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ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI VINCENZO BELLINI

Ultimo Aggiornamento: 23/09/2004 07:56
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23/09/2004 07:56

Era il 23 settembre 1835, ben 169 anni fa, quando il famoso musicista e compositore Vincenzo Bellini mori', abbandonato a se' stesso, alla sola presenza di un giardiniere, in preda all'ultima tremenda convulsione, si spegne a Puteaux, nei pressi Parigi, all'eta' di 34 anni.

"Una legiera indisposizione mi ha impedito di venire a Parigi", si legge in una lettera del musicista Vincenzo Bellini. E' l'inizio dell'ultima crisi della fulminante malattia di natura intestinale (forse colera) che in meno di venti giorni lo porto' alla morte. Annulla tutti gli impegni, diserta la vita di societa', e' oggetto di uno strano eccesso di cure da parte dei Levys (o Lewis), coppia che lo ospita nei suoi ultimi giorni di vita, la quale non permette a nessuno di avvicinarlo.

Rimangono molti misteri sulla sua scomparsa, tra i quali il dubbio avanzato da Rossini, secondo il quale il catanese potrebbe essere rimasto vittima di un avvelenamento intenzionale.
La salma del Cigno, così lo chiamavano, tumulata al Père-Lachaise, verra' traslata a Catania nel 1876, per essere riposta nel monumentale sepolcro, oggi visibile all'interno del Duomo della Citta'.

In occasione dell'anniversario della morte del geniale compositore, e' importante tracciare le linee della sua breve esistenza. Figlio di Rosario Bellini, organista e compositore, sin da bambino rivelo' grandi doti musicali. Studio' a Catania, guidato dal nonno Vincenzo Tobia, anch'egli musicista, e dal padre. Nel 1819 il comune di Catania gli offri' una borsa di studio, grazie alla quale Bellini si reco' a Napoli dove frequento' il conservatorio. Durante gli studi compose musica sacra e da camera, e concluse il corso di composizione presentando un'opera semiseria, "Adelson e Salvini" (1825); il Teatro San Carlo di Napoli gliene commissiono' subito un'altra, "Bianca e Fernando", rappresentata nel 1826. Nel frattempo, l'impresario Domenico Barbaja gli chiese di comporre un altro melodramma per il Teatro alla Scala di Milano.

Trasferitosi nella citta' lombarda, nel 1827 Bellini porto' a termine la composizione del "Pirata", il primo in collaborazione con il librettista Felice Romani. All'inizio del 1833 si trasferi' a Londra per alcuni mesi; di li' si sposto' a Parigi, dove condusse una vita molto disordinata e dove mori' due anni dopo. Le sue opere piu' famose: "La Straniera" (1829), "I Capuleti e i Montecchi" (1830), "La Sonnambula" e "La Norma" (1831), "Zaira", "I Puritani", quest'ultima rappresentata nel 1835.

Le opere di Vincenzo Bellini sono caratterizzate da melodie molto espressive, innovative negli slanci romantici, rispetto a quelle di Rossini considerate, ai tempi, piu' drammatiche e chiaroscurali, secondo alcuni addirittura capolavori d'avanguardia, mentre per altri un nostalgico ritorno ai bei tempi di Cimarosa. La poetica belliniana era gia' romantica, anche se temperata da certo neoclassicismo, per cui al maestro erano sempre necessari versi calorosi, espressivi, nutriti di quei colori e di quelle immagini che Felice Romani metteva nei libretti. Percio' il musicista rifiuto' l'ottimo Gaetano Rossi, che pure s'era offerto di scrivergli la "Straniera": "per quanto Rossi potrebbe farmi un buon libro, pur non di meno mai potrebb'essere un verseggiatore come Romani, e specialmente per me, che sono attaccato alle buone parole". La polemica tra rossiniani e belliniani giunse al culmine ai tempi della "Norma": scrisse Hector Berlioz, il quale aveva sparlato della tecnica orchestrale belliniana, che a Milano Bellini "era adorato" e che "pareva ch'egli avesse scoperto la musica espressiva, e che le lacrime versate al 'Pirata' e alla 'Straniera' fossero le prime che il dramma lirico avesse fatto sgorgare".

Bellini compose magnifiche opere serie o semiserie, mai comiche, che influenzarono altri operisti, ad esempio Verdi e Wagner e compositori strumentali, quali Chopin e anche Liszt. Giuseppe Verdi lodo' in Bellini le melodie "lunghe lunghe, come nessuno ha fatto prima": dilatazione che in "Casta Diva" e' ottenuta con armonia diatonica e intervalli piccolissimi, un gusto marcato per la sonorita' estatica, delicata e un'orchestrazione del tutto vincolata alle esigenze del canto.
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