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Ciao Tiziano...

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2004 17:42
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30/07/2004 19:12


Sul cavallo bianco

Un ricordo del grande giornalista e scrittore da parte dell'ex direttore del Corriere della Sera

Nel dolore per la morte di un collega e di un amico mi vengono in mente i passi del suo ultimo libro Un altro giro di giostra, in cui racconta la sua lotta contro il cancro. «Mi parve che tutta la mia vita fosse stata una giostra, fin dall’inizio mi era toccato il cavallo bianco e su quello avevo girato e dondolato a piacimento, senza che mai, mai qualcuno fosse venuto a chiedermi se avevo il biglietto». Terzani non aveva, come tutti, il biglietto. «Bene, ora passava il controllore, pagavo il dovuto e, se mi andava bene, riuscivo a fare un altro giro di giostra». Quell’arrivo non fu improvviso, gli era stato anticipato e lui ne aveva scritto in Un indovino mi disse. Uno degli indovini, capaci di leggere il riassunto di una vita su una foglia ingiallita, Raimanickam di Singapore, gli aveva predetto che fra i cinquantanove e i sessantadue anni, avrebbe dovuto superare una «strettoia», forse un’operazione; che insomma qualcuno gli avrebbe chiesto il biglietto.
Il viaggio nella malattia è uno splendido viaggio nella vita, «nel bene e nel male del nostro tempo». Uno strano paziente, Terzani. «You wait, you die», gli dice una premurosa dottoressa «Tu aspetti, tu muori». Lui si chiede perché nella cura del cancro si usi un’inutile terminologia bellica. Il nemico da combattere? Non è meglio considerarlo parte di noi? Un monaco buddista vietnamita gli aveva consigliato anni prima: «Ogni mattina, appena sveglio, dica qualcosa di gentile al suo cuore e al suo stomaco. Dopotutto molto dipende da loro». Il viaggio è lungo. Nelle cure, nelle medicine e nelle culture del mondo. Dalla chemioterapia all’omeopatia, all’ ayurveda, al qi gong, discipline tibetane, cinesi. «Lei che cosa fa nella vita, dottor Terzani?». «Il malato esperto». Poi, il viaggio finisce con un’operazione. Un chirurgo che apre e richiude. «Il miglior medico è dentro di noi». Sarà stato il migliore, ma non ce l’ha fatta.
Il male era dentro di lui, ma lui l’aveva accolto sorridendo. Sorrideva, scherzava. Come se anche in quel posto si fosse sentito in armonia con l’universo. Come fosse stato seduto sui talloni ad occhi chiusi. In meditazione. Poteva essere lì come nel suo rifugio a tremila metri. «L'indirizzo email è sempre lo stesso?». «Sì». Nemo Nessuni. Bellissimo. Pensavo fosse il suo modo originale di nascondersi. La ragione vera l’avrei scoperta leggendo l’ultimo libro. Quando Terzani si ritira, tra una cura e l'altra, a studiare un po’ di sanscrito in un ashram decide di chiamarsi Anam, il senza nome. «Un nome appropriatissimo, mi parve per concludere una vita tutta spesa a cercare di farmene uno». Al momento di lasciarci mi regalò un piccolo fossile. Lo strinse in un pugno e poi me lo passò. «Conservalo, tienilo vicino». Forse quel sasso è come la foglia ingiallita dell’indovino. Peccato non saperlo leggere.

Un altro grande ci ha lasciati....[SM=x44469] [SM=x44471] [SM=x44469]

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02/08/2004 17:42

Tiziano era apparso come in una visione, nei giardini dell'ospedale di Emergency a Kabul: era l'inverno del 2001. Con la sua veste di cotone bianco come la barba, i sandali e una borsa di cuoio a tracolla, noi con giacche a vento e maglioni. Veniva dal Pakistan. Ha voluto girare subito per le corsie: salutava, chiedeva "come stai?" a gente sconosciuta, sorrideva ai bambini, ascoltava.
Cenammo insieme quella sera, a "casa mia". E parlammo a lungo,
dell'India - "dovresti venire a trovarmi nel mio rifugio vicino
all'Himalaya", un'altra promessa che non ho mantenuto - del nostro lavoro e delle sofferenze della gente dell'Afghanistan, che lui amava. E soprattutto parlammo, con molta tristezza, della follia della guerra e dei suoi perchè. Ascoltavo i suoi pensieri. Sulla incapacità di
molte persone di diventare esseri "umani", sulla ricchezza talmente ricca da non avere più senso ne uso possibile, sul razzismo, anche quello "democratico", che sembra dilagare ovunque, sulla necessità - per Tiziano un bisogno fisico - di ricominciare a studiare, a pensare, a riconoscere si stessi per ritrovarci tutti con un qualche sogno, speranza, progetto comune.
Quando riuscii a rintracciarlo per telefono, nel settembre 2002, per proporgli di unirsi a noi nel lanciare la campagna "Fuori l'Italia dalla guerra", Tiziano non esitò un attimo: "Ci sarò, ci vediamo a Roma per la conferenza stampa".

E per mesi fu un appassionato ambasciatore di pace, con la sua unica capacità di affascinare le coscienze e di riempirle di onestà e di verità. So che a Tiziano è costato molto quel periodo, togliendogli tempo alla meditazione che lo ha sempre accompagnato.
"Per colpa tua - mi disse scherzando un giorno - sono rimasto
prigioniero per troppo tempo in Italia. Parto per l'India la settimana prossima, ma sarò lo stesso con voi". Ed è stato così. In molti momenti, nei più belli e in quelli più
difficili dell'impegno di questi anni, Tiziano era lì. Un esempio, una certezza, un uomo che sapeva dare umanità, "curare" altri uomini proprio perchè si era sempre curato di tutti, nel sua vita e nel suo lavoro di straordinario uomo di pensiero.
Pochi mesi fa ho cercato di contattarlo: avevo bisogno delle sue
parole e dei suoi pensieri. Non h stato possibile, e il perchè ora lo sappiamo tutti. Stava scrivendo, ancora una volta cose importanti, forse le più importanti.
Un giorno mi h arrivato un regalo da Tiziano: il suo ultimo libro. Con una dedica che mi ha fatto piangere allora e non smette di farlo oggi. Finisce cosl: "...e questo per spiegarti alcune mie assenze. Ma non preoccuparti, io ci sono nella lotta per la pace. Ci sono! E ci sarò sempre!"

Gino Strada
Khartoum, Sudan, 29 luglio 2004

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