La bomba per far saltare il Nazareno ha le eterne sembianze di Romano Prodi. E ha la mano di Pier Luigi Bersani. Ospite dell’Aria che tira su La7, l’ex segretario del PD indica l’alternativa al Patto del Nazareno: “Romano Prodi candidato per il Colle? Non voglio fare nome, ma io sono quello lì”. E non è un caso che Bersani scelga proprio il giorno successivo all’assemblea del PD per il grande ritorno mediatico. La rivendicazione quasi orgogliosa della “manina” e la difesa della “salva-Silvio” da parte del premier sono suonate come un inno all’inciucio: capo dello Stato espressione del Patto del Nazareno e poi, al consiglio dei ministri di febbraio, la salva-Berlusconi.
Proprio per disvelare l'opacità del percorso, Bersani, da giorni silente e prudente nelle critiche al premier, chiede anche a Renzi di riferire in Aula, con toni particolarmente polemici: “Non guasterebbe visto la situazione che si è creata. Renzi si è preso la responsabilità, ha detto la manina è la mia, mi piace la franchezza ma non riesco a fargli i complimenti”. Bersani parla dallo studio di Myrta Merlino.
Nel frattempo, il senatore Massimo Mucchetti prende la parola al Senato per rivolgere la medesima richiesta, tra i mugugni di una parte del suo gruppo e l’approvazione della trentina di senatori della sinistra del PD, dicendo: “Dovremmo essere informati su quale sia stato il testo votato e come, in base a quali procedure si sia deciso di ritirarlo. È possibile che non emerga niente di speciale da queste informazioni, ma è possibile anche che emerga un funzionamento non perfetto della formazione delle decisioni politiche”.
La capigruppo respingerà la richiesta di una informativa. Più dell’esito conta il segnale di aperto dissenso, nell'ambito di una trama che porta a un capo dello Stato alternativo al Nazareno. Nel partito democratico è il giorno della rivolta sulla salva-Berlusconi. E non solo dei soliti noti della sinistra. In Transatlantico, alla Camera, pare una processione verso Francesco Boccia: “Hai ragione tu” gli sussurra più di un parlamentare. Che si allontana quando il cronista si avvicina.
Donatella Ferranti, presidente della Commissione Giustizia, taglia corto: “Salva-Berlusconi? Io il testo uscito dal consiglio dei ministri lo considero ritirato. Renzi ha detto che sarà rivisto che non ci sarà nessun avvallo sulle frodi. Punto”. E non ci sarà nessun avallo mercoledì prossimo, quando si svolgerà l’audizione del governatore di Bankitalia Ignazio Visco alla commissione Antimafia, prevista da tempo. I parlamentari che hanno parlato con Rosi Bindi assicurano che sarà l’occasione per discutere di un decreto che, per la presidente della commissione, presenta più di un punto opaco, e non solo la “salva-Berlusconi”.
Poco più in là si percepiscono i mugugni del gruppetto dei parlamentari bolognesi. Già: arriva a Bologna il mugugno. Perché, spiegano i ben informati, Prodi al Colle è più di una suggestione. Ancora oggi è il vero candidato “alternativo” al Nazareno. il simbolo dell’anti-inciucio con Berlusconi. È presto per dire quanti voti ha sulla carta. Non è presto però per registrare la trama. Il segnale di Bersani, il cui silenzio dei giorni scorsi era stato letto dal premier come una tregua, significa che per il ventre molle del PD si sta preparando all'ultimo capitolo della guerra dei vent'anni con Berlusconi ricorrendo ancora una volta al Professore bolognese. L'appoggio di SEL è scontato. Ed è significativo che, tra i grillini, il nome abbia gradimento. Almeno tra l’opinione pubblica di sinistra, considerati i risultati lusinghieri che Prodi sta riscuotendo nell'ambito delle “primarie del Fatto Quotidiano”.
Last but not the least, proprio il nemico esterno di Berlusconi potrebbe essere l’alleato perfetto per i nemici interni. In parecchi ricordano in questi giorni ciò che scrisse, nel suo libro, Luigi Bisignani a proposito della tattica adottata da Berlusconi quando si votò per il suo nemico. E cioè che la decisione di far uscire i tutti i suoi parlamentari e senatori da Montecitorio e di non farli partecipare alle votazioni fosse determinata dal sospetto (anzi dalla certezza) che la parte legata a CL nel segreto dell'urna lo avrebbe votato pur di accelerare il dopo Berlusconi. Ricostruzione mai smentita. Ecco, lo schema ora potrebbe riproporsi ora che la parte più “cattolica” non sta più dentro il PDL (cioè NCD) e che, dentro Forza Italia, i quaranta parlamentari di Raffaele Fitto legano la loro sopravvivenza politica all'elezione di un capo dello Stato che rompa l'inciucio. A occhio i numeri di Prodi con la “salva-Silvio” si sono moltiplicati.
[Modificato da Robert - W la... foiga! 08/01/2015 20:28]
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