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3 spiagge italiane tra le 100 più belle al mondo!

Ultimo Aggiornamento: 20/07/2004 22:19
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19/07/2004 19:52

Pubblicato in Francia un libro fotografico in cui sono
immortalati anche angoli di Sicilia, Sardegna e Calabria


Ecco le tre spiagge italiane
tra le 100 più belle del mondo
Gli autori: "Le migliori si trovano nei parchi
naturali e offrono un ambiente protetto dai turisti"


PARIGI - Tre spiagge italiane, fra le cento più belle del pianeta, sono immortalate in un libro in vendita da oggi in Francia. E' un volume a metà strada tra guida turistica e saggio fotografico, nato da due anni di viaggi su e giù per il globo di due appassionati del mare, che promuove nel prestigioso elenco tre angoli incantati di Sicilia, Sardegna e Calabria.

La Spiaggia dei Conigli:




costa incontaminata in cui ancora vanno a deporre uova le tartarughe marine, nella riserva naturale dell'Isola di Lampedusa,

la Spiaggia del Principe:




gioiello della Costa Smeralda che deve il suo nome a una presunta preferenza del principe Aga Khan,

e infine Capo Vaticano, in provincia di Vibo Valentia:




dove la sabbia è lambita da un mare cristallino popolato da una variegata fauna ittica: ecco le tre spiagge nostrane incluse nelle cento più belle del mondo.

Sono state selezionate, come le altre, in base a un criterio preciso. "Per noi - spiegano gli autori del paradisiaco elenco, Alexandre Arditti e Sophie Laurent - una bella spiaggia deve assolutamente essere aperta al pubblico e offrire un ambiente protetto. Non a caso le migliori per la maggior parte sono situate all'interno di parchi naturali, dove la popolazione locale fa molta attenzione al fatto che il luogo non si trasformi in zona troppo turistica".

Alexandre e Sophie si sono conosciuti quattro anni fa proprio in riva al mare, nello Yucatan messicano. Entrambi follemente innamorati di acque trasparenti e sabbie vellutate, hanno cominciato a girare il mondo, a piedi, alla ricerca delle spiagge più belle e, fondata una propria casa editrice dal profetico nome "Les Grands Voyageurs", hanno dato alle stampe il loro libro.


Tra "Le 100 più belle spiagge del mondo" dodici sono francesi. Di queste, però, solo tre si trovano di là dalle Alpi (Calanque d'En-Vau, baia de la Rondinara e plage de Nonza in Corsica), mentre nove sono in Guadalupa, in Polinesia, in Martinica e nella Nuova Caledonia, cioè nei dipartimenti d'oltre mare.

Per quanto riguarda gli altri Paesi europei, solo la Grecia può vantare tre spiagge nominate (Myrtos, Elafonissos e Navagio), mentre la Spagna è ricordata per due suoi gioielli (Fuerteventura e Cala Turqueta) e Croazia e Portogallo per uno solo (rispettivamente, Bol e Praia Marinha). Un'unica spiaggia menzionata, Cap de Ras Muhammad, anche per l'Egitto.

Ancora, a livello internazionale sono le Seychelles e il Brasile a detenere il record del maggior numero di spiagge di alto livello, quattro ciascuna: Sao Tomè e Principe, Anse Lazio e Anse Source d'Argent per l'arcipelago africano, Jericoacoara, Praia do Saco, Lencois Maranhenses e Morro Branco per il grande stato sudamericano. Degli Stati Uniti è citata Caladesi Island, mentre l'arcipelago Whitsundays e Cable Beach rappresentano l'Australia. Per l'Asia, tra le altre, nominate Bandos, Velavaru e Fun Island alle Maldive, Koh Phi Phi e Khrabi in Tailandia e Palolem a Goa, in India.


(19 luglio 2004) Da un articolo pubblicato su Repubblica

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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20/07/2004 09:50

Mi mancano tutte e tre...direi che è ora di rimediare, tra l'altro quella in Sardegna dovrebbe essere vicina, o abbastanza vicina, alla casa di Kayuccia[SM=x44451]

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20/07/2004 22:10

L'aquilotto

Osservata dall’alto, Scilla assume la forma, unica al mondo, di un aquilotto con le ali dispiegate, il cui corpo centrale è costituito dal quartiere alto della cittadina.

Un’antica leggenda vuole che Giove, intento a contemplare le sembianze riflesse nel sole della bellissima Scilla, ninfa prediletta, fosse disturbato da parecchi e audaci aquilotti che, volando in alto, si frapponevano tra il dio e la stella. Pertanto Giove, sdegnato dalla sfrontatezza di quegli animali che osavano distoglierlo dall’immagine dell’amata, si volle sbarazzare di loro colpendoli con uno dei suoi terribili strali. Non contento, il dio tramutò gli aquilotti scampati alla sua ira in cagne guaiolanti, affinché non avessero più ad infastidirlo, scaraventando i poveri corpi negli abissi del mare Tirreno.

In tal modo la regale aquila madre, tornata al suo nido sulle pendici dell’Olimpo, non trovò più gli amati piccoli e, venuta a conoscenza dei furori del dio, assai addolorata osò chiedere a Giove il permesso di allontanarsi dal monte divino, per andare alla ricerca dei figli perduti.
Ottenuta licenza dal dio impietosito, l’aquila abbandonò l’Olimpo alla disperata ricerca dei suoi piccoli.

In vista della costa calabra del Tirreno l’aquila, stanca per il lungo volo, decise di posarsi sulla scogliera di Scilla al fine di riacquistare le forze necessarie per riprendere l’affannosa ricerca dei piccoli. Pur tuttavia, nel discendere in picchiata sul mare, l'infallibile istinto materno guidò l’aquila verso il luogo dove erano precipitati i suoi figli. Ormai rassicurata dalla loro presenza, la sventurata madre dimenticò ogni prudenza e, fiera del felice esito delle sue ricerche, osò disprezzare la potenza di Giove.

Il padre degli dei, udite le parole sprezzanti dell’aquila, volle punirne la superbia scagliandole contro un dei suoi terribili strali. Il fulmine colpì le grandi ali del rapace, squarciandone il ventre e l’incauta madre precipitò con gran fragore sulla sponda del mare, modellando con la sua caduta la sagoma naturale di quel tratto, che acquistò l’odierna e caratteristica forma “a sella”. Difatti il corpo dell’aquila diede vita all’imponente promontorio che funge da naturale asse di simmetria della cittadina, il capo originò la testa del crinale che precipita bruscamente in mare, mentre le formidabili ali del rapace, rimaste inchiodate a terra, si confusero con essa determinando i due opposti archi di costa che si snodano ai piedi del crinale, in direzione nord-sud.

La leggenda narra anche di come Giove, impietosito dal grande terrore che aveva colto gli aquilotti all’udire l’orrendo fragore della caduta materna, trasformò i piccoli rapaci in scogli. In tal modo i piccoli si ricongiunsero finalmente alla loro sventurata madre e la grande aquila regale, felice di aver finalmente ritrovato i suoi aquilotti, tenera e amorevole ancor oggi stende le ali verso di loro, nell'atto di proteggerli.

Nello specchio di mare antistante la riviera di Scilla, frequentato ancora nelle epoche più remote da creature quasi favolose come le balene e in apparenza sereno fra “rema montante” e “rema scendente”, ma pronto ad improvvisi tradimenti di gorghi, correnti e burrasche, sono sorte numerose leggende, che traggono linfa vitale dalla natura tormentata della selvaggia scogliera sulla quale si distende la splendida cittadina di Scilla.


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20/07/2004 22:16

Castello
Il castello di Scilla è ritenuto da molti il più bel castello della Calabria, non tanto per la struttura in sé quanto per l'importanza storica e soprattutto mitologica, oltre che per la bellezza del luogo.

Dall'alto del castello a volte si avverte quel latrare che " ..non par altro che un guaiolar perenne di lattante cagnuol" del mostro a sei teste o quel canto lamentoso e ammaliante delle sirene, a seconda dell'intensità del flusso e riflusso dell'acqua del mare che entrando od uscendo dalle cavità sottomarine, che sono alla base della roccia, provocano quel fragore, quei rimbombi sordi, lontani, cupi, lamentosi, che, appunto, alimentavano, presso gli antichi popoli, arcane leggende.


Esso si trova a pochi km da Reggio Calabria , risalendo la costa, presso l'imbocco dello Stretto di Messina, situato sulla mitica rocca di Scilla.

Le sue origini sono incerte, secondo alcuni di età sveva, per altri di impianto normanno.

Però è logico pensare che la prima fortificazione della rupe risale ai Tirreni, i pirati che la utilizzarono come sicuro nascondiglio dei tanti bottini o ai tiranni reggini che la utilizzarono per combattere tali pirati.

La rupe pian piano divenne una vera fortezza, tanto che nel III sec. a.C. tale fortificazione, alleata dei romani, resistette validamente ai Punici alleati dei Bruzi.




Nel 42 a.C., ad Augusto il porto di Scilla "..offrì opportuno rifugio per sfuggire alla pressione di Pompeo". In seguito Ottaviano, che nel frattempo si era disfatto dei rivali, riconoscendo a Scilla un importanza strategica, decretò che venisse maggiormente fortificata.

Nel 1060, il castello di Scilla, fortificato com'era, resistette a lungo ai normanni di Roberto e Ruggero il Guiscardo quando questi avevano già sottomesso tutti i castelli della Calabria, si arresero solo per fame.

Nel 1255, per ordine di Manfredi, Pietro Ruffo fortificò ulteriormente le rocca a cui assegnò un presidio.


Nel 1421 un De Nava, cavaliere di Alfonso D'Aragona, prese possesso della Rocca di Scilla trasformando il preesistente convento in castello che con le sue fortificazioni divenne un valido centro di resistenza.

Nel 1533 Paolo Ruffo, acquistò dal cognato Gutterra De Nava il castello, lo fortificò ulteriormente, restaurando anche il palazzo feudale.

Con il Trattato dell'Aia passò agli austriaci che lo fortificarono in quanto ritenuto punto strategico.

Fu danneggiato dal sisma del 1738. Fu conteso a cannonate, in età napoleonica, da francesi e inglesi, per poi, nel febbraio 1808, essere abbandonato dai francesi.




Fu conteso ancora, nel 1860, da borboni e garibaldini.

Negli anni 70-80 ospitò un ostello della gioventù. Recentemente è stato restaurato.

Un ponte consente l'accesso alla fabbrica, il cui ingresso principale è caratterizzato da un portale in conci di pietra sormontato dallo stemma dei Ruffo e dalla lapide che ricorda il restauro cinquecentesco.

Dotato di prigioni ubicate nella cantina e di sotterranei non più praticabili, il Castello essendo stato dimora di una delle più potenti famiglie del regno possiede ampi saloni che ospitavano una collezione di quadri, fondata da Tiberio Ruffo ed una armeria con archibugi in oro e argento, provenienti da Roma e da Vienna.

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NAMASTE'
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20/07/2004 22:19

Scilla: il quartiere Chjanalea.


E' il quartiere dei pescatori, fatto di piccole viuzze, strette scalinate e tante piccole fontane antiche. Le case poste più in basso sono lambite dall'acqua marina nei momenti di calma, ma quando le onde si ingrossano, il mare sfonda le porte dei «catoi», ne invade le case, travolgendo e trascinando ogni cosa. In questi momenti queste costruzioni vengono minacciate nella loro stessa esistenza e in ogni caso i proprietari subiscono perdite rilevantissime ma poi si dedicano alla ricostruzione e le case ritornano sempre come prima.

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