Diario di bordo

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11/08/2017 20:04

Ecco qua cosa ha combinato



Mauro Corona: “Ho inseguito i vandali con l’ascia. Erano ragazzi, ma li avrei uccisi”

Lo scrittore: sono entrati di notte, serve una legge sulla legittima difesa
ANSA
 
 
 
Pubblicato il 01/08/2017
Ultima modifica il 01/08/2017 alle ore 07:27
lorenzo padovan
ERTO E CASSO (PORDENONE)

Notte fonda tra sabato e domenica, sono le 3,08. Mauro Corona sta riposando nello studiolo di Erto e Casso (Pordenone) dove scolpisce e dove sono nati tutti i suoi libri. È il paese devastato dalla frana che causò l’onda assassina del Vajont e provocò duemila vittime: oggi ci vivono duecento persone, a farla grande. Lo stesso alpinista lo definisce un angolo nascosto del mondo. Eppure i vandali sono arrivati fin lassù, forse reduci da una manifestazione sportiva e da pesanti libagioni. Corona si sveglia, guarda l’orologio e sente qualcuno sghignazzare all’esterno e subito dopo avverte un frastuono che manda in frantumi la vetrata, incastonata tra un crocifisso ligneo e un busto in bronzo, con le schegge che finiscono a pochi passi da lui, mentre una delle figlie urla terrorizzata. Esce, scalzo, nella notte e insegue, armato di scure, i vandali. 

 

Li avrebbe veramente ammazzati?  

«Sicuramente: sono le situazioni che ti cambiano gli atteggiamenti e le reazioni. Fino ad ora non avrei immaginato di essere così sprezzante della vita degli altri. Il problema è che adesso, a sangue freddo, la penso ancora allo stesso modo: entri in casa mia e io prendo le armi che ho a disposizione e ti uccido. Avevo un’ascia con cui eseguo alcuni lavori propedeutici alla lavorazione finale del legno, ma poteva anche essere il fucile da caccia che ho ereditato da mio padre, anche se di quello non ho mai tenuto cartucce in casa: era solo un ricordo del vecchio. Vorrà dire che le acquisterò e farò denuncia ai carabinieri».  

 

Meno male che sono fuggiti, altrimenti avrebbe pagato conseguenze per il resto dei suoi giorni.  

«È stata la vera fortuna di questa vicenda: sicuramente per loro e, forse, anche per me: sono ancora in forma perché vado in montagna a scalare ogni giorno e loro erano ubriachi. Con le calzature ai piedi li avrei raggiunti. E ammazzati. Poi di fronte al giudice non avrei cercato giustificazioni: ho fatto fuori delle merde e adesso pago». 

 

Erano ragazzi: si facevano forti di far parte del classico branco?  

«Questi giovani sono buoni a nulla, ma capaci di tutto. Almeno l’avessero rubata quella scultura in bronzo. Invece, non hanno nemmeno la cultura che quell’oggetto può essere commerciabile: l’hanno usata come ariete per cagionare un danno e farsi due risate. è gentucola, ignorante e vigliacca: potevano aspettarmi. Sarò stato anche armato di scure, ma loro erano in quattro o cinque. Hanno pensato: facciamolo a Corona così ci prendiamo un po’ di notorietà. Ragazzi, vi è andata bene perché potevate essere sottoterra e io in carcere. Mi dispiace anche generalizzare perché conosco migliaia di giovani che faranno grande l’Italia. Però c’è anche questa preoccupante fetta di fannulloni che infanga il nome di tutti, con comportamenti scellerati». 

 

Eppure anche lei ne ha combinate: si è scordato delle sue scorribande in gioventù?  

«Le ho fatte, ma le ho pure pagate: tutte, nessuna esclusa. Ho avuto cinque processi: tre per bracconaggio e due per ubriachezza molesta, saldando multe di milioni di lire e finendo sempre di fronte alla giustizia. Adesso tutti sanno che se non c’è sangue le forze dell’ordine non si scomodano nemmeno a venire per un sopralluogo. E quando il sangue c’è, come quello del poliziotto accoltellato, il giorno dopo l’autore è già fuori». 

 

Come si può arginare questo fenomeno finalizzato solo a creare danni e scompiglio, magari corredato da un filmato da postare sui social?  

«La politica non si è accorta di cosa sono capaci questi disgraziati, arroganti e menefreghisti: è ora che si intervenga perché le conseguenze di quella che ritengo una legittima difesa in casa propria diventeranno devastanti. Bisogna trovarsi in quelle situazioni per capire che non si riesce a ragionare ma prevale soltanto il senso di vendetta nei confronti di chi viola la tua intimità. Non siete convinti che li avrei ammazzati? Meglio non rimettermi mai alla prova».

La Stampa
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