, l’ex Goldman Sachs e presidente d’Impregilo Claudio Costamagna. Alla cena alla Fondazione Metropolitan arrivarono l’amministratore delegato di Deutsche Bank Flavio Valeri, il presidente di Lazard e Allianz Carlo Salvatori, Francesco Micheli di Fastweb, l’ad di Royal Bank of Scotland Andrea Soro, il numero uno di Amplifon Franco Moscetti, l’ex direttore generale di Bpm Enzo Chiesa. Uscendo, il banchiere d’affari Guido Roberto Vitale non nascose il suo apprezzamento: «Renzi parla come una persona di sinistra moderna, civile, che non demonizza il capitalismo e che non ha letto Marx». Un successo. A cui seguì un disastro d’immagine. «Io credo che qualcuno che ha base alle Cayman non dovrebbe permettersi di dare consigli», attaccò Bersani, puntando il dito contro Davide Serra, il finanziere che con Giorgio Gori aveva organizzato la giornata milanese del sindaco. La polemica, pretestuosa o meno, indebolì Renzi nella corsa per la segreteria.

Davide Serra però non è stato rottamato. Sabato 26 ottobre era sul palco della Leopolda, a denunciare, applauditissimo, «la classe che ha gestito gli ultimi quarant’anni», che «è stata barbara, perché ha rubato alla mia generazione e a quella dei miei figli». In base ai dati resi noti lo scorso aprile, il fondatore dell’hedge fund Algebris è anche tra i più generosi finanziatori della Fondazione Big Bang, il braccio operativo del sindaco. I 100mila euro versati da Serra e dalla moglie Anna Barassi sono eguagliati solo dal contributo di Ivana Tanzi e del marito Guido Ghisolfi, industriale piemontese della chimica, a cui seguono i 60mila della Isvafim di Alfredo Romeo, l’imprenditore condannato a tre anni per corruzione nell’inchiesta Global Service, e i 50mila euro della coppia Paolo Fresco - Marie Edmée Jacquelin. L’elenco dei finanziatori reso noto da Big Bang non include però chi non ha dato l’autorizzazione a divulgare il proprio nome e la cifra versata.

Quando il 21 maggio il sito dell’Espresso ha pubblicato i nomi di alcuni dei presunti finanziatori rimasti anonimi, elencando, oltre a Cucinelli e Farinetti, poi saliti sul palco alla Leopolda, anche Diego Della Valle, con 80mila euro, e il magnate francese della moda François-Henri Pinault, che controlla Gucci, alla Fondazione si sono arrabbiati parecchio. «L’elenco è falso da cima a fondo. Nessuno dei soggetti citati figura tra i finanziatori, né per le somme ivi indicate né per nessun’altra somma», ha ribattuto il presidente di Big Bang, Alberto Bianchi. «Questa è la prima e l'ultima volta nella quale richiedo smentite e rettifiche di notizie infondate sul tema. Dalla prossima volta, la fondazione procederà direttamente con le querele». Sì, perché dietro Matteo, il Grande Comunicatore, ci sono uomini che prendono la riservatezza molto sul serio. Come Marco Carrai.

Imprenditore, 38 anni, Carrai è stato definito il Richelieu o il Gianni Letta del sindaco. Presente agli incontri internazionali di Renzi con Merkel e Blair, gestisce il fund raising e tesse la tela tra l’amico Matteo e il potere economico. Un personaggio di primissimo piano della galassia renziana - presidente dell’aeroporto cittadino, consigliere d’amministrazione della Fondazione Carifirenze, del Gabinetto Vieusseux e consigliere delegato di Firenze Parcheggi - ma assai poco conosciuto. Forse per la naturale discrezione, che lo porta a rifuggire foto e interviste. Forse perché quando il braccio destro di chi si candida a guidare il centrosinistra è stato tra i fondatori di Forza Italia nel Chianti, ed è legato a doppio filo a Comunione e Liberazione, è meglio evitare i riflettori.

Carrai è l’uomo-macchina grazie al quale Renzi ha conquistato il sostegno della Firenze che conta, tutta schierata con il sindaco: dagli stilisti Ferruccio Ferragamo e Roberto Cavalli a l’ex consigliere della Bce Lorenzo Bini-Smaghi, nominato presidente della Fondazione Palazzo Strozzi. Ma regnare su Palazzo Vecchio non vuol dire espugnare Palazzo Chigi: adesso Carrai punta a bissare a livello nazionale, costruendo rapporti e relazioni con quell’ “l’establishment che ha fallito”, o almeno con chi punta a rimpiazzarlo sulle poltrone che contano. Per consegnare a Matteo, dopo Firenze, le chiavi di Roma.

Fonte: Huffington Post - 8 12 2013


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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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