Arcanna Jones, 29/05/2017 10.33:
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PREMESSA
Fino ad ora il fenomeno della juventinità è stato affrontato
entro i suoi stessi confini. Il risultato è stato
quello che si otterrebbe se ci si proponesse di analizzare
un uomo solo all'interno della sua famiglia. Ogni
suo disagio sociale verrebbe inevitabilmente scambiato
per un sintomo di natura nevrotica. Il circolo, tuttavia,
diverrebbe ancor più vizioso se quell'analisi così parziale
fosse portata avanti da quell'uomo stesso. Ed è
proprio un equivoco del genere che si è verificato ogni
volta che si è cercato di affrontare il fenomeno della
juventinità. Il fatto è che questo deficit analitico trae la
propria origine dalla natura stessa dello juventino, la
cui presenza si può scorgere anche dietro quella maschera
attraverso la quale vorrebbe palesarsi come sua
antitesi: l'antijuventino.
Tutto ciò che è juventino appartiene all'essenza dell'-
italiano e tutto ciò che è italiano si recita al meglio nel
ruolo dello juventino.
L'analisi sul fenomeno juventinità ha rappresentato,
così, una inevitabile tautologia. È stato sempre ed inconsciamente
uno juventino ad analizzare la juventinità,
portando, su un piano grottescamente psicologico,
una questione seriamente sociologica. In sostanza, il
non aver saputo comprendere la juventinità è stato un
tutt'uno con il suo carattere sociale.
I libri critici sulla Juventus sono stati, dunque, uno
strano caso di autoanalisi, dove un paziente analizzava
I
se stesso senza sapere chi stesse analizzando né il fatto
stesso che stesse analizzando. Una tale pazzia non
poteva che tradursi in scritti nevrotici e dal contenuto
demagogicamente denigratorio.
Nella mia analisi della juventinità, partendo dalla
consapevolezza di quella promiscuità e dal necessario
sforzo di pormi fuori di essa, sono arrivato ad una
conclusione alquanto inedita e paradossale: la non
esistenza dello juventino. Egli rappresenta, in realtà,
solo un'ombra proiettata da un corpo che, a sua volta,
è mera apparenza. Questo stesso corpo, conosciuto
come “italiano”, mostra dunque meno solidità dell'ombra
che proietta; e, così, il mio libro porta ad una
conclusione ancor più paradossale: la non esistenza
dell'italiano stesso.
Lo juventino è una maschera sopra una maschera
Qui tratterò, dunque, più dello juventino che della
Juventus e se ciò non fosse già sufficiente a rendere
questo libro sulla vecchia signora un autentico inedito,
c'è il fatto che esso finirà col riflettere più sull'italiano
che sullo juventino perché, se è vero che la natura
muove dalle cause per arrivare agli effetti, un analista
più si concentra su un effetto e più fa crescere le probabilità
di riscontrarne una causa.
Ho deciso di utilizzare l'aforisma come strumento di
espressione, non solo allo scopo di rendere la forma
del libro inusuale quanto il suo contenuto, ma anche
perché esso rappresenta un'arma straordinariamente
tagliente e di alta precisione, adatta al lavoro da orafo
che mi sono proposto: rimuovere dallo juventino quella
sottilissima superficie apparente che nasconde la sua
reale essenza.
Per la prima volta, attraverso questo libro, lo juventino
viene posto di fronte a se stesso secondo una prospettiva
particolare che gli permetterà di scorgersi e
considerarsi nella sua nudità.
II
Qui non si è cercato di mostrare lo juventino così
come si vorrebbe che fosse, così come dovrebbe essere
ma, al contrario, sfrondato di qualunque stratificazione
mediatica o letteraria. Si è trattato di una operazione
di sottrazione, di purificazione da ogni elemento estraneo.
Lo juventino, dunque, non si piacerà non perché
forzato a palesarsi in un abito che non gli si addica ma
proprio per la ragione opposta, quella cioè di vedersi
nella sua reale natura. Per lui, la sua verità e la sua
essenza rappresenteranno le vere sorprese.
Egli scoprirà di non essere in alcun modo assimilabile
agli altri tifosi e di rappresentare una immagine
particolarmente riuscita di quel tipo di subalternità,
del tutto peculiare all'italiano, che io chiamo sudditanza
sociologica.
A completare, come già detto, la natura inedita di
“Juve, sudditanza sociologica”, accanto alla prospettiva
del tutto particolare attraverso cui viene mostrato lo
juventino, c'è la scelta dell'aforisma come forma espositiva.
Essa renderà notevolmente leggera e stimolante
la lettura, rappresentando, ciascun aforisma, un fisiologico
incentivo all'intuizione.
Per quanto riguarda specificamente il lettore juventino,
non mi rimane che avvisarlo del fatto che, nel mio
labirinto aforistico, per lui sarà presente una sola via di
uscita e su cui campeggerà la scritta «non juventino».
Sperare di uscirne indenne (cioè bianconero come vi
sarà entrato) potrà rappresentare solo una grottesca
quanto inutile illusione. Per certi versi, questo libro
segna la fine del mondo juventino.
Acerra, Ottobre 2016
III
IV
Juve, sudditanza sociologica
PREFAZIONI AFORISTICHE
I
Fino ad oggi, relativamente al potere juventino, si è
chiacchierato molto sul fenomeno della sudditanza
psicologica invece di riflettere sulla sua matrice: la
sudditanza sociologica.
II
Questo è il primo libro che parte dall'analisi dei tifosi
bianconeri per arrivare a comprendere l'universo
juventino. Nell'aver cercato di individuare le dinamiche
di quest'ultimo indipendentemente da quelli, ci si è
posti alla stregua di uno scienziato che pretendesse di
arrivare a conoscere le leggi della natura senza studiare
i fenomeni in cui esse si manifestano.
III
Il potere della Juventus è troppo grande perché ci si
possa illudere di sconfiggerlo attaccando il suo poderoso
esercito in campo aperto. L'unica speranza è quella
di determinare numerose defezioni tra i suoi soldati. E,
per ottenere ciò, bisogna convincerli del fatto che essi
partecipano, inconsapevolmente, ad una guerra contro
se stessi.
Bisogna tentare di farli rinsavire, farli tornare in sé,
V
Giuseppe Albano
riacquistare quella dignità perduta. Bisogna, in definitiva,
ricreare degli uomini.
IV
Questo libro è formato essenzialmente da aforismi.
Essi assomigliano alle stoccate nella scherma. Il potere,
quando è sistema, va colpito con ritmo sincopato e
non con continuità. Bisogna saper infliggere ferite profonde
dando l'impressione di essere stati elusivi. Un
discorrere eccessivamente analitico, infatti, ci porrebbe
alla stregua di un gigante buono e poco potente, facile
da contrattaccare e colpire. Nella vita o si è titani o si
deve agire da Ulisse.
V
Essendo un galantuomo, ho voluto mettere a nudo
la Juventus con quel garbo e quel pudore che sono
doverosi quando si spoglia una vecchia signora.
VI
Nello spogliare la vecchia signora delle sue vesti
metafisiche si prova un certo imbarazzo nel notare
quanto ella, in realtà, sia ancor più vetusta di quanto
appaia.
VII
Questo mio libro è come un prisma su cui vengono
proiettati il bianco e il nero della Juventus, con la peculiarità,
tuttavia, che, dall'altra parte, emergono sempre
e soltanto un bianco e un nero. E ciò perché esso
VI
Juve, sudditanza sociologica
non vuole sviare dalla vera natura duale della Juventus,
quella di essere metafora della società italiana e
delle sue ombre.
VIII
Questo mio libro, paradossalmente, sarà compreso,
sebbene non apprezzato, più dall'intellighenzia juventina
che dalla sprovvedutezza del mondo che le si pone
contro. E ciò perché chi esercita il potere da tanti anni
ha sviluppato un senso delle cose notevolmente superiore
rispetto a chi, nella sottomissione, urla soggiogato
dai propri istinti. Senza contare, inoltre, che solo chi
è abituato al potere lo conosce fino in fondo. In tal
senso, il mio libro presenta certamente delle pecche.
IX
Questo libro non si divide in capitoli, non conosce
paragrafi, tutto è improntato ad un apparente caos.
Esso, già nella sua struttura, mostra il chiaro intento
di voler sparigliare.
X
Lo juventino che decida di leggere questo libro deve
parafrasare Ulisse: ordinare ai propri pensieri di tapparsi
le orecchie e di legare il corpo all'albero del tifo,
per evitare che quel suo canto lo induca ad infrangersi
sugli scogli della verità.
XI
Questo mio libro non ha né capo né coda, si può
VII
Giuseppe Albano
iniziare a leggerlo in uno qualunque dei suoi punti;
esso è a tutto tondo.
XII
Ogni scudetto non vinto dalla Juve potrebbe apparire
come una seria obiezione alla trama posta in evidenza
nel mio libro. Ma se si tiene presente il reale significato
del sostantivo trama quando è accompagnato dall'aggettivo
italiano, si comprenderà che anche quegli elementi
casuali, apparenti od effettivi che siano, fanno
parte di uno svolgimento che, sebbene aperto, diviene
secondo delle linee tracciate in partenza. Per quanto
possa apparire strano, la casualità, in certi casi, è molto
più vicina alla necessità di quanto si sia indotti a
pensare.
XIII
Chiunque decida di entrare nel mio labirinto deve
sapere che o non né uscirà o né uscirà come “non
italiano”.
XIV
Questo libro va interpretato più che letto, meglio
ancora ascoltarlo che interpretarlo; ma se proprio si
vuole entrare in sintonia con lui, bisogna sentirlo più
che ascoltarlo.