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Alchimia!

Ultimo Aggiornamento: 26/08/2004 23:46
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25/06/2004 13:12


Ho modificato il link che non andava, ora dovrebbe essere tutto ok, ieri non me ne ero accorto...probabilmente [SM=x44514]

Grazie della segnalazione Zalmo, ora però non lo leggo sennò [SM=x44513] non arrivo al lavoro alle 14...[SM=x44461]

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12/07/2004 12:34

Continuando con gli alchimisti illustri è doveroso citare:

Basilio Valentino Figura emblematica del XVI secolo tedesco, che per tradizione viene considerato se non il padre certo uno dei più grandi alchimisti della storia. Le poche notizie che lo riguardano provengono esclusivamente dalle sue stesse opere, ove si accenna ad un pellegrinaggio fatto a San Giacomo di Compostela ed a viaggi in Belgio ed in Inghilterra. Vi è indicata la sua origine nella zona renana tedesca, nonchè l’appartenenza all’ordine di San Benedetto, confraternita di San Pietro di Erfurt, dove sarebbe vissuto tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo. Secondo quanto riferito da J.J. Manget nell’opera Bibliotheca Chemica Curiosa del 1702, i trattati a lui attribuiti sarebbero venuti fuori dalla breccia aperta da un fulmine in una colonna della chiesa di Erfurt. Nel libro The last will and testament of B., edito a Londra nel 1671, sul frontespizio è raccontato che egli giace sotto una tavola di marmo dietro l’altare maggiore della Cattedrale di Erfurt. Queste sono le uniche scarne notizie oggi disponibili su questo misterioso personaggio. Comunque il suo nome allegorico si presta ad essere ricordato come vera "potenza dell’alchimia", ed è indiscutibilmente diventato leggenda e verità pseudonima. Le opere a lui attribuite, pubblicate fin dal 1599, sono una miscela di conoscenze metallurgiche e metafisiche. Secondo il filosofo Leibniz, l’editore Johann Tholde di Hesse le avrebbe tradotte manipolandole purtroppo a fondo. Vi si ritrovano formule chimiche sistematicamente collegate ad una profonda simbologia spirituale. Nel "Cocchio trionfale dell’Antimonio" l’insegnamento alchemico è dichiarato sia nella chiave chimico-operativa che nella sua più esplicita chiave mistica. Vi è compresa la definizione fondamentale della dottrina, riassunta nella frase "Tutte le cose vengono da uno stesso seme; esse sono generate, in origine, dalla stessa madre". Altre famose opere di B. sono "Le dodici Chiavi della Filosofia", un trattato di arte spagirica e di filosofia ermetica, e l’Azoth, pubblicata a Francoforte nel 1613 dall’editore Johann Bringern in una doppia versione in tedesco ed in latino. Inizialmente solo quest’ultima venne attribuita al misterioso frate. Stefano Anseani, direttore della biblioteca ermetica per conto delle casa editrice Mediterranee, ci aiuta nella consultazione dell’Azoth nella sua prefazione all’edizione del 1988, chiarendo che "questo trattato è diviso in due parti:

.. la prima, in forma di dialogo, sposa la tesi di un abbandono al fervore sapienziale, esortando ad un’esercitazione riflessiva che, partendo dal libro della Natura, contrappunti con ragionata modestia l’aspirazione al compimento della fede. Così l’iniziando viene esortato ad integrare la propria devozione con l’esercizio di una pia procedura mirante all’invenimento alchemico: la rielaborazione operante dello stato di grazia primigenio, condotta rammentando costantemente la vicenda salvifica di Cristo archetipo alchemico per eccellenza;

.. la seconda parte, pratico-operativa, è corredata di quindici illustrazioni che offrono una teoria di testi ermetici tradizionali che, con i quesiti sollevati, sfidano la capacità intuitiva del lettore. L’enigma e la demolizione dell’orgoglio razionale sono sempre il tacito sfondo di ogni testo ermetico. Il quesito irrisolvibile può infatti far riverberare, per Grazia, nel nostro indurito flusso coscienziale l’Azoth proteico e camaleontico con cui cripticamente si ripropone il coraggio della semplicità devozionale, nascosto ma non umiliato dalla lussureggiante foresta metaforica del dettato alchemico". Tra la ricca e complessa simbologia alchemica compresa nell’Azoth, assume primaria importanza un pentacolo (v.) raffigurante un Androgino (v.), una figura simbolo della Morte alchemica denominata anche "Rebis" (v.). Esso racchiude e comprende in sè l’intera dottrina alchemica, e può essere considerato un paradigma di tutta l’Arte Reale ermetica. Nell’Androgino di E. Zolla (Ediz. Red, 1989), viene riportato un testo della tradizione sciamanica (v.), che così recita: "Sono Maria Sabina. Maria Sabina è la donna che sa attendere, la donna che ricerca, la donna della vittoria. E' la donna del pensiero, la donna che crea, che cura, la donna Sole, e la donna Luna". Sono infatti due le forze: centrifuga e centripeta, rispettivamente del Sole e della Luna, che unendosi nel mondo degli Elementi, creano un punto centrale di massimo equilibrio, rappresentabile con la figura dell’Androgino, tradizionalmente assimilato a Mercurio, il cui simbolo allude a questo processo. Tra le varie figure simboliche della Tradizione Occidentale, dimostrative in questo senso, quella del Rebis di B. è certo dominante su tutte: ottenuta dal "Solve et Coagula" alchemico, che sta ad indicare l’Uovo filosofico, corrisponde nelle sue due parti a Cielo e Terra, quali principio maschile e femminile della manifestazione. Il Rebis diventa così "l’uomo cosmico", il demiurgo, il ponte, colui che , equilibrate le parti maschile e femminile del suo unico essere, si pone al centro della "Croce", ricollegandosi al suo Sè, e quindi al Cosmo intero, diventandone elemento equilibratore, in sintonia con il ritmo universale della vita che si rigenera continuamente. La critica più recente ritiene leggendaria se non improbabile l’esistenza di B., e giudica le opere a lui attribuite parto quasi esclusivo della fantasia e delle conoscenze dell’editore Tholde di Hesse, che vi avrebbe introdotto concetti e teorie paracelsiane che storicamente dovrebbero invece essere di molto posteriori. Ma B. resta comunque una figura indelebile e cara ai moderni studiosi, quelli ancora impregnati di una vena di romanticismo: questi sanno tuttora apprezzare l’annotazione apposta da un’ignota mano seicentesca sulla prima carta bianca di un’edizione del Currus Triumphalis Antimonii custodita in un’antica biblioteca cistercense, che recita: "Chi sa non può, chi vuol non ha, e chi nè vuol nè sa, tutt’ha e può", con accanto la nota "Vero proverbio per chi non è chimico sofista ma vero".

Fonte: www.esonet.org

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"Chi ha parlato, chi ca..o ha parlato? Chi è quel lurido str...o comunista checca pompinaro, che ha firmato la sua condanna a morte? Ah, non è nessuno, eh? Sarà stata la fatina buona del ca..o..."

Il più acerrimo nemico del Bremaz è Rurro Rurrerini.
(ma anche Ramarro Rurale, con il suo fedele servitore lo gnomo Corri Rorra, non scherza....)




Legionis praefectus more cinaedi communis currum regit.

"Siccome c'ho una certa immagine da difendere....."

Dice il saggio: "Viajare descanta, ma se te parti mona te torni mona."




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14/07/2004 14:06

Per i non adepti l'alchimia è veramente ardua da comprendere,però grazie di qualunque tentativo di erudizione in materia! [SM=x44462] [SM=x44515]
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26/08/2004 23:46

Parlando di alchimia non si può fare a meno di menzionare il conte Cagliostro, al secolo Giuseppe Balsamo (Palermo, 1743 - San Leo, 1795) alchimista, mistificatore, imbroglione, massone.
Il suo contributo alla filosofia alchemica è essenzialmente negativo in quanto ha portato l’opinione comune ad associare l’alchimia all’imbroglio e a considerarla alla stregua della magia dei ciarlatani.
Avviato alla carriera ecclesiastica, dopo aver lasciato il seminario di Caltagirone apprese chimica e medicina come aiutante farmacista; obbligato a fuggire da Palermo a causa della sua vita sregolata si rifugia a Roma dove nel 1768 sposa Lorenza Feliciani dandosi alla falsificazione di monete che diceva di produrre con la sua segreta abilità di fabbricare l’oro. Diviene, inoltre, famoso per il suo potere magnetico-ipnotico che gli consente di dar luogo a prodigiose guarigioni. Intanto viaggia per tutta l’Europa finchè a Parigi nel 1786 si scatena contro di lui una campagna di stampa che smaschera tutti i suoi trucchi. Si rifugia, quindi, dapprima in Trentino poi a Roma dove fonda con scarso successo una loggia massonica di rito egizio. Denunciato dalla sua stessa moglie, viene arrestato nel 1789 e condannato a morte ma Pio VI commuta la pena in carcere perpetuo che Cagliostro sconterà nella fortezza di San Leo dove muore.

[SM=x44515]

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