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Campionato di Calcio Serie A 2021 - 2022. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2022 14:00
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Con gli anticipi pomeridiani delle 18:30 (campi di Milano per Inter-Genoa e Verona per Verona Sassuolo) comincia il campionato di Serie A stagione 2021/2022, quello, tanto per citare uno spot televisivo, che è dei Campioni d'Europa per nazioni, col fresco trionfo appena l'11 luglio scorso a Wembley contro i padroni di casa inglesi, nel primo e ultimo torneo itinerante della storia della competizione continentale.
Il campionato che sta per iniziare è carico di novità. Una, piacevole dopo questi ultimi diciotto mesi di pandemia e restrizioni, è il ritorno del pubblico negli stadi, seppur a capienza ridotta (c'è ancora in giro il virus ma per fortuna ci sono anche i vaccini e questo ha dato la possibilità di aprire un poco al ritorno della gente sugli spalti).
Altra novità, importante e inedita per il nostro campionato, è la rivoluzione del calendario delle partite: non più simmetria tra le partite di andata e ritorno, per cui ai match della prima giornata di andata non corrisponderanno gli incontri della prima di ritorno, e così via,
Altre novità il mercato, sia di allenatori che calciatori. Rivoluzione sulle panchine, soprattutto delle prime squadre. Se era noto (direi anche auspicato e atteso da molti) il ritorno di Massimiliano Allegri sulla panchina della Juventus dopo due stagioni altalenanti e non proprio brillanti (nonostante lo scudetto con Sarri e la Coppa Italia con Pirlo), più scalpore ha destato l'addio di Antonio Conte all'Inter dopo lo scudetto e le intenzioni della società di sfoltire la rosa per far cassa con Lukaku (olte la perdita di cui Eriksen per un malore durante gli Europei che ha necessitato dell'applicazione di un pacemaker, cosa che non gli consentirà di giocare nel nostro campionato), a discapito dei rinforzi richiesti dal tecnico salentino. L'ingaggio di Simone Inzaghi sulla panchina dell'Inter ha poi dato il via ad una girandola di novità: Alla Lazio, dopo anni di Inzaghi al timone, è arrivato Sarri (l'ex Juve ha accettato l'incarico rinunciando al resto dell'ingaggio bianconero); al Napoli, partito Gattuso in rotta con De Laurentiis, è approdato Spalletti. Alla Roma in panchina addirittura José Mourinho. Pioli resta confermato, tra le panchine dei big, allenatore del Milan.
In queste ore la Juventus potrebbe aver sciolto il nodo Ronaldo: il portoghese resta a Torino per quest'ultimo anno di contratto, smentendo il trasferimento al Real Madrid per quel campionato spagnolo che dopo 20 anni ha perso anche Messi, passato, appunto dopo due decenni di trionfi in Spagna e nel mondo, ha lasciato il Barcellona per i francesi del Paris Saint Germain, club stra-ricco e zeppo di campioni. Ma, almeno fino al 2024, i Campioni d'Europa siamo noi...
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Inter, è subito show:
4-0 al Genoa con super Calhanoglu



Nel giorno del ritorno dei tifosi, l'ex Milan trascina
la squadra di Inzaghi con l'assist per Skriniar e un gran gol.
Nella ripresa i sigilli di Vidal e Dzeko


Luca Taidelli

"Nel dubbio, ricordiamo che i campioni d'Italia siamo noi". Trascurata nei pronostici scudetto, l'Inter di Inzaghi manda un segnale chiaro al campionato nel giorno del ritorno dei tifosi allo stadio. La prudenza è d'obbligo, anche perché il Genoa viene sì triturato ma ad oggi è sembrato poca cosa, eppure lo spettacolo è stato davvero impressionante. Persi la freccia Hakimi e l'ariete Lukaku, Simone ha rivisto la traccia contiana con un gioco molto più arioso e vario. Illuminato da un super Calhanoglu, autore di un gran gol (e uno ancora più bello gli è stato annullato) e dell'assist per il rompighiaccio Skriniar, prima dei sigilli di Vidal e Dzeko nella ripresa.

LE SCELTE — In attesa del mercato (da verificare l'entità dell'infortunio occorso a Thuram), privo dello squalificato (e acciaccato) Lautaro e dell’infortunato Sanchez, Simone Inzaghi esordisce in nerazzurro con il 3-5-1-1 che aveva funzionato nell’ultimo test, contro la Dinamo Kiev. A cucire un centrocampo di assaltatori con Dzeko c’è ancora Sensi. La difesa è quella scudetto, sugli esterni Darmian e Perisic. Il Genoa risponde con l’eroe del Triplete interista Pandev, che a 38 anni non vuole saperne di smettere, e fa coppia col 20enne Kallon. C’è anche il giovane Vanheusden, in prestito dai nerazzurri, a completare la difesa a tre con Biraschi e Criscito.

LA PARTITA — Quello di Ballardini però è un argine che dura ben poco. Nel 5-3-2 rossoblu Sturaro e Cambiaso non chiudono e non spingono, mentre Rovella dopo una bella ripartenza (Kallon incrocia sul fondo) soffre l’intraprendenza delle mezzali di Inzaghi. Badelj cerca di metterci una pezza centralmente, ma l’Inter è da subito un’onda in piena perché asfissia l’avversario e dove non arriva con le giocate in velocità a palla bassa poi sfonda con i corazzieri. Vedi Skriniar che al 6' di testa svetta sul corner di Calhanoglu e apre col botto la stagione. Il turco si prende il Meazza in un quarto d’ora. Al 14' infatti chiude un triangolo lungo con Dzeko e infila la palla in buca d'angolo con un gran destro dal limite. Ballardini vede i suoi incapaci di superare la metà campo, ci prova prima avanzando Hernani e poi portando Sturaro sulle tracce di Barella. Peggio che andare di notte, con Brozovic (bravo Sirigu), Bastoni (che assolo!), Dzeko (traversa), Sensi e ancora Skriniar (da angolo del solito Calha) vicini al gol che chiuderebbe il match prima dell'intervallo. Invece su due leggerezze di Perisic e Darmian, prima Pandev (gran chiusura di Brozovic) e poi Kallon, con una girata mancina, rischiano di riaprirla proprio al 45'. La famosa concentrazione che Conte allenava con ossessione e che anche Inzaghi - che infatti s'imbelvisce con i suoi - predica al primo giorno ad Appiano. Nel recupero segna invece Perisic su imbucata di Brozo, ma era in fuorigioco di centimetri. Sipario su un primo tempo a una porta.

ATTO SECONDO — Tre cambi nell'intervallo per Ballardini: dentro Sabelli, Serpe e Bianchi per Biraschi, Cambiaso ed Hernani. Ma l'Inter resta posseduta e Calhanoglu va subito vicino alla doppietta su invito di Dzeko, che non avrà più venti gol nei piedi ma resta un regista offensivo di livello superiore. Entra anche Favilli per Kallon, ma il problema resta quello di fare arrivare la palla dalle parti di Handanovic. Al 10' Calha fa esplodere il Meazza con un tracciante nel sette, ma Perisic era scattato di nuovo in fuorigioco millimetrico. Il Genoa ora alza il baricentro, ma così offre il fianco alle ripartenze nerazzurre. Nel sistema di Inzaghi convince la libertà concessa in fase offensiva e l'interscambiabilità tra Sensi e Calhanoglu, col marchigiano che all'occorrenza si abbassa, si vede poco ma contribuisce a pulire le uscite palla. Sensi al 69' lascia il campo insieme a Perisic per Vidal e Dimarco, mentre Melegoni rileva Sturaro appena dopo il riflesso con cui Sirigu nega la gioia a Dzeko. Edin ci riprova, l'ex Toro si supera ma Barella sulla ribattuta è geniale nel tacco per Vidal che al 74' chiude i conti. Inzaghi a questo punto concede la standing ovation a Calhanoglu, dentro Satriano, e fa rifiatare anche Barella con Vecino, ammonito dopo pochi secondi. Festa completata dal salvataggio sulla linea di Skriniar, dall'esordio di Dumfries e dall'incornata vincente di Dzeko sulla pennellata di Vidal. Vedi mai che Inzaghi rianima pure il pupillo di Conte...

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Zaccagni non basta al Verona:
colpo del Sassuolo con Traore

Dionisi vince all'esordio in campionato contro la
squadra di Di Francesco: grandissimo gol dell'ivoriano


Fabio Bianchi


Alla fiera del gol passa il Sassuolo, ma il Verona di Di Francesco, in dieci per più di un tempo per l'espulsione di capitan Veloso, piace per gioco e grinta e tiene il risultato in bilico fino all’ultimo. Una partita piacevolissima, dove è emersa la grande qualità dei singoli del Sassuolo e le manovre di entrambe le squadre. Dionisi, al debutto in A, e Di Francesco, all'esordio sulla panca del Verona, hanno seguito giustamente le orme dei loro predecessori De Zerbi e Juric, c'è tempo per metterci la loro impronta. Risultato tutto sommato giusto, ma cosa sarebbe successo a uomini pari?

IL SIGILLO DEL BABY EUROPA — Normali gli errori in fase di costruzione e spazi più aperti per l'assenza di pressing asfissiante, anche per il caldo. Ma nonostante questo, Verona e Sassuolo sono sembrate appunto già in palla. Dionisi all'ultimo punta su Raspadori, con Boga e Djuricic dietro a Caputo invece che Traorè. E i fatti gli hanno dato ragione, perché il campioncino d'Europa ha portato in vantaggio gli emiliani con uno scatto secco e il piatto vincente su invito di Djuricic. A Di Francesco non ha detto bene, perché quanto a occasioni il Verona nel primo round ne ha avute di più sullo 0-0. Su tutte, un tiro al volo di Zaccagni appena sopra e la traversa di testa di Kalinic. Poi capitan Veloso, già ammonito, ha pensato bene di tirare un pestone a Djuricic e ha lasciato la squadra in 10.

DJURICIC-ZACCAGNI, CHE SFIDA — Nel secondo round sono piovuti i gol. In cattedra Djuricic, in gol dopo uno stupendo triangolo con Caputo e Zaccagni, l'ultimo dei Mohicani che ha tenuto in piedi le speranze del Verona con un rigore, procurato e segnato, e con un tiro a giro dopo la rete del 3-1 di Traorè. Il Sassuolo ha mostrato la capacità di creare occasioni, il Verona la tigna di non arrendersi mai . Ma serve una punta per supportare super Zaccagni.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Sarri prima soffre, poi sorride:
la Lazio passa a Empoli 3-1 in rimonta



Bandinelli spaventa i biancocelesti che pareggiano subito con Milinkovic.
Lazzari e Immobile su rigore completano la rimonta


Stefano Cieri

Parte bene l’avventura di Maurizio Sarri sulla panchina della Lazio. Pur con qualche sofferenza di troppo e con tante cose ancora da rivedere la sua Lazio coglie i tre punti che voleva dalla trasferta di Empoli. Confermando di essere un cantiere più che mai aperto, ma dimostrando anche di avere tanta qualità che, in attesa che il gioco decolli e certi automatismi migliorino, basta e avanza per andare avanti. Non è fortunato il ritorno dell’Empoli in Serie A dopo due anni. Il 3-1 è risultato fin troppo severo per la squadra di casa che, specie nel corso del primo tempo, mette in seria difficoltà la Lazio. Ma alla lunga paga una fragilità difensiva che va sicuramente migliorata. Problema analogo anche per Maurizio Sarri. La sua squadra sembra più avanti nella fase di proposizione che in quella di contenimento. Decidono i gol di Milinkovic (migliore in campo), Lazzari e il solito Immobile (dal dischetto). Il gol che illude i toscani è invece di Bandinelli.

TUTTO NEI PRIMI 45 MINUTI — La Lazio parte forte, ma per farlo si scopre anche tanto, troppo. Così dopo aver trascorso i primi minuti tutti nella metà campo della squadra di casa, al primo ribaltamento di fronte prende gol. E’ il 4’ quando Bajrami dalla trequarti pesca Bandinelli tutto solo all’ingresso dell’area laziale. Il diagonale del centrocampista empolese è chirurgico e non lascia scampo a Reina. Ma il vantaggio dei toscani dura solo due minuti. Sul cross di Felipe Anderson Milinkovic sale in cielo, svettando su Romagnoli, e ristabilisce le distanze. La fase che segue vede una Lazio costantemente proiettata nella metà campo avversaria, ma senza occasioni concrete. La squadra di Sarri dà la sensazione di non avere ancora le idee chiare su come sviluppare il gioco. L’Empoli, invece, quando ha la possibilità di attaccare lo fa in maniera lineare ed efficace. I padroni di casa hanno tre occasioni importanti per riportarsi in vantaggio, ma le falliscono prima con Mancuso, poi con Cutrone e infine con Bandinelli che colpisce il palo esterno. Errori che nell’ultimo quarto d’ora della prima frazione l’Empoli paga caro. Perché la Lazio comincia a carburare grazie soprattutto alla vena del suo uomo migliore, Milinkovic. Il serbo, dopo il gol dell’1-1, lancia Lazzari per quello del sorpasso. Prima dell’intervallo arriva anche il terzo gol dei laziali, con Immobile. Su rigore concesso per il fallo di Vicario su Acerbi.

NON CAMBIA NULLA — La ripresa comincia con un Empoli che rompe gli indugi e si butta nella metà campo avversaria per tentare di rimontare. La Lazio balla un po’ all’inizio, soprattutto attorno al 10’, quando i padroni di casa hanno una grossa doppia occasione. Ma prima Reina su Bandinelli, quindi un prodigioso Luiz Felipe su Bajrami salvano la squadra di Sarri. Il tecnico biancoceleste a quel punto corre ai ripari per far rifiatare un po’ i suoi. Dopo aver sostituito nell’intervallo Akpa Akpro con Luis Alberto getta nella mischia pure Moro (per Pedro) e Andre Anderson (per Milinkovic). E nel finale inserirà anche Escalante e Muriqi al posto di Leiva e Immobile. Cambi che consento agli ospiti di gestire con meno ansie il doppio vantaggio. Andreazzoli prova a scuotere i suoi anche lui attingendo risorse dalla panchina. Il tecnico dei toscani inserisce prima Henderson, Crociata e Zurkowski (per Bandinelli, Cutrone e Haas), quindi La Mantia e Fiamozzi (escono Mancuso e Stojanovic). Ma il rimescolamento non produce conseguente tangibili per la squadra di casa. Anzi, è la Lazio a sfiorare la quarta marcatura prima con Luis Alberto e successivamente con Andre Anderson. L’Empoli ha però il merito di provarci fino alla fin e in pieno recupero colpisce una traversa con Bajrami. Ma la vittoria della Lazio è ormai in cassaforte.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Festa Atalanta al 93' con Piccoli, ma il Torino è da applausi

Sotto dopo 6' per il gran gol di Muriel, i granata reagiscono e trovano
il pari con Belotti, ma il neo-entrato regala i tre punti a Gasp nel recupero


Mario Pagliara


Il Toro è costretto a ingoiare la beffa al terzo minuto di recupero, quando Piccoli concretizza uno spietato contropiede finale e firma il due a uno che regala la prima vittoria del campionato alla squadra di Gasperini. A ripensare al film della partita, sarebbe stato più giusto il pareggio che il Toro aveva meritatamente agguantato al 79’ con Belotti, riprendendo il capolavoro realizzato da Muriel al sesto minuto. Punizione troppo severa per la squadra di Juric, uscita dal campo tra gli applausi del pubblico di casa che ha compreso la buona serata offerta dai granata. Fa festa all’ultimo secondo l’Atalanta.

L'AQUILONE DI LUIS — C’è un aquilone che permette all’Atalanta di decollare in fretta e finisce per smorzare l’entusiasmo del Toro troppo presto. E’ il capolavoro nato dopo appena sei minuti dal genio di Luis Muriel: fa tutto lui, si lancia in percussione sul centrodestra, si beve Rodriguez (che pure prova a portarlo fuori dall’area) , infine scocca un bolide che finisce dritto all’incrocio dei pali. Non avremo mai la controprova se Milinkovic Savic avrebbe mai potuto arrivarci, ma la cronaca impone di segnalare che il portiere del Toro sbaglia la scelta: battezza l’angolo basso, mentre la sfera s’insacca in quello alto. Torino-Atalanta inizia così, con un brivido caldo per i bergamaschi e una montagna subito da scalare per i granata. Nota statistica: Muriel è all’ottavo gol alla prima giornata di campionato, nessuno come lui in Serie A (davanti a Immobile a 7 gol). Anche lo scorso anno timbrò alla prima giornata, proprio contro il Toro, ancora all’Olimpico Grande Torino.

L'ORGOGLIO GRANATA — A metà gara il Toro però è con la testa dentro la partita, pur con un paio di uomini in deficit (Lukic e Linetty): è bravo a sfruttare le diverse pause dell’Atalanta, che prova più a gestire che ad affondare il colpo in velocità. A tre minuti dal vantaggio di Muriel, Palomino salva alla disperata sulla combinazione Sanabria-Linetty. I granata si appoggiano molto sulla qualità offerta da Pjaca e Sanabria, e proprio da questi due nasce il colpo di testa del paraguaiano (13’). Musso para senza affanni. Al 22’ se non ci fosse un recupero prodigioso di Singo, ancora Muriel avrebbe la palla del raddoppio a pochi passi da Milinkovic. Il quarto d’ora finale del primo tempo è però tutto del Toro, che ci metto l’impeto e l’orgoglio: prima Sanabria sfonda (34’) ma Musso c’è. Poi l’occasione più grande è il colpo di testa di Bremer (40’) dagli sviluppi di un angolo, intercettato sulla linea di porta da Pessina. Nei minuti finali di primo tempo Pjaca è delizioso nel servire Aina, sul quale stavolta Musso deve ricorrere agli straordinari (43’), nel finale ci prova anche Mandragora ma senza fortuna.

ECCO IL GALLO — Quando le squadre riemergono dagli spogliatoio, c’è Rincon al posto di un insufficiente Lukic. Il Toro ricomincia con la stessa foga, l’Atalanta prosegue al piccolo trotto: così dopo cinque minuti Sanabria potrebbe avere un’ottima occasione a tu per tu con Musso (su invito di Aina) ma gli manca il guizzo finale. Ancora Sanabria “rischia” il gol ad effetto con un colpo di tacco improvviso (‘9) direttamente da calcio d’angolo, ma c’è ancora Pessina a rovinare la festa sulla linea di porta. L’Atalanta è in difficoltà, Gasperini lo capisce e fa il doppio cambio prima dell’ora di gioco (12’ s.t.): dentro Lammers per Muriel e Miranchuk per Ilicic. A venti minuti esatti del secondo tempo, inizia la settima stagione con il Toro del capitano Andrea Belotti, subentrato al posto di Sanabria. Juric lo aveva tenuto inizialmente in panchina per la botta presa alla caviglia destra in Coppa Italia.

E IL CAPITANO TIMBRA — Un quarto d’ora dalla fine, la caviglia destra di Bremer torna a fare male (infortunatasi durante il ritiro). Il brasiliano è costretto ad uscire, al suo posto entra Izzo. Juric ne approfitta anche per lanciare dentro Verdi al posto di uno stanco, ma positivo, Pjaca. Gasperini replica con Pezzella per Malinovskyi. E quando la partita comincia a trasmettere la sensazione di trascinarsi verso il finale, arriva l’urlo del capitano, quattordici minuti dopo essere entrato in campo. Perché dopo trentaquattro minuti del secondo tempo, Belotti riceve palla al limite dell’aria, dribbla prima Pasalic, poi scocca un destro reso imparabile dalla deviazione di Maehle. E’ il meritato uno a uno del Toro. L’Atalanta ormai è alle corde, non ne ha più e nel finale una splendida conclusione di Verdi per questioni di centimetri non ribalta completamente il punteggio. Ma la doccia gelata per il Toro arriva al terzo minuto di recupero, quando l’Atalanta se ne va in contropiede e firma l’uno-due con Piccoli.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Alla Juve non basta super Dybala:
l'Udinese fa 2-2 grazie agli errori di Szczesny

L'argentino firma la prima rete bianconera della stagione, dopo 3'.
Raddoppia Cuadrado, poi Pereyra riapre il match su rigore e Deulofeu agguanta il pari.
Pali per Morata e Bentancur, Ronaldo in campo dal 15' s.t.: va in gol
nel recupero ma il Var dice che è in fuorigioco


Livia Taglioli


Rocambolesco esordio stagionale per la Juve che, in vantaggio di due reti, si fa riprendere dall’Udinese: alla Dacia Arena finisce 2-2, con un doppio errore di Szczesny che prima provoca un rigore poi perde un pallone con leggerezza, regalandolo a Okaka. Totale: i gol di Dybala e Cuadrado vengono rimontati da Pereyra dal dischetto e da Deulofeu e la Juve deve accontentarsi di un pareggio. Allegri per la prima Juve dell’anno aveva scelto la strada della prudenza – anche se la più rumorosa – evitando di inserire fra i titolari Ronaldo e Chiesa (più prevedibile la panchina iniziale di Locatelli, freschissimo di firma) e lanciando un 4-4-2 non sperimentato nei test pre campionato, con Cuadrado a centrocampo e la coppia Dybala-Morata davanti, prima di inserire anche Ronaldo, Kulusevski e Chiesa nel corso della ripresa.

PARTENZA LANCIATA. E DYBALA… — Il pubblico c’è e si sente, alla Dacia Arena. Ma soprattutto si sente la voglia straripante della Juve, che parte ai mille all’ora, trascinata da un Dybala straripante contro un’Udinese solida e guardinga, con Pussetto perenne spina nel fianco bianconero, ma raramente in grado di mettere in difficoltà la squadra di Allegri. Questo il flash sul primo tempo, con la Juve certo facilitata da un vantaggio praticamente immediato: dopo 3’capitan Dybala sfrutta al meglio un assist di Bernardeschi e trova la via del gol, il n.101 in bianconero per lui, a conferma di tutto quanto di buono ha detto su di lui Allegri nei giorni scorsi (e dopo i due centri nelle due gare di pre-season disputate). La Juve, galvanizzata dall’1-0, sale in cattedra con personalità e autorevolezza: gioco in velocità, verticalizzazioni, inserimenti in avanti come da manuale della “nuova Juve” di Allegri.

CUADRADO CONCEDE IL BIS — Poi l’Udinese si affaccia alla partita: a darle la scossa è Pussetto, che prima impegna Szczesny a terra e poi mette di poco a lato di testa. Ora la Juve in fase di non possesso lascia un po’ troppo fare, Allegri cerca di dare la sveglia a una squadra che rischia di farsi schiacciare dal fraseggio avversario. Al 23’ però cambia di nuovo tutto: assist di Dybala per lo scatto di Cuadrado che affonda la falcata in area, salta Nuytinck e di destro infila Silvestri: è il 2-0. La Juve riguadagna metri in avanti, l’Udinese mantiene il possesso palla cercando la costruzione offensiva, ma ora i bianconeri si accorciano e pressano il portatore di palla, e per la squadra di Gotti è più difficile arrivare dalle parti di Szczesny. Con il primo tempo che vede Morata cercare senza fortuna il tris.

PEREYRA NON SI FA ATTENDERE. E NEANCHE DEULOFEU — Il primo boato, alla ripresa del gioco, è per Ronaldo: così il pubblico accoglie il suo riscaldamento, col portoghese che risponde con un sorriso e il pollice alzato. Entrerà in campo al 15’, al posto di Morata, con anche Kulusevski e Chiellini, fuori Ramsey e Bernardeschi. Nel frattempo, al 6’, l’Udinese aveva dimezzato lo svantaggio: Szczesny respinge ma non trattiene una conclusione di Arslan, poi lo atterra commettendo un fallo da rigore (con ammonizione annessa). Dal dischetto Pereyra di destro firma l’1-2. La Juve timbra due volte i pali difesi da Silvestri, prima con Morata e poi con Bentancur, cercando quella rete che la metterebbe in sicurezza. Ronaldo di testa sbaglia di poco la mira, al 29’ entra anche Chiesa (al posto di Cuadrado). E invece succede il contrario: al 38’ un clamoroso pasticcio di Szczesny regala a Okaka la possibilità di un assist e a Deulofeu la porta spalancata: è il 2-2, prima non convalidato dal Var e poi sì. Allo scadere Locatelli fa il suo battesimo in bianconero, poi Jajalo sfiora il tris. Ma il finale è griffato Ronaldo: al 49’ di testa sfrutta un assist di Chiesa e segna, ma il Var annulla per fuorigioco. E il match finisce 2-2.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Bologna, che rimonta!
I gol di De Silvestri e Arnautovic ribaltano la Salernitana

La squadra di Mihajlovic va sotto due volte (gol di Bonazzoli e Mamadou Coulibaly) ma non molla
e trova la vittoria grazie alla doppietta del difensore e alla rete dell'attaccante austriaco.
Espulsi Strandberg, Soriano e Schouten


Matteo Dalla Vite


È finita dieci contro nove, e quelli in superiorità numerica erano i rientranti in A dopo 22 anni: rientranti con grande dignità e idee chiare e ai quali vanno grossi applausi, ma fra Bologna e Salernitana finisce con la vittoria degli uomini di Mihajlovic che vanno sotto due volte e nonostante i 6’ di recupero finali riescono a portare in classifica tre punti rivitalizzanti, soprattutto dopo quel kappaò da figuraccia in Coppa Italia contro la Ternana (4-5). Due espulsioni da parte bolognese (Soriano e sul finale Schouten), una per la Salernitana al 34’ p.t (Strandberg): partita con dentro di tutto, sciocchezze, gol, una doppietta (De Silvestri) e una rete da centravanti puro (Arnautovic) che ha offerto la riscossa a un Bologna tramortito da una Salernitana affidabile, compatta ma che alla lunga si è dovuta piegare alla stanchezza maggior tecnica degli uomini di Mihajlovic.

IN 10 AL 34’ — Il ritorno della Salernitana in A dopo 22 anni è accompagnato da circa 1000 tifosi che portano il Dall’Ara a contare 10.000 spettatori totali. Fra questi c’è il c.t. campione d’Europa Roberto Mancini e Joey Saputo, arrivato ieri mattina dagli Stati Uniti e che resterà fino a mercoledì: il numero uno del Bologna ha parlato alla squadra dopo la sconfitta contro la Ternana e proprio con la Salernitana si attendeva una reazione decisa, forte, esemplare. Per avere una scintilla, Sinisa Mihajlovic ha affiancato Bonifazi (uno dei due nuovi acquisti, con Arnautovic) a Gary Medel lasciando praticamente inalterata la squadra col solo l’inserimento di Barrow sulla sinistra rispetto alla "vergognosa" (così l’ha praticamente definitiva il tecnico serbo) sconfitta in Coppa Italia. Castori si è presentato inizialmente con Capezzi al posto di Obi e Simy in panchina. Il primo tempo vive di una svolta al 34’: Strandberg si prende il secondo giallo (parata al limite dell’area su tiro di Arnautovic) e i campani restano in 10 senza però poi dare l’impressione di crollare perché i tiri successivi di Dominguez e Orsolini sono solo petardi di un Bologna tornato al 4-2-3-1 e che cerca Arnautovic con un po’ più di insistenza. La conclusione più bella è stata quella di Bonazzoli: punizione calciata col mancino e anche se leggermente deviata vede Skorupski perfetto nella deviazione.

PARITÀ NUMERICA E LUNA PARK — La ripresa è una sensazione continua da Luna Park: vantaggio della Salernitana su rigore dopo la manata di Soriano su Djuric, vista con il Var. Poi De Silvestri infila l’1-1 di testa anche se la gioia è smorzata da Mamadou Coulibaly (il migliore dei suoi) che sfrutta una doppia indecisione della difesa bolognese per l’1-2. Infine, ci pensa Arnautovic (2-2): girata in area e gol sul primo palo con servizio di Schouten, che poi sul finale si farà espellere. Non prima, però, di aver visto il ribaltone ad opera di De Silvestri su angolo di Orsolini: 3-2 finale di una sofferenza che i quasi 10.000 si sono "maledettamente" goduti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Osimhen espulso e un rigore sbagliato,
ma il Napoli è più forte: 2-0 al Venezia



Rosso diretto al nigeriano nel primo tempo.
Insigne calcia alto il primo penalty e poi segna il secondo nel giro di 5'. In gol anche Elmas


Maurizio Nicita

L’aria di festa al Maradona per la prima volta riempito di entusiasmo da quasi 20 mila napoletani, dura poco più di 20 minuti. Già perché nemmeno il tempo per esultare del pari della Juve a Udine e innamorarsi degli scatti di Victor Osimhen che proprio il nigeriano diventa protagonista di un gesto che alla fine non condizionerà la partita. Per divincolarsi su calcio d’angolo dalla morsa il marcatura del belga Heymans, dà una manata all’avversario colpendolo al collo. L’arbitro Aureliano, a pochi passi, decide per il gioco violento e espelle senza titubanza il nigeriano.

IN SALITA — Il Var non può intervenire perché il fallo c’è e l’entità dello stesso spetta al direttore in campo. E così Luciano Spalletti si ritrova subito in salita dura a inizio campionato, senza il suo uomo più in forma e prolifico e perdendo poco dopo per infortunio Zielinski colpito duro alla gamba destra (ginocchio) da Caldara. E così il Napoli viene schierato con un 4-1-3-1 in cui Lorenzo Insigne è il falso nueve e Lobotka resta basso davanti alla difesa. Ma la squadra di Spalletti ha una grande reazione di carattere e sale in cattedra Capitan Insigne segnando dal dischetto dopo aver sbagliato un primo rigore. Poi Elmas chiude col 2-0 segnato con un bel destro e alla fine il Maradona canta di felicità.

INIZIO SCOPPIETTANTE — E dire che gli azzurri erano partiti bene, con un’aggressione molto alta, guidata proprio da Osimhen che per un paio di volte mette in crisi la costruzione dal basso dei veneti, non impeccabile nel portiere finlandese Maenpaa incerto coi piedi, ma bravo a salvarsi col corpo sul solito cambio gioco di Insigne che trova puntuale sul palo opposto Politano alla conclusione. Proprio sull’angolo successivo l’episodio Osimhen-Heymans che comunque condizionerà la partita. Il Venezia, molto corto e attento a coprire a livello difensivo, si fa vedere in avanti solo con una conclusione di Johnsen parata bene da Meret e con un cross teso effettuato da Di Mariano che non trova deviazioni efficaci.

RIPRESA PER CUORI FORTI — Il Napoli torna dallo spogliatoio con le idee più chiare e non rinuncia ad attaccare. E così su un cross di Mario Rui, Caldara ha il braccio troppo largo e Aureliano fischia sicuro il rigore ma non ritiene che il difensore fermi una chiara occasione da gol e non ammonisce Caldara che a quel punto andrebbe espulso. Dal dischetto Lorenzo Insigne apre il destro ma la palla si alza e finisce sulla traversa. I tifosi applaudono il capitano e danno un segnale chiaro a de Laurentiis per far capire da che parte stanno nella diatriba sul contratto. Lorenzo non si perde d’animo e il calcio, come la vita ti dà sempre un’altra occasione. Capita 5’ dopo quando su un cross dall’area piccola di Di Lorenzo, Ceccaroni è a braccio largo: Aureliano non esita a indicare ancora il dischetto e stavolta ammonisce il difensore ritenendo l’azione chiara occasione. Lorenzo non ha paura a tornare sul dischetto e incrocia perfettamente. Il Maradona esplode per il suo capitano, il Napoli giganteggia e il Venezia si fa piccolo piccolo nonostante la superiorità numerica. E così qualche minuto dopo, su una palla vagante in area Elmas rientra sul destro e chiude sul primo palo per un 2-0 insperato in queste condizioni. L’unico sussulto per i veneti un palo esterno colpito da Forte sull’1-0. Troppo poco per una squadra che ha giocato 70’ con l’uomo in più. Paolo Zanetti ha bisogno di tempi e rinforzi. Il Napoli di Spalletti sembra pronto per una stagione da protagonista.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Abraham inventa, Veretout segna:
la Roma e Mou partono con un tris alla Fiorentina

Decide la doppietta del francese dopo le reti di
Mkhitaryan e Milenkovic, espulsi Dragowski e Zaniolo.
Due assist per il nuovo centravanti giallorosso


Chiara Zucchelli


Un’espulsione procurata, due assist, una traversa: a Roma, nella prima notte in campionato di Mourinho, brilla la stella di Tammy Abraham. E’ lui, senza dubbio, il migliore in campo nella sfida che la Roma vince 3-1 (doppietta di Veretout, gol di Mkhitaryan, rete viola di Milenkovic) contro la Fiorentina di Italiano. Era stato buon profeta, alla vigilia, il tecnico portoghese: "Lui è bravo, io sono bravo, la Fiorentina è una buona squadra e sarà una partita difficile". Vero, perché la Viola, per oltre un’ora, è assolutamente dentro la partita, vende carissima la pelle e quasi non sembra risentire dell’espulsione, nei primi minuti di Dragowski. La sensazione è che, quando avrà il vero Vlahovic, magari senza il mercato in testa, il gruppo di Italiano potrà crescere molto, così come sembra destinata a crescere la Roma che, intanto, si gode la sua stella inglese, decisiva in tutti i momenti chiave del match.

SUPER TAMMY — E’ lui a far espellere Dragowski (Pairetto molto severo in tutte le decisioni), a cui va via in velocità dopo poco più di un quarto d’ora. Il portiere viola è costretto a fermarlo con le cattive, l'arbitro va sul rosso diretto e al suo posto entra Terracciano, con Italiano che toglie Callejon e ridisegna la Fiorentina passando dal 4-3-3 al 4-3-2. Con Castrovilli in panchina, è Gonzalez il più attivo della Viola ma è la Roma a passare in vantaggio al 26’: Vlahovic perde palla, Abraham vede Mkhitaryan, bravo a tagliare in mezzo e a segnare il primo gol dell’anno dopo che il Var giudica regolare la sua posizione. La Fiorentina prova a farsi vedere dalle parti di Rui Patricio ma Abraham è in serata di grazia e nessuno riesce a tenerlo. Ci provano Pulgar e Bonaventura, l’inglese scappa via ogni volta che può e sembra trovarsi benissimo nel 4-2-3-1 giallorosso.

DIECI CONTRO DIECI — Allo scadere del primo tempo Zaniolo viene ammonito per un brutto fallo su Gonzalez ed è un giallo che pesa perché al 52’ ne arriva un altro (ingenuità sempre su Gonzalez) e Nicolò lascia la Roma in dieci, ristabilendo la parità numerica. E’ il momento peggiore per la squadra di Mourinho: la Fiorentina prende coraggio e al 60’ arriva il pari di Milenkovic: cross di Pulgar, Abraham e Mancini vanno su Vlahovic, Milenkovic ne approfitta (Cristante lo perde in marcatura) e batte Rui Patricio.

ELDOR RISPONDE — Il gol subìto sveglia la Roma che va vicina al pareggio con una traversa di Abraham, di testa, quasi perfetto nello sfruttare un sombrero di Pellegrini su Biraghi. Al 64’ Pairetto annulla un gol a Veretout per fuorigioco di Abraham: nuovo controllo al Var e nuovo semaforo verde per la Roma perché l’inglese è partito in posizione regolare. Abraham esce qualche minuto dopo, anche per un indurimento al flessore, - al suo posto Shomurodov - e i 27mila dell’Olimpico gli riservano un minuto netto di applausi e standing ovation. Meritatissima, per come ha giocato, per come ha fatto squadra, per come ha rincorso gli avversari dopo una settimana sull’ottovolante, passata a fare su e giù tra Italia e Inghilterra per concludere il trasferimento. Vinto, almeno stasera, il duello con l’altro golden boy Vlahovic, che si è fatto notare solo al 55’ per una girata con cui ha impegnato Rui Patricio. Poco, troppo poco per un giocatore del suo talento. Talento che invece mette di nuovo in mostra Eldor Shomurodov che regala, dopo una giocata spettacolare a Veretout il gol del 3-1. L’ex Genoa si libera di potenza di Castrovilli e indovina il corridoio giusto per il francese, bravo ad inserirsi e a siglare la doppietta personale. Senza esultare, visto il passato a Firenze. Esultano eccome, invece, i romanisti, che salutano l’Olimpico applaudendo ancora Abraham che risponde mandando baci a tutto lo stadio. L’amore è già scoppiato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Joao Pedro rimonta lo Spezia: il Cagliari si prende il pari

Liguri avanti coi gol di Gyasi al 7' e Bastoni al 58', ma nella ripresa ci pensa il brasiliano
(secondo centro su rigore), che in 4' raggiunge la squadra di Thiago Motta


G.B. Olivero


Il campionato di Cagliari e Spezia inizia con un pareggio e qualche rimpianto. I sardi hanno creato e sbagliato tanto, sono riusciti a rimontare dallo 0-2, ma tornano a casa con la sensazione di aver sprecato l’occasione di iniziare con una vittoria. Ma probabilmente è più dispiaciuto lo Spezia, che dopo un’estate tribolata causa Covid, difficoltà sul mercato, addio a giocatori importanti e cambio di guida tecnica, ha disputato una gara ordinata e ha visto svanire nel giro di cinque minuti il doppio vantaggio che aveva costruito. La doppietta di Joao Pedro ha bilanciato le reti di Gyasi e Bastoni lasciando con l’amaro in bocca la famiglia Platek presente in tribuna.

PRIMO TEMPO — Semplici, come previsto, affida la regia a Strootman e punta sulla voglia di farsi perdonare di Nandez: le polemiche sembrano alle spalle, anche se ovviamente l’uruguaiano continua a sognare un trasferimento prima della chiusura del mercato. Nel 3-4-3 dello Spezia, invece, Bastoni (terzino sinistro nella scorsa stagione, mezzala qualche anno fa) prova a interpretare il ruolo dell’organizzatore di gioco e Maggiore l’aiuta. La squadra di Thiago Motta va rapidamente in vantaggio: al 7’ Carboni si fa attrarre dalla palla fuori dall’area, viene fatto fuori da un triangolo tra Gyasi e Verde, Godin non riesce a respingere la conclusione di Gyasi che finisce nell’angolino. Qualche dubbio sulla reattività di Cragno nell’occasione. Lo Spezia porta una buona pressione a centrocampo, il Cagliari costruisce qualcosa solo su azione di corner e al 24’ Walukiewicz, liberato da un’uscita incerta di Zoet, manda in curva da due metri. Nel finale, dopo un salvataggio di Erlic su tiro di Deiola, si sveglia Joao Pedro: un colpo di testa centrale e poi un bel tiro a giro ben parato da Zoet.

SECONDO TEMPO — A inizio ripresa Pavoletti spreca un comodo assist di Nandez e al 6’ lo stesso Nandez viene fermato da Erlic con un intervento disperato. Al 13’ raddoppia lo Spezia al termine di un’azione corale a cui partecipano Bastoni, Verde, Gyasi, Amian e ancora Bastoni che segna con un tocco al limite dell’area piccola. La partita, però, non è chiusa e nel giro di pochi minuti il Cagliari la pareggia. Fa tutto Joao Pedro: al 17’ si gira al limite e pesca l’angolino; al 21’ trasforma un rigore che Pavoletti si era procurato anticipando Zoet dopo un tiro deviato. I sardi, passati al 4-3-2-1 dopo gli ingressi di Zappa e Pereiro, spingono cercando la vittoria, lo Spezia si affida a qualche ripartenza segnando anche con Mraz ma in posizione di fuorigioco. Nel finale la stanchezza si fa sentire, diminuisce la precisione e non ci sono più pericoli.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Milan risponde subito all’Inter:
Brahim Diaz condanna la Samp

Buona la prima per i rossoneri, che trovano una prova di personalità ma rischiano nel finale.
Debutto in A per Maignan e Giroud, esordio con la nuova maglia per Florenzi


Marco Pasotto


Alla fine l’ha vista lunga Pioli. Con il suo 4-2-3-1 usato sicuro, preferito al 4-4-2, che ha premiato il tecnico rossonero consegnando il gol della vittoria proprio sui piedi del suo trequartista. Il Milan sbanca la sponda blucerchiata di Marassi con un gol di Brahim Diaz e replica subito all’Inter. Una vittoria costruita sul gioco, sulla personalità e sulle qualità dei singoli, anche se con diversi patemi nei minuti finali. E’ stato un Diavolo molto riconoscibile, nel senso che ha utilizzato i pregi esibiti già nella scorsa stagione e questo potrà essere un vantaggio rispetto ad avversari che hanno cambiato allenatore. La Samp ha provato a metterla sul piano dell’agonismo e della buona stella di qualche individualità, ma è annegata sotto il peso dei tanti errori in fase di impostazione e di una fase difensiva ancora (molto) da rivedere. I blucerchiati hanno giocato con la patch che celebrava i 100 gol di Quagliarella sul braccio, ma il capitano non è riuscito a incidere. I rossoneri si confermano a proprio agio in trasferta (lo scorso campionato sono arrivate 16 vittorie, record della A) e questo successo è anche il numero 150 per Pioli nel massimo campionato: un bel traguardo.

LE SCELTE — D’Aversa, al debutto in campionato sulla panchina blucerchiata, ha piazzato come da copione Candreva, Gabbiadini e Damsgaard (tante le pretendenti lungo l’estate, Milan compreso) dietro a Quagliarella. In mediana accanto a Thorbsy si è accomodato Ekdal, con Silva in panchina. Pioli si era portato dietro fino all’ultima amichevole – vigilia di Ferragosto – il dubbio sul sistema di gioco da usare a Marassi, poi nei giorni successivi ha scelto l’opzione “conservativa”: 4-2-3-1, con il debutto in gare ufficiali di Giroud, assistito da Saelemaekers, Diaz e Leao, preferito a Rebic. In mediana il tecnico rossonero accanto a Tonali ha fatto partire Krunic, tenendo Bennacer in panchina. Così come in panchina – ma non è una sorpresa – è finito Romagnoli, con Kjaer e Tomori confermati coppia centrale di riferimento. Prima convocazione per l’ultimo arrivato Florenzi.

LETARGO — La Samp ha provato a intimorire subito il Diavolo, partendo forte e cercando di aggirarlo soprattutto dalla destra, ma le buone intenzioni sono durate una manciata di minuti. Anche perché i blucerchiati hanno evidenziato nuovamente le difficoltà in fase di non possesso viste in Coppa Italia. La prima occasione per il Milan infatti entra di diritto nel libro degli orrori difensivi perché Leao, che ha chiamato Audero a una parata fantastica con un siluro di sinistro, è stato innescato direttamente da un lancio di Maignan. Una cartolina improponibile in Serie A. E il gol rossonero è nato nello stesso modo. Altro lancio del portiere francese per Calabria, il capitano (sarà lui il vice Romagnoli) ha approfittato del letargo in cui è caduto Augello ed è sfuggito via crossando per Diaz, che ha girato di destro in porta. Non benissimo, ma è bastato per indurre Audero, questa volta, all’errore: la smanacciata è stata goffa e la palla gli è sfuggita sul lato. Al di là delle brutture difensive blucerchiate, la partita è stata molto bella. Ritmi alti, squadre che non hanno badato molto alle riflessioni e hanno cercato l’affondo vincente a ogni azione. La Samp ha reagito, Candreva ha scaraventato in area un paio di cross velenosissimi e lo stesso ha fatto Leao dall’altra parte. Un primo tempo che ha premiato il Milan anche per la qualità dei singoli. Leao era in una di quelle serate sì, e quando succede diventa irrefrenabile. Giroud ha dettato sapientemente i passaggi (e in un’occasione ha sfiorato il gol, che Audero gli ha vietato con un gran riflesso a distanza ravvicinata). Diaz ha protetto palla benissimo ed è stata molto interessante la divisione delle mattonelle con Saelemaekers nelle zone centrali della trequarti: il belga spesso e volentieri ha appoggiato la manovra convergendo fino alla lunetta dell’area doriana, slittamento che ha creato difficoltà alla Samp nelle marcature.

QUANTI ERRORI — I blucerchiati invece in quella zona del campo il più delle volte si sono impantanati. Gabbiadini ha faticato a trovare sbocchi, Damsgaard ha acceso la luce solo a sprazzi, e Quagliarella ha toccato pochi palloni. La differenza sostanziale è che il Milan ha saputo distendersi bene ed è riuscito ad arrivare spesso a poca distanza dalla porta avversaria. Krunic per esempio ha sprecato da ottima posizione una respinta di Audero su Hernandez. E il Diavolo è stato valido anche nella pressione alta quando la Samp avviava l’azione. Il pericolo più grande per la porta rossonera è stato una traversa di Gabbiadini su punizione deviata da Maignan. Anche nella ripresa è stata una sfida giocata a viso aperto. Il Milan ha evitato l’errore di rintanarsi a protezione del gol di vantaggio, continuando a tenere un baricentro alto e a mettere sotto pressione la Samp. Uno dei rari break è arrivato per via di una brutta amnesia di Hernandez, che ha spalancato la porta a Gabbiadini a pochi metri da Maignan: il francese ha salvato con un grande riflesso. Per il resto, il trascorrere dei minuti ha aumentato proporzionalmente la quantità di errori in costruzione della Samp. Una sequenza di appoggi falliti anche banalmente. A metà frazione dentro Rebic e Bennacer per Leao e Diaz da una parte, Verre e Murru per Gabbiadini e Augello dall’altra. “Gabbia” è uscito zoppicando vistosamente ed è poi crollato in un pianto nervoso a bordo campo. Gli ultimi dieci minuti hanno registrato l’esordio di Florenzi, alto a destra al posto di Saelemaekers, e sono stati piuttosto travagliati per il Milan, costretto a subire gli assalti – disordinati, ma ripetuti – di una Samp che ha provato generosamente a buttarsi nella metà campo altrui. Assalti respinti: Marassi è caduto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2021/2022 1ª Giornata (1ª di Andata)

21/08/2021
Inter - Genoa 4-0
Verona - Sassuolo 2-3
Empoli - Lazio 1-3
Torino - Atalanta 1-2
22/08/2021
Bologna - Salernitana 3-2
Udinese - Juventus 2-2
Napoli - Venezia 2-0
Roma - Fiorentina 3-1
23/08/2021
Cagliari - Spezia 2-2
Sampdoria - Milan 0-1

Classifica
1) Inter, Lazio, Roma, Napoli, Bologna, Sassuolo, Atalanta e Milan punti 3;
9) Cagliari, Juventus, Spezia e Udinese punti 1;
13) Salernitana, Verona, Torino, Sampdoria, Empoli, Fiorentina, Venezia e Genoa punti 0;

(gazzetta.it)
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Un Ronaldo (e tanti altri illustri calciatori) va via, la Juve resta, questo in sintesi l'Allegri-pensiero all'indomani dell'ufficializzazione dell'addio di Cristiano Ronaldo dalla Juventus per tornare all'amato club dove tutto è iniziato, il Manchester United. Finalmente un "Welcome Home" a lieto fine anche per gli inglesi. La cifra si dovrebbe aggirare tra i 25 e i 30 milioni di euro oltre ai 25 milioni di euro a stagione per il portoghese previsto dall'accordo biennale, cifra ben al di sotto dei 100 milioni che la Juventus dovette sborsare tre anni fa. Unico "problema" per il calciatore portoghese è il numero di maglia: il "7" è già assegnato e per le regole del campionato inglese non si possono effettuare cambi del numero di maglia nel corso del campionato. Sappiamo bene come "CR7" sia ben più di un numero di maglia per Ronaldo ma un vero e proprio logo commerciale.
Alla vigilia del match contro l'Empoli la Juventus e Allegri svoltano senza il suo calciatore più famoso e costoso. D'altra parte per la partita non era stato neanche convocato perché Allegri già aveva avuto notizia dallo stesso calciatore che voleva andare via da Torino e in effetti già ieri, ad ufficializzazione avvenuta, CR7 è volato a Lisbona con un jet privato.
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Deulofeu ci ha preso gusto: e l'Udinese ne rifila tre al Venezia

I friulani, dopo il pareggio in rimonta con la Juve,
lasciano a zero punti la neopromossa squadra di Zanetti, che pure non sfigura.
A segno Pussetto (29’), lo spagnolo (70’), già in gol alla prima, e Molina nel recupero


Fabio Bianchi


Il Venezia in questo momento è come un talento grezzo. E’ giovane, si farà. Per il momento paga le ingenuità, come è normale che sia, di una matricola. E poi l’adattamento alla Serie A richiede di tempo, soprattutto se sei formato da tutti debuttanti assoluti. Ma il gioco c’è e la squadra non può che migliorare. Nel frattempo gli avversari approfittano delle ingenuità, nel caso l’esperta Udinese (da 27 anni di fila in A, non dimentichiamolo) che alla seconda ripartenza mete il sigillo con una delizia di Pussetto. E nel secondo round approfitta di un errore ne pressi dell’area con Deulefou che mette al sicuro il risultato.

CHE NACHO — Zanetti ha cambiato sette undicesimi della squadra, con un tridente formato dai nuovi Okereke e Henry insieme con Johnsen e ha iniziato molto meglio la partita rispetto al debutto di Napoli. Baricentro alto, più coraggio, qualche buona giocata che ha portato anche Johnsen davanti a Silvestri che in uscita lo ha fermato. L’Udinese, senza centravanti e con Pereyra in appoggio a Pussetto non tanto falso nove, ha lasciato l’iniziativa e ha giocato di ripartenza. Era la mossa giusta perché il Venezia quando perdeva palla concedeva spesso grandi spazi in mezzo e mandava la sua difesa in affanno. E proprio in una situazione del genere, Molina è scappato sulla fascia e ha messo in mezzo dove Pussetto ha fatto il capolavoro: stop di petto e tiro al volo nell’angolino. II Venezia ha provato a reagire ma l’Udinese ha controllato bene per cercare qualche altra ripartenza con Pereyra molto mobile.

ECCO DEULOFEU — Nel secondo round il Venezia si è messo a manovrare dal basso e in alcuni sprazzi si è fatto ammirare per la manovra ma l’Udinese molto più concreta, fatta eccezione per una bella azione di Okereke il cui tiro è stato ancora respinto da Silvestri, non ha lasciato mai occasioni. Poi, mentre Zanetti provava coi cambi a dare più brio, Gotti spendeva Deulofeu e faceva bene. Dopo pochi minuti ha rubato a palla al talentino Usa Busio al limite dell’area, palla ad Arslan, tiro respinto sui cui arrivava lo spagnolo per la scoccata vincente. E al tramonto, il sigillo di Molina per il 3-0 per una risultato forse troppo duro per i veneti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Correa da sballo, entra al 74'
e segna due gol da favola:
l'Inter vince 3-1 a Verona



Dopo l'errore di Handanovic che nel primo tempo manda in gol Ilic,
prima Lautaro e poi l'ex laziale,
con una stupenda doppietta appena entrato, lanciano i nerazzurri


Luca Taidelli

Dopo quelli con i fuochi d'artificio di Calhanoglu e Dzeko col Genoa, l'Inter si gode l'esordio stellare del Tucu Correa, cui bastano i 20' finali per affossare un buon Verona dopo il gol di Ilic (pasticcio di Handanovic, un film già visto) e il pareggio di Lautaro. La LuLa insomma ha già lasciato il posto alla CoLa in salsa argentina. Inter, meno brillante rispetto alla settimana scorsa (anche perché l'avversario era più tosto), ma a punteggio pieno.

LE SCELTE — Di Francesco preferisce Hongla a Tameze per sostituire lo squalificato Veloso. Con Barak e Zaccagni, in attacco c'è a sorpresa Cancellieri, con la rinuncia a un attaccante centrale di ruolo per non dare riferimenti alla difesa avversaria. Inzaghi conferma l'undici che ha asfaltato il Genoa, con l'eccezione di Lautaro (squalificato e acciaccato contro il Grifone) che affianca Dzeko e manda in panchina Sensi.

HARAKIRI — L'Inter parte bene, come contro il Genoa, pressa alta e potrebbe passare già al 13' con Lautaro che sfrutta un errore di Faraoni e costringe Montipò alla paratona. Passano due minuti e dall'altra parte Handanovic la fa grossa. Il capitano cerca di avviare l'azione (la famosa costruzione dal basso che accende gli italici dibattiti pallonari) ma sbaglia la misura del passaggio per Brozovic, Ilic piomba sul croato, è fortunato nel rimpallo e bravissimo a segnare con un tocco sotto di sinistro. Un assurdo remake di quanto successo il 23 dicembre scorso, quando la papera di Handa (ma con l'Inter in vantaggio) era stata sfruttata sempre dall'ex City. La gara gira qui, anche a livello psicologico. Perché il Verona prende coraggio e campo, l'Inter si allunga, Calhanoglu si alza troppo e non aiuta Brozo in costruzione. S'ingolfano anche Lautaro e Dzeko, che alla prima insieme avevano iniziato bene ma poi faticano a capirsi e trovarsi. Prima dell'intervallo si registrano soltanto un colpo di testa alto di Barella e una girata in curva del Toro. Sono così i padroni di casa ad andare più vicini al raddoppio, ma il baby Cancellieri calcia male dopo un break di Zaccagni.

SQUILLO TORO — Nessun cambio nell'intervallo, ma cambia subito il risultato. Rimessa laterale chilometrica di Perisic, Hongla contrasta Dzeko ma serve involontariamente Lautaro che di testa a due passi da Montipò non può sbagliare e segna il 50°gol in nerazzurro. Ceccherini ha problemi alla caviglia e deve lasciare il posto a Casale. Al 10' il Toro sfiora il raddoppio, sempre da rimessa laterale di Perisic, ma il suo sinistro esce di un soffio. E la rabbia monta al 13' quando l'argentino cade in area dopo un contrasto con Hongla. Manganiello fa giocare, ma il rigore ci stava. Di Francesco manda in campo Lasagna per Cancellieri. Inzaghi al 21' risponde con l'ex Dimarco e Vidal per Perisic e Brozovic, appena ammonito. Visto che i suoi faticano a trovare spazi, Bastoni si mette in proprio e col mancino costringe Montipò a una parata non facile. E' il preludio ad un finale a senso unico. Il Verona paga una gara sopra ritmo, l'Inter la mette all'angolo anche se fatica a creare occasioni limpide. Al 29' scocca l'ora di Correa, che prende il posto di Lautaro. Il Tucu al primo pallone in nerazzurro pesca l'inserimento di Barella, che però scivola appena entrato in area. Al secondo squillo però lo spicchio interista esplode. Siamo al 38', Vidal sventaglia per Darmian, bravo a tenere in gioco la palla e a crossare per Correa, che mangia in testa a Dawidowicz, appena entrato, e a metterla dove Montipò non può arrivare. Ma questo ha fame davvero, e nel recupero concede il bis con un colpo da biliardo mancino dal limite. Da non credere.

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L'Atalanta spinge, ma non basta:
lo 0-0 finale fa felice il Bologna



Nessun gol a Bergamo dove sono tornati i tifosi un anno e mezzo dopo.
Muriel e Ilicic non sfondano, gli emiliani prendono un punto meritato


Marco Guidi

Il miglior attacco degli ultimi due campionati contro la difesa che per 41 gare di fila, a cavallo tra il 2019-20 e il 2020-21, prese sempre gol, stabilendo un record in Serie A? Non può che finire 0-0. L’Atalanta non va oltre il pareggio in casa contro il Bologna, interrompendo una striscia di sette vittorie consecutive interne contro i rossoblù. Il punto fa salire così entrambe le squadre a 4 punti in classifica.

SCELTE — Gian Piero Gasperini sceglie a sorpresa di escludere il nuovo acquisto Demiral in difesa, rilanciando Toloi, al rientro dalla squalifica, così come Freuler in mediana. In attacco gli stessi uomini di Torino, ma con una disposizione diversa: Malinovskyi trequartista alle spalle di Ilicic e Muriel. Pessina solo in panchina, come l’ultimo arrivato Zappacosta. Nel Bologna assenti Soriano e Schouten per squalifica, Mihajlovic schiera il giovane Kingsley dal 1’ a centrocampo, affidandosi a Orsolini, Arnautovic e Sansone davanti. L’ex Barrow è l’escluso eccellente.

INIZIO — L’avvio è frizzante. Al 3’ Orsolini, dopo uno svarione di Djimsiti (buco sul cross di Sansone), sballa la conclusione a colpo sicuro col destro. Errore da matita blu. Subito dopo, la replica nerazzurra, col sinistro di Malinovsky, ben servito da Muriel, che sibila di un soffio a lato sulla sinistra di Skorupski. E all’11’ Ilicic offre una soluzione in fotocopia: Skorupski pare ancora battuto, ma la palla si perde sul fondo. E’ un’Atalanta diversa da quella vista a Torino una settimana fa, soprattutto sul piano del ritmo, anche se manca ancora il brio dei tempi migliori negli ultimi sedici metri. Il Bologna, sette gol subiti nelle prime due uscite ufficiali, tiene sorprendentemente botta dietro, cercando poi di saltare la mediana con il lancio lungo su Arnautovic, cliente scomodo anche per il buon Palomino dell’ultimo periodo. Al 30’ Skorupski è reattivo nel respingere la botta in diagonale di Gosens. Poi il tedesco si prende con Medel, dopo aver subito un brutto fallo dal cileno: cartellino giallo per entrambi.

RIPRESA — Nessun cambio all’intervallo e subito Atalanta alla ricerca del vantaggio: al 4’ Muriel chiude troppo il destro sul primo palo. Più passano i minuti e più il Bologna si chiude nel suo guscio, consentendo ai padroni di casa di aumentare la loro pressione. Gosens al quarto d’ora calcia fuori col sinistro dal limite. Mihajlovic avverte che i suoi hanno bisogno di una scossa e inserisce Vignato per Kingsley, aumentando almeno sulla carta il tasso tecnico della manovra. Gasperini risponde con Pessina al posto di Malinovskyi. Il canovaccio della partita è però ormai tracciato: Atalanta all’arrembaggio e Bologna arroccato a protezione di Skorupski. Proteste nerazzurre al 25’, per un tocco di mani di De Silvestri in area rossoblù che lascia più di qualche dubbio. Il Var Chiffi, però, conferma il non fischio di Orsato. Maehle al 29’ prova la soluzione di potenza: alta. Gasp si gioca tutte le sue carte, gettando nella mischia Piccoli e Miranchuk, al posto di Pasalic e un Muriel sottotono, ben contenuto da un Medel in grande spolvero. Sinisa a 10’ dalla fine vuole tenersi stretto il punto e passa alla difesa a cinque, con l’inserimento di Soumaoro e del redivivo Tomiyasu. Il muro emiliano traballa un paio di volte (brividi sul sinistro a lato di Pessina e sul disimpegno di Skov Olsen che rischia l’autogol in pieno recupero), ma regge l’urto. Finisce 0-0.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lazio, riecco il vero Immobile!
E ora Piola è sempre più vicino

L’attaccante napoletano ha segnato 154 gol in 224 presenze:
Ciro diventerà ben presto il miglior marcatore della storia biancoceleste


Elmar Bergonzini


L’uomo giusto al posto giusto. Ciro Immobile alla Lazio è re. Alla prima casalinga con i tifosi dopo oltre 500 giorni l’attaccante biancoceleste ha riaccolto il pubblico con una tripletta con la quale ha ribaltato lo Spezia che inizialmente si era portato in vantaggio. L’Olimpico era ai suoi piedi. Per lui i cori più forti, per lui le grida più ripetute. Sono 154 gol in biancoceleste in appena 221 presenze. Nella storia della Lazio solo Silvio Piola (il miglior marcatore italiano di sempre) ha segnato di più, ma la distanza ormai è minima: l’attaccante napoletano è a -5 ed è destinato a diventare il migliore di sempre con l’aquila sul petto. Nessuno come lui, insomma. Ma l’amore è reciproco, perché è alla Lazio che Immobile ha trovato il suo habitat naturale. Con la maglia biancoceleste addosso rende come non ha fatto con nessun altro.

TRAGUARDI — Immobile ha chiuso la stagione 2019-20 conquistando la Scarpa d’Oro. Nell’ultima si è invece laureato campione d’Europa con l’Italia. Eppure in Azzurro non sempre ha convinto. Non sempre ha inciso. O almeno non come fa con la Lazio. Anche agli Europei Ciro ha segnato (due gol nella fase a girone) ed è entrato in alcune delle altre reti della squadra di Mancini (apre la difesa della Spagna sul gol del vantaggio di Chiesa in semifinale), ma il suo rendimento non è come quando rappresenta la Lazio. A Roma Immobile è unico, diventerà il migliore. Di sempre, e chissà per quanto tempo. Per mesi si è parlato anche di una sua presunta difficoltà a rendere nel 4-3-3, ma alla seconda di campionato è già a quota 4 gol. Ed è sempre più uomo copertina.

NUMERI — Immobile ha chiuso la stagione 2019-20 conquistando la Scarpa d’Oro. Nell’ultima si è invece laureato campione d’Europa con l’Italia. Eppure in Azzurro non sempre ha convinto. Non sempre ha inciso. O almeno non come fa con la Lazio. Anche agli Europei Ciro ha segnato (due gol nella fase a girone) ed è entrato in alcune delle altre reti della squadra di Mancini (apre la difesa della Spagna sul gol del vantaggio di Chiesa in semifinale), ma il suo rendimento non è come quando rappresenta la Lazio. A Roma Immobile è unico, diventerà il migliore. Di sempre, e chissà per quanto tempo. Per mesi si è parlato anche di una sua presunta difficoltà a rendere nel 4-3-3, ma alla seconda di campionato è già a quota 4 gol. Ed è sempre più uomo copertina.

NUMERI — Le statistiche di Immobile, con la Lazio, sono impressionanti: mai nessun laziale ha segnato 30 gol in un unico campionato, l’unico ad essere arrivato almeno a quota 20 per quattro stagioni di fila, sono cinque anni che arriva almeno a quota 15. In Serie A Immobile è arrivato a quota 159 (ha scavalcato Luca Toni al 19esimo posto nella classifica di tutti i tempi), solo Quagliarella, fra i giocatori in attività, ha segnato più di lui. Con la Lazio è già alla quinta tripletta (alla sesta stagione). Vuole trascinare la Lazio anche in questo campionato. “Lavoro con Sarri con entusiasmo, so che gli attaccanti con lui segnano tanto, non vedevo l’ora di conoscerlo”, ha detto a fine partita. L’unica pecca è il rigore sbagliato, il quinto su dieci considerando l’ultimo campionato. “Avrei preferito non sbagliarlo, mi rode, mi dà fastidio”. Perché con la Lazio non è abituato a sbagliare, non è abituato ad avere cali. Alla Lazio è abituato a essere l’uomo giusto al momento giusto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Gonzalez e Vlahovic lanciano la Fiorentina, secondo k.o. per il Torino

I viola conquistano meritatamente la prima vittoria in campionato con una rete per tempo.
I granata graffiano solo nel finale accorciando le distanze con Verdi


Nicola Cecere


Il debutto casalingo sorride alla Fiorentina che supera con una rete per tempo un Torino incapace di graffiare per 88’ (nemmeno un tiro nello specchio prima del 2-1) e distratto in difesa: decisamente un passo indietro rispetto alla bella prestazione con l’Atalanta. Italiano presenta ai suoi nuovi tifosi una squadra agile e veloce, con le idee chiare e un talento sopra tutti, il giovane Gonzalez. Che ispira i compagni e va a concludere personalmente, schiodando lo 0-0. Il Franchi applaude convinto.Il Toro non riesce ad arginare ma soprattutto non riesce a replicare sul piano della manovra. Nella prima parte si affida ai rilanci di Milinkovic-Savic e nella seconda, quando prova a venire su palla a terra, trova dinanzi a sé un muro compatto: non è un caso se il raddoppio arrivi su veloce contropiede.

VOLI E SALVATAGGI — L’avvio sprint della Viola costringe il Toro a difendersi basso. Al 5’ Gonzalez si libera in area e calcia di destro, che non è il suo piede: pallone largo. Nessuno può saperlo, naturalmente ma si tratta della prova generale del gol che chiuderà il primo tempo. All’11’ c’è una duplice insidia per la porta granata. Un traversone di Vlahovic da sinistra sa per raggiungere Callejon appostato sul secondo palo quando sbuca, provvidenziale, Ola Aina a sventare in angolo. Dalla bandierina svetta di testa Milenkovic in area piccola: sembra una inesorabile esecuzione ma (e non si tratta di un gioco di parole), vola Milinkovic e intercetta la sfera sulla linea di porta.

IL VANTAGGIO — Qui la furia viola si placa e il Toro può uscire dal guscio con un pericoloso cross di Sanabria da destra che attraversa l’area planando sul palo opposto dove Aina è in vantaggio su Venuti ma non gli riesce di impattare il pallone (18’). Passano cinque minuti e proprio Aina dalla sua fascia mancina scodella in area dove Singo può controllare e preparare il destro: colpito male, il pallone sorvola la traversa. Colpisce invece molto bene, forse troppo bene (paradossalmente) Callejon il suggerimento dalla sinistra di Gonzalez: il destro al volo dello spagnolo viene bloccato, sia pure a fatica, dal reattivo portiere ospite. Nulla può il gigantesco Milinkovic-Savic sul sinistro piazzato da Gonzalez ben azionato da un tocco di Castrovilli: il vantaggio viola è meritato, anche nella circostanza la linea difensiva di Juric lascia troppo spazio.

IL FINALE — In avvio di ripresa c’è subito l’occasione del raddoppio. Il solito Gonzalez va via sulla fascia e mette in mezzo dove Jack Bonaventura arriva in tackle scivolato trovando però il ginocchio di Mandragora a deviare la sfera colpita in area piccola. Nell’intervallo Juric ha provveduto a fermare Djidji, ammonito due minuti prima dello 0-, rimpiazzandolo con Buongiorno che aveva già duellato con Vlahovic ai tempi della Primavera. Ma a nulla vale questo precedente quando il centravanti viola colpisce a metà ripresa sfruttando un perfetto suggerimento di Bonaventura. La torsione aerea di Vlahovic è perfetta però non aveva nessuno a contrastarlo in piena area. Due minuti prima Juric aveva messo dentro Pjaca e Verdi per Sanabria e Linetty. Ed è proprio Verdi che perdendo un contrasto con Duncan consente alla Viola di scattare in contropiede per chiudere il match. Il risveglio del Toro è tardivo, quando Verdi colpisce in area su suggerimento di Lukic mancano appena due minuti al 90’. E nei 5’ di recupero la Viola non concede più nulla. I tre punti sono suoi, con merito.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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