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S.Galgano o la spada nella Roccia

Ultimo Aggiornamento: 08/09/2004 00:03
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11/12/2003 14:14



Ma chi era veramente Galgano? Cavaliere senza scrupoli del XII secolo, nell'anno 1180 decise di abbandonare le armi e come ultimo gesto, prima di darsi alla vita monastica, infilò la sua spada nella roccia. Dopo la sua canonizzazione i monaci cistercensi eressero in suo onore, intorno a quella spada, l'attuale Abbazia.

La parte più affascinante del mistero viene adesso. La codificazione dei cicli bretoni di re Artù e dell'epopea della spada nella roccia iniziano solo più tardi di quel fatidico 1180; il gesto di Galgano che riprende questo avvenimento deve quindi essere stato influenzato da una tradizione orale portata direttamente dalla Bretagna e in anticipo sui tempi. Ma da chi?

E spunta la figura di un altro cavaliere morto in quella zona pochi anni prima e proveniente dalla Francia, tal Guglielmo d'Aquitania, imparentato con Riccardo Cuor di Leone e Giovanni Senza terra....

La spada è veramente conficcata nella roccia, e la stssa struttura in cui è posta, una rotonda, è costruita secondo particolari criteri a cui rimando nella prossima puntata...

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11/12/2003 22:22

Ho letto il romanzo L'ULTIMA LEGIONE di Valerio Massimo Manfredi, e la spada Excalibur viene attribuita in origine a Giulio Cesare

E S CALIBUR sarebbe le uniche lettere rimaste leggibili della frase

"Cai.Iul.Caes.Ensis Caliburnus" ovvero "la spada calibica di Giulio Cesare" fabbricata cioè dai Calibi,popolo maestro nella forgia dei metalli.Excalibur sarebbe stata dunque la prima spada d'acciaio,dalla tempra allora insuperabile da qualsiasi altra lama.
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16/12/2003 12:01

Un recente studio su San Galgano promosso dalla Società Chimica Italiana ha dimostrato che la spada è realmente del XII secolo e che sotto l'altare della cappella nella quale è racchiusa ci sarebbe una cavità simile ad un sepolcro ma la sovrintendenza non ha permesso lo scavo.

Inoltre esite anche in Francia una spada nella roccia ma non ricordo la località.

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"Chi ha parlato, chi ca..o ha parlato? Chi è quel lurido str...o comunista checca pompinaro, che ha firmato la sua condanna a morte? Ah, non è nessuno, eh? Sarà stata la fatina buona del ca..o..."

Il più acerrimo nemico del Bremaz è Rurro Rurrerini.
(ma anche Ramarro Rurale, con il suo fedele servitore lo gnomo Corri Rorra, non scherza....)




Legionis praefectus more cinaedi communis currum regit.

"Siccome c'ho una certa immagine da difendere....."

Dice il saggio: "Viajare descanta, ma se te parti mona te torni mona."




16/12/2003 21:36

Interessante topic! [SM=x44462]
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16/12/2003 22:46

Re:

Scritto da: orckrist 16/12/2003 12.01
Un recente studio su San Galgano promosso dalla Società Chimica Italiana ha dimostrato che la spada è realmente del XII secolo e che sotto l'altare della cappella nella quale è racchiusa ci sarebbe una cavità simile ad un sepolcro ma la sovrintendenza non ha permesso lo scavo.

Inoltre esite anche in Francia una spada nella roccia ma non ricordo la località.




Infatti la cavità è presente ed è di forma regolare, quindi si presuppone sia stata scavata dall'uomo.Il motivo per cui la sovraintendenza non permette lo scavo è che non vuole arrecare danni a ciò che eventualmente è conservato là sotto....[SM=x44473] non male come motivazione, mi ricorda quelle portate per impedire gli scavi a Giza.....[SM=x44474]
Da notare che la cappella dove è sita la spada è ottagonale con una cupola bicroma, bianca e nera. Ora, le chiese ottagonali con cupole bicrome sono presenti in altre regioni europee, associate ad un ordine monastico-militare che e stato dichiarato eretico....proprio i cari e misteriosi Templari.
Si ricordi poi che la spada nella roccia è associata ad un ciclo di leggende che hanno come comun denomiatore un gruppo di cavalieri che sono alla ricerca di cosa? Il Graal!!!
Proprio il talismano che si diceva fosse in mano ai cavalieri del tempio....[SM=x44515]

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17/12/2003 11:28

Re:

Scritto da: orckrist 16/12/2003 12.01
Un recente studio su San Galgano promosso dalla Società Chimica Italiana ha dimostrato che la spada è realmente del XII secolo e che sotto l'altare della cappella nella quale è racchiusa ci sarebbe una cavità simile ad un sepolcro ma la sovrintendenza non ha permesso lo scavo.

Inoltre esite anche in Francia una spada nella roccia ma non ricordo la località.




Il posto è Rocamadour nel Perigord (FRANCIA),è stupendo, 7 chiese a strapiombo su un Canyon, lungo il cammino di Santiago de Compostela. La spada, secondo la leggenda è la Durlindana di Rolando. Il luogo era legato anche ai Templari.

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17/12/2003 13:29

Re: Re:

Scritto da: --MUTTLEY-- 17/12/2003 11.28


Il posto è Rocamadour nel Perigord (FRANCIA),è stupendo, 7 chiese a strapiombo su un Canyon, lungo il cammino di Santiago de Compostela. La spada, secondo la leggenda è la Durlindana di Rolando. Il luogo era legato anche ai Templari.






Muchas gracias Muttley.[SM=x44462] ti devo una birra, detesto dimenticare le cose[SM=x44501]

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(ma anche Ramarro Rurale, con il suo fedele servitore lo gnomo Corri Rorra, non scherza....)




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"Siccome c'ho una certa immagine da difendere....."

Dice il saggio: "Viajare descanta, ma se te parti mona te torni mona."




17/12/2003 13:50

Re: Re: Re:

Scritto da: orckrist 17/12/2003 13.29




Muchas gracias Muttley.[SM=x44462] ti devo una birra, detesto dimenticare le cose[SM=x44501]



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19/03/2004 03:14

artu anche nel mosaico di Otranto
Il richiamo esplicito alla leggenda arturiana, che nel mosaico di Otranto è segnalata dalla raffigurazione di Re Artù a cavallo di un caprone, non rappresenta affatto un caso isolato nel territorio pugliese, ma è cronologicamente preceduto e seguito rispettivamente, da altre due rilevanti opere architettoniche: la cattedrale di S. Nicola di Bari realizzata tra il 1087 ed il 1108 e lo stupendo ed enigmatico edificio di Castel del Monte realizzato tra il 1240 ed il 1250.
La chiesa di S. Nicola fu edificata per contenervi le spoglie del santo riportate il 7 maggio del 1087 in Italia dalla Terra Santa, grazie ad una ardita spedizione di alcuni mercanti. Le caratteristiche miracolose attribuite alle spoglie del Santo hanno non poche affinità con i poteri di guarigione attribuiti al Graal, ma l'aspetto più interessante di quest'opera è di certo, la raffigurazione di Re Artù insieme ad una rappresentazione stilizzata del nascondiglio della preziosa coppa4. Particolarmente interessante è la raffigurazione dei cavalieri in lotta armati alla normanna con scudo lancia e spadone che combattono ai lati di una costruzione a forma di torre munita di una vistosa serratura. La raffigurazione è stata collegata a quella simile del "Duomo di Peschiera" a Modena che reca i cavalieri del ciclo arturiano indicandone i nomi.
Diverso è il discorso per Castel del Monte. costruzione voluta da Federico II e che la leggenda vuole sia stata realizzata con il solo scopo di tenervi nascosta la preziosa coppa. Che la leggenda sia vera o meno, è certo che il Castello non sembra essere stato costruito né come dimora né come semplice fortezza e lo scopo pratico rimane ad oggi non chiaramente identificabile. La costruzione è ricca di simbolismi esoterici. Una leggenda vuole che i Cavalieri Templari5 avessero affidato il Graal all'Imperatore, affinché lo preservasse dalle distruzioni scatenate dalle Crociate.
A questo punto è interessante sapere quando fanno apparizione sulla scena letteraria, le storie connesse a Re Artù ed al Graal. La più famosa opera che parla del Graal risale al 1190 anno della pubblicazione del Perceval le Gallois ou le Compte du Graal ad opera di Chrétien de Troyes, ma la prima vera apparizione letteraria della storia di Re Artù è databile al 940 anno in cui furono pubblicati gli Annales Cambriae le cui storie coprono un arco di tempo di ben 533 anni a partire dal 447. Il testo che, però, dà origine alla leggenda di re Artù è la Historia Regnum Britannie opera di Geoffrey of Monmouth completato nel 1139. Possiamo, quindi, affermare con certezza che Pantaleone possedeva, anche da questo punto di vista, tutti gli elementi leggendari già ben formati che sono alla base delle leggende arturiane, ma resta da comprendere il motivo per il quale egli rappresenta il Re nel mosaico.
Re Artù nel mosaico: analisi tra storia e leggenda
Cominciamo subito dallo strano modo con cui Pantaleone scrive il nome di Artù nel mosaico e che abbiamo ricostruito nella immagine seguente:
Si nota subito il modo anomalo con cui sono state separate le lettere US e che pare vogliano indicarne un uso sia nella lettura della seconda riga che della terza. Altro elemento interessante è lo spazio che Pantaleone lascia tra la R e la U dell'ultima riga: tale spazio poteva essere utilizzato per inserire le due lettere US collocate all'esterno delle tre righe, eppure Pantaleone non ne approfitta: perché?
Sulla base di queste osservazioni, il testo segnato da Pantaleone contiene, la seguente dicitura:

REX ARTUS UR-US
che non può non suggerire la lettura:
REX ARTUS URSUS
A ben pensarci, e ragionando al contrario, se questa fosse stata la vera intenzione di Pantaleone, non poteva scegliere un modo più indicato per una rappresentazione, che pur contenendo il nome del re mantiene relativamente chiara ed accessibile anche questa seconda chiave di lettura. Artus Ursus è il nome scientifico con cui viene indicato l'Orso Marsicano, diffuso in Italia ed il Grizzly tipico delle regioni americane, ma quale senso può avere? Chi era il Re Orso, quali documenti attestano un rapporto tra questo nome e Re Artù? Cominciamo con l'evidenziare una prima chiave di lettura basata, ancora una volta, su una lingua diffusa nel territorio francese e ricollegabile al periodo Merovingio: il celtico. In questa lingua art o arth ha il significato, appunto, di Orso, ed Orso era un nome tipico assegnato ai guerrieri più valorosi. I Celti, infatti, avevano una vera e propria venerazione per questo animale dotato di impressionante potenza, ma le affinità tra i Celti e la storia di Re Artù non finiscono qui. La terra in cui sono ambientate le storie arturiane Avalon è un altro termine di origine celtica e significa Terra Sacra o Terra Santa. A questo punto è evidente che con la sua rappresentazione, Pantaleone suggerisce non solo la connessione tra Artù ed i Celti, ma anche un implicito rimando alla conquista della Terra Santa da parte delle truppe crociate, che pare essere l'unico elemento che non ha mai rappresentazione esplicita nel mosaico. Re Artù è quindi, il ponte tra il Re Orso, l'origine del nome ed il fine della sua missione: la riconquista della Terra Santa, obiettivo delle crociate.
A questo punto spostiamo l'attenzione su un'altra leggenda moderna, quella del Priorato di Sion, fantomatico ordine le cui origini sono narrate nel testo di Michael Baigent, Richard Leigh, Henry Lincoln: Holy Blood, Holy Grail (Ed. Random House, 1982; tr. it. Il Santo Graal, Ed. Arnoldo Mondadori, Milano, 1982), ed in altre opere come quelle di Lionel Fanthorpe. Prima di addentrarci nelle ipotesi e nei presunti antichi documenti del priorato, inclusi in questo testo, vogliamo ricordare che sulla attendibilità del contenuto sono stati sollevati fortissimi dubbi che riguardano, non solo la falsificazione di documenti genealogici (sebbene fatta a partire da informazioni parzialmente vere) ma anche la controversa figura del personaggio chiave che si ritiene ultimo Maestro del fantomatico priorato e discendente dei Merovingi e quindi di Cristo: Plantard. Tratteremo più approfonditamente l'argomento nel successivo paragrafo dedicato alla chiesetta di Rennes-le-Château, altro recente mito di cui si è spesso abusato. Tra le notizie riportate da questa novella leggenda c'è quella della fondazione del monastero di Orval da parte di un gruppo di monaci basiliani calabri guidati da un certo Principe Orso che, partiti intorno al 1090 si spostarono, stranamente, in Francia, nelle Ardenne, lì dove probabilmente fu ucciso Dagoberto II (personaggio a noi noto per i richiami nella interpretazione musiva). La strana storia è confermata anche dalla Catholic Encyclopedia che data al 1071 la fondazione dell'abbazia da parte di un monaco Calabro e del suo abbandono nel 1110.
Resta il problema della identificazione del misterioso Principe Orso che avrebbe guidato la spedizione. Prima di tutto va verificata la plausibilità di un simile nome in Italia nel periodo in esame. Cominciamo subito, con l'osservare che nel 1058 Goffredo di Buglione ed il Duca Guglielmo di Normandia invitati da Papa Stefano IX scendono in Italia meridionale giungendo fino alla Calabria. L'occupazione Normanna poneva fine a quella Longobarda. In questo periodo inizia a diffondersi un nome sconosciuto nelle terre meridionali e di chiara origine nordica: Ursus. Ecco di seguito uno dei primi documenti che attesta la presenza di questo nome in Campania (http://www.solofrastorica.it/Normanni.htm). Il testo, datato ottobre del 1127, riporta un atto notarile effettuato di fronte al giudice Alferio in cui un tale Urso de Inga, figlio di Falco, divide i suoi possedimenti di Montoro e Sant'Agata:
Ante me Alferium iudicem de castro, quod dicitur Muntorium, Ursus, qui dicitur de Inga filius quondam Falconi, conuinctus est cum Urso filio suo, at dividendum inter se per convenientiam rebus stabilius, quas inter se habuerunt in eodem loco Muntorium et in tota pertinentiam eiusdem locis et quas habuerunt in pertinentia de vico quit de Sancte Agathe dicitur.
Al nome Ursus è legata l'origine della famosa famiglia Orsini che, cui secondo una tradizione appartenevano i papi Paolo I (787) ed Eugenio II (824) e cui di certo apparteneva Papa Celestino III (1191) figlio di Pietro Bobo. Un altro fondamentale documento è la 18ma epistola di S. Paolino vescovo di Nola databile al 398 e destinata al vescovo di Rouen in Normandia, nella quale Paolino parla di un cristiano di nome Orso confermando la presenza antichissima del nome in quella zona della Francia. Quindi Ursus è un nome che ritroviamo in Francia e che è plausibile in Italia, nell'anno in cui viene collocato l'episodio del viaggio dei monaci Basiliani; esso è legato a nobili di origine normanna e fa la sua comparsa in coincidenza con la discesa di Goffredo di Buglione in Italia. La storia narrata è quindi attendibile relativamente alla fondazione del monastero e plausibile relativamente al nome del principe che guidò la spedizione dei monaci basiliani calabri.
Non può sfuggire, inoltre, il ritorno, nella storia, dei monaci Basiliani: basiliano era lo stesso Pantaleone. Ma perché un gruppo di monaci Basiliani doveva recarsi a fondare un monastero in una terra così lontana e proprio nel territorio di Goffredo di Buglione? Il fantomatico Re Orso, potrebbe ragionevolmente essere lo stesso Goffredo di Buglione, infatti sembra logico desumere che sia stato proprio quest'ultimo, dopo la conquista dell'Italia meridionale e della Calabria, ad invitare i monaci presso i suoi possedimenti in Francia. Ciò che manca è, però, ancora una volta, il legame tra il Buglione ed il principe Orso. Stando a quanto narra il citato volume di Baigent, Leigh & Lincoln, Goffredo di Buglione era un discendente della stirpe dei Merovingi. Di seguito indichiamo l'albero genealogico della famiglia di Goffredo6:
Goffredo di Buglione (1062-1100) Eustacchio II (1030 - 1093) Eustacchio I (1004 - 1049)
Ugo di Plantard (____ - 1015) Giovanni I (____ - 1020) Ugo I (951 - 971)
Sigisbert VII (____ - Abt 980) Bera VI "The Architect" (____ - 975) Arnaud (____ - 952)
Guglielmo III (874 - 936) Gugliemo II (____ - 914) Sigisbert VI "Principe Ursus" (____ - Abt 885)
Ildedrico I (____ - 867) Bera V (794 - 860) Argila (775 - 836)
Bera IV (755 - 813) Gugliemo or Guilhelm (____ - ____) Bera III (715 - 770)
Sigisberto V (695/698 - Abt 766) Sigisberto IV (676 - 758) Dagoberto II (651 - 23 DEC 679)
Sigisberto III (629 - 656) Dagobert I "the Great" (605 - 19 JAN 639) Clotario II DI NEUSTRIA (584 - 629)
Chilprico I (523 - 584) Clotaire I "the Old" (497 - 561) Clovis I "the Great" (Abt 465 - 27 NOV 511/514)
Childerico I (436 - 26 NOV 481/484) Merovee "il giovane" (Abt 415 - 457) Clodio (380/395 - 448)
Faramondo o Faramundo (Abt 370 - 427/430) Marcomiro (Abt 347 - 404) Clodio (Abt 324 - 389)
Dagoberto (Abt 300 - 379) Genebaldo (Abt 262 - 358) Dagoberto (Abt 230 - 317)
Walter (Bef 298 - 306) Clodio III (Bef 272 - 298) Barthero (Bef 253 - 272)
Hilderico (Bef 212 - 253) Sunno or Huano (Bef 186 - 213) Faraberto (Bef 166 - 186)
Clodomiro IV (Bef 149 - 166)o Marcomero IV (Bef 128 - 149) Odomiro o Odomar (Bef 114 - 128)
Richemero (____ - 114) Ratherio (____ - 0090) Antenore IV (____ - 0069)
Clodomiro III (0003 - 0063)


Sempre stando ai documenti del fantomatico priorato, Sigisberto VI, il Principe Ursus, condusse una rivolta infruttuosa contro il re Luigi II: la storia riporta la rivolta ma non parla né di Sigisberto, né, tantomeno, ricorda l'appellativo di Principe Orso. Goffredo potrebbe, da questo punto di vista, essere a ragione ritenuto il legittimo discendente del principe Orso, sempre a patto che la genealogia sia attendibile e che il principe Orso sia davvero esistito. In questa ipotesi (quella di Plantard riportata nel testo di Lionel Fanthorpe) Sigisberto IV figlio di Dagoberto, non sarebbe deceduto nell'agguato che vide la morte del padre, ma scampato avrebbe continuato a vivere di nascosto dando origine all'albero genealogico illustrato. Una cosa è certa la leggenda che lega Mervee alla Maddalena è incompatibile con l'anno dell'arrivo ipotetico della Maddalena in Francia (35 d.c.), da cui la data di nascita ipotetica di Mervee dista ben 380 anni. Se si fosse voluto dar credito, nel I Secolo, alla leggenda, la connessione corretta doveva essere con Clodomiro III (ferma restando la cautela sulla attendibilità della genealogia). Resta il dubbio che, sulla base di questa leggenda, Pantaleone possa aver rappresentato simbolicamente l'"Albero genealogico", al centro della sua opera.
Torniamo, però, alla raffigurazione di re Artù nel mosaico. Che senso ha la cavalcatura del caprone? Il cavalcare la capra era, nel Medioevo, un modo di dire abbastanza diffuso per indicare una persona che parla o agisce in modo sciocco, riportiamo a riguardo due emblematici esempi d'uso della locuzione7:
Mi pare che ser Bernabò, disputando con ser Ambrogio cavalcasse la capra inverso il chino (Decamerone II,10) / Gli facean cavalcare la capra delle maggiori sciocchezze del mondo (Ibidem VIII,9)
Non va trascurato nemmeno lo scettro di Re Artù che sembra, invero, essere una verga da pastore. La scena, insomma, sembra voler sottolineare o l'atteggiamento sciocco di Artù, oppure quello di coloro che credono alla sua leggenda.
Il Gatto con gli stivali, Parsifal ed Excalibur nel mosaico
Interessante è la presenza di un altro personaggio fantastico: il Gatto con gli stivali posto innanzi la capra cavalcata da Re Artù. Il Gatto, notoriamente, trasformò, con le sue furbate, il suo povero padrone, di lignaggio tutt'altro che nobile, in un principe consentendogli anche di pervenire a nozze con una nobildama, e consolidando, così, una stirpe nobile nata da un raggiro. Esistono due problemi, il primo è, evidentemente, il senso che Pantaleone vuol dare a questa storia fantastica, anche alla luce di quanto si è detto, il secondo, invece, è la constatazione che la storia, che sembrerebbe apparire per la prima volta nei racconti del poeta napoletano Gianbattista Basile intorno al 16 secolo, esisteva invece già ben 400 anni prima. A nostro avviso, anche in linea con l'interpretazione delle storie arturiane proposta da David Lodge8, il gatto con gli stivali non ha solo la funzione immediata che abbiamo dato ma anche una funzione implicitamente sessuale e suggerisce, ancora una volta, che qualunque chiave di lettura dell'opera musiva non può prescindere da questo parametro, ricordato, in forma più o meno esplicita, fin troppo spesso nel mosaico: basti ricordare la donna nuda che cavalca uno dei due lunghi rami alla base dell'albero (a destra in alto in figura).
La raffigurazione si completa con i due elefanti di sesso diverso (vedi i due cerchi che li contrassegnano) che sorreggono l'intero albero ritratti nell'atto dell'accoppiamento9, evidenziato anche dalla protuberanza che dall'animale di destra si infila sotto la coda di quello a sinistra. Per comprendere la storia di re Artù non ci si può limitare ad osservare ciò che si narra o si vede nel mosaico (Re Artù che cavalca la capra), ma bisogna spingersi oltre cercando di "ascoltare" l'opera. Non a caso, dietro Re Artù c'è la figura di Parsival nudo (con chiaro riferimento alla purezza e mancanza di preconcetto che deve precedere la interpretazione) che porta la mano alla bocca nell'atto di gridare a Re Artù qualcosa. Ma la purezza di intenzione non è sufficiente, è necessario tener conto che la regalità di Artù gli viene dalle opere del furbo gatto, che rampante gli mostra il modo per pervenire al trono pur non avendo sangue reale: la spada Excalibur.
Resta, però, da capire dov'è nascosta la spada nel mosaico: la figura successiva la mostra, credo, con fin troppa evidenza ed è lo stesso Re Artù che ci indica il posto in cui è conficcata. La spada è, quindi, lo stesso albero conficcato nell'altare. Quindi l'albero è la Croce (nell'interpretazione gnostica), la genealogia (in quella storica) e la spada (in quella leggendaria e simbolica) insieme. Il suo manico è il Graal ed il grembo che dà vita nell'incontro casto (i due elefanti come indicato nel precedente lavoro) alla nuova stirpe regale trasformando un principe che in realtà non lo era (Clodomiro III, se si vuol credere alla genealogia) in un re la cui stirpe discende direttamente da Gesù attraverso la Maddalena (la torre - Magdal compagna-Miriam dell'albero-Yoshua).
E' ancora una volta il vescovo di Nola S. Paolino che avvalora la nostra ipotesi attraverso una delle sue più comuni metafore: la coppia Croce-Albero. Questa metafora era, per Paolino, talmente scontata che nella dodicesima lettera datata 398 non si premura nemmeno di spiegarla:
... ritrovati in conseguenza di un albero (la Croce), ritrovati per opera di una vergine ...
(Epistolario Paolino, Lettera 12,4)
Un altro interessante particolare è relativo alla "roccia" in cui è infissa la spada ed al Graal. La forma che prende la mitica coppa nell'opera Parzival di Wolfram von Eschenbach del 1220, è una pietra (lapsit exillis, o lapis exillis), con il significato probabile di "pietra della morte" che è stata associata, forse non a torto, alla pietra filosofale alchemica. L'obiettivo dichiarato di Wolfram è di correggere la versione di Chrétien de Troyes che, a dire dell'autore, non contiene tutte le informazioni disponibili, ma, cosa singolare, la storia ampliata e corretta, secondo Wolfram, gli viene da un certo Kyot di Provenza (identificabile in Guiot de Provins), monaco templare. Nella storia il Graal-pietra è custodita da un gruppo di Cavalieri (Templari) che Wolfram definisce <> in un Castello (e chissà che proprio questi racconti non abbiano ispirato a Federico II il progetto di Castel del Monte). Ma quello che appare l'elemento più singolare della storia è sicuramente la figura di Cundrie il <>, che Wagner sostituì secoli dopo (1882) con Kundry, e che non esitò ad identificare con la Maddalena. Il personaggio, infatti, come la Maddalena porta un'ampolla di balsamo (che rievoca il Graal) con cui lava i piedi dell'eroe asciugandoli (proprio come la Maddalena) con i suoi lunghi capelli. Che Artù, nel mosaico, indicandoci il punto in cui è infissa Excalibur-albero voglia indicarci che il segreto del Graal va ricercato in quella roccia?

immagine del mosaico:
www.ba.infn.it/~otranto/mosaico.html

Chi ha la fortuna di vivere in Calabria vada a vedere questo:

www.ordinedeltempio.it/sitoroccelletta01.htm

legato ai templati e pieno di misteri e leggende,quando vengo a vivere in Calabra io un salto ce lo faccio :)
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25/03/2004 23:33

Novità in Letture [SM=x44461] [SM=x44475]
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28/03/2004 21:45


Grazie per la segnalazione, non l'ho letto...vado a cercarlo domani![SM=x44462]

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03/05/2004 17:38

miii...siete troppo bravi ragazzi!!! e chi vi ferma più...chi sono in confronto MOULDER e SCULLY!!!!?????

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03/05/2004 23:13

Re:

Scritto da: fatals1 03/05/2004 17.38
miii...siete troppo bravi ragazzi!!! e chi vi ferma più...chi sono in confronto MOULDER e SCULLY!!!!?????



Grazie....lo dici perchè noi sai in realtà quanto ci paga il Capo per animare questa cartella....[SM=x44451] [SM=x44451]

NIENTE!!!!!!!!!! [SM=x44470] [SM=x44469] [SM=x44470]

Grazie per i complimenti, quelli sono sempre ben accetti!abbracc: [SM=x44477] [SM=x44477]

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06/09/2004 13:51

Re: Re:

Scritto da: --MUTTLEY-- 17/12/2003 11.28


Il posto è Rocamadour nel Perigord (FRANCIA),è stupendo, 7 chiese a strapiombo su un Canyon, lungo il cammino di Santiago de Compostela. La spada, secondo la leggenda è la Durlindana di Rolando. Il luogo era legato anche ai Templari.




La durlindana di Rocamadur




La leggenda racconta che fu impiantata nella roccia da Rolando in segno di gratitudine nei confronti della "Nostra Signora di Rocamadour", i Cavalieri Templari erano in questo luogo a difesa dei pellegrini che si recavano a Santiago de Compostella.

In una montagna scoscesa, sparsa di anfratti e di grotte, di grande valore paesaggistico e abitate fin dalla preistoria, dal 1100 è venerata una "Madonna Nera" in legno, detta Nostra Signora di Rocamadour. Nell'Alto Medioevo vi si erano stabiliti degli eremiti, fra cui un certo "Amadour", la cui tomba divenne oggetto di venerazione e diede il nome alla località. Il pellegrinaggio divenne celebre nei secoli XII-XIII anche per il fatto che Rocamadour, con il suo ospizio, costituiva una delle tappe sulla strada che portava a Compostella. A tale epoca risalgono tutti i suoi edifici, fra cui una serie di cappelle aggrappate alla roccia e una grande chiesa anch'essa in bilico sullo strapiombo. Rocamadour è ricchissima di suggestive leggende e memorie storiche dei tanti personaggi che vi si sono recati pellegrini: infissa in una roccia si conserva quella che dovrebbe essere la famosa "Durlindana", la mitica spada di Orlando.
Decaduto nel secolo XVI, il santuario è stato fatto rivivere, sia spiritualmente, sia architettonicamente, nel 1800. In una delle cappelle è venerata una "Madonna nera", una scultura lignea piuttosto rozza risalente al 1100.

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08/09/2004 00:03

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"Chi ha parlato, chi ca..o ha parlato? Chi è quel lurido str...o comunista checca pompinaro, che ha firmato la sua condanna a morte? Ah, non è nessuno, eh? Sarà stata la fatina buona del ca..o..."

Il più acerrimo nemico del Bremaz è Rurro Rurrerini.
(ma anche Ramarro Rurale, con il suo fedele servitore lo gnomo Corri Rorra, non scherza....)




Legionis praefectus more cinaedi communis currum regit.

"Siccome c'ho una certa immagine da difendere....."

Dice il saggio: "Viajare descanta, ma se te parti mona te torni mona."




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