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«Mi ero sbagliato sui buchi neri»

Ultimo Aggiornamento: 12/09/2004 01:40
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21/07/2004 10:17

19.07.2004
Sfuggire ai buchi neri? Forse è possibile
di Pietro Greco


Non esistono «censori cosmici». Non esistono cancellini in grado di eliminare per sempre l’informazione dalla grande lavagna dell'universo. Neppure i buchi neri, gli oggetti cosmici più feroci che conosciamo, i candidati più autorevoli al ruolo di «cosmic eraser», di censori cosmici appunto, riescono a fare tanto. È questo che, presumibilmente, Stephen Hawking andrà a sostenere mercoledì prossimo a Dublino di fronte a una platea di colleghi riuniti a convegno per discutere di relatività generale.

Ma cosa sono i buchi neri? E cosa dirà, probabilmente, tra due giorni Stephen Hawking a Dublino? Vale la pena cercare di rispondere a queste domande. Non solo perché i buchi neri, per ragioni diverse, sono oggetti che catturano l’attenzione e l'immaginazione sia dei fisici che del grande pubblico. Ma anche perché il comportamento dei buchi neri ha grosse implicazioni sulla conoscenza e sul destino dell’intero universo.

I buchi neri sono i figli naturali della relatività generale. Nel senso che sono «previsti» dalla grande teoria elaborata nel 1916 da Albert Einstein. Si trattata, infatti, di oggetti dotati di una forza di gravità così mostruosa da riuscire a curvare lo spaziotempo fino a farlo chiudere su se stesso. In altri termini sono pozzi gravitazionali che non lasciano scappare via da sé nulla, neppure la luce. Di qui il nome, buchi neri.

Proprio a causa di questa loro peculiare e terribile caratteristica, l’essere per definizione non visibili, i buchi neri sono stati per lungo tempo oggetti virtuali. Previsti dalla teoria fondamentale della fisica, ma mai osservati da nessuno. Solo di recente, grazie a una serie di potenti strumenti collocati nello spazio, è stato possibile individuare la presenza grossi buchi neri (con una massa pari a centinaia di milioni di volte quella del nostro Sole) in molti luoghi dell'universo, attraverso il tremendo lamento che la materia eleva, sotto forma di raggi X caratteristici, quando sta per cadere in uno di quei pozzi gravitazionali e scomparire «per sempre» dal nostro universo.

Tra i grandi meriti di Stephen Hawking e del suo amico e collega, Roger Penrose, c'è stato quello di aver dimostrato, una trentina di anni fa, che in fondo quel «per sempre» non è davvero per sempre. E che i buchi neri non sono, poi, così neri.
Hawking e Penrose hanno dimostrato che, in un buco nero come nell'intero universo, la relatività generale è costretta a rinnegare se stessa. Nell’ambito della teoria di Einstein, infatti, non è possibile sfuggire al paradosso della «singolarità». Precipitando senza fine su se stessa, infatti, la materia in un buco nero continua a piegare lo spaziotempo fino a fargli raggiungere una curvatura infinita. Detta in altri termini il cuore di un buco nero è un punticino in cui la densità, la pressione e la temperatura raggiungono valori, appunto, infiniti. Un punticino, quindi, previsto dalla fisica che non può essere descritto dalla fisica.

È la meccanica quantistica che deve intervenire per salvare la fisica da questo paradosso. Quando, infatti, la curvatura dello spaziotempo è elevatissima, entrano in gioco le proprietà quantistiche a impedire la singolarità. Il guaio è che a tutt’oggi nessuno ha risolto il problema di come conciliare le due grandi teorie fondamentali della fisica. Di come elaborare la «Teoria del Tutto». Non sappiamo ancora come le proprietà quantistiche della materia e dell'energia riescano ad evitare che un buco nero si trasformi in una singolarità. Fatto è, però, che lo studio teorico dei buchi neri ha reso più attuale che mai il sogno di Einstein, l'unificazione della fisica.

Ma Hawking ha avuto il grande merito di continuare i suoi studi sui buchi neri. E di concentrarsi, in particolare, sulla linea di confine tra uno di questi pozzi gravitazionali e il resto dell'universo. Per scoprire, verso la metà degli anni '70 dello scorso secolo, che un buco nero non è poi così nero. E che quegli oscuri e onnivori oggetti, proprio a causa della meccanica quantistica, «evaporano». Perdono materia ed energia. Il principio di indeterminazione della meccanica quantistica, infatti, si applica anche sulla linea di confine di un buco nero. E poiché tra le specialità del principio elaborato da Heisenberg vi è quello di scavare tunnel sotto qualsiasi ostacolo per quanto insormontabile, ecco che la meccanica quantistica scava dei tunnel che consentono alla materia/energia di «uscire» da ciò da cui, per definizione, non potrebbe uscire. Di scappare via da un buco nero.

La scoperta (teorica) ha due implicazioni. Una riguarda il destino dell'universo. L'altra quello dell'informazione. La prima implicazione consiste nel fatto che c'è un futuro cosmico fuori da un buco nero. Nel futuro remoto, anzi, se l'universo continuerà a espandersi tutti i buchi neri evaporeranno e l'intera materia/energia cosmica esisterà in uno spaziotempo estremamente rarefatto ma fuori da quegli orribili pozzi di gravità.

L’altra implicazione ci riporta in un paradosso. Quando evapora da un buco nero, la materia/energia perde ogni informazione sul suo stato precedente. Cosicché un buco nero si comporta come un censore cosmico. Inghiotte e restituisce materia/energia. Ma inghiotte informazione senza restituirla mai. La cancella per sempre. Dall'istante in cui finiremo in un buco nero di noi l'universo perderà ogni traccia. E ciò è difficile da accettare, sia pure per ragioni diverse, sia da noi, ingenui non esperti, sia dai fisici più esperti. Se per noi la perdita di ogni nostra sia pur tenue traccia è uno scenario da incubo, per i fisici è un paradosso che non può essere spiegato con le leggi note della fisica.

Ora Hawking sembra aver trovato una strada per risolvere il «paradosso dei buchi neri». E dopodomani a Dublino illustrerà ai colleghi un nuovo modello fisico-matematico che consente alla materia/energia di scappare sotto il tunnel del confine di un buco nero recando con sé un minimo di informazione sul suo stato precedente. Cercherà di dimostrare perché neppure i buchi neri possono essere censori cosmici perfetti. Se Hawking dovesse avere ragione, allora ci saranno implicazioni cosmologiche profonde. Potremo, per esempio, cercare in giro per quel buco nero che è il nostro universo tracce di altri universi/buchi neri. Magari di quell'universo che, dicono alcuni, ha preceduto il nostro nel viaggio senza fine della materia/energia dall'eternità all'eternità.


da: L'Unità

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