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Campionato di Calcio Serie A 2020 - 2021. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 27/05/2021 00:19
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Toro, è una rimonta da applausi:
2-2 al 93' a Benevento con super Zaza



La squadra di Inzaghi segna con Viola su rigore e con Lapadula,
ma i granata con Nicola al debutto in panchina non mollano mai.
L'attaccante segna il 2-1 e poi il gol decisivo al 93'


Mario Pagliara

E’ stata la notte del cuore e del coraggio granata, come della delusione sannita. Ma anche di un Toro ritrovato dopo 45’. Perché dopo essere finiti sotto 2-0 (rigore di Viola e zampata di Lapadula), il Toro improvvisamente rinasce e gioca una ripresa di orgoglio e di impeto trascinato da una doppietta di uno Zaza così, probabilmente, mai visto. Con quell’urlo del 2-2 firmato al 93’, quasi all’ultimo secondo: a Benevento è ripartito il Toro di Nicola che conquista un punto d’oro. Inzaghi esce amareggiato, raggiunto solo nei minuti di recupero.

IL DEBUTTO — E allora, eccola qua: la serata del debutto di Davide Nicola su quella panchina granata che ha sempre sognato. Arrivato quattro giorni fa, presentato ieri, oggi a guidare quel Torino che ha cominciato a modellare da pochissimo e che non si può, naturalmente, neanche lontanamente definire suo. Lui che è torinese di Vigone e torinista da una vita. Tutti i primi sguardi sono puntati proprio su questo allenatore entrato in pista con grande determinazione, e che per tutta la serata non smette mai di muoversi, gridare, incitare. "Giochiamo insieme, giochiamo di squadra", comincia ad urlare. E poi: "Facciamo girare velocemente la palla, diamo intensità", continuerà. Le sue prime scelte sono nel segno di chi lo ha preceduto, come si era intuito alla vigilia: Toro con il 3-5-2, fuori Verdi e Bremer, dentro Zaza e Rodriguez come centrale. Ancora Linetty a metà campo, torna Ansaldi sulla sinistra. Il Benevento di Inzaghi invece cambia qualcosa rispetto a quanto ci si aspettava: non il 4-3-2-1 ma Inzaghi preferisce mettersi a specchio, con il 3-5-2.

UNA LOTTA DI RIGORE — Più che un primo tempo la sensazione è che si assiste a una lotta: tantissimi falli, qualche contatto proibito, una lunga serie di fischi da parte di Giacomelli. Diciamolo subito, però: al netto degli episodi e delle decisioni arbitrali, nel primo tempo il Toro viaggia ancora prigioniero delle sue paure. Gli episodi, raccontavamo: il primo arriva dopo nove minuti, quando dagli sviluppi di un angolo ne nasce una carambola nella quale c’è anche lo scontro testa contro testa tra Tuia e Izzo. Nella mischia Glik segna, ma Giacomelli ricorre al monitor e annulla giustamente perché dopo la prima parata di Sirigu la palla sbatte sul braccio di Glik aiutandolo in un controllo decisivo. Il Toro corre poco e male, non brilla ma riesce ad avere per demeriti altrui una clamorosa occasione poco dopo: è il 26’, Montipò e Barba combinano un pasticcio, ma Zaza non riesce ad approfittarne sprecando davanti al portiere. Passano quattro minuti e si arriva all’episodio che sposta l’equilibrio: Lyanco respinge per ben due volte una palla comoda di testa centralmente, Viola lancia Lapadula in area. La punta prova un pallonetto che non riesce, e subito dopo viene travolto goffamente da Sirigu. Per Giacomelli è rigore che poi Viola trasforma (è l’1-0): una decisione che lascia tantissimi dubbi, perché Lapadula aveva già calciato verso la porta senza ostacoli e al momento del contatto con Sirigu non era più nella disponibilità del pallone.

LAPADULA-ZAZA — Ad inizio ripresa Nicola è costretto al primo cambio: dentro Buongiorno al posto di un Izzo ancora tramortito dallo scontro con Tuia nei primi minuti della partita. Il divertimento in avvio non manca, ed è un batti e ribatti in appena centoventi secondi: ad aprire le danze ci pensa Lapadula (4’) che sfrutta un assist involontario di Lukic e una deviazione di un Rodriguez in ritardo per battere Sirigu. E’ il momentaneo 2-0, ma esattamente due minuti dopo Zaza, su un chirurgico cross di Singo, di testa rimette il Toro in partita: 2-1 con davanti una ripresa tutta da giocare. Zaza non segnava in campionato dal 22 novembre. La rete ha l’effetto di suonare la carica per i granata, vicinissimi al pari con una sventola di uno scatenato Singo (11’), di poco a lato. E’ adesso tutto un altro Toro, che però manca di fortuna e che sfonda pure con Belotti (14’) ma il Gallo sulla sua strada si trova un attento Montipò. Simone Zaza realizzerebbe pure una doppietta (17’) ma prima di calciare di sinistro la palla è addomesticata con un braccio da Belotti in elevazione: Giacomelli annulla dopo aver rivisto l’azione al monitor. A metà ripresa, tornano in campo Baselli (per Linetty) e Caldirola (per Tello).

L’URLO NEL FINALE — Il Toro attacca a testa bassa e anche Belotti si vede annullare un gol per una posizione di fuorigioco per pochi centimetri (26’). A un quarto d’ora dalla fine, Nicola ridisegna la squadra con un 3-4-1-2 posizionando Verdi (entrato al posto di Lukic) alle spalle di Zaza e Belotti, ma la chance ce l’ha ancora Zaza alla mezz’ora su traversone di Ansaldi: aggancio di poco alto. Il break del Benevento è nei piedi di Hetemaj (37’), con una conclusione potente che si spegne in curva. Nel finale entrano Falque (per Lapadula), Dabo (per Ionita) e Gojak (per Rodriguez). Ha le mani sul volto Zaza, a due minuti dalla fine, dopo aver piazzato un sinistro che per centimetri non vale il due a due. A questo punto, però il Toro avrebbe meritato. E l’urlo arriva proprio quando tutto sta per finire: al 93’ Belotti pesca Zaza nel cuore dell’area di rigore e stavolta il 2-2 è regolare. All’ultima curva, all’ultimo respiro. Il Toro c’è.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Pellegrini salva la Roma al 92':
Spezia battuto 4-3, Fonseca può sorridere



Una doppietta di Borja Mayoral e i gol di Karsdorp e Pellegrini da una parte,
Piccoli, Farias e Verde sono le firme della rocambolesca partita dell'Olimpico.
Il tecnico giallorosso, dopo una settimana bollente, può tirare un sospiro di sollievo


Andrea Pugliese
È la vittoria di Lorenzo Pellegrini, del capitano (vista l’assenza di Dzeko), del cuore e della romanità. Ma è soprattutto una vittoria che arriva al fotofinish, quando l’incubo sembrava essersi materializzato di nuovo, con la Roma ripresa da 3-1 a 3-3 proprio al 90’. E la corsa di Fonseca subito dopo il gol della liberazione, quello del 4-3, ad abbracciare i suoi ragazzi (e in particolare proprio Pellegrini) è il manifesto della sofferenza. Un gol pesantissimo, di quelli che possono valere il futuro. E che salva la panchina di Fonseca e che ridà un senso al suo lavoro in prospettiva futura. Prima a lanciare i giallorossi ci aveva pensato un ottimo Borja Mayoral, a rimettere in gioco lo Spezia un buon Farias e l’ex di turno, Verde, a segno come martedì in Coppa Italia. Alla fine il sospiro di sollievo dei Friedkin e di Fienga sono emblematici, esattamente come la partita di Pellegrini: gigantesca.

GOL E PAURA — Rispetto alla gara di Coppa Italia Fonseca conferma sei giocatori, Italiano uno solo (Maggiore). Nel replay della sfida di martedì ci sono molti punti di contatto: le difficoltà nel costruire gioco della Roma e la buona organizzazione tattica dello Spezia, ad esempio, ma anche il timore della Roma nell’andare ad affrontare il problema con voglia e carattere. Eppure, nonostante tutto, le cose si erano messe bene dopo appena 17’ di gioco, con Spinazzola che lancia nello spazio Pellegrini e il capitano della Roma che confeziona per Borja Mayoral il più facile degli assist, con lo spagnolo che di piatto stavolta non sbaglia. Una volta sopra ci si aspetterebbe una partita in discesa per i padroni di casa. Ed invece se la catena di sinistra lavora bene tra Spinazzola e Pellegrini, quella di destra gira completamente a vuoto, con Karsdorp meno incisivo di altre volte e Carles Perez che è un fantasma assoluto. Nel provare a sistemare le cose rispetto a martedì, Fonseca gioca con un 3-4-2-1 che diventa spesso 3-5-2: a dare manforte a Borja Mayoral dovrebbe essere proprio Perez, ma l’aiuto resta confinato alla carta. E così al 24’ ci pensano Kumbulla e Pau Lopez a regalare allo Spezia il pareggio: prima l’albanese respinge goffamente sulla testa di Smalling un pallone facile facile, poi il portiere spagnolo sul susseguirsi dell’azione smanaccia sui piedi di Piccoli un pallone solo da spingere in porta. Un assist vero e proprio, peccato solo che sui piedi di un avversario. Il gol crea paure e timori ancora maggiori nella testa della Roma, che inizia ad imballarsi e gira a rilento. Un paio di occasioni però arrivano lo stesso, prima con Borja Mayoral che si libera bene nello spazio e calcio alto e poi Pellegrini che impegna da fuori Provedel. Lo spagnolo e il capitano sono largamente i migliori della Roma, ma è tutto il resto che va a rilento. Comprese le idee in campo.

GARA PIROTECNICA — L’avvio di ripresa è pirotecnico, con tre gol in meno di un quarto d’ora. A mettere le ali alla Roma è Borja Mayoral, che prima sigla il 2-1 con un diagonale dal limite e poi avvia con un pregevole tacco l’azione che porta al 3-1, con Karsdorp che concretizza sul secondo palo l’assist in corsa di Spinazzola. Neanche il tempo di respirare, però, che lo Spezia si rifa sotto: sponda di Galabinov per Farias, con il brasiliano che mette a sedere Kumbulla e riporta sotto lo Spezia. Poi Borja Mayoral ha anche l’occasione per siglare la sua tripletta personale, ma stavolta calcia malissimo da ottima posizione. Rispetto al primo tempo ora gli spazi sono molto più aperti, anche perché lo Spezia la partita se la gioca per andare a caccia del colpo. Farias ci prova da fuori, Agoume giostra bene in mezzo al campo e Acampora (subentrato a Maggiore) dà più sostanza in mezzo al campo. A sfiorare il gol è però per due volte la Roma, prima con palla tagliata di Veretout che danza sulla linea e poi con Carles Perez che sbaglia un’occasione facile facile. Nel finale, poi, succede di tutto. Al 90’ Smalling buca clamorosamente un pallone e regala a Verde il 3-3, un minuto dopo è Pellegrini a salvare tutti con il gol del 4-3 (piatto su assist di Bruno Peres). Una vittoria sudata, faticosissima, ma importante come andare a trovare una montagna d’oro in fondo ad una grotta buia.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Atalanta pazzesca, Milan asfaltato ma... contento: è campione d'inverno

Non c’è praticamente mai stata partita: nerazzurri superiori sotto tutti gli aspetti.
A segno Romero, Ilicic su rigore e Zapata. Pioli fa esordire Mandzukic.
Il pari dell’Inter a Udine lascia al Diavolo il primato solitario


Marco Pasotto


E’ tutto profondamente diverso da allora, ma quando il Milan incrocia l’Atalanta evidentemente scatta qualcosa di diabolico. Tredici mesi fa la Dea costrinse il Diavolo al reset completo, stavolta quanto meno lo ridimensiona. Perché a San Siro finisce 3-0 ed è un risultato che avrebbe potuto essere decisamente più pesante all’interno di una gara senza storia, dominata dai bergamaschi sotto tutti gli aspetti. Milan incapace di produrre pericoli e Atalanta incontenibile, praticamente perfetta, che si riaffaccia con prepotenza in zona Champions. L’unica consolazione per i rossoneri arriva da Udine, dove l’Inter non va oltre il pareggio: Ibra e compagni sono campioni d’inverno.

MEITÉ A SORPRESA — Pioli ha vissuto, una volta tanto, una settimana con diverse buone notizie. Innanzitutto dall’infermeria, che ha restituito Rebic e Krunic, guariti dal Covid, e soprattutto Hernandez, che invece è stato fermo diversi giorni senza averlo mai contratto (falso positivo, com’era accaduto per Donnarumma e Hauge). Ma le liete novelle sono arrivate anche dal mercato, che ha permesso al tecnico rossonero di portare immediatamente in panchina i neo acquisti Mandzukic e Tomori. In difesa Kalulu ha preso il posto dello squalificato Romagnoli, davanti Leao è tornato al suo posto a sinistra dopo la squalifica, a supporto di Ibra. Ma la grande novità è stata sulla trequarti, con Meité – al debutto da titolare – al centro della trequarti e Diaz confinato in panchina. Gasperini rispetto al pareggio di Udine, considerata l’esigua forbice temporale fra le due partite, ne ha cambiati cinque: Djimsiti, Gosens, Freuler, Ilicic e Zapata per Palomino, Maehle, Malinovskyi, Miranchuk e Muriel.

FUOCO DI PAGLIA — I primi 45 sono stati dominati quasi interamente dai bergamaschi, per un motivo piuttosto semplice: l’Atalanta ha fatto l’Atalanta, ovvero pressione alta, spesso altissima, giro palla rapido e cambi di campo continui, sfruttando bene le fasce. Il Milan invece non è stato il solito Milan, ovvero quello capace di giocare con le stesse caratteristiche dei nerazzurri. Il Diavolo si è affidato spesso, senz’altro troppo spesso, al lancio lungo per Ibra o Meité, sistema che non ha dato alcuno sbocco. Impostazione tattica troppo prevedibile, ulteriormente peggiorata dal fatto che Romero ha fatto ottima guardia su Ibra e Meité ovviamente non c’entra nulla con Calhanoglu. L’obiettivo di Pioli era evidente, e cioè aumentare il coefficiente di fisicità sulla trequarti, provando allo stesso tempo a inaridire la prima fase di possesso atalantino. Ma il progetto non è riuscito perché il francese, oltre ad avere pochissimi allenamenti nelle gambe assieme ai nuovi compagni, non ha la mobilità adatta per agire fra le linee. Se aggiungiamo l’ormai cronica timidezza di Tonali, in difficoltà con Pessina, ecco spiegata interamente l’aridità del gioco rossonero. Il Milan del primo tempo in pratica è durato meno di un quarto d’ora. Avvio super, con un paio di strappi eccellenti di Leao che hanno seminato il panico nei pressi di Gollini. Guarda caso, con giocate palla a terra. Poi è stata soltanto Dea, ottima nell’infilarsi sia a destra ma soprattutto a sinistra, costringendo Calabria agli straordinari. Menzione speciale per Ilicic, praticamente immarcabile, a cui i rossoneri non sono mai riusciti a togliere la palla dai piedi. Lo sloveno ha spaziato su tutto il fronte d’attacco, infilandosi ovunque ed è andato vicino al gol più di una volta. Gol che è arrivato su un cross di Gosens per Romero, sgusciato via con troppa facilità a Kalulu (l’ex Lione, sebbene resti un ottimo profilo in prospettiva, conferma i difetti in marcatura pura).

DEBUTTA MANDZUKIC — La ripresa per il Milan è iniziata con il più scontato dei cambi: fuori Meité e dentro Brahim Diaz. Meno muscoli, più piedi. Ma non c’è stato nemmeno il tempo di metterli in funzione, perché l’Atalanta ha raddoppiato dopo sette minuti. Ha fatto tutto Ilicic, che si è procurato il rigore (grande ingenuità di Kessie che gli ha piazzato una gomitata in pieno volto) e poi lo ha realizzato con un po’ di buona sorte (palla sotto la pancia di Donnarumma). Di lì a poco, fuori Kalulu per infortunio e dentro Musacchio. Avvio quindi tutto in salita per i rossoneri e praticamente nessuna reazione al secondo gol della Dea, che ha proseguito ad aggredire altissima il Milan. Risultato: Ibra senza rifornimenti e Diavolo ancora più schiacciato. Così intorno a metà frazione Pioli si è giocato i jolly “pesanti”, inserendo Mandzukic e Rebic al posto di Castillejo e Leao (il tutto dopo altre due super occasioni per i nerazzurri con Zapata e Ilicic). E il Milan una reazione l’ha avuta, con SuperMario che ha messo a dura prova i riflessi di Gollini, mai impegnato fino a quel punto della sfida. Ma è stato soltanto un fuoco di paglia, un fugace break tra un palo di Zapata, un errore incredibile di Ilicic sotto porta e il tre a zero firmato da Zapata su assist di Romero (partita fantastica sotto tutti gli aspetti, la sua). Insomma, per il Milan avrebbe potuto finire decisamente peggio. Martedì arriva il derby e occorrerà capire se i rossoneri riusciranno a recuperare l’equilibrio dopo i cazzotti bergamaschi.

Fonte:Gazzetta dello Sport
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Atalanta pazzesca, Milan asfaltato ma... contento: è campione d'inverno

Non c’è praticamente mai stata partita: nerazzurri superiori sotto tutti gli aspetti.
A segno Romero, Ilicic su rigore e Zapata. Pioli fa esordire Mandzukic.
Il pari dell’Inter a Udine lascia al Diavolo il primato solitario


Marco Pasotto


E’ tutto profondamente diverso da allora, ma quando il Milan incrocia l’Atalanta evidentemente scatta qualcosa di diabolico. Tredici mesi fa la Dea costrinse il Diavolo al reset completo, stavolta quanto meno lo ridimensiona. Perché a San Siro finisce 3-0 ed è un risultato che avrebbe potuto essere decisamente più pesante all’interno di una gara senza storia, dominata dai bergamaschi sotto tutti gli aspetti. Milan incapace di produrre pericoli e Atalanta incontenibile, praticamente perfetta, che si riaffaccia con prepotenza in zona Champions. L’unica consolazione per i rossoneri arriva da Udine, dove l’Inter non va oltre il pareggio: Ibra e compagni sono campioni d’inverno.

MEITÉ A SORPRESA — Pioli ha vissuto, una volta tanto, una settimana con diverse buone notizie. Innanzitutto dall’infermeria, che ha restituito Rebic e Krunic, guariti dal Covid, e soprattutto Hernandez, che invece è stato fermo diversi giorni senza averlo mai contratto (falso positivo, com’era accaduto per Donnarumma e Hauge). Ma le liete novelle sono arrivate anche dal mercato, che ha permesso al tecnico rossonero di portare immediatamente in panchina i neo acquisti Mandzukic e Tomori. In difesa Kalulu ha preso il posto dello squalificato Romagnoli, davanti Leao è tornato al suo posto a sinistra dopo la squalifica, a supporto di Ibra. Ma la grande novità è stata sulla trequarti, con Meité – al debutto da titolare – al centro della trequarti e Diaz confinato in panchina. Gasperini rispetto al pareggio di Udine, considerata l’esigua forbice temporale fra le due partite, ne ha cambiati cinque: Djimsiti, Gosens, Freuler, Ilicic e Zapata per Palomino, Maehle, Malinovskyi, Miranchuk e Muriel.

FUOCO DI PAGLIA — I primi 45 sono stati dominati quasi interamente dai bergamaschi, per un motivo piuttosto semplice: l’Atalanta ha fatto l’Atalanta, ovvero pressione alta, spesso altissima, giro palla rapido e cambi di campo continui, sfruttando bene le fasce. Il Milan invece non è stato il solito Milan, ovvero quello capace di giocare con le stesse caratteristiche dei nerazzurri. Il Diavolo si è affidato spesso, senz’altro troppo spesso, al lancio lungo per Ibra o Meité, sistema che non ha dato alcuno sbocco. Impostazione tattica troppo prevedibile, ulteriormente peggiorata dal fatto che Romero ha fatto ottima guardia su Ibra e Meité ovviamente non c’entra nulla con Calhanoglu. L’obiettivo di Pioli era evidente, e cioè aumentare il coefficiente di fisicità sulla trequarti, provando allo stesso tempo a inaridire la prima fase di possesso atalantino. Ma il progetto non è riuscito perché il francese, oltre ad avere pochissimi allenamenti nelle gambe assieme ai nuovi compagni, non ha la mobilità adatta per agire fra le linee. Se aggiungiamo l’ormai cronica timidezza di Tonali, in difficoltà con Pessina, ecco spiegata interamente l’aridità del gioco rossonero. Il Milan del primo tempo in pratica è durato meno di un quarto d’ora. Avvio super, con un paio di strappi eccellenti di Leao che hanno seminato il panico nei pressi di Gollini. Guarda caso, con giocate palla a terra. Poi è stata soltanto Dea, ottima nell’infilarsi sia a destra ma soprattutto a sinistra, costringendo Calabria agli straordinari. Menzione speciale per Ilicic, praticamente immarcabile, a cui i rossoneri non sono mai riusciti a togliere la palla dai piedi. Lo sloveno ha spaziato su tutto il fronte d’attacco, infilandosi ovunque ed è andato vicino al gol più di una volta. Gol che è arrivato su un cross di Gosens per Romero, sgusciato via con troppa facilità a Kalulu (l’ex Lione, sebbene resti un ottimo profilo in prospettiva, conferma i difetti in marcatura pura).

DEBUTTA MANDZUKIC — La ripresa per il Milan è iniziata con il più scontato dei cambi: fuori Meité e dentro Brahim Diaz. Meno muscoli, più piedi. Ma non c’è stato nemmeno il tempo di metterli in funzione, perché l’Atalanta ha raddoppiato dopo sette minuti. Ha fatto tutto Ilicic, che si è procurato il rigore (grande ingenuità di Kessie che gli ha piazzato una gomitata in pieno volto) e poi lo ha realizzato con un po’ di buona sorte (palla sotto la pancia di Donnarumma). Di lì a poco, fuori Kalulu per infortunio e dentro Musacchio. Avvio quindi tutto in salita per i rossoneri e praticamente nessuna reazione al secondo gol della Dea, che ha proseguito ad aggredire altissima il Milan. Risultato: Ibra senza rifornimenti e Diavolo ancora più schiacciato. Così intorno a metà frazione Pioli si è giocato i jolly “pesanti”, inserendo Mandzukic e Rebic al posto di Castillejo e Leao (il tutto dopo altre due super occasioni per i nerazzurri con Zapata e Ilicic). E il Milan una reazione l’ha avuta, con SuperMario che ha messo a dura prova i riflessi di Gollini, mai impegnato fino a quel punto della sfida. Ma è stato soltanto un fuoco di paglia, un fugace break tra un palo di Zapata, un errore incredibile di Ilicic sotto porta e il tre a zero firmato da Zapata su assist di Romero (partita fantastica sotto tutti gli aspetti, la sua). Insomma, per il Milan avrebbe potuto finire decisamente peggio. Martedì arriva il derby e occorrerà capire se i rossoneri riusciranno a recuperare l’equilibrio dopo i cazzotti bergamaschi.

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L'Inter sbatte contro l'Udinese e manca l'aggancio in vetta



Musso super su Lautaro, poi poche emozioni.
Per la prima volta in campionato la squadra di Conte (espulso nel finale)
non trova il gol e rimane a -2 dal Milan


Luca Taidelli

L'Inter sbatte contro super Musso e il muro dell'Udinese, mancando l'aggancio in vetta al Milan, fermato in casa dall'Atalanta. Per la prima volta Lukaku (a secco da 4 gare) e compagni non trovano il gol in campionato e confermano di soffrire contro avversari che li aspettano, senza concedere spazi. Migliore in campo, Musso, decisivo su Lautaro nell'unica vera occasione da rete.

PREGO, SI SCOMODI — Rispetto al recupero con l’Atalanta, Gotti affianca Deulofeu a Lasagna, abbassando Pereyra al posto di Mandragora. Conte invece conferma l’Inter che ha battuto la Juve. Il temuto calo di concentrazione post impresa è fotografato dal disimpegno in area sbagliato al 2' da Bastoni, che rischia di mandare in porta Lasagna. Il copione è quello previsto. Tra due squadre che preferiscono aspettare l’avversario e ripartire è l’Inter che all'inizio deve "scomodarsi" nell'altrui metà campo, con relativa fatica a stanare la doppia linea bassa bianconera. Al 23' serve un'uscita da harakiri di Becao per liberare al tiro Lautaro, sul cui destro si esalta Musso. Gotti al 33' cambia l'argine davanti alla difesa: fuori Arslan, ammonito e graziato dopo un fallo da dietro su Lukaku, dentro Walace. Con scarsi cambi di ritmo, pochi tentativi di saltare l'uomo e le reciproche difficoltà ad allargare il gioco, il primo tempo diventa un lungo corpo a corpo, intervallato solo da qualche "telefonata": prima Deulofeu ad Handanovic, poi Young a Musso.

FINALE IN ROSSO — Nessun cambio nell'intervallo, ma almeno le squadre si allungano quel minimo per creare qualche brivido. Hakimi si mangia subito un'occasione d'oro sul cross di Young. Pereyra calcia alto dopo una bella azione di prima con Lasagna. Gotti inserisce Mandragora per Deulofeu, alzando Pereyra. Conte come al solito ritarda i cambi. Soltanto al 70' entrano Perisic, Sanchez e Sensi per Young, Lautaro e Vidal. Hakimi stasera è intermittente come un faro, al 75' si accende e il suo diagonale esce di poco. Senza gli spazi concessi dalla Juve la settimana scorsa, Barella fatica a inserirsi, Brozovic ha meno libertà in regia e Lukaku fa invano a sportellate con Becao, Bonifazi e De Maio. Nel finale Conte si fa ammonire e poi espellere per proteste.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Fiorentina riparte: Ribery guida,
Bonaventura-Vlahovic stendono il Crotone



I gol Viola nel primo tempo, i calabresi appaiono troppo timidi e reagiscono solo con la rete di Simy


Giovanni Sardelli

La Fiorentina prima domina, poi spreca e infine soffre. Ma riesce a battere il Crotone in una gara chiave per la propria classifica. Troppo morbida la prima ora di gioco dei calabresi, anche in virtù dei soli dodici punti che inchiodano la squadra di Stroppa all'ultimo posto solitario al termine del girone d'andata. Serve un deciso cambio di marcia nel ritorno per sperare nella salvezza. Partita che pare chiusa al termine di un primo tempo in cui la squadra di Prandelli entra troppo facilmente nelle linee difensive del Crotone, trova due gol molto belli, senza soffrire mai. Il finale, invece, ha raccontato altro


JACK IS BACK — Prandelli torna alla vecchia formula con Bonaventura (in panchina a Napoli) interno destro di centrocampo e solo Ribery a supporto di Vlahovic. Callejon va in panchina. Nessuna sorpresa per il Crotone con Messias, forse il più ispirato, dietro Simy. Meno di venti minuti e viola in vantaggio. Super giocata di un ispiratissimo Castrovilli, Reca sbaglia il tocco e Bonaventura dal limite supera Cordaz con un preciso pallonetto che si infila sotto l'incrocio. Primo gol in campionato per l'ex milanista, decima stagione consecutiva con almeno un gol segnato. Poco più di dieci minuti e la Fiorentina raddoppia con una straordinaria azione partita sempre dell'estro di Castrovilli, tocco geniale di Ribery per Vlahovic che solissimo deposita in rete di sinistro. Tutto molto bello: ma anche tutto troppo facile.

SIMY GOL — Vlahovic ci prova un paio di volte a inizio ripresa, Cordaz para a terra sul colpo di testa del serbo. Poi Castrovilli calcia alto. Il Crotone crea poco e concede molto con i giocatori viola che trovano spazi invitanti. Sembra una formalità ma gli errori davanti alla porta di Vlahovic e Castrovilli preoccupano Prandelli. Ed ha ragione visto che al 65' un cross di Pereira trova la testa di Simy, abile a bruciare Caceres ed accorciare. E così una partita che sembrava chiusa si riapre in modo inaspettato. Anche perchè la Fiorentina, in virtù della propria classifica, mostra fragilità caratteriali nel congelare il risultato. Marrone a cinque minuti dal termine spaventa Dragowski, Prandelli cambia inserendo Pulgar e Borja Valero nel finale per Ribery e Castrovilli, coprendosi. Proprio Pulgar sfiora il terzo gol nel recupero, mentre il Crotone non riesce a far male nel forcing finale. Vince la viola, gioisce il presidente Commisso in tribuna. Anche se un bel po' di sofferenza poteva essere evitata.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Juve riparte con Arthur e McKennie: Bologna battuto e -7 dal Milan

Ottava vittoria casalinga consecutiva per la squadra di Pirlo che dopo il trionfo
in Supercoppa ritrova i tre punti anche in campionato e avvicina le milanesi


Fabiana Della Valle


Il mercato di gennaio non è ancora finito e la Juventus è ancora ferma sul fronte attaccanti (e non è detto che arrivi qualcuno). Nel frattempo però quello estivo sta dando buoni frutti: la vittoria sul Bologna è griffata Arthur e McKennie, entrambi acquistati nella sessione di settembre. Quando Cristiano non sfonda (pur provandoci fino all’ultimo) ci pensano i centrocampisti, che finora hanno contribuito poco alla causa offensiva. Per Arthur si tratta del primo gol in bianconero: finalmente il brasiliano sta diventando centrale nel progetto di Pirlo; McKennie invece è una piacevole conferma: quarta rete dopo quelle pesantissime nel derby e contro Barcellona e Milan. Grazie a loro la Signora approfitta della doppia frenata di Milan e Inter per portarsi a -7 dalla vetta (ma con una partita da recuperare, quella con il Napoli).

ARTHUR, POMERIGGIO DA RE — Il pomeriggio bianconero si mette subito in discesa grazie alla rete (anche fortunata) del brasiliano dopo appena un quarto d’ora: tiro dell’ex Barça deviato da Schouten. Prima gli uomini di Sinisa, schierati con il 4-2-3-1, oltre a usare subito le maniere forti su Cuadrado (fallo di Vignato in area, per cui i bianconeri chiedevano il rigore) e Bentancur, costretto a farsi medicare a lungo, avevano avuto un paio di buone opportunità con Orsolini e Barrow. A Pirlo, che conferma la mediana di Supercoppa, riproponendo McKennie con Arthur e l’uruguaiano, così come in attacco Kulusevski accanto a Ronaldo (con Morata in panchina), manca Chiesa, acciaccato: a sinistra si muove Bernardeschi. Il primo tempo potrebbe finire con un vantaggio ancora più largo per i bianconeri, ma Bernardeschi (due volte, la seconda su tiro ribattuto di Ronaldo) e Cuadrado sono troppo spreconi. Il Bologna concede parecchio in contropiede però resta in partita e continua a cercare il pareggio, sfiorandolo nel finale con Soriano.

CI PENSA BIG MEK — Nella ripresa Miha prova a dare più spinta con Sansone e in effetti la sua squadra ha subito un paio di buone occasioni, ancora con Barrow e Orsolini, però la parata più difficile Szczesny la fa sul compagno Cuadrado, che su cross dalla destra di Schouten rischia l’autogol di testa, costringendo il polacco a un intervento miracoloso. La Juventus mette fine alle sofferenze a poco più di un quarto d’ora dalla fine, dopo l’ingresso di Morata (subito pericoloso) al posto di Bernardeschi, quando McKennie di testa trasforma nel 2-0 un corner battuto da Cuadrado. L’americano è ancora una volta uno dei migliori in campo e potrebbe anche fare doppietta su assist di Ronaldo, ma un buon riflesso salva Skorupski. Nel finale c’è spazio anche De Ligt, recuperato dal COVID, e per un estremo tentativo di Ronaldo: niente da fare, oggi non è lui il protagonista.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Genoa non si ferma più: colpo salvezza con Destro.
Cagliari nel baratro



Sesta sconfitta di fila per i sardi: Di Francesco terzultimo.
In cattedra Perin, che blinda la vittoria degli uomini di Ballardini


Filippo Grimaldi

E adesso? Il Cagliari esce sconfitto dal Ferraris contro il Genoa per uno a zero (gol di Destro in apertura del primo tempo), ma dalla mezz’ora del primo tempo è quasi assoluto padrone del campo, anche se resta da vedere se questa prova del Ferraris influirà sulle valutazioni del tecnico da parte del presidente Giulini. I risultati condannano Di Francesco (sesta sconfitta di fila in campionato), con il suo Cagliari che resta l’unica squadra di A ancora senza punti nel 2021, ma che a Marassi si è confermato squadra viva e coraggiosa, con Nandez al rientro in mediana e Nainggolan più avanzato. Ballardini, da parte sua, risale la corrente (undici punti nelle prime sei gare della sua gestione) confermando la formazione che ha imposto il pari all’Atalanta una settimana fa, con il ritorno di Destro (al posto di Pjaca) fra i titolari al fianco di Shomurodov.

DOPPIA FACCIA — Il gol in avvio di Destro faceva presagire una partita ben diversa: su un’azione innescata dalla destra di Shomurodov che approfitta di un buco fra Lykogiannis e Godin, serve al centro Strootman, il cui delizioso assist per Destro consente all’attaccante di realizzare il gol del vantaggio rossoblù. La rete subìta ghiaccia gli ospiti che si allungano troppo e sino alla mezz’ora patiscono la gestione del gioco da parte del Genoa, che non è arrembante, ma neppure insiste, forse nella convinzione di poter continuare a fare la partita. Invece, dal 27' in poi, inizia un’altra gara. Ospiti coraggiosi, determinati e pure concreti, con un lungo monologo degli uomini di Di Francesco, che avrebbero strameritato il pari prima dell’intervallo, con una serie di occasioni pericolose. Perin è decisivo (28') su Joao Pedro, poi Ceppitelli (31') calcia a lato di poco, quindi dopo un’altra occasione di Nainggolan il numero uno genoano compie un altro capolavoro su Simeone che anticipa Radovanovic. Genoa spento ed è il peggior quarto d'ora della gestione-Ballardini, con l’aggravante dell'occasione sprecata da Shomurorodov (43'), che manca il raddoppio sottoporta calciando altissimo.

CAGLIARI SFORTUNATO — Il canovaccio non cambia nella ripresa, con gli ospiti propositivi e il Genoa votato alla difesa del vantaggio. La scelta di inserire Onguéné in difesa, spostando Masiello a sinistra e Criscito più avanzato sulla fascia (ma con attitudini più difensive), lo dimostra. La squadra di Di Francesco, però, si conferma imprecisa in attacco e alla fine la migliore occasione per gli ospiti arriva allo scadere per Cerri, ma il tiro è alto. Prima, i padroni di casa hanno una doppia palla per andare sul due a zero, ma prima Nandez mura Zajc, poi Cragno è decisivo sul contropiede di Zappacosta. Ballardini respira, DiFra è al tappeto. Finisce così, con i nervi tesi di Godin che a fine gara alza i toni e fa la voce grossa con i genoani. Tutto, però, finisce lì.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Harakiri Napoli contro un grande Verona.
Lozano illude, poi è buio pesto



Il messicano segna dopo meno di 10 secondi,
Demme spreca il raddoppio e alla distanza i veneti dominano:
gol di Dimarco, Barak e Zaccagni


Maurizio Nicita

Perdere una partita in cui sei in vantaggio ancora prima di scendere in campo. Capita colpevolmente a un Napoli confuso e infelice e che non ha metabolizzato le scorie della Supercoppa. Ora si ritrova sesto, ma al di là della posizione - la zona Champions è a due punti - ci sono parecchie cose che non funzionano nella squadra di Gattuso, da sistemare in fretta. E il recupero, ancora precario, di Osimhen e Mertens non dà ottimismo. Perché la sconfitta è davvero brutta e gli applausi sono tutti per il Verona di Juric, che gioca una partita eccellente, vincendo tutti gli uno contro uno in ogni zona di campo e ribaltando una sfida iniziata con una papera difensiva, unica macchia in una prestazione eccellente di squadra.

SPEEDY LOZANO — Juric schiera il suo classico 3-4-2-1 con Lazovic esterno sinistro, e Dimarco che retrocede in terza linea. Gattuso cambia solo in difesa rispetto alla Supercoppa persa con la Juve. Con Meret in porta, Maksimovic in mezzo e Hysaj a sinistra. Davanti tutti confermati per riscattare quella sfida alla Juve senza gol. Neanche il tempo di cominciare, tre tocchi e in meno di 10 secondi il Napoli è in gol. Zielinski batte per Demme che serve in profondità Lozano, Dimarco cicca clamorosamente l’anticipo e il messicano non perdona. Partita subito in salita per il Verona che per qualche minuto accusa il colpo e Zielinski spreca un’ottima situazione, indeciso se tirare o servire Lozano libero: serve quest’ultimo quando viene rimontato dai difensori. Juric urla più forte di Gattuso e riesce a rimettere in ordine la sua squadra che ritrova fiducia e comincia ad attaccare con intensità, pressando alto e mettendo in costante apprensione una non impeccabile difesa azzurra. Demme sfiora il raddoppio, ed è bravo a respingere Silvestri, ma ora è il Verona padrone del campo. Zaccagni in pressing ruba palla a Maksimovic, ma poi serve in maniera non perfetta il liberissimo Kalinic, che perde l’attimo fuggente. È il preludio del pari che porta la firma di Dimarco: applausi per il mancino per come sa riprendersi dopo il clamoroso errore in avvio. Il terzino dà profondità all’azione, poi con Faraoni che si allarga per crossare, Dimarco si fa ritrovare in area, lasciato tutto solo da una difesa messa decisamente male. Meritato pareggio del Verona che spinge ancora con maggiore convinzione ed è l’istinto di Meret a portarlo a una respinta da pochi passi su Lazovic, con Hysaj che aveva regalato un incredibile assist. Il solo Lozano mette i brividi a Silvestri con un tiro potente ma di poco fuori al tramonto del primo tempo.

IL NAPOLI SCOMPARE — Nonostante Gattuso cerchi di cambiare e puntare sulla freschezza dei recuperati Osimhen e Mertens, la squadra azzurra sembra senz’anima e manco bella. Juric invece ha in pugno la sua quadra e si permette di cambiare i suoi difensori per non rischiare negli uno contro uno contro i più freschi attaccanti avversari. Sale soprattutto in cattedra Zaccagni, trequartista nel mirino del Napoli. Il suo assist per Barak è delizioso e il vantaggio arriva meritato anche per gli evidenti errori difensivi azzurri, persino con Koulibaly, l’uomo più di qualità. Il Napoli prova a ribaltare l’azione ma la difesa del Verona è stretta e corta nelle sue linee e gli ospiti cozzano quando un muro. E quando Mertens sbaglia un appoggio ecco Zaccagni affamato partire in contropiede e dopo aver servito Di Carmine si fa trovare pronto sul cross di Lazovic e segna addirittura di testa. Apoteosi per il fantasista, tracollo di un Napoli inconsistente. E ora giovedì c’è in coppa Italia quello Spezia, già incubo in campionato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Milinkovic e Immobile ribaltano il Sassuolo:
la Lazio aggancia il Napoli



Sotto al 6' dopo il gol di Caputo, i biancocelesti segnano una rete
per tempo e ottengono il quarto successo consecutivo in campionato


Nicola Berardino

Risale la Lazio. Contro il Sassuolo la formazione di Inzaghi ottiene la quarta vittoria di fila e aggancia il Napoli al sesto posto, portandosi a due lunghezze dalla zona Champions. Tre punti in rimonta: il gol di Milinkovic e Immobile annullano il colpo di Caputo al via della gara. Deve faticare molto la Lazio per aver ragione di un Sassuolo, tenace e ben sorretto dal suo gioco. Alla fine la differenza la fa, come spesso accade, Ciro Immobile, giunto al suo tredicesimo gol in questo campionato.

MILIKOVIC RISPONDE A CAPUTO — Una novità per reparto nella Lazio. In convalescenza dopo le rispettive operazioni Luiz Felipe e Luis Alberto, spazio a Patric in difesa e ad Akpa Akpro a metà campo. Dopo quattro giornate rientra Correa al fianco di Immobile, così Caicedo parte dalla panchina. Nel Sassuolo, riecco la difesa a quattro: entrano Muldur, Rogerio e Marlon al posto dello squalificato Chriches. In mediana De Zerbi può reinserire Locatelli e Obiang. Dal 1’ c’è Djuricic nella trequarti. Già al 6’ emiliani insidiosi con un’incursione di Muldur: Acerbi libera in angolo. Un minuto il Sassuolo va a segno: da Traore per Djuricic sulla sinistra, sbanda la difesa biancoceleste, a centro area Caputo è pronto a girarsi per infilare Reina. La Lazio si catapulta in avanti. Fuori bersaglio un tentativo di Lazzari dalla distanza. Pressing continuo da parte del Sassuolo. L’asse Correa-Immobile cerca sbocchi al centro. Botta dell’argentino deviata in angolo da Ferrari. Ritmi elevati, si gioca tutto campo. Reina anticipa Traore. Emiliani molto aggressivi e dinamici. Nuova conclusione di Lazzari senza inquadrare la porta. Bel lancio in corridoio per Correa: tiro sminato in angolo. E dalla bandierina il tocco dell’argentino fa svettare Milinkovic che, di forza, con uno stacco imperioso infila Consigli. Quarto gol in campionato per il serbo. La squadra di Inzaghi non allenta la pressione. Correa contribuisce alla manovra dalla trequarti. Biancocelesti molto reattivi nel palleggio. Milinkovic prova il colpo con una bordata da fuori area. In avanti il Sassuolo: non centra la porta il colpo di testa di Locatelli. Squadre all’intervallo sull’1-1 che condensa gli equilibri della partita.

IL TIMBRO DI IMMOBILE — Nel secondo tempo, il Sassuolo parte con Haraslin al posto di Defrel. Reina blocca su Obiang. Emiliani molto intraprendenti proprio con le iniziative del nuovo entrato Haraslin. La Lazio in difficoltà nel riprendere il pallino del gioco. Squadre allungate tra continui ribaltamenti di fronte. Immobile murato in area da Marlon. Assist di classe di Milinkovic per l’inserimento di Leiva, stretto nella morsa dei difensori neroverdi. Al 22’ escono Patric e Correa, rilevati da Parolo e Caicedo. Cinque minuti dopo arriva il gol di Immobile, lesto a chiudere a rete un pallone ben servito da Marusic dalla sinistra e a portare il vantaggio la Lazio. Al 27’ un’altra staffilata del bomer di Inzaghi: ribattuta. Alla mezz’ora, nella Lazio entrano Escalante e Lulic per Leiva e Lazzari; nel Sassuolo Lopez e Boga per Obiang e Traore. Sassuolo all’assalto per riagguantare il pari. Muriqi sostituisce Immobile. Il kosovaro va al tiro, ma Consigli è attento anche sulla ribattuta di Consigli. Tre minuti di recupero. De Zerbi fa entrare Raspadori al posto di Muldur. La Lazio controlla e incassa una vittoria per proiettarsi nell’alta classifica.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Parma regala e spreca: Yoshida e Keita firmano il colpo Samp

Due episodi propiziano i gol decisivi di Yoshida e Keita,
emiliani fermati dai legni e anche dalle parate di un eccellente Audero



Quando le stagioni nascono male, le squadre vengono punite anche oltre i loro demeriti. E’ il caso del Parma di D’Aversa, che parte dominando la Samp, sfiora più volte il vantaggio, ma poi regala due reti e non riesce più a rialzarsi. Vince 2-0 la Samp, squadra che è un bel mix tra giovani, veterani di ottimo livello e giocatori di buonissima qualità individuale. I Candreva, i Keita, i Silva e gli Audero fanno la differenza e valgono più di una tranquilla salvezza. Anche perché dalla panchina entra gente del livello di Torregrossa, Damsgaard e Verre. Così Ranieri alla distanza vince senza troppi patemi.

SUPER AUDERO — Il Parma aggredisce la partita e potrebbe subito segnare: un liscio comico di Yoshida regala a Kucka la palla del vantaggio, ma Colley salva sulla linea a portiere battuto. Subito dopo è Gervinho con un lampo dei suoi a far tremare la Samp: il suo destro tocca il palo dopo l’intervento decisivo di Audero. Non è serata per il Parma, che dal lato del nuovo arrivato Conti balla da far paura: la Samp segna alla prima palla buona, con un rimpallo da due passi su Cornelius che libera Yoshida, che proprio non può esimersi dal segnare. Altro giro, altro regalo; Hernani perde una pallaccia davanti alla sua area, Ramirez (schierato alle spalle di Keita e Quagliarella), serve Keita, bravo a liberarsi di Iacoponi e battere Sepe col sinistro incrociato. Ci prova Kucka, il migliore dei suoi, ma il suo destro trova solo la traversa.

GESTIONE — La ripresa è meno brillante: D’Aversa ci priva con Karamoh per il mediocre Hernani, ma fatica sd arrivare dalle parti di Audero. Quando succede, il portiere blucerchiato fa capire che non è aria, volando sul bolide del solito Kucka. Così il Parma, sfiduciato, non ha nemmeno la testa e le gambe per tenerla aperta fino alla fine. E la classifica piange: penultimo posto a 13 punti.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2020/2021 19ª Giornata (19ª di Andata)

22/01/2021
Benevento - Torino 2-2
23/01/2021
Roma - Spezia 4-3
Milan - Atalanta 0-3
Udinese - Inter 0-0
Fiorentina - Crotone 2-1
24/01/2021
Juventus - Bologna 2-0
Genoa - Cagliari 1-0
Verona - Napoli 3-1
Lazio - Sassuolo 2-1
Parma - Sampdoria 0-2

Classifica
1) Milan punti 43;
2) Inter punti 41;
3) Roma punti 37;
4) Juventus(**) e Atalanta punti 36;
6) Napoli(**) e Lazio punti 34;
8) Verona e Sassuolo punti 30;
10) Sampdoria punti 26;
11) Benevento punti 22;
12) Fiorentina punti 21;
13) Bologna punti 20;
14) Udinese, Spezia e Genoa punti 18;
17) Torino e Cagliari punti 14;
19) Parma punti 13;
20) Crotone punti 12.

(gazzetta.it)

(**) Juventus-Napoli da rigiocare dopo il ribaltamento al terzo grado di giustizia sportiva (CONI)
e punto di penalizzazione di conseguenza restituito al Napoli.
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La Fiorentina sfiora l'impresa in 9.
Ma Belotti c'è sempre e il Toro si salva



Partita piena di emozioni: un rigore negato ai granata,
i viola vanno in vantaggio con Ribery nonostante l'espulsione di Castrovilli.
Il Gallo firma il pari all'88' dopo che Prandelli aveva subito un altro rosso, quello di Milenkovic.
Pali e occasioni da una parte e dall'altra


Mario Pagliara

Un indomito Gallo allo scadere evita al Toro di incassare il k.o. contro una bella Fiorentina e dopo aver giocato più di mezz'ora con l’uomo in più e più di venti con la doppia superiorità numerica. Serata da mea culpa per i granata, che di buono hanno solo il decimo centro in campionato di Belotti, mentre Prandelli rientrerà a Firenze con tante certezze in più e lucidandosi un Ribery sontuoso (suo l’uno a zero momentaneo). Finisce in pari una sfida che a un certo punto si trasforma in un saloon: espulsi Castrovilli, Milenkovic e due collaboratori, uno per parte.

BELLA VIOLA — Il potenziale di qualità, spesso inespresso, della Fiorentina è, in qualche modo, concentrato nella prima mezz’ora di questa serata torinese. Visto da vicino, somiglia tantissimo al poster di un percorso fatto di rimpianti, di quanto insomma potrebbe essere bella la squadra di Prandelli. E di quando poche volte, invece, gli è riuscito. Ariosa, avvolgente e anche pericolosa: nella prima mezz’ora la Fiorentina mette alle corde il Toro, ma si porta dietro il peccato originale di non capitalizzare. Un po’ per sfortuna, come accade dopo dieci minuti quando Vlahovic prende in pieno il palo, servito da una magia centrale di Ribery (favorito dal grande ritardo di Rincon e dall’errore di lettura di Lyanco), e un po’ per la bravura di Alessandro Buongiorno (il migliore del trio difensivo granata nei primi 45’): il suo anticipo, poco prima della mezz'ora, vale quasi un gol fatto, evitando alle punte viola di battere comodamente a pochi passi da Sirigu.

FERMI AL PALO — Il Toro di Nicola in avvio non è certamente quello furente e cattivo atteso e immaginato in questa vigilia. Si abbassa tanto, non riesce e rispondere alla qualità del centrocampo avversario, e soffre. In contropiede, i granata provano a uscire dopo la mezz’ora. Come al 29’: Zaza lancia Lukic che colpisce di testa e viene abbattuto da Dragoswki. Un intervento da rigore, anche perché le immagini poi mostreranno che il fuorigioco del serbo in partenza non c’era, sotto gli occhi del designatore Rizzoli in tribuna. Ma l’occasione più ghiotta arriva al 39’ ed è del Toro: dall’uno-due con Belotti, Zaza si ritrova da solo davanti a Dragowki, non sceglie l’opzione della precisione ma preferisce sparare un missile sulla traversa. All’intervallo pari in tutto: per i pali e per il punteggio.

VAR PROTAGONISTA — Quando si riparte nella ripresa, la Var diventa subito protagonista: dopo quattro minuti, Ribery inventa e lancia nuovamente Vlahovic verso la porta. Stavolta il serbo si libera della marcatura blanda di Lyanco e stende Sirigu, in presa diretta Di Bello e i suoi collaboratori in campo assegnano il gol ma interviene Banti al Var segnalando la posizione di fuorigioco: gol annullato, l’urlo viola resta in gola. Il Toro reagisce (12’) con un fendente di Belotti, di poco a lato. Due minuti dopo Di Bello sbaglia ancora valutazione in campo costringendo nuovamente Banti dal Var all’intervento: al 14’ Castrovilli abbatte Lukic fuori area ma lanciato verso Dragowski, con la porta spalancata davanti. Di Bello ammonisce Castrovilli, ma, richiamato al monitor da Banti, si accorge che il fallo impedisce la realizzazione di una chiara occasione da rete ed espelle il centrocampista viola. Fiorentina in dieci. Prandelli corre ai ripari inserendo Pulgar per Venuti, Nicola accelera con l’innesto di Verdi (per un pessimo Linetty) e ridisegnando il Toro con il 3-4-1-2.

FRANK E GALLO — Sei minuti dopo, però l’equilibrio si sblocca e l’inerzia della serata si sbilancia dalla parte della Fiorentina grazie a una magia di Ribery. Il francese duetta che è un piacere con Bonaventura, mandando fuori giri Lukic, Rincon e girando intorno a un frastornato Lyanco, infilando alla fine della corsa Sirigu in disperata uscita. La partita sale di tono, diventa quasi un saloon: così, al 26’, Milenkovic rifila una testata e una spinta a Belotti nel corpo a corpo: Di Bello espelle il difensore serbo, giallo per il Gallo. Fiorentina ora in nove (subito dopo entra Igor per RIbery), Toro in doppia superiorità numerica passa al 4-2-4 pelle con l’innesto di Murru (per Lyanco) e Baselli (per Lukic). Al 35’ il furore di Singo in corsa sbatte sulla traversa, il Toro spinge e riesce a sfondare a due minuti dal novantesimo quando Belotti in area raccoglie l’assist di Verdi. Fa uno a uno, è il suo decimo gol in questo campionato. I sette minuti di recupero non cambiano il punteggio: il Toro gira nuovamente a vuoto.

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Il Milan passa a Bologna e mantiene la vetta. Ma che fatica...

I rossoneri dominano a lungo (reti di Rebic e Kessie su rigore),
poi gli emiliani accorciano e mettono in difficoltà Ibra (che sbaglia dal dischetto) e compagni.
Decisivo Donnarumma


Marco Pasotto


Il volo riprende subito, con il primo atto del girone di ritorno, ed è benaugurante: il Milan si libera del Bologna al Dall’Ara 2-1, soffre – senz’altro più del lecito nel finale, ma dominando in precedenza – e chiude il suo fine settimana conservando il primato solitario in classifica sotto gli occhi del c.t. Mancini. Occorreva risollevarsi subito dopo le ultime due sconfitte consecutive tra campionato e Coppa Italia e così è stato, anche se gli stenti dell’ultimo quarto d’ora testimoniano come le sconfitte abbiano lasciato qualche strascico. Vanno a segno Rebic e Kessie (rigore), non Ibra: che nella settimana delle grandi polemiche sbaglia nuovamente dagli undici metri (e non solo) ma è comunque una presenza importante per dare profondità a peso alla fase offensiva. Il Bologna resta fermo in classifica e si mangia le mani: con più convinzione davanti a Donnarumma nel primo tempo, ma soprattutto nel finale, un punto avrebbe potuto portarlo a casa. Il cammino resta pesante: una sola vittoria nelle ultime undici uscite.

LEAO NUMERO 10 — Pioli ritrova fra i convocati Bennacer e presto ritroverà anche Calhanoglu, liberatosi finalmente dal Covid, ma perde nuovamente altri pezzi. Ovvero Kjaer e Brahim Diaz, con il danese rilevato dal primo minuto da Tomori, al debutto nell’undici titolare dopo il confortante spezzone nel derby di coppa. La grande novità in casa rossonera però è la posizione di Leao. Con Calha e Diaz inarruolabili, la grande domanda ruotava intorno a chi avrebbe agito al centro della trequarti. Ebbene, l’ha spuntata Rafa, con Rebic largo a sinistra. Sul fronte opposto Mihajlovic insiste ancora con Barrow centravanti, ovvero Palacio alla terza di fila in panchina. Soumaoro alla prima da titolare. I primi 45 scorrono via piacevolmente, su buoni ritmi e si accendono soprattutto negli ultimi dieci minuti, quando il Bologna mette la testa fuori dal guscio e piazza un paio di spunti che si infrangono soltanto sulla bravura di Donnarumma. Nella prima mezzora, invece, emiliani non pervenuti in fase offensiva e super lavoro per l’altro portiere, Skorupski, capace di murare il Diavolo in maniera decisiva almeno in sei occasioni. Il film del match è stato ovviamente quello che ci si attendeva: Milan con la palla fra i piedi e Bologna di rimessa, Milan appoggiato sulle sgommate di Hernandez e le sponde di Ibra, Bologna incisivo soprattutto sulla destra col tandem Tomiyasu-Orsolini. E una mediana accorta composta da Schouten e Dominguez. Leao trequartista? Assolutamente non male, per essere alla sua prima recita in quelle zone. All’inizio ha faticato a trovare gli spazi, poi se li è ritagliati con intelligenza ma soprattutto si è applicato con grande spirito di sacrificio nell’aiutare i compagni: esperimento riuscito. Gli episodi chiave: una traversa di Hernandez direttamente su punizione (smanacciata da Skorupski), il rigore procurato da Leao (fallo di Dijks), sbagliato da Ibra (di nuovo) e collocato in porta da Rebic, i due no di Donnarumma ai rossoblù (parata fantastica quella su Dominguez).

MEGLIO KESSIE DAL DISCHETTO... — Nella ripresa il Bologna prova ad alzare un po’ il baricentro, cosa che riesce soltanto a sprazzi ma dà comunque modo di elaborare meglio il gioco. Ecco perché l’ingenuo mani in area di Soumaoro è una secchiata d’acqua gelida. Stavolta dal dischetto va Kessie e fa centro. Due a zero e partita che pare già avviata verso i titoli di coda. Pare, appunto, perché in pratica i rossoneri si arenano dopo una magnifica azione corale che porta al tiro Calabria. Il Milan abbassa i giri, troppo. Giochicchia per trascorrere il tempo, Pioli alla mezzora butta dentro Mandzukic (largo a sinistra sulla trequarti) e una decina di minuti dalla fine l’inerzia della sfida cambia del tutto. La coscienza sporca è quella di Hernandez, che perde palla in uscita su Palacio, che innesca la controffensiva: tre passaggi e l’ex Poli accorcia le distanze. Da lì in avanti il Diavolo se la vede decisamente brutta, cosa di cui peraltro si rende perfettamente conto visto l’affanno con cui difende e spazza l’area. Prima Donnarumma vola su Soriano, poi Palacio non ci arriva di testa per un centimetro. E’ più o meno il panico, che cessa soltanto dopo i quattro minuti di recupero.

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Il diluvio non ferma la Juve:
Pirlo risponde al Milan e la rincorsa scudetto continua

Chiesa a segno al 20' del primo tempo, Ramsey a tempo scaduto:
per i bianconeri è la quarta vittoria consecutiva, nonché la quarta gara di fila a porta inviolata.
Ammonito Bentancur, salterà la Roma


Livia Taglioli


Sotto il diluvio di Marassi la Juventus batte la Samp 2-0 grazie alle reti di Chiesa al 20' p.t. e Ramsey a tempo scaduto, riprende tre punti al Milan e si riporta a -7 (con una partita in meno), centra la quarta vittoria consecutiva, e per la quarta volta di fila non subisce gol. Non bastasse, ritrova un Ronaldo in palla nonostante una settimana che lo ha visto protagonista di vicende extracalcistiche, e può godersi un Chiesa in evidente ascesa. Non male, come inizio del tour de force che attende i bianconeri nel prossimo mese, e che almeno per ora, vede la Juve al terzo posto in classifica.

SPAZI COMPRESSI — Pirlo parte per l’assalto alla Samp confidando in mezzo sul trio di centrali visto con maggior assiduità e composto da Bentancur, Arthur e McKennie, a destra Cuadrado pronto ad arretrare nella fase difensiva, a sinistra Chiesa pronto invece a fare l’attaccante aggiunto nelle fasi di spinta. Davanti Cristiano Ronaldo e Morata sono le bocche da fuoco ufficiali, ma la Juve sa che la sua forza sta pure nel movimento fra le linee dei suoi centrali di centrocampo, McKennie in particolare. Dietro largo a Szczesny e al trio dei veterani, con Chiellini, Bonucci e Danilo. Sull’opposta sponda l’ex Ranieri affida all’altro ex Quagliarella e a Keita il compito di portare fastidi dalle parti di Szczesny, con la collaborazione di Candreva, anche se la mission principale per la Samp è di chiudere gli spazi, e senza lasciare spifferi. Un atteggiamento tattico che inchioda la gara a lunghe fasi a zero tasso di pericolosità: la Juve pur dominando nel possesso palla non riesce a dare verticalità o velocità alla sua manovra offensiva, la Samp non tradisce alcun attimo di disattenzione. E intanto continua a piovere, e il terreno si fa più pesante. Silva e Quagliarella provano la conclusione senza trovare la porta, Chiesa tenta di dare vivacità alla manovra, ma alla Juve sembra mancare un po’ di cattiveria nei 30 metri finali.

CHIESA-GOL — Finché è lo stesso Chiesa a sbloccare la gara, al 20’, sfruttando la migliore azione offensiva bianconera: bella discesa centrale di Ronaldo, appoggio per Morata allargato a destra e cross basso dello spagnolo per l’accorrente Chiesa, che da pochi passi supera Audero di destro. Per Federico è la settima rete della stagione, la quarantesima se sommata a quelle di Ronaldo e Morata. Il gol regala alla Juventus qualche spazio in più: per recuperare, la Samp deve per forza allungarsi, ne approfittano Ronaldo e compagni, che spingono con continuità e crescente entusiasmo. In particolare CR7 alza decisamente il suo tasso di pericolosità: una sua punizione è alzata in angolo da Audero, un’altra volta il portiere gli chiude lo specchio inducendolo all’errore nel tocco finale, da posizione angolata, e su una sua accelerazione la Samp si salva in angolo.

RADDOPPIO-RAMSEY — La ripresa vede tornare in campo una Juve che pare decisa a riprendere da dove aveva lasciato: Audero deve uscire di piede al limite dell’area su un passaggio filtrante di CR7 per Morata. Poi però la Samp si dà una scossa, e uno straordinario Chiellini respinge un sinistro di Quagliarella, negandogli la gioia di un regalo di compleanno anticipato di poco (domani l’attaccante ne fa 38). Ancora dopo una manciata di minuti Quagliarella inquadra la porta, stavolta è Szczesny a dirgli di no. Per il resto è una Juve in controllo agevole, anche se non molto aggressiva in avanti. Ranieri inserisce Damsgard prima, Torregrossa e Ramirez poi (fra i sostituiti c’è anche Quagliarella), ma neanche le forze fresche riescono a rianimare una Samp a corto di idee. Pirlo risponde con Rabiot al posto di Bentancur che, ammonito, salterà la Roma. Bernardeschi va invece a prendere il posto di Morata, con Chiesa che affianca CR7. La gara non offre altri guizzi, anzi, ci sono più cambi che azioni degne di nota. E proprio da un cambio nasce il raddoppio della Juve: entrato al minuto 83 al posto di Arthur, Ramsey al 91’ approfitta di un delizioso assist di Cuadrado in azione di contropiede e firma il definitivo 2-0 esterno.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Inter, tutto facile col Benevento: 4-0 con la LuLa crescente



Al 7’ autogol di Improta, nella ripresa Lautaro si sblocca dopo sei gare e Lukaku firma la doppietta:
nerazzurri a 44 punti, sempre a -2 da Pioli e a +4 su Pirlo


Francesco Fontana

L’Inter risponde a Milan e Juventus e contro il Benevento fa il proprio dovere con un 4-0 senza storie: i tre punti arrivano con una deviazione sfortunata (di Improta al 7’ dopo una punizione di un Eriksen brillante), il ritorno di Lautaro, in gol al 57’ dopo sei partite – tra A e Coppa Italia – a secco e la doppietta di Lukaku. Così Conte (squalificato per due turni, in panchina c’è il vice Stellini) ottiene il massimo da un match non particolarmente dispendioso a livello di energie nel quale ha potuto dare una chance dal 1’ a chi aveva bisogno di giocare. Alla fine, lassù in classifica, non cambia nulla con l’Inter che rimane a -2 dal Milan e a +4 sulla Juventus, ok nel pomeriggio contro Bologna e Sampdoria. Il Benevento, invece, resta a quota 22 al dodicesimo posto.

TOCCA A ERIKSEN IN REGIA — Formazioni. Tutto confermato in casa Inter, comprese le quattro novità previste alla vigilia: dietro c’è Ranocchia con De Vrij che riposa, in regia fiducia a Eriksen al posto di Brozovic, dentro Gagliardini - preferito a Vidal - come mezzala sinistra con Perisic e non Young a sinistra. Per il resto, nel 3-5-2 di Conte, in difesa anche Skriniar e Bastoni con Hakimi e Barella a completare il centrocampo. Davanti, dopo la panchina del derby di Coppa Italia, ecco Lautaro al fianco di Lukaku. Dall’altra parte Inzaghi, nel 4-3-2-1 iniziale, punta su Impronta (out Insigne) e Caprari alle spalle di Lapadula. In mediana Hetemaj, Viola e Ionita con Barba, Caldirola, Glik e Depaoli davanti a Montipò. Arbitra Pasqua della sezione di Tivoli.


DEVIAZIONE SFORTUNATA — Pronti-via e Conte passa al 7’: punizione dalla destra di Eriksen (all’altezza dei 22 metri), Improta – nel tentativo di spazzare – svirgola e con il ginocchio buca Montipò. Passano 4’ e c’è il dubbio. Perisic perde palla, lancio di Depaoli per Lapadula, che va terra dopo un presunto contatto con Ranocchia: il nazionale peruviano chiede il rigore, Pasqua lascia correre (il contatto c’è, ma sembra fuori area). Il possesso è nerazzurro, anche se il Benevento – in attesa e alla ricerca del contropiede – non corre grossi rischi. Al 23’ azione insistita di Lautaro, che si crea lo spazio dopo un errore in uscita degli avversari e calcia a giro con la palla che va fuori non di molto. I minuti passano, Eriksen al 32’ impegna Montipò. Il danese è in palla, con Barella è il migliore dell’Inter finora. E 2’ dopo serve Hakimi con il contagiri, ma l’esterno (di testa) colpisce fuori. Il Toro non sembra brillantissimo, tra il 35’ e il 38’ ha due chance: prima calcia fuori da ottima posizione dopo un’azione confezionata con Barella, poi in area perde l’attimo e si incarta, commettendo fallo sul diretto avversario invece che calciare. È l’ultima potenziale occasione del primo tempo: si va negli spogliatoi con Handanovic con i guanti puliti, ma con un Benevento ancora in partita.


TORO-GOL, BIS DI BIGROM — Si riparte senza cambi, con l’Inter subito pericolosa grazie a un Eriksen ispirato: sinistro da fuori, palla deviata che va sulla traversa, sulla ribattuta Lautaro la mette dentro ma è fuorigioco. Decisione giusta, ma la gioia è solo posticipa di qualche minuto: al 56’ palla dentro per il Toro, bravo a controllare in mezzo a due uomini e a concludere sul primo palo. L’esultanza è rabbiosa, ci sta dopo sei partite (quattro in Serie A, due in Coppa Italia) senza sussulti. La rete è pesante, perché mette al sicuro il risultato con l’Inter che va in scioltezza: prima viene annullato un gol ad Hakimi (fuorigioco), al 67’ Lukaku firma il tris con un piattone sinistro dopo un pasticcio in disimpegno di Montipò e l’assist (voluto?) di Lautaro. Non succede molto altro nei 23’ finali, c’è giusto il tempo per la doppietta di Romelu, bravo al 78’ a concludere su assist di Sanchez, entrato al 74’ per il Toro. L’Inter può gestire e concentrarsi sulla prima semifinale di Coppa Italia contro la Juventus, il Benevento ripartire (nel prossimo turno c’è la Samp) sapendo che un 4-0 al Meazza non può incidere su quanto di buono fatto finora.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Udinese torna a respirare: colpo a Spezia con De Paul



I friulani tornano alla vittoria dopo oltre un mese,
l'ultima il 12 dicembre contro il Torino,
grazie al penalty realizzato dall'argentino.
Espulso al 75'


G.B. Olivero

Un rigore, due cartellini rossi per doppia ammonizione, altri sei gialli e alla fine l’Udinese vince al Picco e stacca di tre punti lo Spezia. È stata una partita sostanzialmente equilibrata, ma la maggiore qualità individuale ha consentito alla squadra di Gotti di creare qualcosa in più e di imporsi grazie alla trasformazione dal dischetto di De Paul, al termine di un’azione che ha coinvolto Pereyra e Deulofeu. Il gap tecnico tra le due formazioni era evidente e ha consentito all’Udinese di conquistare una vittoria importante che mancava dallo scorso 12 dicembre (3-2 contro il Torino).

PRIMO TEMPO — Il ritmo in avvio non è alto, le due squadre sembrano inizialmente determinate soprattutto a non concedere spazi. Gotti sceglie l’attacco leggero con Pereyra vicino a Deulofeu e un centrocampo in cui Walace si aggiunge a De Paul e Arslan per garantire il controllo del pallone. Lo Spezia prova a trovare spazio sulle fasce per armare con qualche cross la testa di Galabinov, ma il centravanti è lontano dalla migliore condizione e raramente partecipa al gioco. Al 20’ Bastoni effettua un ottimo cross per Gyasi che, incerto se colpire di testa o di piede, non riesce a sfruttare la situazione favorevole e consente a Musso di deviare in angolo. L’Udinese si avvicina a Provedel solo al 27’: angolo di De Paul, testata di Becao, palla alta. Nel finale del primo tempo la squadra di Gotti diventa più incisiva. Al 34’ Erlic è splendido nel fermare in scivolata Deulofeu lanciato da Pereyra verso la porta. Al 40’ lo stesso Deulofeu prende il palo esterno dopo un’azione personale che lo aveva portato a crossare e poi a riprendere la corta respinta di Erlic. Al 44’ l’Udinese segna con Arslan su assist di Pereyra, ma l’ex giocatore della Juve era partito in posizione di fuorigioco.

SECONDO TEMPO — All’inizio della ripresa arriva la svolta. Magia di De Paul che salta un paio di avversari e lancia Pereyra davanti a Provedel: il portiere è bravo a respingere, Deulofeu conquista il pallone e viene atterrato da uno sciagurato intervento di Chabot. Rigore indiscutibile che al 7’ viene trasformato da De Paul. Lo Spezia fatica ad arrivare al tiro, Italiano è pesantemente condizionato dalle assenze di Nzola e Piccoli e l’unica speranza arriva dalla superiorità numerica generata dall’espulsione di De Paul. Il capitano dell’Udinese viene ammonito al 26’ per fallo su Saponara e poi al 30’ per fallo su Acampora. Lo Spezia ci prova, ma i cross non sono il modo migliore per attaccare la difesa molto fisica di Gotti. Al 41’, poi, viene ristabilita la parità numerica per una sciocchezza di Saponara che, già ammonito, entra duro su Becao. Solo una fuga di Agudelo, vanamente inseguito da Nuytinck, porta un po’ di scompiglio nell’area friulana, ma a interrompere l’azione è Pereyra, il migliore in campo. E l’Udinese così conquista il successo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lazio, vendetta servita: 3-1 all'Atalanta e sorpasso con vista Champions

Pochi giorni dopo l'eliminazione in Coppa Italia con i bergamaschi,
la squadra di Inzaghi porta a casa i 3 punti e li scavalca in classifica.
In gol Marusic, Correa e Muriqi. Di Pasalic la rete per i nerazzurri



Quattro giorni dopo la sfida di Coppa Italia con l'Atalanta che eliminato la Lazio, ecco il bis, ma questa volta con vista Champions. Eh sì, perché la squadra di Inzaghi al Gewiss Stadium si vendica, porta a casa i 3 punti e sorpassa in classifica i bergamaschi (37 punti a 36).

PARTENZA SPRINT! — La Lazio parte a razzo. E dopo 3' sblocca il match grazie a un gran destro a giro di Marusic che sorprende Gollini. L'Atalanta sembra accusare il colpo e i biancocelesti cercano di approfittarne. Al 32', Immobile pennella un cross perfetto per Milinkovic-Savic solo in mezzo all'area, ma il suo colpo di testa viene toccato dal portiere dei bergamaschi e la palla finisce sul palo.

LA CHIUDE MURIQI — Nel secondo tempo, altro avvio supersonico della Lazio che, al 51', raddoppia. Rinvio di Reina, spizzata di testa di Immobile a centrocampo che libera Correa. L'argentino s'invola verso l'area, salta Gollini e insacca. Ma le emozioni non finiscono qui. Perché l'Atalanta non ci sta e al 79' Muriel si libera di Acerbi,calcia ma la palla sbatte sul palo. Sulla respinta Pasalic è il più veloce di tutti e accorcia le distanze. Pochi minuti dopo minuti dopo però, ecco il tris Lazio che chiude la partita. E a segnarlo è Muriqi su assist di Pereira.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Cagliari beffato da Boga: il Sassuolo fa 1-1 al 94



Tra Di Francesco e De Zerbi finisce in parità così come era successo all'andata.
Al colpo di testa di Joao Pedro risponde la zampata dell'ivoriano in pieno recupero


Pierfrancesco Archetti

Boga riprende il Cagliari quando sta per iniziare l'ultimo dei cinque minuti di recupero e salva il Sassuolo. Il pareggio complessivamente è giusto anche se i padroni di casa, in vantaggio con Joao Pedro al 30' del secondo tempo, assaporavano già il gusto della vittoria che manca loro dal sette novembre. Devono digerire il verdetto che sa di beffa per come arriva, ma prima della rete rossoblù era stato il portiere Cragno a evitare la fuga degli ospiti.

LA TRAMA — Il Sassuolo fa la partita anche nel primo tempo, mentre il Cagliari è pericoloso in contropiede: Djuricic due volte manca il vantaggio per gli emiliani. Prima tira fuori su una ripartenza rifinita dal cross di Caputo. Poi invece inquadra lo specchio con un bel colpo di testa su invito di Rogerio, ma Cragno è eccellente nella reazione e mette in angolo, come aveva fatto a inizio gara su avvitamento di Locatelli. Anche il Cagliari però ha un paio di occasioni per segnare, la più nitida capita a Nainggolan: il suo destro dal limite colpisce il palo. Pure Ceppitelli e Joao Pedro ci provano inutilmente.

BOTTA E RISPOSTA — Sassuolo ancora senza Berardi, ma anche Chiriches è fuori uso e accanto a Ferrari viene confermato Marlon. Un punto nelle precedenti tre partite per De Zerbi, quindi anche nel secondo tempo il Sassuolo spinge per cambiare il suo destino, però trova ancora Cragno miracoloso su un colpo di testa di Traore. L’assenza dello squalificato Nandez si fa sentire a centrocampo nel Cagliari. Fra l’altro anche Duncan, uno dei tanti ex della partita, deve restare fuori, causa un risentimento muscolare. Di Francesco sistema Oliva come regista centrale affiancato da Marin e da Deiola, appena tornato dal prestito allo Spezia. Il Cagliari cerca spesso di saltare la zona centrale con i lanci o le entrate sul fianco sinistro. Però nella ripresa resta ancora più bloccato dietro. Quando entra Sottil, insieme a Pavoletti, Di Francesco ha un'arma più veloce per le ripartenze: la rete del vantaggio passa anche dai suoi piedi. È lui a suggerire per Marin, sul cui cross perfetto Joao Pedro è bravo a saltare tra i difensori e a battere di testa Consigli. Poi il Cagliari sembra chiudere tutte le porte a un Sassuolo nervoso, ma ne lascia una aperta sull’ultimo cross, di Oddei. Sull’altro lato Boga sbuca alle spalle di Sottil e pareggia.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Destro implacabile, il Genoa non si ferma più: 3-0 a Crotone

Continua la serie positiva della squadra di Ballardini,
alla terza vittoria nelle ultime quattro gare, tutte concluse senza subire reti.
Per i calabresi, la salvezza si complica sempre di più


Alex Frosio


Il Genoa non si ferma più. Contro il Crotone arriva la terza vittoria nelle ultime quattro, nelle quali non ha preso gol: così Ballardini si allontana dalle zone calde e inguaia sempre più Stroppa. Finora allo Scida i calabresi avevano costruito la loro pur modesta classifica. Vittoria netta, partita comandata dal Grifone.

PARTENZA FORTE — Il Crotone propone dall’inizio Di Carmine arrivato da due giorni, a fianco di Simy, e gioca il primo tempo a favore di vento, che soffia forte e sembra spingere la partenza forte della squadra di Stroppa. Messias prova subito a sfruttare la spinta eolica su punizione, calcia forte ma centrale al 7’, ma è una promessa che il Crotone non mantiene. I calabresi cercano la costruzione dal basso, ma è sempre sporca e per questo costretta al rilancio. Così, nonostante il favore del vento, sembra il contrario, perché il pallone crotonese viene sempre risputato sulla trequarti. Quando va bene, perché quando va male – Cordaz contrastato da Destro, Shomurodov per Badelj che sbaglia il controllo al 18’ – fa correre grossi rischi. Il vento contro non crea grandi problemi al Genoa. Anzi, ne sfrutta le deviazioni strane. Al 24’ infatti Magallan intercetta di testa un lancio delle retrovie ma arretra e non aggredisce, così Shomurodov, Destro e Zajc – che sbaglia cercando l’assist invece di calciare – costruiscono il vantaggio: Destro infatti arriva sulla respinta corta della difesa crotonese e incrocia imparabilmente per l’ottavo gol personale. Dire “rinato” è un eufemismo. E tutto il Genoa è rigenerato. Pieno di autostima e sicuro dietro grazie alle letture di Radovanovic, corre in avanti e aggredisce con gli esterni: da uno all’altro al 29’ per il raddoppio, con il cross di Zappacosta per lo splendido sinistro al volo incrociato di Czyborra. Ma Pedro Pereira denuncia ancora la disattenzione della peggior difesa della A. Il Crotone è stordito, non riesce nemmeno a innescare Junior Messias che si becca pure un’ammonizione per fallo su Criscito. Pesante: diffidato, il brasiliano salterà il Milan.

CONTROVENTO — Al rientro in campo, controvento, il Crotone ha Rispoli al posto di Pereira (mezzo infortunati dal 15’ del primo tempo) e cerca di alzare il ritmo. Ma al 5’ il Genoa colpisce ancora e di nuovo con Destro, che sul cross di Zajc spunta tra Marrone e Magallan e insacca tris e doppietta persona. Fanno 8 gol nelle ultime 8 partite, 9 reti in totale considerando la prima, all’andata proprio con il Crotone. Se i calabresi hanno mai dato segnali di vita, stavolta non reagiscono più. Entra Riviere per Di Carmine, di là Melegoni e Pjaca per Zajc e Shomudorov, con il croato che al 23’ ha un buono spunto in area ma il suo sinistro gira largo. Altri cambi, unici episodi da annotare: Eduardo e Djidji, di là Pandev e Ghiglione e anche Behrami per l’ottimo Strootman. I contenuti scemano. Al 44’ slalom di Benali e destro, Perin devia sul palo per salvare la striscia di imbattibilità, nel recupero Cordaz respinge una conclusione di Pandev.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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