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Incubi e succubi

Ultimo Aggiornamento: 02/11/2004 00:04
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01/11/2004 22:44



Fra le entità più sinistre ma affascinanti che hanno turbato i sonni dei demonologi, degli studiosi di arti nere, preoccupati gli stregoni e le streghe ed eccitati i visionari e molti artisti e poeti, Incubi e Succubi hanno un posto particolare; queste creature a mezzo fra il diavolo e qualcos’altro di cui molto si racconta - gli aneddoti abbondano [1] - ma poco in realtà pare si sappia. Che, poiché come tutti i demoni operano “invisibilmente”, si è cercato di definire e definirne il potere ricorrendo alle Scritture, ai Padri, alla più dotta e sottile teologia.

Secondo la tradizione popolare l’Incubo è un diavolo che prende l’aspetto di un uomo e giace con una donna, mentre il Succubo prende l’aspetto di una donna e si accompagna nottetempo con una persona di sesso maschile. “Nel compiere l’atto sessuale i Demoni maschi sono incubi e le Lamie succubi, e questo è giudizio comune di tutti i filosofi di tutti i tempi ed è comprovato dall’esperienza delle nazioni”[2]. A quale scopo questi diavoli così s’adoperino i testi non lo spiegano chiaramente. Da queste unioni sarebbero nati, secondo la leggenda, personaggi notevoli quali Romolo e Remo, Servio Tullio, Platone, Alessandro Magno, Cesare Augusto, Merlino, Martin Lutero… Ma scrittori autorevoli come Heinrich Kramer e Jakob Sprenger, già alla fine del XV secolo, sono concordi nel ritenere che si tratti di superstizione. Né gli inquisitori del Malleus maleficarum (1487) né dopo di loro Martin del Rio (Disquisitiones magicae, 1589) o Francesco Maria Guaccio (Trattato di demonologia, 1608) si sentono però di dubitare dell’esistenza e dell’operato di questi spiriti. “Lo stesso diavolo della fornicazione e principe di questa sporcizia è chiamato Asmodeo, che s’interpreta come colui che fa il giudizio perché a motivo di questo vizio fu fatto un terribile giudizio a proposito di Sodoma e di altre quattro città.”[3]

L’atto di accoppiarsi con un uomo o una donna è considerato dagli stessi demoni così sozzo - scrivono i demonologi - che i maggiori o superiori ne provano orrore. “Siccome si crede che alcuni diavoli siano caduti secondo un certo ordine, non è sconveniente asserire che sono i diavoli del coro più basso, anzi quelli che in esso stanno più in basso, ad essere deputati ed addetti a queste altre sporcizie. (…) Noi diciamo pertanto tre cose: in primo luogo che questi diavoli commettono sconcissimi atti venerei non per godere, ma per infettare l’anima e il corpo di coloro dei quali sono succubi o incubi; in secondo luogo che, con un atto simile, ci può essere una completa concezione o generazione da parte delle donne, perché i diavoli possono portare il seme umano nel luogo conveniente del ventre della donna e accanto alla materia qui predisposta e adatta al seme. E allo stesso modo possono raccogliere i semi di altre cose per ottenere altri effetti. In terzo luogo, nella generazione di siffatte cose ciò che avviene attribuito ai diavoli è solo il moto locale e non la stessa generazione, il cui principio non è una della capacità del diavolo o del corpo da lui assunto ma di colui al quale appartenne il seme, per cui chi è generato non è figlio del diavolo ma di un uomo.”[4]

Il commercio carnale con il Demonio, d’altra parte, non è esperienza delle più felici neppure per i più devoti servitori del Maligno: la maggior parte dei casi “documentati” di rapporto sessuale fra esseri umani e spiriti caduti, tuttavia, ci porta a credere che il Diavolo, gran seduttore, si conceda volentieri in forma di succube quel diletto e godimento negato da Kramer e Sprenger; che usi, nel tentare gli uomini, ogni risorsa della propria arte d’amare. Sempre, le Succubi sono apparse ai maschi come fanciulle di incomparabile bellezza, magnifiche donne, che ricorrono per conseguire i propri scopi alle più squisite e “letterarie” schermaglie erotiche (e quanto ricordano certi incontri “alla rovescio” fra pastorelle e cavalieri della lirica provenzale!)[5]. Meno riguardi osserva il Diavolo per le donne: ché a dispetto dell’idea comune di un Demonio tombeaur de femmes, fascinoso, irresistibile, egli s’impone in forma d’Incubo con lo stupro, la violenza, spesso in modi orribili e dolorosi. Nel coito con le streghe il seme è freddo, gelato; il membro del Diavolo è di dimensioni spropositate ed irto di aculei e le penetra con rabbia[6]. Non è raro che donne irretite o possedute dal Demonio si siano trovate a condividere il proprio letto con mostri terribili, omiciattoli rossi e gibbosi, grossi topi, piccole scimmie pelosissime, furetti, capri e uomini neri dal volto grinzoso e dagli occhi cisposi; mostriciattoli che hanno portato nella tradizione popolare - e non solo - a confondere Incubi e Succubi con varie specie di Folletti notturni[7], Ninfe, Gnomi, Silfi, Salamandre, “Pigmei” ed Etnei. Creature queste ultime contro le quali - Sinistrari ammonisce[8] - non servono né esorcismi né benedizioni né oggetti sacri. Cade in inganno anche un “esperto” del calibro di Paracelso; commette per così dire un “errore di classificazione”: parte concede alla leggenda parte concede alle teorie degli inquisitori.[9]

Nel Malleus maleficarum si afferma che i diavoli non possono “procreare gli uomini”[10] tuttavia si riconosce a Satana, in accordo con le Sacre Scritture, un potere “che è nei fianchi, e il suo vigore nei muscoli del ventre”[11]: un potere di natura sessuale, benché sterile, che laidi demoni in sembianze di maschi e femmine non si stancano d’esercitare mai. Spiriti, benché invisibili e che operano invisibilmente, la cui esistenza “è cattolica” e fuor di dubbio ancora nel XVII secolo. “Ma tutte queste opinioni - scriverà in tempi più recenti Agostino Calmet - son oggidì quasi del tutto abbandonate, e particolarmente da poi che fu adottata la credenza della spiritualità degli Angeli e dei Demoni (…) Se si esamina se il Demonio possa aver commercio carnale con un uomo o con una donna si troverà, quando si considerino con attenzione i fatti, che una fantasia con una gagliarda impressione e che una prevenzione violenta possono produrre tutti questi effetti.”[12]

Con l’avvento del secolo dei Lumi l’esempio, la fortuna di manuali quali la Considerazione intorno alla pretesa magia postuma per servire alla storia de’ vampiri di Gerhard van Swieten (Vienna, 1755; forse il testo “di genere” più celebre, con quello di Calmet) consegnano Incubi e Succubi alla leggenda, alla tradizione locale, alla superstizione. Il Diavolo è uno, entità spirituale, opera il male per vie sottili; gli competono le sfere dell’anima, del pensiero, della morale e dell’etica. Fatta eccezione per i casi di possessione, sempre meno persone sono disposte a credere perché “cattolico”, per atto di fede, a suoi interventi o manifestazioni fisiche. Figuriamoci un amplesso. Incubi e Succubi, però, non vengono dimenticati: l’idea di una sessualità del Male è troppo forte, troppo antica e seducente perché l’uomo riesca a sbarazzarsene. Piuttosto questi spiriti sono trasformati, tolti all’autorità della religione e posti sotto la tutela della letteratura e dell’arte. L’interesse, la curiosità, il gusto per le cose carpatiche, mitteleuropee, turche, egizie, orientali popolano ora le più accese fantasie di un altro essere: il Vampiro.

“La superstizione su cui si basa questo racconto - scrive Polidori nell’Introduzione al fortunatissimo The Vampyre, “che mostra per la prima volta nel 1819 all’interno di un’opera letteraria la figura di una vampiro, fino a quel momento rigidamente relegata nel repertorio esclusivo delle tradizioni popolari di alcuni paesi europei”[13] - è assai diffusa in Oriente. Sembra essere un fenomeno comune tra gli arabi: tuttavia non si propagò fino alla Grecia che dopo la fondazione del Cristianesimo; e ha assunto la forma attuale solo a partire dalla scissione tra la Chiesa latina e quella greca; fu allora che, con la graduale affermazione del concetto secondo cui il corpo di un latino non poteva subire la corruzione della carne se veniva seppellito nella propria regione di appartenenza, tale atteggiamento andò prendendo sempre più piede, così da costituire l’argomento di molte storie fantastiche, tuttora popolari, imperniate su morti che si levano dalle tombe e si nutrono del sangue di creature giovani e belle.”

Il Vampiro, in sé e per sé, è figura molto precedente ai terrori degli inquisitori. I tratti in comune fra Incubi e Succubi e Vampiri però sono diversi, e tutto ciò deve aver molto contribuito alla sopravvivenza e all’identificazione del mito: in qualche modo ci si rese conto che questi esseri vivevano di un desiderio, quello sessuale, nell’uomo irreprimibile. Entrambi operano di notte, entrambi sono sterili, incapaci di procreare, invidiano la vita e la fertilità dell’uomo e cercano perciò di corromperla ed estinguerla; entrambi rubano alla vittima un fluido vitale (lo sperma, il sangue), entrambi assumono, nel rapporto con gli esseri umani, belle sembianze di persone del sesso opposto. Entrambi aspirano al coito: un coito negativo, che però ossessiona, distrugge; son messi in fuga dall’amore lecito nel matrimonio e dall’intimo abbraccio benedetto da Dio[14]. Testimoniano di una coscienza oscura dell’erotismo. Ma nei miti orientali, fatta eccezione per la bella Lilith,[15] il potere del Vampiro non è ancora sessuale, è ferino; tant’è che spesso si tende a confonderlo con il Licantropo[16]. L’Occidente cattolico, poi puritano, vittoriano, nel suo orrore per il sesso e la lussuria ne ha tratto un incubo che ancor oggi ci sconcerta.



A partire dalla fine del Settecento le storie di Vampiri divengono, con il romanzo gotico, un genere letterario a sé. E sempre l’episodio centrale in questi racconti, permeati di un’inquieta sensualità, di inconfessabili perversioni, desideri rimossi o negati, è quello che descrive l’amplesso fra il demone e la vittima. Pagine splendide in Carmilla di Le Fanu:



“Talora era come se una mano mi scivolasse lievemente sul collo e sulle guance, altre volte come se calde labbra mi baciassero con un’insistenza e una bramosia che aumentavano in prossimità della gola, dove quella piacevole suzione indugiava più a lungo: allora i battiti del mio cuore aumentavano, il respiro si trasformava in un ansimare violento cui seguiva un singhiozzo che arrivava fin quasi a soffocarmi, sfociando infine in una convulsione terribile, durante la quale i sensi mi abbandonavano e perdevo coscienza. Erano ormai tre settimane che versavo in queste indescrivibili condizioni e, nell’ultima, le sofferenze avevano cominciato a lasciare le tracce sul mio aspetto: ero diventata esangue, due scure occhiaie cerchiavano i miei occhi dilatati e l’estenuazione che avvertivo da tempo cominciava a manifestarsi nello stato attonito dell’espressione. (…) Accadde una notte che, invece della voce che udivo spesso nelle tenebre, ne avvertissi un’altra, tenera e dolce, ma allo stesso tempo orribile, che mi diceva: “Tua madre ti avverte di stare in guardia dall’assassino”. Improvvisamente un fiotto di luce balenò ai piedi del letto e vidi Carmilla che stava in piedi, con la candida camicia insozzata da una gran macchia di sangue che dal mento le scendeva giù fino ai piedi.”



Da quelle pagine, come una tela di Fussli, ci scruta un Incubo maligno e seducente.
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01/11/2004 23:04


Finalmente lo posso dire io........[SM=x44520]

TROPPO LUNGO!!!!!!!!!![SM=x44498]

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Sia chiaro, non l'ho ancora letto, ma non potevo lasciarmi scappare l'occasione, tra l'altro sembra interessante![SM=x44462]

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02/11/2004 00:04

Re:

Scritto da: Peppinox 01/11/2004 23.04

Finalmente lo posso dire io........[SM=x44520]

TROPPO LUNGO!!!!!!!!!![SM=x44498]

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Sia chiaro, non l'ho ancora letto, ma non potevo lasciarmi scappare l'occasione, tra l'altro sembra interessante![SM=x44462]



giusto per spezzare un pò il ritmo... [SM=x44459] [SM=x44459]
mi prendo le licenze poetiche purio! [SM=x44461]
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