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A 82 anni è morto Tarcisio Burgnich, la Roccia della Grande Inter di Herrera e della Nazionale

Ultimo Aggiornamento: 28/05/2021 03:24
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27/05/2021 00:35

È morto Tarcisio Burgnich,
la Roccia della Grande Inter
di Herrera e della Nazionale

Uno dei migliori difensori della storia, è scomparso nella notte in Versilia.
Aveva 82 anni.
Il ricordo commosso del club nerazzurro.
Venerdì un minuto di silenzio prima di Italia-San Marino



Il calcio piange la scomparsa di Tarcisio Burgnich, la Roccia, il difensore della Grande Inter di Helenio Herrera e Angelo Moratti, campione d'Europa nel 1968 e vice campione del mondo nel 1970 con la Nazionale azzurra. L'ex giocatore e allenatore è scomparso questa notte in Versilia dove viveva da molti anni. Era nato a Ruda (Udine) il 25 aprile 1939. Verrà ricordato con un minuto di silenzio prima di Italia-San Marino di venerdì a Cagliari.

HA VINTO TUTTO — Sarti, Burgnich, Facchetti... il suo nome è legato indissolubilmente al club nerazzurro, con cui ha conquistato tutto: 4 scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Ma nel suo palmares vanta anche un campionato con la Juve nel 1960-61 (prima di sbarcare a Milano) e una Coppa di lega italo-inglese col Napoli 1975-76.

IN NAZIONALE — Burgnich con la Nazionale azzurra collezionò in totale 66 presenze (e due gol). Alzò la Coppa del campionato europeo del 1968, quello delle due finali di Roma, e fu titolare nella difesa azzurra del mondiale messicano del 1970 perso in finale contro il Brasile di Pelé. "È fatto di carne ed ossa come tutti gli altri, mi dicevo prima di quella partita. Sbagliavo”, disse in seguito il difensore sul fenomeno brasiliano. Passò alla storia infatti lo scatto in cui Pelé volò in cielo e Burgnich che non riuscì a fare altrettanto.


ITALIA-GERMANIA 4-3 — Ma il suo nome è scolpito nella Roccia anche e soprattutto per la partita del secolo: Italia-Germania Ovest 4-3, la semifinale di quel mondiale. Era l'8' del primo tempo supplementare con i tedeschi che, dopo aver pareggiato in maniera rocambolesca allo scadere del 90', passarono in vantaggio con Gerd Muller. Gianni Rivera calciò una punizione nella trequarti avversaria: Held stoppò di petto, ma sbagliò il controllo, Burgnich ci mise il piedone e infilzò Maier. Fu il gol del 2-2. “Alla vigilia dell’Europeo – dichiara il presidente della Figc Gabriele Gravina - ci lascia un grande campione d’Europa. La sua morte è l’ennesima ferita inferta al cuore dei tifosi azzurri e di tutti gli appassionati di calcio. Con la sua forza e la sua determinazione ha scritto bellissime pagine di storia del calcio italiano".

ALLENATORE — Una volta lasciato il calcio, Burgnich intraprese la carriera di allenatore ma senza grossi successi. Fu tecnico di Catanzaro, Bologna, Como, Livorno, Foggia, Lucchese, Cremonese, Genoa sostituendo Claudio Maselli,Ternana, Salernitana, Pescara e L.R. Vicenza. Dopo aver lasciato il lavoro di allenatore, divenne osservatore dell'Inter.


IL CORDOGLIO DELL'INTER — E questo è (parte) del ricordo dell'Inter pubblicato sul sito ufficiale: "Ci sono degli uomini che vorresti sempre avere al tuo fianco, dei calciatori che vorresti sempre nella tua squadra, delle leggende che vorresti facciano sempre parte della tua storia. Tarcisio Burgnich ha incarnato la forza e i valori del nostro Club e l’Inter ha avuto il privilegio di vederlo lottare per i propri colori: statuario, implacabile, umile e sempre leale. Entrato nella storia della Grande Inter e nella memoria dei tifosi nerazzurri per la grande tempra ed il carattere che mostrava in campo, ha formato con Giacinto Facchetti una delle coppie di terzini più forti del mondo in quell’Inter dove la difesa era un punto fermo, forgiata dal "mago" Herrera con campioni preparati atleticamente e mentalmente per affrontare e fermare ogni tipo di avversario. Come nella partita che Burgnich ha portato sempre nel cuore, giocata due anni dopo il suo arrivo in nerazzurro, quella finale contro i mostri sacri del Real Madrid di Di Stéfano, Puskás, Gento, “quelli che noi avevamo visto solo nelle figurine”. Un giorno che riuscì a stravolgere le gerarchie e a portare la prima Coppa dei Campioni nella bacheca nerazzurra. E poi la storia che si ripete, esattamente un anno dopo, contro il Benfica di Eusebio a San Siro (...) Umile e determinato, insuperabile per gli avversari e prezioso alleato per i suoi compagni: oggi il suo sguardo fiero e la sua forza sono ricordi preziosi, un’immagine che rimarrà sempre impressa nella nostra storia. Ciao Tarcisio, sarai sempre la nostra “Roccia”".

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Fonte: Gazzetta dello Sport

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