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Campionato di Calcio Serie A 2021 - 2022. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2022 14:00
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Simeone ferma anche il Napoli:
il Verona in 9 strappa l’1-1



Il Cholito al 13’ segna il suo 9° gol stagionale.
Di Lorenzo pareggia subito, la squadra di Spalletti
colpisce due pali ma non riesce a sfondare.
Nel finale espulsi Bessa e Kalinic


Nicola Berardino

Finisce 1-1 come il 23 maggio scorso. Il Napoli sbatte contro il Verona e non riesce a intascare i tre punti per potenziare il suo primato in attesa del risultato del Milan del derby. Cinque mesi fa quel pareggio era costato al Napoli la qualificazione in Champions. Questa volta fa saltare per la prima volta l’appuntamento con la vittoria in casa. Ma il risultato premia anche il bel periodo della squadra di Tudor, che una settimana fa ha mandato al tappeto la Juventus dopo aver battuto anche Lazio e Roma. Ancora una volta Giovanni Simeone in primo piano. Dopo aver graffiato Lazio e Juventus, lascia il suo segno anche sul Napoli e si porta a nove gol in campionato. Il pronto pareggio di Di Lorenzo al 18’ del primo tempo dà l’illusione di una rimonta vincente. Ma il Verona è in guardia sino al fischio finale, pur concludendo in nove.

BOTTA E RISPOSTA — Spalletti si riaffida al 4-2-3-1. In difesa, Juan Jesus rileva lo squalificato Koulibaly. Rispetto alla gara di Varsavia, torna Ospina tra i pali. Rientrano Fabian Ruiz, Osimhen e Insigne, indisponibili in Europa League, oltre a Mario Rui. E Politano riprende il suo posto da titolare. Tudor ritocca la formazione che ha battuto la Juventus con l’innesto di Ceccherini dopo che all’ultimo si è fermato Lazovic per un risentimento muscolare (Casale avanza in mediana). Napoli con la maglia con il viso stilizzato di Maradona per ricordarlo verso il primo anniversario (25 novembre) della sua scomparsa. Avvio aggressivo degli azzurri ma è il Verona a creare il primo vero pericolo: al 12’ botta di Caprari dalla distanza, Ospina ribatte in tuffo. Un minuto dopo la formazione di Tudor si fa largo sulla destra con Barak che sfugge a Mario Rui e smista per l’accorrente Simeone, che anticipa Rrahmani e infila Ospina. Verona in vantaggio con il nono centro del suo goleador. Il Napoli prova subito a reagire. Insigne non inquadra la porta. Al 18’ arriva il pareggio. Sugli sviluppi di una punizione di Insigne, colpo di testa di Rrahmani per Fabian Ruiz che serve Di Lorenzo: rasoterra tra le gambe di Montipò e gol del Napoli, il primo per il difensore in questo campionato. Gara giocata a gran ritmo a tutto campo. Così la squadra di Spalletti sfiora il gol con un colpo di testa di Politano indirizzato sul primo palo, ma anche quella di Tudor sa osare e una bordata di Barak viene smorzata di petto da Rrahmani prima di essere controllata da Ospina. Verona molto articolato nella manovra proiettata in avanti, Napoli compatto ma sempre pronto a fiondarsi in profondità. Al 42’ spettacolare incursione del Napoli a tutta velocità: Politano come un motorino sulla destra, innesca Osimhen che si gira e colpisce il palo. Finale di tempo con il Napoli che reclama per un mani in area di Ceccherini su azione di Insigne.

MURO VERONA — Dopo l’intervallo, il Napoli riparte all’attacco. Montipò sventa una punizione calibrata da Insigne. Combinazione tra il capitano e Osimhen che viene fermato dai difensori veneti e reclama un fallo ai suoi danni. Il Verona sa tener botta per poi ripartire: grinta e schemi a braccetto. Al 17’, primi cambi nel Napoli: Zielinski e Politano fanno posto a Elmas e Lozano. Che si lancia al tiro alla prima occasione: palla sopra la traversa. Al 23’ Ospina è sveglio sul tocco di Barak, ben servito in area da Simeone. Il Napoli si sbraccia per dare la svolta alla gara. Verona attentissimo. Alla mezz’ora Tudor procede con una doppia sostituzione: Lasagna e Bessa rilevano Simeone e Barak. E i gialloblù rinfrescano la manovra offensiva. Poi entrano pure Magnani e Kalinic per Gunter e Caprari. Mentre Spalletti innesta Mertens e Ounas per Insigne e Anguissa. Intanto, al 43’ Verona in dieci per l’espulsione di Bessa causa seconda ammonizione. Al 45’ punizione radente di Mertens che schizza sul palo alla sinistra di Montipò. Il Napoli si gioca la carta Petagna che subentra a Osimhen. Espulso Kalinic dopo aver colpito Mario Rui: Verona in nove a reggere l’assalto finale degli azzurri. Petagna ha l’ultima chance ma il muro scaligero regge. Finisce 1-1 con molti rimpianti per il Napoli ma anche con tanti meriti per il Verona.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Inter spreca troppo, il Milan sfiora il colpo al 90'.
E in vetta resta tutto come prima...

Rigore di Calhanoglu, autogol di De Vrji e
altro penalty fallito da Lautaro nella prima mezz'ora.
Poi meglio i nerazzurri ma palo clamoroso di Saelemaekers


Marco Pasotto


Si sono azzannate, colpite e sgambettate senza riuscire a sferrare il cazzotto del k.o. in un derby bellissimo con gol, autogol, rigori parati, salvataggi sulla linea e una commovente coreografia della curva rossonera dedicata a medici e infermieri in prima linea nella lotta al Covid. Milan e Inter si annullano sull’1-1, ma non si ferma il percorso che, per quanto visto anche stavolta, le manterrà sulla strada maestra di chi lotterà per lo scudetto fino alla fine. La mezza stecca casalinga del Napoli con il Verona dà ovviamente molto più gusto al Diavolo, che ci guadagna due volte: mantiene il primato in classifica e inchioda sette gradini più in basso proprio l’Inter. E’ il motivo per cui invece in casa nerazzurra si mastica un po’ più amaro, anche se la prestazione contro la capolista è stata assolutamente di buona fattura. Inter in vantaggio con un rigore di Calhanoglu e riacciuffata da un autogol di De Vrij. Tutto nel primo tempo per un pareggio sostanzialmente corretto mettendo sulla bilancia le occasioni da una parte e dall’altra.

LE SCELTE — Nella settimana in cui Pioli ha finalmente iniziato a ricevere qualche buona notizia dall’infermeria – sono tornati fra i convocati Florenzi, Pellegri e soprattutto Rebic -, ha però dovuto rinunciare nelle ultime ore a Romagnoli per un fastidio muscolare (il capitano comunque avrebbe iniziato dalla panchina). Il tecnico rossonero ha studiato una mossa a sorpresa nell’undici titolare: fuori Saelemaekers e dentro Diaz a destra con Krunic al centro della trequarti, quando il pensiero comune riguardava il ballottaggio fra lo spagnolo e il bosniaco. Come previsto al centro dell’attacco si è ripresentato Ibra e dietro a sinistra al posto dello squalificato Hernandez si è piazzato Ballo-Touré. Inzaghi non aveva alcun problema medico – tutti insieme appassionatamente – e quindi ha potuto concentrarsi sull’unico ballottaggio che agitava la sua vigilia: dentro Calhanoglu o Vidal accanto a Brozovic? L’ha spuntata il nazionale turco, sommerso dai fischi e dagli insulti del Meazza rossonero. Non che ci si attendesse qualcosa di diverso. Rispetto alla Champions, oltre a Calha da segnalare anche il rientro di Perisic.

BOTTA E RISPOSTA — Nel primo tempo è successo più o meno di tutto e più o meno da subito. Sono stati sufficienti otto minuti per scardinare l’equilibrio all’interno del quale si studiavano e stuzzicavano le squadre. Kessie si è addormentato col pallone fra i piedi in mezzo a Dzeko e Calhanoglu, col quale è venuto a contatto in area. Doveri ha indicato il dischetto, fra le proteste furibonde rossonere, e la decisione è stata poi confermata dal Var. Sotto gli sguardi minacciosi della Sud la responsabilità se l’è presa Calhanoglu, che ha fatto centro e ha poi avuto la sgradevole idea di vendicarsi degli insulti piazzandosi davanti alla curva milanista con aria di sfida e portando le due mani alle orecchie. Apriti cielo. Florenzi è schizzato in campo dalla panchina per mangiarselo e hanno faticato a placarlo. Il pareggio è arrivato al 17’ grazie a un autogol di De Vrij, che in pieno mischione ha infilato nell’angolino di Handanovic una punizione di Tonali. Appetiti soddisfatti? Macché. Otto minuti dopo i nerazzurri si sono nuovamente ripresentati dagli undici metri, stavolta per una sciocchezza colossale di Ballo-Touré, che prima non si è accorto dell’inserimento di Darmian e poi lo ha gambizzato in area. Stavolta si è presentato Lautaro e Tatarusanu non ha fatto rimpiangere né Donnarumma, né Maignan: parata sicura e tecnicamente pregiata. Siamo partiti dagli spunti principali di cronaca per raccontare una partita sempre viva e coinvolgente, con un primo tempo nel quale il Milan si è fatto preferire per la manovra complessiva, maggiormente elaborata, che l’ha portato a stazionare spesso e a palleggiare sulla trequarti, a fronte però di qualche appoggio sbagliato di troppo. Meglio l’Inter invece nelle verticalizzazioni e in ripartenza, anche perché la mossa di Pioli che ha piazzato Krunic ad alitare sul collo di Brozovic ha prodotto i suoi effetti, costringendo l’Inter a percorrere altre strade per preoccupare il Diavolo. E’ stata una partita in cui sono mancati soprattutto i grandi attesi: Ibra e Leao da un lato, Dzeko, Barella e in parte Lautaro dall’altro. Milan di manovra, Inter piuttosto pungente, però: tra il 44’ e il 45’ prima Barella si è fatto respingere sulla linea da Ballo-Touré, con Tatarusanu fuori causa, un destro scarico e centrale, e poi Lautaro ha spedito fuori di pochi millimetri. In entrambi i casi la difesa rossonera, mal piazzata, ha ballato sonoramente.

QUANTE OCCASIONI — Nella ripresa lo spartito dei primi 45 si è invertito: Inter con la palla fra i piedi e Milan ad aspettare e ripartire. Tanti gli errori di precisione da una parte e dall’altra, ma con un indice di pericolosità che si è spostato abbastanza nettamente dalla parte nerazzurra. Un’Inter più efficace e soprattutto molto più presente in fase offensiva di fronte a un Milan rinchiuso nel suo fortino per lunghi minuti. Pioli ha tolto Leao e Diaz per Rebic e Saelemaekers, Inzaghi è stato costretto a sostituire l’infortunato Barella (un guaio anche in chiave azzurra) con Vidal. A metà tempo Kalulu ha salvato due volte in pochi attimi un gol praticamente fatto proprio sul cileno. Poi ancora problemi fisici in casa interista: fuori Dzeko e Darmian, dentro Correa e Dumfries. Pareva un Milan molto provato, obbligato quasi esclusivamente a difendersi, ma negli ultimi dieci minuti i rossoneri sono tornati fuori con prepotenza e a quel punto sono stati i nerazzurri a ritrovarsi con la lingua di fuori. Schiacciati negli ultimi trenta metri. Prima ci ha provato Ibra su punizione, poi Bennacer ha spedito in cielo da ottima posizione, Rebic ha lisciato la più facile delle conclusioni in piena area e Saelemaekers ha preso un palo a un minuto dallo scadere. Un punto a testa: mettendo tutto sulla bilancia, si può dire che sia giusto così.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2021/2022 12ª Giornata (12ª di Andata)

05/11/2021
Empoli - Genoa 2-2
06/11/2021
Spezia - Torino 2-1
Juventus - Fiorentina 1-0
Cagliari - Atalanta 1-2
07/11/2021
Venezia - Roma 3-2
Sampdoria - Bologna 1-2
Udinese - Sassuolo 3-2
Lazio - Salernitana 3-0
Napoli - Verona 1-1
Milan - Inter 1-1

Classifica
1) Napoli e Milan punti 32;
3) Inter punti 25;
4) Atalanta punti 22;
5) Lazio punti 21;
6) Roma punti 19;
7) Fiorentina, Juventus e Bologna punti 18;
10) Verona e Empoli punti 16;
12) Torino, Sassuolo e Udinesepunti 14;
15) Venezia punti 12;
16) Spezia punti 11;
17) Genoa e Sampdoria punti 9;
19) Salernitana punti 7;
20) Cagliari punti 6.

(gazzetta.it)
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Atalanta travolgente: manita allo
Spezia e terzo posto insieme all'Inter



La Dea va in svantaggio per il gol di Nzola, poi un super Pasalic, Zapata, Muriel e Malinovskyi dilagano


Marco Guidi

L’Atalanta regola lo Spezia al Gewiss Stadium per 5-2 e avanza a quota 25 punti, raggiungendo momentaneamente l’Inter al terzo posto in classifica. Non è stata però tutta una passeggiata per la Dea, in sofferenza nella prima mezz’ora contro un buon Spezia. L’allievo Thiago Motta era riuscito a complicare i piani del maestro Gasperini (prima sfida in panchina tra i due, dopo l’esperienza comune al Genoa 2008-09 – uno da giocatore e l’altro da allenatore), fino a quando i suoi non hanno perso completamente gli equilibri, imbarcando acqua sulle ripartenze atalantine e finendo per subire un passivo sin troppo largo, quasi ingiusto. Alla fine mattatore è stato Pasalic (doppietta e un assist), mentre Gasp può sorridere per il ritorno al gol anche di Muriel, oltre che del solito Zapata e di Malinovskyi. E pensare che tutto era iniziato con la rete di Nzola, poi autore di una doppietta…

PARTENZA — Gasperini recupera Toloi in difesa, lascia a riposo Freuler a centrocampo (c’è Koopmeiners) e davanti si affida al tridente Ilicic-Zapata-Pasalic. Thiago Motta conferma la formazione che ha battuto il Torino prima della sosta, con la sola eccezione di Hristov al posto dello squalificato Nikolaou in difesa. Il tecnico italo-brasiliano replica la mossa tattica vista già contro il Torino, con Bastoni rapido ad alzarsi e Gyasi ad abbassarsi, così da trasformare il 4-3-3 in 3-5-2. La prima emozione al 4’, con Ilicic che aggancia il pallone messo in mezzo da Zappacosta e gira con il sinistro di poco a lato. Lo Spezia non resta però a guardare. Fraseggia, alza gli interni di centrocampo quando spinge e all’11’ passa a sorpresa in vantaggio. Verde si libera ai 20 metri e va al tiro, Musso devia in modo approssimativo sulla traversa e sulla respinta Nzola sentenzia con il sinistro. L’Atalanta sembra subire il colpo, fatica a reagire, ma al 18’ quasi dal nulla trova il pari: Zappacosta se ne va tra Bastoni e Sala sulla destra, cross, velo di Zapata e stoccata di prima intenzione di Pasalic a fulminare Provedel. L’1-1 stavolta galvanizza la Dea che comincia a spingere con convinzione. Al 21’ ci prova Maehle da limite: palla larga. Poi è la volta di Zappacosta: fuori. L’occasione buona l’avrebbe ancora Nzola dall’altra parte, ma l’attaccante ospite si attarda troppo nella conclusione e Toloi lo mura a pochi passi da Musso. Al 28’ squillo di Koopmeiners, in ombra nella prima parte di gara: il suo sinistro dal limite mette i brividi a Provedel, ma si spegne sul fondo.

ECCO LA DEA — Cinque minuti dopo l’episodio che indirizza la partita: contropiede condotto da Zapata, assist per Maehle sul cui tiro Sala interviene con il braccio aperto. Abisso non fischia, ma poi si corregge dopo l’on field review: rigore. Sul dischetto va Zapata e Provedel respinge, ma il direttore di gara fa ripetere, sempre su suggerimento del Var, perché Erlic era entrato in area prima della battuta. Alla seconda chance, Duvan non sbaglia. E qui cambia la partita. Perché appena i liguri alzano la linea difensiva, l’Atalanta è letale in ripartenza. Così al 41’ Zapata si mangia Hristov nell’uno contro uno ed è freddo nel servire Pasalic per il 3-1 a tu per tu con Provedel. Lo Spezia ora è come un pugile suonato che attende il gong dell’intervallo e per poco lo scatenato Zapata non gli assesta il quarto cazzotto in 45’: Provedel stavolta para bene a terra.

GOLEADA — L’Atalanta rientra dai 15’ di break con l’intenzione di gestire il vantaggio. Thiago Motta dopo 7’ prova a ridare vigore ai suoi inserendo Manaj per Verde. Il problema per i liguri nasce quando i padroni di casa recuperano palla e verticalizzano rapidamente, trovando sempre malmessa la retroguardia: al 9’ Maehle spreca una ghiotta occasione non servendo i compagni in superiorità numerica. Gasperini, anche in vista dell’impegno di Champions di martedì in casa dello Young Boys, comincia la sua girandola di sostituzioni: fuori Ilicic e Koopmeiners, dentro Malinovskyi e Pessina. Lo Spezia non ha più gli equilibri della prima mezz’ora e ogni volta che la Dea accelera un attimo è una chance per il poker: al 17’ Provedel respinge la botta in diagonale di Zappacosta. Sussulto ospite al 21’: dormita della difesa nerazzurra, Nzola scappa sul lancio di Maggiore e conclude forte in diagonale, Musso respinge bene con i piedi. La partita si mantiene godibile, anche se vive ormai di fiammate, come il destro dal limite di Djimsiti fuori di un soffio. O il tiro di Zapata dai 20 metri deviato in tuffo da Provedel. Al 34’ finisce la partita di Duvan, tra i migliori: entra il connazionale Muriel. Ed è proprio l’altro colombiano a calare il poker al 38’, su assist di Pasalic, dopo che Maggiore aveva sfiorato il bersaglio grosso con un destro a giro uscito di centimetri alla sinistra di Musso. Per Muriel è la fine di un digiuno che durava dalla prima giornata ad agosto (gol al Toro). Finita qui? No, ormai le porte sono aperte. Così Malinovskyi con un sinistro potente fa 5-1, ma Nzola nel recupero su azione d’angolo batte ancora Musso. E stavolta il 5-2 è definitivo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Juve, vittoria di rigore:
Bonucci fa 2 su 2, Lazio battuta e agganciata

Fuori Immobile e Dybala, il match è deciso da una doppietta dal dischetto del difensore.
Il quarto posto dista 4 punti. Danilo esce in barella


Livia Taglioli


Il confronto diretto fra Sarri ed Allegri si conclude con la terza vittoria esterna in campionato della Juve, dopo La Spezia e il derby: all’Olimpico i bianconeri superano 2-0 la Lazio, match winner Bonucci che batte Reina due volte dal dischetto. Immobile si commuove davanti alle coreografie che l’Olimpico gli dedica ma non è fra i convocati, la Juventus aggancia i biancocelesti in classifica grazie ai tre punti conquistati. Al di là di quel che farà l’Inter, la distanza dal quarto posto (i 25 punti dell’Atalanta, che è già scesa in campo) è di quattro lunghezze.

BONUCCI, DISCHETTO E GOL — Senza Immobile i padroni di casa, orfani di Dybala i bianconeri. Lazzari si prende il versante destro dalla difesa, sull'opposto Allegri sceglie Pellegrini, con Alex Sandro in panca. Per il resto scelte prevedibili, con il duo Luis Alberto e Milinkovic-Savic ai lati di Cataldi e Pedro falso nove da un lato, e McKennie-Locatelli centrali, con Chiesa spalla di Morata dall'altro. Nessuna novità nemmeno sul canovaccio previsto in campo: tanta Lazio nei primi 20’, poi il vantaggio della Juve sgonfia i padroni di casa, che accusano il colpo e perdono la brillantezza mostrata fin lì. La rete bianconera arriva al 23’ dal dischetto, con Bonucci bravo a battere Reina di destro, dopo che Di Bello aveva verificato sullo schermo l’irregolarità del contatto in area fra Cataldi e Morata. Nel frattempo la Juve aveva perso Danilo per infortunio (e l’uscita in barella col volto coperto da un braccio non lascia presagire nulla di buono), sostituito al 15’ da Kulusevski. Da quel momento, con Cuadrado arretrato a fare il quarto di difesa, Allegri lascia a 3 il centrocampo, piazzando lo svedese all’altezza di Chiesa e Morata. Ma per la Juve non cambia un granché: la squadra resta accartocciata dietro, rischia poco o niente ma costruisce ancora meno. E quelle rare volte che riesce a superare il centrocampo laziale o perde il tempo per eccesso di lentezza o sceglie la soluzione più difficile, tipo Morata che cerca la rovesciata e manda alto. Totale: nel primo tempo la Juve non trova mai lo specchio, la Lazio guadagna qualche angolo e una volta Milinkovic-Savic chiama in causa Szczesny. Poca roba, diciamolo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Papere ed errori,
festa Viola con Vlahovic:
Milan, primo k.o.

Doppiette per Ibra e per il serbo, dopo i gol di Duncan e Saponara.
Nel finale autogol di Venuti. Prima sconfitta in campionato per i rossoneri,
che ora rischiano di perdere la vetta della classifica


Stefano Cantalupi


Un sabato Italiano. Di cui Pioli e il Milan avrebbero fatto volentieri a meno, perché il 4-3 della Fiorentina ai rossoneri rischia di costare carissimo: l'allungo del Napoli in vetta o il ritorno in corsa dell'Inter, lo sapremo domani. Partita emozionante a Firenze, senza un attimo di respiro: viola avanti di tre gol, l'orgoglio di Ibrahimovic riapre tutto, poi Vlahovic fa doppietta come il suo idolo Zlatan e sigilla il trionfo viola. Primo k.o. per il Diavolo in questa Serie A.

TATA E SAPONARA — Il racconto parte dagli ex. Oltre a Pioli, s'intende. Se n'è parlato spesso, nel lungo avvicinamento a questo match: Rebic è out, ma in campo ci sono Bonaventura, Tatarusanu e Saponara. Gli ultimi due di questo elenco saranno protagonisti del primo tempo, in maniera opposta. "Tata" perché incappa nel primo grave errore da quando sostituisce Maignan tra i pali: è il 15', un innocuo corner va esaurendosi nelle mani del portiere romeno, ma la palla scivola via dai guanti e Duncan anticipa sia lui che Gabbia, per l'inatteso 1-0 viola. Saponara, invece, perché dipinge il raddoppio con una pennellata a giro un istante prima dell'intervallo. Proprio lui, vecchio cuore rossonero anche da tifoso. Destro telecomandato.


IBRA SPRECA — Il Milan, senza Tomori, in difesa concede qualcosa in più del solito. Kjaer deve occuparsi di Vlahovic e lo pedina a tutto campo, ricorrendo spesso alle maniere forti. Il danese non è capitano per l'assenza di Romagnoli (panchina) e Calabria (indisponibile): la fascia va a Kessie, e la scelta può essere caricata di tanti significati, visti i puntini di sospensione sul rinnovo dell'ivoriano. E Ibrahimovic? C'è lui e non Giroud al centro dell'attacco. Segna subito ma è in fuorigioco, poi si divora la palla del pareggio appoggiando a lato di testa. Errore non da lui. Più precisi i tiri di Tonali e di un brillante Leao (spesso trovato dai lanci di Kjaer), ma Terracciano è reattivo. Sull'altro fronte, prima del 2-0 che fa esplodere il Franchi, sono Vlahovic e Bonaventura ad andare più vicini al bersaglio.

FINITA, ANZI RIAPERTA — Giroud a parte, Pioli non dovrebbe avere granché per girare la partita, anche per via del fatto che Messias e Florenzi sono appena rientrati da guai fisici. Ma deve fare di necessità virtù e quindi - dopo un destro sprecato da Leao - ne cambia tre: fuori Kalulu, Saelemaekers e Diaz, dentro Florenzi, Messias e Giroud. Doppio centravanti, dunque: la carta da usare nei momenti critici. La partita si scompiglia, dal 2-0 si passa in un attimo al 3-2. Ben tre gol in sette minuti. È l'ora dei bomber: prima il capolavoro di Vlahovic, che evita il fuorigioco, brucia Gabbia e batte Tatarusanu per il tris viola; poi amnesia clamorosa di Bonaventura, che regala il pallone a Ibra in area e vede lo svedese scaraventare in porta il destro del 3-1; infine, duello vinto da Hernandez su Odriozola, cross basso da sinistra e altra zampata vincente di Zlatan. Tutto riaperto, doppietta a 40 anni in Serie A, cala il gelo sul Franchi.

LA CHIUDE DUSAN — La Fiorentina, però, trova il modo di riorganizzarsi. Il Milan spinge, assalta con tutto quello che ha, ma trova meno sbocchi. E quando Theo s'addormenta a ridosso dell'area di rigore rossonera, regalando a Gonzalez il pallone che poi Vlahovic trasforma nel 4-2, finisce di fatto il match, anche se un'autorete di Venuti all'ultimo secondo fissa il punteggio sul 4-3. Pioli perde ancora con Italiano, come a febbraio a La Spezia. Firenze canta, sognando l'Europa. Quella che attende il Milan mercoledì a Madrid, per l'ultimo treno Champions, da prendere per dimenticare la batosta di stasera.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Cagliari riprende due volte il Sassuolo,
ma il pari non aiuta Mazzarri

Apre Scamacca, poi il grande gol in rovesciata di Keita
prima dei due rigori di Berardi e Joao Pedro.
I sardi sono sempre in fondo alla classifica


Francesco Velluzzi


La vittoria di Torino con la Juventus non ha avuto effetti benefici sul Sassuolo che da allora si è bloccato e non riesce più a vincere. Alle due sconfitte rimediate in casa con l’Empoli e a Udine, ora si aggiunge il pareggio (2-2) interno col Cagliari che, finalmente, dopo quattro sconfitte consecutive, respira anche se non abbandonerà l’ultimo posto. Segnali di ripresa, però, per la truppa di Mazzarri che gioca davvero da squadra e agguanta due volte il pareggio con la sua indovinata coppia di attaccanti: Keita, rete da rivedere cento volte e Joao Pedro che sente aria di Nazionale e dal dischetto non tradisce. Il gruppo di Dionisi mette la testa avanti due volte, con Scamacca e l’ispirato Berardi (su rigore), ma raramente trova la giocata che secondo il suo allenatore avrebbe potuto dare la svolta alla gara. Ma soprattutto è distratto dietro perché non riesce a contenere le volate dello scatenato Nandez e palleggiare meglio non porta alla gloria. Anche perché il Cagliari è attento a chiudere e ripartire. Ora venerdì in casa con la Salernitana dovrà dar la svolta al suo campionato.

IL PRE — In tribuna si vedono i tecnici Castori e Maran (ex del Cagliari). Ma si sentono soprattutto i 506 tifosi rossoblù posizionati in curva. Il Sassuolo ha invitato, come al solito, diversi club minori, ma soprattutto ha deciso di sostenere la figlia di Elisa Mulas (sarda) rimasta orfana a 11 anni dopo la tragedia di Sassuolo. Anche il Cagliari ha deciso di esserle vicino con una donazione. Prima del via il club di casa premia il difensore Gian Marco Ferrari per le 100 partite in campionato con la maglia neroverdi, traguardo raggiunto due settimane fa a Udine.

SI GIOCA — Poi si gioca. Dionisi lascia fuori Chiriches e piazza Ayhan accanto a Ferrari in difesa. Per il resto tutto previsto, ma Raspadori nel 4-2-3-1 offende a sinistra, con Traore sistemato al centro a creare scompiglio. Mazzarri, che aveva annunciato una sorpresa, parte con una mossa inedita: Bellanova a destra in un tridente con Joao al centro e Keita che in fase di non possesso diventa 4-5-1. Ma il tecnico toscano fa anche fuori Strootman, la vera delusione fin qui, inserendo Grassi in mezzo che dà maggiore equilibrio. I neroverdi partono col piglio di chi vuole vincere. Subito Frattesi si inserisce subito e Cragno è bravo. All’8' viene reclamato un rigore per un fallo di Keita, Baroni non ci sente. Sei minuti e Scamacca calcia alto un invito splendido di Frattesi. Poi spara alto pure Frattesi. Mazzarri fa l’alchimista, torna all’antico: 4-4-2 con accenni di 4-2-4 perché Nandez a destra e Bellanova, portato a sinistra, sono larghi e pronti a far male. Baroni grazia proprio Nandez, da giallo su Traore, Raspadori manca l’appuntamento per un soffio, ma al 28’ la cosa più bella la fa Bellanova che su gran cross di Zappa si coordina e calcia al volo da sinistra e Consigli respinge. Tre minuti dopo, su angolo di Lykogiannis, Ceppitelli colpisce la parte alta della traversa. È uno dei migliori primi tempi del Cagliari visti in questo torneo. La squadra tiene in mezzo, è compatta. Joao colpisce ancora di testa, ma facile per Consigli.

LA GARA SI SBLOCCA — Al 37’ il vantaggio lo trova però il Sassuolo, bel lavoro di Traore, palla capolavoro filtrante di prima di Berardi per Scamacca che non sbaglia. La reazione dei sardi è rabbiosa. E trova concretezza al 40’ quando Nandez fa un sombrero su Raspadori e crossa, Keita in mezza rovesciata, stupenda, batte Consigli. E’ un gol straordinario.

SECONDO TEMPO — La ripresa riparte in modo ancor più scoppiettante perché dopo 5’ l’uno-due tra Frattesi e Traore manda il biondo centrocampista neroverde sul fondo e Lykogiannis ingenuamente lo stende. Rigore che lo specialista Berardi trasforma portando a sei il suo bottino (due rigori) in campionato. Ma il Cagliari c’è e dopo 5’ ottiene il rigore per trovare un secondo pareggio. E’ ancora Nandez a produrre: cross e Frattesi stavolta è lui ingenuo ad agganciare Joao che va sul dischetto e realizza il suo ottavo centro (terzo su rigore).

NUOVA PARITÀ — Le squadre respirano. Ma il Sassuolo spinge nuovamente. Alti Frattesi e Ayhan, ma quando Dionisi inserisce Defrel per Scamacca il francese si mette subito in evidenza. Gran tiro che, però trova uno strepitoso Cragno. Come è strepitoso Nandez, dall’altra parte che si invola ancora sulla destra e sul suo tiro-cross Consigli smanaccia. È l’ultimo sussulto prima del gran giro di cambi. Che non produce nulla. Ma lascia tutto sul pareggio. Giustissimo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Venezia, colpo da tre punti a Bologna:
gol partita di Okereke al 61’

Dopo un’intera gara a subire gli attacchi dei rossoblù (17-0 angoli a zero),
nella prima vera occasione i lagunari piazzano il colpo, utilissimo in chiave salvezza


Matteo Dalla Vite


Altro bel colpo del Venezia che dopo aver battuto la Roma vince al Dall’Ara, stadio nel quale il Bologna aveva collezionato 13 dei 18 punti attuali in classifica. Organizzazione, cambi e il graffio di Okereke hanno portato in vetrina una squadra che Zanetti sta facendo volare con meriti evidenti. Il Bologna ha giocato, prodotto, collezionato calci d’angolo (17-0!) ma mai – per leggerezze proprie o compattezza lagunare – ha impensierito veramente Romero. Così, la neopromossa Venezia sale a 15 punti e sfiorando addirittura lo 0-2 nel finale con Tessmann ed Henry i cui tiri vengono neutralizzati da Skorupski. Bologna rimandato ancora una volta nel momento del salto di qualità: tanta produzione, ieri, nessun passo in avanti. Anzi.

ROMERO BLINDA — Assenti De Silvestri e Skov Olsen (infortunatosi nella rifinitura di ieri alla caviglia sinistra), ecco che Mihajlovic ripropone Orsolini sulla destra a tutta fascia mentre il Venezia va con la formazione annunciata ovvero col tridente Aramu (comunque anarchico fra esterno e zona di trequarti) Okereke e Johnsen. La pressione alta del Bologna fin dai primi minuti impedisce agli ospiti di sviluppare il gioco e di uscire dalla metà campo. Sotto gli occhi del presidente Joey Saputo in tribuna, sono Dominguez e Svanberg a giganteggiare nel mezzo recuperando palloni e tenendo i rossoblù costantemente in proiezione offensiva, anche se le occasioni non fioccano di certo. C’è un tiro a lato di Arnautovic dopo una sponda di Soriano al 10’, un colpo di testa di Soumaoro alto su azione da calcio d’angolo al 14’ e una conclusione centrale dalla distanza di Theate al 17’. Il Venezia mette finalmente il naso fuori dalla sua metà campo un minuto dopo: su un ribaltamento veloce, il tirocross di Aramu è facilmente intercettato da Skoruspki. Se Dominguez e Svanberg sono i signori del centrocampo, il Bologna fatica a trovare la fiammata dei suoi stoccatori principali Arnutovic e Barrow. La difesa del Venezia è molto organizzata e soffre poco pur essendo costantemente sotto pressione, Ceccaroni e Caldara in mezzo offrono poco spazio e così i rossoblù cercano la via del gol dal limite con un tiro a giro di Svanberg che Romero disinnesca al 34’. Il muro di Zanetti regge, Arnautovic spara alto al 41’ e all’intervallo si va ancora sullo 0-0.

POKER — Il Bologna continua a ragionare secondo lo spartito del primo tempo: pressione costante alla ricerca del gol. Ma al 17’ è il Venezia, zitto zitto e resiliente, a passare in vantaggio: azione cominciata da Ceccaroni e rifinita da Busio, un rimpallo creato da Theate favorisce Okereke che, lasciato solo da Soumaoro, infila il quarto gol stagionale, ancora decisivo dopo quelli a Empoli e Roma. I cambi di Zanetti (dentro Henry, Tessman e Kiyne) hanno prodotto un innalzamento del baricentro che, mischiato alla solita organizzazione, ha resistito all’assalto finale del Bologna, giochista ma inconcludente e frenetico. C’è spazio anche per Tessmann ed Henry: sfiorano entrambi uno 0-2 che non arriva ma che racconta di un Bologna che rimette forzatamente i piedi per terra dopo un inizio di campionato bello e forse illusorio. Il Venezia, invece, vola con meriti palesi: ha lasciato scatenare il Bologna ma ha colpito come solo le squadre adulte sanno fare.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Un autogol e Candreva: la Samp vince
con la Salernitana e torna a respirare



La sfida-salvezza è dei blucerchiati.
D’Aversa salva la panchina e lascia all’ultimo posto i granata,
che non dovevano sbagliare e invece cadono in casa,
facendosi agganciare dal Cagliari per condividere l’ultimo posto


Alex Frosio

La classifica dice che non c’è tempo da perdere, Salernitana e Sampdoria non lo fanno. Niente attendismi, si gioca in discesa verso la porta avversaria, anche se non mancano gli ostacoli. Dai blocchi esce meglio la Salernitana, che con il rombo sembra poter infilarsi tra le linee del 4-4-2 della Samp: già al 3’ Ribery, che lavora alle spalle di Gondo e Djuric, si libera per il destro, deviato in angolo. D’Aversa capisce presto come chiudere le vie d’accesso centrali, bloccando Thorsby al centro, e così le palle verso le punte granata arrivano tra i denti, invece che nei piedi. Molto meglio invece lo sviluppo della Sampdoria, che esce bene sulle fasce e trova riferimenti a centro area: Caputo difende palla e manda al tiro Quagliarella al 10’ – blocca Belec – e soprattutto Candreva al 12’ in solitudine, un destro sciaguratamente alto. Ciccio ci prova da solo invece al 17’, con controllo e rovesciata: alta. La Salernitana fatica a ritrovare le distanze giuste, la Samp è in partita. Al 36’ altra chance: cross di Candreva per Thorsby di controbalzo, Belec respinge e poi intercetta pure il tap-in di testa di Caputo. Serve un colpo di fortuna, alla Samp. Arriva al 40’: sugli sviluppo di un angolo “regalato” da Zortea, il cross di Candreva sbatte sul fondoschiena di Di Tacchio, impegnato nella marcatura del temibile Thorsby, e rotola in rete. La reazione della Salernitana c’è, pure troppo. Attacco in massa per un corner, due contrasti persi e micidiale contropiede quattro contro due condotto da Quagliarella, che per il tiro sceglie Candreva: controllo e destro, 2-0 Samp. L’ex interista, al quinto gol, non aveva mai segnato così tanto in carriera a questo punto del torneo.

IL SECONDO TEMPO — Colantuono si appella all’orgoglio dei suoi nell’intervallo e inserisce Obi al posto di Kastanos. Ma orgoglio è proprio l’unica cosa che ottiene. Nulla di più. La Salernitana si butta all’assalto, a testa bassa. Ma l’unica finestra in cui intravede un futuro nella partita è al 9’: da azione d’angolo, Ranieri sul secondo palo colpisce in mezza girata al volo e Audero è prodigioso nel riflesso con l’avambraccio. Il portiere della Samp ferma un minuto dopo anche Coulibaly, allungandosi sul suo rasoterra. La Samp si rivede in avanti solo al 16’, con uno sviluppo verticale limpido da Candreva a Verre a Caputo che mette in rete, ma da posizione di fuorigioco. Poi tanta resistenza contro una Salernitana che produce tanti cross, tanti angoli (12 in tutto, 9 nella ripresa), mette Bonazzoli, poi Simy per Ribery che non ne ha più. Qualità, poca. Occasioni solo in qualche mischia, in cui i centurioni doriani alzano gli scudi davanti a Audero. E la curva dei tifosi granata, che ha sostenuto incessantemente la squadra per 95’, alla fine non può che fischiare.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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21/11/2021 22:11
 
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Inter col cuore in gola.
Batte il Napoli 3-2 e arriva a -4 dalla vetta



Partita intensissima: dopo il gol di Zielinski. Calhanoglu, Perisic e Lautaro
la ribaltano, prima dello spavento finale di Mertens


Luca Taidelli

Al quinto tentativo l'Inter vince uno scontro diretto. E lo fa contro il Napoli capolista nella giornata perfetta, dopo il k.o. del Milan a Firenze che consente in un sol colpo alla banda Inzaghi di ridurre da 7 a 4 i punti di ritardo sulla vetta. Visto che contro Atalanta, Lazio, Juve e Milan i nerazzurri avevano mancato la vittoria da una situazione di vantaggio, stavolta decidono di andare sotto (Zielinski) per poi sgommare con Calhanoglu, su rigore, Perisic e Lautaro, che non segnava su azione dal 25 settembre, prima dell'eurogol di Mertens che apparecchia un finale da cuore in gola. Ma sul più bello si mangia il 3-3. Come per Inzaghi all'Olimpico, anche il ritorno di Spalletti al Meazzada ex coincide con prima sconfitta e amarezza diffusa.

PRIMO TEMPO — Nessuna sorpresa nelle formazioni. Inzaghi punta su Ranocchia per sostituire l’infortunato De Vrij e preferisce Correa a Dzeko per affiancare Lautaro. Perso Politano, positivo al Covid, Spalletti lancia Lozano e chiede a Zielinski, che si muove alle spalle di Osimhen, di braccare Brozovic, l’uomo che avvia l’azione interista. In effetti i nerazzurri in avvio faticano a far uscire palloni puliti, ma con un paio di cambi gioco riescono a portare alla conclusione Lautaro e Darmian. Tiri fuori, mentre il Napoli alla prima occasione fa centro: al 17' Zielinski ruba un pallone sanguinoso a Barella, innesca Insigne che ne pesca l’inserimento, destro dal limite e capolista in fuga. Mentre Spalletti minaccia l'ammonito Osimhen di toglierlo se non si dà una calmata, l'Inter si rialza in fretta grazie al solito cambio gioco che innesca Darmian e Barella. L'esterno invece che calciare al volo la appoggia all'azzurro, la cui girata finisce sul braccio di Koulibaly. Un mani che solo Valeri (solerte però ad ammonire Inzaghi che protesta) non vede.Il Var provvede e al 24' Calhanoglu fa 1-1 spiazzando Ospina. San Siro torna una bolgia, l'Inter morde alta ed Osimhen alla mezzora rischia per un fallo poco simpatico su Calhanoglu. Il nigeriano invece al 34'colpisce indisturbato su assist di Di Lorenzo, ma Skriniar lo mura. Sono proprio i due esterni di destra a farsi apprezzare in questo primo terzo di match perché anche Darmian sul fronte opposto spinge come un ossesso, dando ai suoi uno sfogo in più in attacco. Quando però i nerazzurri esagerano rischiano in contropiede, con Osimhen che al 39' non sfrutta l'assist di Lozano, fino a lì molto sulle sue. Quando il pareggio all'intervallo sembra scritto, Perisic si avvita magicamente sul corner di Calhanoglu e trova il gol del vantaggio. Anche questo certificato dalla tecnologia, perché Ospina smanaccia, ma quando il pallone ha già varcato la linea di porta.

SECONDO TEMPO — Nessuna novità a inizio ripresa, ma dopo uno squillo di Lautaro (Ospina sicuro in presa bassa) Spalletti è costretto a inserire Petagna per Osimhen, uscito malconcio da un contrasto aereo con Skriniar e portato in ospedale per accertamenti a causa di un sospetto trauma cranico. Il Napoli è costretto a pressare alto e per una volta è l'Inter a godere in contropiede. Allo scoccare dell'ora Fabian viene murato e Correa - stimolato come contro l'Udinese dall'imminente sostituzione - parte palla al piede, resiste al ritorno dello spagnolo e serve Lautaro, lasciato colpevolmente solo da Mario Rui che stringe sul Tucu malgrado ci sia Koulibaly. Il Toro manda il destro in buca d'angolo, tornando al gol dopo oltre un mese e mezzo e spaccando la partita. Inzaghi a questo punto inserisce sì Dzeko per Correa e anche Vidal per Calhanoglu, con conseguente passaggio di Barella a sinistra. Spalletti ci prova con Elmas e Mertens per Lozano e Insigne. Inzaghi si copre con Gagliardini e Dimarco per Barella e Lautaro, con Perisic che va a fare la seconda punta. Il Napoli ci prova ma sbatte sistematicamente contro un muro. Quando però Dzeko si fa rubare palla ingenuamente, Mertens al 79' si inventa l'eurogol che riapre i giochi. La paura del Meazza si moltiplica quando Ospina e Dzeko restano a terra dopo una violenta zuccata. Per fortuna riprendono entrambi, con tanto di turbante. Finale da cuore in gola, con Mario Rui che, appena annunciati 8' di recupero,colpisce a colpo sicuro, perso sul secondo palo. Non si sa bene come, ma Handanovic riesce a smanacciare sulla traversa. L'Inter però ormai trema e al 96' Mertens, sempre solo sul palo opposto si mangia il 3-3. Titoli di coda e campionato sempre più avvincente.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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22/11/2021 23:59
 
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La Roma torna a volare col 18enne Afena-Gyan.
Shevchenko k.o. all'esordio col Genoa

I giallorossi sbloccano la partita solo all'82' grazie all'attaccante
subentrato dalla panchina, che al 94' firma la doppietta


Massimo Cecchini


La partita è tutta nella corsa folle di Felix, classe 2003, che mentre bacia lo stemma della Roma corre come un pazzo per andare ad abbracciare Mourinho, dopo aver segnato il gol del vantaggio. I giallorossi ripartono da Genova, battendo sul finale - con grande fatica - il primo Genoa di Shevchenko grazie al 2-0 santificato da una straordinaria doppietta del diciottenne ghanese. Quanto basta perché la squadra di Mourinho, che rinuncia a Zaniolo per scelta tecnica, riprenda la corsa alla zona Champions, assestandosi al quinto posto.

ZANIOLO FUORI — In avvio, le squadre si schierano entrambe con un 3-5-2 declinato però in modo diverso. Viste le tante assenze (Criscito, Maksimovic, Destro e Caicedo su tutte) l’allenatore rossoblù punta su uno schieramento prudente, che vede Biraschi, Masiello e Vasquez bloccati davanti a Sirigu, con le fasce presiedute da Sabelli e Cambiasso, mentre in mediana - gestita da un buon Rovella - Sturaro e Baselli provano l’imbucata per Pandev e lo sprinter Ekuba. Ne consegue che il primo imperativo è quello di non lasciare spazio alla Roma, tanto che nel primo tempo solo una conclusione di Ekuban, smorzata da Kumbulla, al 24’ impegna Rui Patricio. Per il resto, il possesso palla è giallorosso, con i due ex - El Shaarawy e Shomurodov - a dimostrarsi parzialmente vivi. È proprio l’uzbeko che al 4’, al 18’ e a 29’ a farsi pericoloso, ma nel primo caso non inquadra la porta di testa, nel secondo tira di piatto senza forza su Sirigu e nel terzo, servito solo davanti al portiere dal Faraone, sciupa concludendo alto. È la migliore occasione della prima frazione in cui la squadra di Mourinho sceglie, a sorpresa, di lasciare Zaniolo in panchina per puntare su Karsdorp ed El Shaarawy sulle fasce, con Veretout più basso in regia, mentre dietro ad Abraham e Shomurodov vanno a turno Pellegrini e Mkhitaryan. Proprio l’armeno, al 15’, innescherebbe una rete giallorossa, ma il suo tiro è deviato da Abraham di mano e così Irrati annulla. Morale: dei tre difensori davanti a Rui Patricio, se Kumbulla resta bloccato, a turno Mancini e Ibanez provano ad appoggiare la manovra, anche se il giro palla è abbastanza lento.

SUPER FELIX — La ripresa comincia con una Roma più decisa nella spinta offensiva, anche se in avvio, oltre al solito possesso palla, ne ricava solo un tiro alto di Mkhitaryan da buona posizione. Al 64’ il Genoa prova a blindarsi inserendo un centrocampista, Hernandez, per una punta, Pandev. Il rallentamento dei ritmi porta a poco, tanto che si annota solo un’altra conclusione alta di Mkhitaryan al 70’. Il vero brivido, però, lo corre al 71’ Rui Patricio, che deve intervenire in un rimpallo a pochi passi dalla linea di porta propiziato da una incursione di Sturaro. Mourinho lancia in campo il baby Felix, che si trasforma nell’uomo partita quando, al 82’, si fa trovare pronto a mettere in porta con un bel destro un assist di Mkhitaryan, arrivato dopo una straordinaria cavalcata dell’armeno. Il Genoa non ha neppure la forza di tentare un ultimo assalto così, dopo che la retroguardia dei padroni di casa perde in uscita un pallone banale - è lo stesso Felix che dal limite al 94' realizza il raddoppio con un gran tiro dal limite, andando a festeggiare sotto i 1500 tifosi giunti dalla Capitale. Ora è il nuovo idolo, a cui si aggrappa la Roma per risorgere. Il Genoa, al momento, deve pensare solo a ritrovare gli infortunati. La ruota, forse, poi girerà.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Verona adesso sogna:
Tameze condanna l'Empoli al 91'



l gol del centrocampista nel recupero fa vedere l’Europa alla squadra di Tudor


Fabio Bianchi

Se il Verona vince anche partite così, comincia a mettere paura. Spesso più a suo agio con le grandi che contro le “pari” grado, anche contro l’Empoli la squadra di Tudor mostra qualche pecca ma porta a casa una partita con la solita determinazione, senza mollare mai fino alla fine. Non a caso il gol del 2-1 di Tameze, il migliore in campo, arriva all’ultimo respiro, giusto quando scattano i tre minuti di recupero. E così adesso l’Hellas sorpassa anche il Bologna, piazzandosi giusto dietro alle grandi. L’Empoli non ha demeritato, ha pagato quei passi indietro fatti dopo il pareggio di Romagnoli. Ma resta una squadra viva, con un’idea di gioco precisa e uomini di qualità. Come quella di Tudor d’altronde.

MAL DI PANCIA — Tudor ha scelto un Verona ancora prudente, con Casale davanti a Ceccherini a sinistra, come a Napoli. Evidentemente Lazovic non dava ancora garanzie di tenuta. L’Empoli invece è partito con l’handicap, super offensiva ma solo per scelte obbligate. Andreazzoli ha perso un attimo prima della gara sia Tonelli che Cutrone, pare per gastroenterite. E quel Ricci in panchina faceva intuire che anche lui avesse qualche problema. Così Henderson, un trequartista, in mezzo al campo dietro a Di Frarncesco che giostrava tra le linee più Pinamonti e Mancuso in attacco. Nel primo round è stato il Verona a fare la partita ma a parte una produzione industriale di cross non si è quasi mai reso pericoloso, causa troppi errori nei passaggi e nei cross, appunto. L’Empoli invece si è affacciato soltanto due volte dalle parti di Montipò ma ha fatto tremare il Verona. Prima con una sassata da fuori d Henderson che ha preso l’incrocio dei pali, poi con il cross di Di Francesco per Pinamonti che a colpo sicuro ha ciccato la palla. Di fatto, giusto andare con lo 0-0 negli spogliatoi.

SUPER TAMEZE — Tudor ha capito che doveva cambiare qualcosa a sinistra e ha inserito il convalescente Lazovic per Casale. Guarda caso, al suo primo affondo ha regalato il cross-assist dell’1-0 per la testa di Barak. L’Empoli ha reagito bene e finalmente si è vista una partita più spettacolare. Caprari poteva chiuderla con un delizioso tiro da calcetto, ma Vicario ha sfornato la prodezza che ha tenuto in piedi l’Empoli che cinque minuti dopo ha pareggiato con Romagnoli, lesto ad approfittare di un liscio di Gunter. Il Verona ha reagito di carattere, perché il gioco non girava fluido come in altre occasioni. Però ha costretto l’Empoli ad arretrare e Andreazzoli a fare cambi difensivi. E quando la partita sembrava dovesse chiudersi così, uno stupendo scambio in area tra Barak e Tameze ha portato in alto il Verona. Da quando c’è Tudor, sono 19 i punti conquistati. Un ritmo da grande.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Brekalo e Bremer segnano, Milinkovic para tutto:
il Toro batte l'Udinese e pensa in grande



Granata brillanti fino alla punizione di Forestieri,
poi finale in sofferenza e nel recupero il portiere è decisivo su Samardzic


Mario Pagliara

Un Toro bello e determinato ricomincia dopo la sosta con il piede giusto. Vince due a uno contro una Udinese svegliatasi troppo tardi, seppur protagonista di un finale arrembante. Il gioiello di Brekalo e il bis di Bremer regalano la terza vittoria consecutiva casalinga ai granata (non accadeva dalla gestione Mazzarri 2018-2019). Arriva troppo tardi il 2-1 di Forestieri. Juric ha trovato la ripartenza che voleva, Gotti ha molte cose da rivedere e aggiustare.

NOVITA' A SINISTRA — Si è ritrovato un Toro concentrato, tosto al punto giusto e in palla, Ivan Juric, dopo la sosta. Era accaduto poche altre volte nel recente passato dei granata. Gotti ha invece smarrito quella sensazione di solidità che la sua Udinese aveva trasmesso prima che il campionato cedesse il passo al giro di nazionali. Una settimana di prove incessanti al Filadelfia ha poi prodotto la novità sulle fasce. Perché alla fine Juric si è convinto a lanciare Vojvoda sulla sinistra (il kosovaro è al debutto da titolare in questo campionato), come si era intuito dopo la rifinitura di ieri, spostando per la prima volta Aina sulla destra e lasciando in partenza Singo in panchina (scelta tecnica: altra circostanza mai verificatasi). Davanti il Toro ha un Brekalo in più, un Belotti riapparso nuovamente brillante e recupera Praet. L’Udinese è quella annunciata, appoggiata sul tridente Deulofeu, Pussetto, Beto. Quest’ultimo impegnato in un duello con Bremer che produce scintille di continuo.

JOSIP MANIA — Serve poco, anzi pochissimo per scaldare la notte di Torino. Perché dopo appena otto minuti il Toro pesca il jolly e mette una ruota davanti. L’azione è da manuale: lancio lungo di Milinkovic di 48 metri preciso al millimetro, torre perfetta di Belotti, destro chirurgico di Brekalo dai trenta metri che beffa Silvestri (scivola). Esattamente un mese più tardi, il trequartista croato ritrova il gol, il suo terzo in Serie A: l’ultimo è la storia del 22 ottobre, il 3-1 sul Genoa. Il Toro diventa padrone del campo, controlla la partita sorretto da una sontuosa regia di Lukic e dai tamponamenti puntuali di Pobega. E’ nel mezzo che i granata sovrastano nel primo tempo l’Udinese, incapace di reagire sul piano del gioco ma abile e sorniona nel sfruttare gli errori dei granata. Come capita al 26’ quando uno svogliatissimo Aina perde una palla sulla trequarti friulana innescando il contropiede dell’Udinese: Beto se ne va a Bremer, Pussetto incrocia benissimo ma trova sulla strada un Milinkovic che salva il risultato distendendo i suoi 202 centimetri verso l’angolino alla sua sinistra. Nel finale Vojvoda ci prova di testa (41’: fuori), poi Udogie tira debolmente tra le braccia di Milinkovic (44’). Toro meritamente avanti.

BREMER BIS — Quando inizia la ripresa, il Toro attacca subito a testa bassa. Dopo appena sessanta secondi Belotti non sfrutta un errore di Molina, facendosi recuperare in angolo. Sugli sviluppi del corner succede di tutto nell’area dell’Udinese e i granata piazzano il raddoppio: prima il palo del Gallo, poi carambola impazzita con batti e ribatti fino all’assist di Pobega e al raddoppio di Bremer in mischia. Per il difensore brasiliano è il secondo gol in questo campionato. Il Toro sale di giri e cerca insistentemente il terzo gol con Pobega e Brekalo. All’ora di gioco Gotti capisce che è arrivato il momento di cambiare qualcosa, e sceglie dalla panchina Forestier (per Nuytinck) e Arslan (per Pussetto). Juric risponde con Linetty (per Praet) e Singo (per Aina), poco dopo con Zima al posto di un ottimo Djidji.

FORESTIERI ALL'IMPROVVISO — Ma proprio quando la partita sembrava trascinarsi verso la fine, l’Udinese trova il colpo che riapre la contesa: Forestieri beffa un colpevole Milinkovic su punizione (32’) firmando il 2-1. Inaspettatamente il finale diventa da battaglia e Juric capisce che è il momento della cavalleria pesante: richiama così dalla panchina Zaza (per Belotti) e Pjaca (per Brekalo). A otto minuti dalla fine, l’Udinese alza il pressing e serve un bell’intervento di Milinkovic su Arslan per evitare la beffa. Al 91’ ancora Milinkovic deve volare su Samardzic salvando la vittoria. Il Toro soffre ma non si piega e alla fine festeggia con merito.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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23/11/2021 00:16
 
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SERIE A 2021/2022 13ª Giornata (13ª di Andata)

20/11/2021
Atalanta - Spezia 5-2
Lazio - Juventus 0-2
Fiorentina - Milan 4-3
21/11/2021
Sassuolo - Cagliari 2-2
Bologna - Venezia 0-1
Salernitana - Sampdoria 0-2
Inter - Napoli 3-2
Genoa - Roma 0-2
22/11/2021
Verona - Empoli 2-1
Torino - Udinese 2-1

Classifica
1) Napoli e Milan punti 32;
3) Inter punti 28;
4) Atalanta punti 25;
5) Roma punti 22;
6) Lazio, Fiorentina e Juventus punti 21;
9) Verona punti 19;
10) Bologna punti 18;
11) Torino punti 17;
12) Empoli punti 16;
13) Sassuolo e Venezia punti 15;
15) Udinese punti 14;
16) Sampdoria punti 12;
17) Spezia punti 11;
18) Genoa punti 9;
19) Cagliari e Salernitana punti 7.

(gazzetta.it)
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27/11/2021 14:06
 
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Bonazzoli al 90' risponde a Pavoletti:
il pari non risolve i guai di Cagliari e Salernitana

Due lampi nella ripresa in una partita mediocre:
le due squadre restano all’ultimo posto




Cagliari-Salernitana è tutta nei gol di Leonardo Pavoletti al 73’ e di Federico Bonazzoli al 90’. Il centravanti entra per dare la scossa a un Cagliari fin l’ sterile e sfrutta alla perfezione l’assist di Joao Pedro per sbloccare una partita che sembrava ben avviata verso lo 0-0. Ma la Salernitana, che ha mille difetti strutturali ma non è squadra che si arrende, trova con Bonazzoli proprio al 90’ un pari alla fine meritato. La squadra di Colantuono già di suo fa fatica a costruire. Se poi le levi Ribery, può solo cercare di impostare una partita difensiva, concedendo il minimo a un Cagliari pericolosamente involuto.

SOLO DIFESA — Prima del gol di Pavoletti, il Cagliari aveva costruito solo un’occasione con Joao Pedro sul finire del primo tempo, faticando molto a creare pericoli per un Belec ben protetto dalla difesa e da un centrocampo più di lotta che di governo. La Salernitana dopo il gol incassato ha provato ad alzare il baricentro e ha castigato Cragno nell’unica vera palla gol-costruita, con Bonazzoli bravo nell’impattare il cross di Zortea. La strada verso la salvezza resta complessa per le due ultime della classifica, e la sensazione è che la lotta per non retrocedere coinvolgerà fino alla fine anche la squadra di Mazzarri. Che però era stata costruita per ben altri obiettivi.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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28/11/2021 00:14
 
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Black out viola nel finale,
colpo Empoli con Bandinelli e Pinamonti



In vantaggio con Vlahovic a inizio ripresa,
in tre minuti la clamorosa vittoria degli azzurri,
che ribaltano il risultato all'89' davanti a Commisso


G.B. Olivero


Difficile trovare una logica a quanto successo a Empoli: la Fiorentina era in pieno controllo, in vantaggio di un gol e non dava la sensazione di soffrire. E invece, tra il 42’ e il 44’ della ripresa, c’è stato il ribaltone: prima il pareggio di Bandinelli, favorito da una brutta uscita di Terracciano, e poi il sorpasso di Pinamonti, generato anche da una serie di errori dei difensori viola. Così Andreazzoli festeggia la vittoria nel derby e Italiano si deve interrogare sull’ingenuità della sua squadra, che avrebbe potuto chiudere la partita e soprattutto avrebbe dovuto controllarla nel finale.

PRIMO TEMPO — L’Empoli prova ad aggredire la Fiorentina e soprattutto a sporcare la costruzione dei viola. Di Francesco va in pressione su Torreira, la difesa di Andreazzoli è sempre abbastanza alta. Ma l’Empoli arriva solo una volta in area con Zurkowski ben smarcato da Di Francesco al 27’: il giocatore, di proprietà della Fiorentina e in prestito all’Empoli, controlla male e consente la chiusura di Duncan. La maggiore qualità della Fiorentina emerge progressivamente nel primo tempo, senza però consentire alla squadra di Italiano di passare in vantaggio. Vicario è bravo a respingere un tiro di Biraghi al 6’, Milenkovic non riesce a sfruttare una torre di Martinez Quarta al 19’, ancora Vicario risponde bene su conclusione da fuori di Saponara al 31’. Pochi secondi dopo arriva la palla-gol più grande: bella idea in verticale di Bonaventura per Callejon, cross rasoterra all’indietro e tiro in curva di Martinez Quarta. Al 34’ Parisi sfiora di testa il clamoroso autogol deviando di testa un cross di Bonaventura: la palla finisce sulla traversa. Al 38’ Bonaventura manda fuori di testa un invitante cross di Saponara.

SECONDO TEMPO — A inizio ripresa la Fiorentina accelera. Dopo pochi minuti Saponara serve Bonaventura, che è troppo lento a preparare la conclusione e viene murato. Al 12’ Vlahovic entra in partita per la prima volta e segna: va a prendersi un pallone poco dopo la metà campo, lancia Callejon e vola a centro area per il comodo tocco del vantaggio. La reazione dell’Empoli è affidata a qualche mischia su calcio piazzato e Tonelli manca una comoda conclusione da pochi metri. Al 28’ Vlahovic smarca Bonaventura che non sfrutta bene la situazione facendosi deviare il tiro da Vicario. Odriozola interviene nella propria area per respingere un cross pericoloso. La Fiorentina sembra poter gestire il finale senza sofferenza, ma all’improvviso succede l’incredibile. Al 42’ arriva il pareggio: cross di Bajrami, Terracciano esce male e Bandinelli appoggia in rete. E due minuti dopo una splendida azione sulla destra manda Bajrami al cross per Pinamonti. Milenkovic non interviene, Odriozola è incerto e l’attaccante dell’Empoli firma il clamoroso ribaltone.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Samp vince ancora e si risolleva,
grande rimonta nella ripresa contro il Verona

Al vantaggio degli ospiti i blucerchiati rispondono nel secondo
tempo rimontando con le reti di Candreva, Ekdal e Murru


Filippo Grimaldi


Mare sempre mosso? Così aveva detto alla vigilia D’Aversa, frenando gli entusiasmi di una Sampdoria che sperava, ma senza averne certezza, di essere uscita dalla crisi dopo il successo di Salerno. Il campo ha detto ben altro: e, cioè, che il rotondo 3-1 in rimonta su un Verona che aveva giocato meglio sino a metà gara, ma poi si è spento nella ripresa, dimostra che la crisi è ormai alle spalle. La squadra di Tudor, viceversa, che viaggiava al ritmo delle grandi, ha la colpa di non avere capitalizzato il gol di Tameze, prima di finire schiacciata dai centri di Candreva, Ekdal e Murru allo scadere. E dire che questo Verona nelle precedenti cinque gare aveva conquistato 11 punti, viaggiando al passo di Atalanta e Inter, ma al Ferraris è ricaduta nei suoi vecchi limiti: rendimento insufficiente lontano dal Bentegodi e secondi tempi sotto ritmo. D’Aversa al Ferraris conferma la squadra di Salerno, Tudor sceglie Dawidowicz titolare, lasciando fuori fuori Gunter. Confronto apertissimo, blucerchiati molto attenti nella fase difensiva che rendono vani gli affondi di Casale sulla corsia di destra, con Lazovic che prova comunque a spingere forte a sinistra. Una sfida che resta a lungo bloccata, anche perché davanti a Montipò è difficile trovare spazi per Caputo e Quagliarella, visto che Ilic e Tameze fanno l’elastico fra mediana e linea difensiva, impedendo alla squadra di D’Aversa di verticalizzare. Sino a metà primo tempo, la sfida resta incerta e solo prima della mezz’ora gli ospiti iniziano ad attaccare con più efficacia. Audero smanaccia su Lazovic lanciato dall’ex Caprari, Ilic (al rientro da titolare) regala qualità e dinamismo alla mediana. Al 35’, però, D’Aversa perde Ferrari, costretto a uscire dopo uno scontro con Simeone (polso sinistro k.o.). Entra al suo posto Yoshida, che di lì a poco è protagonista in negativo del gol ospite. Prima rinvia corto e poi con il polpaccio sinistro devia in modo decisivo il tiro di Tameze che inganna Audero. Il primo tempo si chiude con il Verona in vantaggio, ma Montipò (45’) è decisivo con una respinta di piede destro sul tiro ravvicinato di Caputo.

FUOCO SAMPDORIA — Ma il capitale del vantaggio a metà gara non basta a offrire garanzie sufficienti agli ospiti e ad evitare il ritorno vigoroso della Sampdoria che dopo sei minuti trova il pari: Ekdal avvia l’azione, Verre allunga il gioco e sul tocco di petto di Caputo il pallone arriva a Candreva che con un destro quasi dalla linea di fondo batte Montipò. Gol perfetto e festa davanti alle telecamere dedicata a Damsgaard. Candreva conferma il suo avvio di stagione da record – non segnava così da cinque anni, quando vestiva la maglia dell’Inter -, e la rete del pari moltiplica le energie della Sampdoria. Audero è decisivo a respingere su Simeone (14’), poi Montipò mura Caputo (20’), ma i blucerchiati insistono e al 32’ passano meritatamente in vantaggio con un colpo di testa di Ekdal su un pallone preciso messo in area da Candreva. Ma non è finita: dopo un intervento decisivo di Audero su Caprari (42’), allo scadere la chiude Murru: 3-1 finale, approfittando di una ripartenza in velocità avviata proprio dal terzino blucerchiato, che nella propria metà campo aveva stoppato Faraoni. Festa Samp che si allontana dalla zona calda della classifica. Il Verona si arrende, ma ha le forze e la qualità per rialzarsi in fretta.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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28/11/2021 00:22
 
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Juve flop anche con l'Atalanta:
Zapata affossa i bianconeri

L'attaccante colpisce al 28' del primo tempo,
la squadra di Allegri reagisce con rabbia solo nell'ultima
mezz'ora ma non basta per tornare in partita.
Chiesa e McKennie escono per infortunio.
Traversa di Dybala a tempo scaduto


Livia Taglioli


L’emblema della Juve di questi tempi sta nel tiro molle, quasi senza speranze, di Dybala poco dopo la mezz’ora, con la Juve è già sotto di un gol. All’Allianz Stadium finisce 1-0 per l’Atalanta, con Zapata che mette il sigillo sul match e la Juve che vede il quarto posto sempre più piccolo e lontano, ora distante 7 punti, per non parlare della vetta, potenzialmente a 14 lunghezze. Per i bianconeri è la seconda sconfitta di fila, dopo il collasso di Londra, arrivato quantomeno a qualificazione già in tasca. Questo con l’Atalanta è invece rovescio ancor più sanguinoso, per le inevitabili ripercussioni sul cammino della squadra in campionato. L'Atalanta non vinceva invece in trasferta contro la Juve in A dall'ottobre 1989.

DYBALA DAL 1' — Primo tempo di sussulti e buone intenzioni, ma di rade occasioni da gol, salvo la rete realizzata da Zapata dopo 28 minuti: questi in sintesi i primi 45’ di Juve-Atalanta. Fra i bianconeri ci sono Morata e Dybala al rientro dal 1’ in avanti, con Chiesa quarto di centrocampo. Nell’Atalanta c’è l’ex Demiral al centro della difesa, con Pessina dietro al duo d’attacco Zapata-Malinovskyi. Da previsioni della vigilia, sono i bergamaschi a fare la partita, con marcature uomo contro uomo, linee strette e pressing alto. La Juve come da copione si attrezza al meglio per la fase difensiva, affidandosi al solo lancio in profondità per innescare le offensive. La manovra bianconera resta infatti assai difficoltosa: quando sceglie la via del fraseggio, il giocatore che riceve l’alleggerimento è sempre spalle alla porta, e girarsi sottraendosi al puntuale pressing avversario è un’impresa titanica.

TOLOI STOPPA CHIESA, ZAPATA VA IN GOL — La miglior azione offensiva della Juve è un affondo dei suoi di Chiesa, innescato con perfetto lancio da McKennie. L’ex viola arriva a tu per tu con Musso, e solo un miracoloso recupero di Toloi stoppa l’azione. Ma l’Atalanta non frena, anzi accelera: Zapata prima viene anticipato di un soffio da Szczesny su un retropassaggio avventato di De Ligt, poi con un destro rischia di abbattere la traversa, col pallone che rimbalza in rete. E’ l’1-0 per l’Atalanta, la settima partita consecutiva condita dal gol per l’attaccante, al nono centro stagionale. E’ il 28’, la gara non cambia di una virgola, con la Juve che timidamente prova la conclusione con Dybala, e Cuadrado decisivo su Zapata a un passo da Szczesny. L’Atalanta gestisce con maturità il vantaggio, la Juve continua a giocare in orizzontale o con retropassaggi sistematici, senza che nessuno si prenda la responsabilità di inventare qualcosa, di forzare con un’azione personale.

CHIESA OUT, TOCCA A BERNARDESCHI — La ripresa si apre con un cambio forzato: nell’ultima azione dei primi 45’ Chiesa avverte un dolore muscolare, al suo posto si presenta in campo Bernardeschi. La partita si “sporca”: le azioni sono frammentate, molti gli errori o i palloni imprecisi, la Juve non ha la lucidità per costruire una gara ragionata e pericolosa. Arrivano così conclusioni rabbiose, scatti improvvisi, Dybala manda alto, poi un tiro improvviso di Rabiot è deviato in angolo da Musso. La Juve ha uno scatto d’orgoglio, ma la confusione prevale sull’efficacia. McKennie si fa male, Allegri manda in campo Kean, mentre nell’Atalanta Pasalic e Zappacosta subentrano a Pessina e Palomino. Ci prova anche Locatelli di forza, ma anche lui va a sbattere contro il muro atalantino. La Juve va in forcing disperato, l’Atalanta è sotto pressione ma non perde la calma. Palomino ribatte in angolo una conclusione di De Ligt e poi sfila un pallone a Kean al limite dell’area. Entra anche Kaio Jorge per Morata, l’ultima speranza è una punizione di Dybala al 95’ che sbatte sulla traversa con Musso battuto. E la partita finisce qui, con Allegri che si infila furioso nel tunnel degli spogliatoi.

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28/11/2021 00:26
 
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Calhanoglu e Lautaro: Venezia battuto
e Inter per una notte a -1 dalla vetta



Malgrado la stanchezza, i nerazzurri passano con il turco nel primo tempo,
la chiudono nel recupero con un rigore del Toro e completano la settimana perfetta


Luca Taidelli

L'Inter completa la settimana perfetta battendo 2-0 (gol di Calhanoglu e rigore di Lautaro) il Venezia e issandosi per una notte a un solo punto dalle capolista Milan e Napoli. Dopo le battaglie contro campani e Shakhtar, i nerazzurri hanno mostrato grande maturità gestendo le energie e concedendo poco o nulla all'avversario. Una di quelle vittorie "sporche" che in un campionato possono fare la differenza. Dopo il terzo successo di fila in Champions (con ritorno agli ottavi a distanza di 10 anni), arriva il quarto nelle ultime 5 in campionato. La concorrenza è avvisata.

PRIMO TEMPO — Zanetti sceglie Kiyine per completare il tridente offensivo con Aramu e Okereke. In mediana Ampadu, Vacca e Busio. Inzaghi invece rinuncia al turnover, sorprende con Bastoni centrale al posto di Ranocchia (a sinistra Dimarco), conferma sulle fasce Darmian e Perisic e preferisce Correa a Lautaro per affiancare Dzeko. Nerazzurri subito in pressione, anche se quando giungono sulla trequarti non riescono ad essere davvero pericolosi. I padroni di casa faticano ad uscire col palleggio ma hanno il merito di non perdere mai le distanze, rimanendo compatti e ordinati, con una linea bassissima. Lo spettacolo però nel primo terzo di gara ne risente.

Anche gli esterni di Inzaghi, scintillanti nelle ultime uscite, sembrano accusare la fatica. Eppure sono proprio loro allo scoccare della mezzora a creare il primo vero pericolo del match, con Romero costretto a volare sul colpo di testa di Perisic, innescato da Darmian. L’Inter resta accampata a ridosso dell’area avversaria, ma non ci prova mai da fuori. Quando al 34' Calhanoglu carica il destro però la scatola si apre. Palla nell'angolino, complice un rimbalzo sul terreno bagnato. La partita finalmente si stappa. Perisic per poco non bissa il gol al Napoli e al 39' Aramu si inventa un gran sinistro da fuori che costringe Handanovic alla paratona in angolo.

SECONDO TEMPO — Nessun cambio durante l'intervallo, anche se è evidente che a Zanetti servirebbe più peso in attacco, con i due trequartisti che non riescono a supportare Okereke. Anche se Aramu si inventa un'altra conclusione mancina che non esce di molto. Le prime sostituzioni invece le fa Inzaghi, con Lautaro e Vecino che al 57' rilevano Correa e Calhanoglu, anche per cercare di dare la scossa a una squadra che sta abbassando il baricentro, complice la pressione del Venezia. L'Inter continua a pendere a sinistra, dove ora si sposta Barella, che pure non è al meglio. Skriniar di testa potrebbe chiuderla, ma Haps salva col ginocchio sulla linea e poi Vecino mura involontariamente Dzeko. Ora si muove anche Zanetti: dentro Johnsen per Mazzocchi, con Ampadu che scala terzino.

Con il Venezia costretto a scoprirsi, Dzeko al 69' si mangia il 2-0 al termine di un'azione rugbistica. E subito dopo Darmian si ferma per un risentimento alla coscia sinistra: tocca a Dumfries. Zanetti risponde con Tessmann ed Henry per Aramu e Vacca. I padroni di casa producono il massimo sforzo, anche perché l'Inter paga la fatica dopo Napoli e Shakhtar e non ha la lucidità per ripartire con efficacia, preferendo spesso perdere un tempo di gioco per gestire la palla. D'ambrosio e Gagliardini (per Perisic e Barella, con Brozovic unico sopravvissuto dei 5 centrocampisti iniziali) chiudono la girandola dei cambi di Inzaghi, con l'ex Torino che fa alzare Dimarco, subito pericoloso in ripartenza, ma Romero c'è. L'ex Forte (esordì in nerazzurro con Stramaccioni) è l'ultima pallottola per Zanetti. Ma a chiuderla è un rigore in pieno recupero di Lautaro.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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28/11/2021 14:47
 
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Udinese e Genoa non si fanno male:
0-0 e Sheva si prende il primo punto

Una gara tosta nel giorno del 125° compleanno del club bianconero,
combattuta fino alla fine con diverse occasioni da una parte e dall'altra.
Nessuno sfrutta e posta divisa


Pierfrancesco Archetti


Nel giorno della festa dei suoi 125 anni, con il presidente della Figc Gabriele Gravina, quello della Lega Paolo Del Pino e numerosi ex bianconeri invitati speciali, l’Udinese passa dagli applausi per il compleanno ai fischi per lo 0-0 con il Genoa. La partita rispecchia la classifica delle due squadre, il Genoa almeno ottiene l’obiettivo minimo del primo punto con Shevchenko, l’Udinese invece è in netta involuzione.

POCHE EMOZIONI — Primo tempo ancora più bloccato del secondo, con controllo attento davanti all’area. Walace e Rovella ci provano con il tiro da media e lunga distanza ma Sirigu e Silvestri non si fanno sorprendere. L’unica vera opportunità arriva al 43’: lancio lungo per Ekuban, buono lo stop per saltare Samir, ma quando arriva davanti a Silevstri l’attaccante del Genoa calcia a lato.

FISCHI — L’Udinese sente i fischi già all’intervallo, un anticipo di quanto succederà alla fine. Gotti cambia sistema dopo la pausa, da 3-4-2-1 passa a 4-2-3-1, con Samardzic trequartista al posto di un difensore, Nuytinck. Pussetto aveva già sostituito l’infortunato Pereyra (clavicola k.o.), senza migliorare la manovra. Un palo su tiro di Beto deviato da Cambiaso è la grande occasione per i padroni di casa, mentre il Genoa potrebbe sfruttare meglio un contropiede di Ghiglione, il cui tiro viene respinto da Sirigu. Andriy Shevchenko ha numerosi problemi di formazione: con sette assenti tra cui Destro e Caicedo, il tecnico ucraino nel 3-5-2 sistema Bianchi e Ekuban davanti ma i due, a parte l’occasione descritta, non riescono ad essere pericolosi. Sheva prova anche con Pandev nel finale, senza esito. Al 93’ una rete di Udogie viene annullata per netto fuorigioco: l’Udinese non avrebbe meritato il successo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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