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grande mistero filosofico

Ultimo Aggiornamento: 13/03/2004 11:51
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13/03/2004 02:36

L'universo è dunque un insieme di cose, di enti; quale è la loro intima natura? Due opinioni opposte hanno anche qui diviso i filosofi sino dal primo sorgere della filosofia, opposizione perpetuatasi attraverso i secoli e sussistente tuttora, dovuta ad una imperfetta cognizione della realtà.

Se noi volgiamo il nostro sguardo su tutte le cose che ci circondano, vediamo che esse sono di continuo soggette al movimento. Tutto si muove, tutto diviene. (Intendo per movimento, non il solo moto locale, ma qualunque mutazione: così è moto ogni combinazione chimica, ogni reazione fisica, il nascere, il crescere, il morire d'un vivente).

Orbene il divenire coinvolto con il movimento, sembra inconciliabile con l'essere proprio delle cose. Ciò che infatti diviene, ancora non è; ciò che già è, non può più divenire quello che è; l'essere e il divenire sembrano quindi distruggersi a vicenda. Di qui le due opposte soluzioni del problema: Parmenide per affermare l'essere delle cose, nega il divenire, dichiarandolo pura illusione dei sensi. L'ente è non solo unico e immoltiplicabile, ma immutabile ed eterno; molteplicità e mutabilità sono solo apparenti.

Eraclito invece per affermare il divenire delle cose, ne negò l'essere. La realtà delle cose non è che movimento, un farsi continuo, un puro divenire, senza soggetto e senza causa, senza principio e senza fine. L'essere come qualche cosa di stabile e permanente, è una finzione della nostra mente. E' la filosofia del divenire che da Eraclito e dalla sua scuola ha trovato difensori sino ai nostri giorni e tuttora sotto varie forme è ripetuta da Bergson, Gentile, ecc.; confutando l'idealismo, già notammo l'assurdità d'un puro divenire senza un soggetto che divenga e l'altra assurdità di un divenire che nega ogni causa estrinseca e quindi la stessa ragione sufficiente del divenire.

L'antinomia che separa le posizioni opposte fu pure risolta nell'antichità da Aristotele, che afferma la realtà dell'essere e del divenire e concilia essere e divenire con la celebre dottrina dell'atto e della potenza.
Ciò che diviene, non può essere il niente (il puro divenire è assurdo), né d'altra parte può già essere in atto (ciò che già è, non diviene), ma è in uno stato intermedio che non è il niente, non è l'atto, ma è la potenza, il divenire è il passaggio dalla potenza all'atto.
Ciò che diviene statua, non è il niente e neppure la statua già fatta, ma è il marmo che è capace di essere statua, che è statua in potenza. Così il seme che diviene pianta, il cibo che diviene carne e via dicendo. Ogni ente che si muta è quindi composto di potenza e di atto.


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13/03/2004 11:51


In effetti la questione trascende ed è presente in tutta la storia umana...anche ora infatti i fisici stanno cercando la "teoria unificante" capace di conciliare la fisica relativistica che sembra funzionare per i macro-sistemi con la fisica quantistica che funziona con il livello atomico della materia...la ricerca è sempre quella, la caccia al principio primo...a ciò che è, a Dio![SM=x44461]

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