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Siberia, la mummia maledetta

Ultimo Aggiornamento: 30/06/2004 13:09
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28/06/2004 12:56

La principessa di Altai fu ritrovata undici anni fa e trasferita
in un museo: dal allora terremoti, carestie e suicidi
"Fatela tornare nella sua tomba"






MOSCA - Era una bella donna, giovane e raffinata. Sulle braccia portava i tatuaggi di un cervo e di un muflone: sul ventre il disegno di un giaguaro. Il suo volto aveva tratti europei, chiari gli occhi. Quando morì la vestirono con una camicia di seta, una gonna di lana morbida, una pelliccia regale. Sul capo le fu calata una parrucca, affinché affrontasse gli spiriti con il suo fascino intatto. Era una principessa: la principessa degli Altai.

Fu deposta in un tronco di larice, scavato e fermato con chiodi di bronzo. Con lei, nella fossa, sei cavalli con selle e finimenti preziosi: l'avrebbero condotta più rapidamente attraverso i cieli, fino agli dei. Per 2500 anni il suo destino è rimasto avvolto dalle tenebre. Fino a quando, nell'estate di 11 anni fa, un gruppo di archeologi russi si è imbattuto in un sarcofago di epoca scizia sull'altopiano di Ukok. Una tomba perfettamente conservata. All'interno, adagiata sul fianco destro, raccolte le gambe, la mummia della principessa somigliava ad una vecchia addormentata. Nessuno aveva mummificato quel corpo, un processo allora sconosciuto tra gli Altai, nella Siberia meridionale al confine tra Mongolia e Cina. Così la principessa, conservata in una bolla di ghiaccio ad una quota di 2800 metri, tornò sul mondo e diventò leggenda. Ma da quel giorno, con la meraviglia, si scatenò anche la sua maledizione.

La progenitrice del popolo degli Altai venne sottratta alla sua terra natale. Gli archeologi, guidati da Natalia Polosmak, la caricarono su un elicottero assieme al sarcofago. Flash e telecamere, destinazione Novosibirsk, piccola metropoli lungo la linea della Transiberiana. La principessa "rapita" era attesa nel museo di scienze naturali: analisi, esami del Dna, prelievi di tessuti, una cella alla temperatura costante di 18 gradi. Tutto il mondo era attratto dal suo mistero, dalla sua eterna giovinezza, dall'eccezionalità della scoperta. In poche ore invece ebbe inizio la vendetta. L'elicottero fu colpito da un guasto, mai spiegato. Atterrò miracolosamente, con il motore rotto. La mummia proseguì il viaggio in automobile. I giornali di Gorno-Altaisk svegliarono il mito scrivendo che nell'incidente si erano sfracellati tutti, mentre solo la principessa era rimasta "illesa". Il resto lo fecero gli sciamani, stregoni pagani che alimentano la venerazione popolare verso gli elementi della natura. Tra rulli di tamburi e formule magiche, contorcimenti e grida, sgozzamenti di agnelli e ipnosi, gli sciamani diffusero tra il popolo del Kosh-Agach il tremendo vaticinio: nessuno avrebbe dovuto toccare le sacre reliquie della principessa degli Altai, la rabbia del cielo e della terra si sarebbe rivelata implacabile.

Difficile comprendere se poi ci si sia messa la natura divinizzata, oppure il caso, o la suggestione. Ma da allora la tranquilla regione di montagna sembra colpita davvero da una maledizione. Due scosse di terremoto al giorno. Frane e cascate d'acqua che scorgano all'improvviso. Siccità e carestie. Un'epidemia di suicidi, iniziata con la fine di un nonno e un nipotino. Centinaia di senzatetto che consumano il bestiame prima che muoia di fame. La popolazione, all'inizio, ha scritto al governo per avere tende, stufe, cibo e mangime. Non ottenendo risposta si è ricordata della mummia in esilio della sua principessa. La rivolta è iniziata dai villaggi distrutti di Beltir e Oroktoi.
Una lettera per chiedere il "ritorno in patria delle sacre reliquie". Quindi, davanti al silenzio degli ultimi giorni, una petizione con migliaia di firme: taglialegna, allevatori di cervi Maral (ricercati per il potere afrodisiaco delle corna), pastori, mungitrici di capre, trattoristi, maestri d'erbe, professori e disoccupati. Con loro anche il sindaco Auelkhan Dzhatkambaev: tutti a chiedere la risepoltura della mummia. Dagli sciamani è arrivata la conferma: solo quando la principessa degli Altai tornerà nel ghiaccio di Ukok, la pace e la ricchezza guarderanno ancora verso la piccola repubblica della federazione russa.

Da settimane si è così aperta la caccia agli archeologi che penetrano negli Altai sconfinando dal Daghestan. Scavano, scoperchiano le tombe, le saccheggiano e se ne vanno. La ribellione e la disperazione popolare sono montate al punto che il governo ha dovuto proibire gli scavi, dichiarando l'altopiano zona protetta. Anche Mosca è intervenuta: ha promesso il ritorno della principessa nella sua terra, finanziando però prima nuove analisi e proponendo la nascita di un museo etnografico nel capoluogo di Gorno-Altaisk. Con 15 milioni di rubli la mummia è già stata sottoposta al trattamento conservante usato per il corpo di Lenin. L'esame del Dna, tra lo sconcerto della gente, ha stabilito che la giovane non ha geni dell'est asiatico, bensì europeidi, o turchi. La ricostruzione del viso, al computer, ha confermato i lineamenti occidentali.

Quanto basta, il dubbio razziale sull'ava degli Altai, per far divampare un nuovo incendio: migliaia, in questi giorni, le lettere di protesta ai giornali contro "il complotto ai danni del sangue mongolo e l'approccio tendenzioso alla storia di una intera etnia". La popolazione è divisa. Chi vuole la principessa imbalsamata esposta in un mausoleo e chi chiede la sua risepoltura. Gli sciamani profetizzano un'epidemia misteriosa tra gli archeologi e invocano il parere degli spiriti sul destino della principessa.



(28 giugno 2004)


da: La Repubblica

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