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P.J. Harvey in Italia

Ultimo Aggiornamento: 21/06/2004 08:00
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21/06/2004 08:00









Ha cambiato look, immagine e approccio sonoro. Ha cantato amori tormentati, ha indossato i panni della dark lady del rock, ha subito l'inevitabile processo di maturazione ed è tornata a scandagliare le pieghe dell'anima con piglio da poetessa nel suo più recente lavoro. Nei prossimi giorni P. J. Harvey ritornerà, attesissima, in Italia per presentare il nuovo album "Uh Uh Her". Due le date che la minuta e affascinante Polly Jean terrà nel nostro Paese: il 19 giugno a Imola, sul palco dell'Heineken Jammin' Festival e il 20 al Foro Italico di Roma, nell'ambito del Cornetto Free Music Festival. Un breve tour che la celebrerà come una delle protagoniste della scena rock al femminile e come la più importante cantautrice dei nostri giorni. Il suo ultimo disco, nei negozi da fine maggio, è un lavoro intimo, essenziale, con canzoni quasi abbozzate. "Mi viene facile creare atmosfere in cui non si capisce mai bene se prevale la luce o il buio", ammette lei, quasi sussurrando le parole con un marcato accento di provincia.
Perché P. J Harvey, pur vivendo a Los Angeles tre mesi all'anno ed essendo una donna cosmopolita, ha radici profonde da 'country girl'. E' nata nel Dorset trentacinque anni fa da genitori hippies, crescendo in una casa frequentata da figli dei fiori e musicisti, con il blues di John Lee Hooker e il rock di Hendrix e Captain Beefheart a farle da colonna sonora quotidiana. Impara a suonare la chitarra ad undici anni sulle canzoni dei Police. L'amore per la musica sostituisce quello della scultura perché "scava dentro di te in profondità, ti emoziona come nessuna parola o immagine da sola può fare".


Il debutto arriva nel '92. Si intitola "Dry", parla di vagine asciutte e diventa subito un culto underground: vende 50.000 copie e fa innamorare di lei Kurt Cobain, lo scomparso leader dei Nirvana. Il passo successivo è lo spigoloso, intenso, "Rid Of Me", registrato dal produttore indipendente Steve Albini. Sulla copertina di questo album P. J. veste i panni di Medusa, la figura della mitologia greca con serpenti al posto dei capelli. Il successo è dietro l'angolo. Giunge con "To Bring You My Love", il punto più alto della sua parabola artistica e, non a caso, il disco più amato dai fan. L'anno successivo collabora con l'ombroso Nick Cave con cui - si dice - ha pure un flirt di breve durata. Nel '96 firma a quattro mani con l'amico John Parish "Dance Hall At Louise Point". Bisogna attendere due anni per ascoltare il controverso "Is This Desire?". Poi Polly Jean si concede una parentesi come attrice nel film "The Book Of Life" di Hal Hartley. Il ritorno discografico avviene nel 2000 e suggella un cambiamento d'immagine e di personalità. P. J. Harvey non è più la ribelle dei primi dischi e nella copertina di "Stories From The City, Stories From The Sea" viene immortalata per le strade di New York in occhiali da sole ed elegantissimo abito scuro. E' il disco più classico e rock della sua discografia, quello che la fa accostare alla figura della leggendaria Patti Smith. Ormai è lei la nuova diva del rock. Nel 2003 suona alla Tate Gallery di Londra, scrive pezzi per Marianne Faithfull, compagna di Mick Jagger negli anni '60, e prende parte al progetto "Desert Sessions". Quindi si ritira a casa per pensare un nuovo album. Nella tranquillità della campagna inglese dà forma a "Uh Huh Her". E' un disco in cui la Harvey si rimette in discussione attraverso un lavoro intimo che scava in profondità e che fa venire a galla pensieri, stati d'animo, emozioni a lungo sopite. Canzoni che saranno al centro del tour mondiale che, partito dall'Inghilterra a fine maggio, farà tappa in Italia per due attesi concerti: il 19 giugno a Imola ed il 20 a Roma.




ROBERTO CALABRÒ (18 giugno 2004 - La Repubblica)


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"Io sono un cantastorie, per molte terre e paesi ho sempre viaggiato.
Ora sono giunto a questa: lasciate che prima di partirne io canti..."


(Anonimo del XIII sec.)

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