Sulla scia del "cartoon" Disney, molti bambini hanno ributtato
in mare gli ospiti delle vasche di casa: con effetti devastanti
Quando Nemo è un killer
troppi pesci liberati dagli acquari
Trovati pericolosi predatori, come il "pesce leone" in aree
dove non avrebbero dovuto essere. I danni all'ecosistema
di PIERO GENOVESI
Un "pesce leone"
Lo chiamano effetto "Nemo"; migliaia di bambini, dopo aver visto il film che racconta la fuga da un acquario di un piccolo pesce pagliaccio, hanno liberato in mare i loro silenziosi amici. Ma questa non sembra proprio una buona idea. La gran parte dei pesci liberati non sopravvive infatti più di qualche ora fuori dall'ambiente protetto dell'acquario e i pochi che ce la fanno rischiano di creare gravi danni ai delicati ambienti costieri.
Proprio dagli acquari sembrano infatti provenire alcuni pesci ritrovati recentemente nelle coste del Nord America, che gli esperti ritengono in grado di devastare i naturali ecosistemi marini predando le specie locali o trasmettendo agenti patogeni sconosciuti nell'area. Il caso più famoso è quello dello Pterois volitans, il pesce leone, splendido pesce adorato dagli acquariofili per i suoi splendidi colori ed in particolare per le spine dorsali. Spine che sembrano psichedeliche vele, ma sono in realtà raggi spinosi in grado di iniettare un potente veleno, che rende la puntura di questo pesce, originario delle barriere coralline del Pacifico e del Mar Rosso, dolorosissima.
Inoltre, il Pesce leone è un implacabile predatore di pesci, gamberi e granchi, e per questo le preoccupazioni degli esperti americani sono ancora imaggiore, dato che i predatori spostati dall'uomo in ecosistemi a loro estranei hanno in passato avuto impatti devastanti sulle specie locali.
Finora non era mai stato possibile provare che queste presenze aliene fossero dovute a fuga dagli acquari (e non, per esempio, al trasporto accidentale nei serbatoi delle navi da carico). Ma recentemente i ricercatori dell'Università di Washington, analizzando i dati di oltre 49 mila immersioni fatte dai volontari della Reef Environmental Education Foundation, hanno dimostrato che proprio dagli acquari provengono i nuovi arrivi. Il pesce leone non è infatti il solo "evaso"; sono ben 16 specie tropicali in 32 diverse località dei caldi mari della Florida e degli stati del Sud Est degli Stati Uniti. Tutte specie provenienti dal Pacifico occidentale, dall'Oceano Indiano o dal Mar Rosso.
Insomma, oltre ai danni dovuti alla cattura in natura di pesci marini per rifornire gli acquari (oltre 20 milioni di individui, appartenenti a 1471 specie, catturati ogni anno nei mari tropicali; per un giro d'affari di 245 milioni di euro in costante e rapida crescita), esiste anche questo pericolo, meno conosciuto, legato al commercio dei pesci ornamentali.
E il rischio legato alle fughe non riguarda solo i pesci. Proprio da un acquario (questa volta quello del Museo Oceanografico di Monaco e non del salotto di qualche sprovveduto hobbista) proviene la Caulerpa taxifolia, l'alga killer rinvenuta per la prima volta nel 1984 nel principato (davanti al famoso museo creato dal comandante Cousteau) e che da allora si è espansa a tutto il Mediterraneo, distruggendo le delicate praterie di posidonia e provocando una vera e propria catastrofe ecologica nei nostri mari.
Per correre ai ripari è essenziale collaborare con il mondo degli acquari. In nord America, proprio in seguito ai risultati della ricerca dell'Università di Washington e del Reef Environmental Education Foundation, è stato creato un gruppo di lavoro con ricercatori ed esponenti delle potenti associazioni dei commercianti di pesci ornamentali. Obiettivo: mettere rapidamente a punto linee guida per evitare ulteriori fughe.
Un esempio di come intervenire viene dalla Gran Bretagna, dove l'Ornamental Aquatic Trade Association ha realizzato una campagna d'informazione che avverte chi compra pesci d'acquario dei rischi legati al rilascio in natura, e offre alcune facili soluzioni per chi, partendo per le vacanze, non sa cosa fare dei propri pennuti ospiti; riportarli al negozio, donarli a scuole o ad altre istituzioni. E, quando proprio non esistono alternative, l'associazione suggerisce di mettere il pesce in freezer; le basse temperature sono infatti un anestetico naturale per i pesci si addormentano senza sofferenze. Meglio sacrificare un individuo che mettere a repentaglio i delicati equilibri naturali.
(29 luglio 2004)
da:
La Repubblica